lunedì 31 gennaio 2022

Dai libri

La parola piramide deriva dal greco antico pyros, che significa grano. Per questo motivo nel Medioevo si credeva che le piramidi avessero la funzione di conservare il grano, fossero cioè dei giganteschi granai. La parola Parigi deriva invece da Par Isis, che significa "vicino a Iside". Ai tempi dell'Impero romano, infatti, alle porte della città si trovava un tempio dedicato alla dea Iside. Da qui il nome dato alla città. 

A leggere un thriller storico si impara sempre qualcosa. Più in generale, da qualsiasi libro, anche da quello all'apparenza più "leggero" e scalcagnato, come quello che sto leggendo in questi giorni, si impara qualcosa. Sempre.

Contro natura o secondo natura (e cosa c'entra Alla ricerca di Nemo?)

Fa sempre un certo effetto sentire un Pillon o un Salvini o un Adinolfi spiegarci che certi comportamenti sessuali sono contro natura e altri secondo natura, quando invece il concetto esatto da esprimere dovrebbe essere secondo la nostra cultura o contro la nostra cultura. Tirare in ballo la natura, infatti, specie quando non si ha la più pallida idea di cosa succeda in natura, è un po' come darsi la zappa sui piedi.
 

sabato 29 gennaio 2022

Perché Mussolini rovinò l'Italia

Ho terminato il saggio storico di Bruno Vespa, ricevuto in regalo (ben difficilmente avrei speso di mia iniziativa soldi in un suo libro), di cui avevo accennato qui. Devo dare atto a Vespa, contro ogni aspettativa, di avere buone capacità divulgative e di aver scritto un saggio dai tratti avvincenti, anche se i fatti narrati hanno un taglio più da cronista che da storico.

Il libro in questione prende in esame le vicende politiche e militari che sfociarono nella decisione di Mussolini di trascinare l'Italia nella disastrosa (per noi) seconda guerra mondiale, prendendo avvio dagli incessanti corteggiamenti di Hitler ("Uomini come Mussolini nascono una volta ogni mille anni"), che modellò la sua politica dittatoriale e il suo partito ispirandosi al partito fascista del Duce, e descrivendo l'infinita serie di errori che portarono il nostro paese alla rovina economica, militare e politica. 

Rispetto agli altri libri sulla storia del fascismo che ho letto, questo ha il pregio di essere molto particolareggiato nella ricostruzione dei fatti, ottenuta anche facendo ricorso a documentazione tratta dai diari personali che i vari personaggi che contornavano i due dittatori scrivevano per tenere traccia del succedersi delle vicende. 

L'unica pecca del libro sta, forse, nella non-risposta alla domanda che gli dà il titolo. O comunque nell'impressione di incompletezza della stessa. In realtà, i motivi che spinsero Mussolini a fare ciò che fece sono molteplici e diversi a seconda dei casi. Prendiamo ad esempio la promulgazione delle leggi razziali, forse la sua macchia più ignobile. Come si conciliano col fatto che fino al 1936 Mussolini era stato un attivo difensore della minoranza ebraica dalle persecuzioni naziste e che Hitler non fece mai nessuna pressione né mostrò mai desiderio che le realizzasse? Si spiega con una sorta di vassallaggio ideologico totalmente irrazionale.

Cosa lo spinse a imbarcarsi nella disastrose campagne di Grecia, d'Africa o, peggio ancora, francese o russa? Tutti i suoi consiglieri gli dissero a più riprese che inviare contingenti male armati, male vestiti e male organizzati nelle sterminate terre russe sarebbe stata una follia. Lui ce li inviò lo stesso, mandando a morte tra gli ottantamila e centomila italiani nella ritirata del Don. Stessa cosa per l'entrata in guerra del giugno 1940. Mussolini sapeva benissimo che l'Italia non era assolutamente pronta a entrare in guerra, ma lo fece lo stesso vedendo che la Germania aveva conquistato già mezza Europa. Una serie di guerre inutili che ebbero come unici risultati l'elevatissimo numero di perdite umane e l'allarmante aumento della povertà e peggioramento delle condizioni economiche del paese.

Nel 1945 l'Italia era un paese devastato e distrutto. Perché? si chiede Vespa. Forse megalomania, forse incompetenza, forse irresponsabilità, forse incapacità di immaginare le conseguenze delle decisioni, forse anche un po' di pazzia, o forse tutte queste cose insieme. In ogni caso, è uno dei tanti libri che dovrebbero leggere i teorici della storiella che in fondo ha anche fatto cose buone.

