Le opposizioni rinfacciano a Maroni che il mancato accorpamento tra amministrative e referendum comporterebbe un aggravio di costi per lo stato di 300/350 milioni di euro, ovviamente soldi pubblici. Il Viminale risponde oggi che in realtà la cifra sparata da Pd e IdV è esagerata, quantificando in "appena" 50 milioni il risparmio in caso si facesse il cosiddetto "election day".
Posto che 50 milioni di euro sono sempre 50 milioni di euro e che qualunque loro utilizzo diverso dal buttarli nel cesso è comunque cosa utile, spero non siano in molti a pensare che effettivamente il problema sia questo. Maroni non ha infatti dato una, che sia una, spiegazione plausibile di questa scelta, limitandosi a dire che è "la tradizione che vede sempre distinte le votazioni". Da quando in qua alla Lega importa qualcosa delle tradizioni che non abbiano attinenza a qualche rito druido-celtico?
Ma non è sempre stato il partito che ha fatto per lunghi anni del motto "Roma ladrona" la sua bandiera, in riferimento ai soldi pubblici prelevati e sperperati dallo stato centrale per i motivi più improbabili? E adesso che ha la possibilità di schierarsi a favore di una scelta che farebbe risparmiare sia pure una minima parte dei suddetti soldi pubblici, si gira dall'altra parte?
Certo, i motivi dal punto di vista del partito del senatur sono più che validi. Vi immaginate se per caso il referendum raggiungesse il quorum e la maggioranza dei votanti si schierasse contro il legittimo impedimento, contro il ritorno al nucleare e contro la privatizzazione dell'acqua? Sarebbe un colpo mortale per la maggioranza di cui fa parte appunto anche la Lega. La stessa Lega che, un giorno sì e l'altro pure, è avvezza sciacquarsi la bocca con la parola "popolo sovrano", ma che poi, nei fatti, mette ormai da anni come sovrano qualcun altro.
"...e il mio maestro m'insegnò com'è difficile trovare l'alba dentro l'imbrunire..." (Franco Battiato)
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