Fumetti

Sull'ultimo Venerdì di Repubblica c'è una interessante inchiesta (qui) sulla diffusione dei fumetti nel nostro paese, dove tra le altre cose si parla dell'ottimo stato di salute in cui versa questo particolare settore editoriale. Due cose interessanti: nel 2021 appena chiuso circa nove milioni di persone sono andate in libreria, più o meno regolarmente, per comprare fumetti (rilevazione relativa alle sole librerie, che quindi esclude edicole e fumetterie); il fumetto è solo cartaceo. A differenza dei libri, che possono essere acquistati e letti su aggeggi elettronici, il fumetto viene letto solo su carta.

La cosa un po' mi ha sorpreso, dal momento che lavoro in un'agenzia di distribuzione stampa e ogni giorno mi vedo passare per le mani tonnellate e tonnellate di fumetti destinati esclusivamente alle edicole. Non pensavo che anche le librerie avessero un così attivo mercato dei fumetti. Bella, questa cosa.

L'inchiesta in questione mi ha fatto venire in mente l'infinita serie di fumetti che leggevo da bambino e da ragazzino prima del passaggio ai libri: Topolino, Braccio di ferro, Tex, Zagor, Diabolik, Il comandante Mark, Dylan Dog i primi che mi vengono in mente e che mi riportano al periodo più spensierato della mia vita. Tra l'altro, molti di questi (in particolare molti numeri di Topolino) li conservo ancora, da qualche parte.

I fumetti mi fanno venire in mente un aneddoto di cui parlò Francesco Guccini in una intervista di qualche anno fa, in cui raccontava che quand'era giovinetto doveva leggerli di nascosto perché suo padre glieli proibiva. Glieli proibiva perché temeva che i fumetti, con tutte quelle figure, lo disabituassero alla lettura. I libri andavano bene, e suo padre gliene regalava in continuazione, ma i fumetti no, quindi lui se li faceva prestare di nascosto da qualche amico e li leggeva quando suo padre non c'era. Dal momento che Guccini in mezzo ai libri ci ha passato tutta la vita e che è diventato a sua volta scrittore di romanzi, direi che i timori di suo padre erano palesemente infondati.

giovedì 27 gennaio 2022

La Giornata della memoria (con un po' di storia)

A dire il vero non volevo scrivere niente sulla Giornata della memoria, perché tutto l'universo Internet ne parla e il mio contributo non avrebbe aggiunto granché. Poi mi sono imbattuto per caso in un post della bravissima Galatea Vaglio e ho deciso di segnalarlo. Perché è interessante il suo contributo? Perché, partendo dalla Shoah hitleriana, di cui sappiamo tutto (o almeno dovremmo), Galatea si lancia in un breve ma esaustivo viaggio storico che va alle radici secolari dei pregiudizi antiebraici che hanno condotto poi alla più grande tragedia del Novecento. Insomma, un po' di storia, che non fa mai male.

Il post di Galatea è qui.

Le bugie di Ratzinger

Mentre lo stato maggiore dell'informazione è impegnato fino alla sfinimento con la ormai ridicola pantomima relativa all'elezione del nuovo presidente della repubblica, è passata abbastanza in sordina una notizia che a mio parere avrebbe meritato forse un po' più di visibilità, e cioè l'ammissione di Ratzinger di avere mentito nel corso di un'indagine sulla pedofilia nella chiesa tedesca.

I fatti riguardano quattro casi di abusi sessuali su minori avvenuti tra il 1977 e il 1982, periodo in cui il futuro papa Benedetto XVI era arcivescovo della diocesi di Monaco di Baviera. Nel corso dell'indagine che lo vedeva accusato di non aver preso provvedimenti contro il responsabile di tali abusi, Ratzinger dichiarò agli inquirenti di non essere a conoscenza delle imputazioni a carico del sacerdote accusato dei fatti. Nelle sue ammissioni di qualche giorno fa, invece, ha ritrattato la precedente versione ammettendo di essere stato presente alla riunione in cui si decise di trasferire il sacerdote responsabile degli abusi in un'altra parrocchia della stessa diocesi, perpetuando un modus operandi molto in voga anche da noi: lo spostamento dei parroci accusati di abusi su minori in altre parrocchie.

Ratzinger si è poi giustificato dicendo che l'errata dichiarazione non era generata da malafede ma da una svista nella redazione della medesima. Sia come sia, il parroco riconosciuto responsabile degli abusi, Peter Huellermann, condannato nel 1986 per pedofilia, fu poi assegnato a un'altra parrocchia e, come scrive Il Post, continuò a esercitare il suo ministero anche negli anni successivi alla condanna.

Sui complotti

Sulla sindrome dei complotti Umberto Eco ha scritto pagine a tutt'oggi ancora ineguagliate (a parte Popper, forse). E le sue acute osservazioni valgono anche per i complottardi del covid (ne conosco personalmente almeno un paio).





(da Cospirazioni e trame, 2007)

mercoledì 26 gennaio 2022

Bruno Vespa


Se durante la mia lunga carriera di lettore qualcuno mi avesse detto che sarebbe arrivato un giorno in cui avrei letto un libro di Bruno Vespa, mi sarei messo a ridere. Invece quel giorno è arrivato.

(Tranquilli, l'ho ricevuto in regalo, e comunque il titolo mi piace.)

martedì 25 gennaio 2022

Un presidente autorevole

A me, in linea di principio, non importa granché delle tendenze politiche di cui è espressione un presidente della Repubblica. Non m'importa, cioè, se viene da una storia politica riferibile alla destra o alla sinistra. Mi interessa che sia autorevole, competente, carismatico (perché no?) e che, nei limiti del possibile, contribuisca a mantere ammantata di autorevolezza l'istituzione che incarna. Non è un mistero, infatti, che la presidenza della Repubblica è forse l'ultima istituzione che nello sfacelo politico generale mantiene ancora elevati livelli di stima nelle italiche genti.

E poi stiamo parlando appunto del presidente della Repubblica, che ha esclusivamente funzioni di controllo (in teoria neutro ed equidistante) sull'operato del governo e del parlamento, e vigila affinché l'operato dei suddetti organi si mantenga all'interno del dettato costituzionale. Quindi non m'interessa granché se, a puro titolo di esempio, viene eletta la Cartabia, pur conscio delle sue posizioni contrarie all'aborto e molto diffidente verso le unioni omosessuali. È preparata, autorevole, competente e carismatica? Va benissimo. Anche perché mica può rimandare alle Camere una legge per il solo fatto che cozza contro le sue convinzioni morali.

E poi la storia insegna che, spessissimo, presidenti riferibili a sinistra hanno agito come se provenissero dalla parte opposta e viceversa. Giorgio Napolitano, ad esempio, che veniva dal comunismo e da una storia di sinistra, firmò senza battere ciglio il famigerato lodo Alfano di berlusconiana memoria, spazzato poi via dalla Consulta perché incostituzionale. Mattarella ha firmato quelle porcate immonde chiamate decreti sicurezza voluti da Salvini. Quindi, in definitiva, non è granché importante da quale storia politica viene l'ospite del Quirinale, perché poi alla fine è la realpolitik che prevale sulla storia personale.

Guerra?

Non è chiaro se Putin invaderà sul serio l'Ucraina (neppure gli analisti più ferrati sono al momento riusciti a capire le sue intenzioni). Certo è che la situazione, da quello che si legge, non sembra sia da prendere sottogamba e non autorizza alla tranquillità, almeno al momento. Tra Russia e Ucraina esistono vecchie ruggini che si sono da un po' di tempo aggravate, in particolar modo da quando quest'ultima, dopo l'elezione nel 2019 del presidente Volodymyr Zelensky, è passata da atteggiamenti sostanzialmente remissivi nei confronti di Putin ad atteggiamenti più assertivi e in qualche misura più provocatori.

Alcune delle dinamiche in corso mi ricordano, anche se alla lontana e pur con tutte le differenze possibili, quelle che portarono allo scoppio della Prima guerra mondiale. Dopo l'attentato di Sarajevo l'impero austriaco dichiarò guerra alla Serbia e la invase, ma la Serbia aveva un grande fratello, la Russia, la quale non restò certo a guardare. La Russia, a sua volta, era alleata con la Francia in chiave anti-germanica, e sia l'una che l'altra (Francia e Germania) non restarono neppure loro a guardare. Questo gioco di alleanze, formatesi nel corso del XIX secolo, determinò gli schieramenti.

La situazione è diversa, oggi, se non altro perché manca il casus belli dell'attentato terroristico e l'innesco, in caso, sarà generato dall'aggravarsi delle vecchie tensioni e da tutta una serie di altri motivi. Ma anche l'Ucraina di oggi, così come la Serbia del 1914, ha un grande fratello: gli USA, e Biden si è già schierato apertamente con l'Ucraina con l'intento di limitare le velleità espansionistiche di Putin, mettendo in allerta 8000 soldati e inviando due navi da guerra USA nel Baltico e nel mar Nero.

Poi magari non succederà niente e alla fine la diplomazia risolverà la faccenda, ma al momento forse è il caso di non sottovalutare troppo quello che sta accadendo.

lunedì 24 gennaio 2022

La casa senza ricordi


Di Donato Carrisi avevo letto, tempo fa, Il suggeritore e l'avevo trovato molto avvincente. Questo, invece, il suo ultimo romanzo, abbastanza deludente. L'ho trovato troppo inverosimile. Certo, è un'opera di fantasia, una storia inventata, ma a mio parere le storie, che siano inventate o ispirate a fatti realmente accaduti, devono comunque avere una loro verosimiglianza. In questo romanzo non l'ho trovata. 

In aggiunta, eccetto alcuni (pochi) momenti in cui la storia è interessante e i colpi di scena notevoli, per la maggior parte l'ho trovata noiosa, pretenziosa, il tutto con l'aggiunta di un finale abbastanza deludente.

Un lato positivo, almeno per me: è un interessantissimo viaggio nella psiche umana, o almeno in alcuni dei suoi lati più patologici. D'altra parte, il protagonista è uno psicologo infantile che si adopera nel tentativo di penetrare nella mente di un dodicenne che viene ritrovato in un bosco totalmente privo di memoria e di linguaggio. Nel romanzo sono descritte le pratiche ipnotiche che vengono utilizzate in questi casi nelle terapie e gli effetti prodotti.

Naturalmente Carrisi non è uno psicologo, ma, come spiega nella postfazione, nelle ricerche svolte per la stesura del romanzo si è avvalso della collaborazione di due psichiatri che lo hanno edotto su questi temi. Diciamo che la descrizione di questo viaggio nella psiche umana è forse l'unico motivo per leggere il libro (almeno per chi è interessato a questi argomenti), altrimenti si può passare oltre.

L'alternanza scuola-lavoro (secondo Barbero)

domenica 23 gennaio 2022

Numeri e spaccature

Naturalmente non è vero niente che "ho i numeri ma non voglio spaccare il paese". Molto più semplicemente, la campagna acquisti in parlamento portata avanti con affanno e ostinazione in queste ultime settimane non ha portato i risultati auspicati e, anche se ti chiami Berlusconi, alla fine davanti ai numeri ti devi arrendere. 

Non c'è alcun senso di responsabilità in tutto questo, né nessun desiderio di non voler spaccare il paese (tra l'altro, spaccare il paese con la dicotomia con me o contro di me è esattamente ciò che ha fatto scientemente nei lunghi anni del suo regno). È che lui è così: la menzogna e la mistificazione sono parte indissolubile del suo corredo genetico, e resteranno tali fino alla fine.

sabato 22 gennaio 2022

Non sopporto

Non sopporto le frasi "non si può morire così", "è inaccettabile" e simili, che puntualmente compaiono a patetico corredo di ogni tragedia come quella di Lorenzo. La trovo una retorica stucchevole, artificiale, puerile, priva di senso e significato, totalmente scollegata dalla realtà, una realtà dove invece si muore così da sempre e sempre si morirà così, perché il modo in cui abbiamo strutturato la società in cui viviamo ha come prezzo da pagare il fatto che si muoia così. 

Non sopporto i sentimentalismi ottusi, miopi, con cui ci si vuole forse autoconvincere che con una qualche forma di impegno si fermerà prima o poi questo dramma. Non è vero che c'è sempre soluzione a tutto, come siamo stati indottrinati a pensare; ci sono problemi che non hanno soluzione e occorre prenderne atto. Non è rassegnazione, la mia, è realismo.

(Sulla questione dell'alternanza scuola-lavoro taccio, perché poi mi sale il nervoso.)

La necessità del caso

 


Dopo la serendipità, di cui avevo parlato qui, la sincronicità. Ho letto questo libro su suggerimento di Giorgio, che me l'aveva segnalato tempo fa nei commenti a un post. A dire il vero, l'ho preso in mano con qualche timore, convinto che potesse rivelarsi troppo ostico per me; invece, in generale, l'ho trovato non dico semplice, specie in alcuni punti, ma quasi sempre comprensibile, e soprattutto interessante.

Che cos'è la sincronicità? Detto in poche parole, è un concetto che fu introdotto dallo psicanalista Carl Gustav Jung nel 1950 e che si basa sull'assunto che due eventi, non collegati tra loro da nessuna causa, accadendo simultaneamente creino un senso per la persona che ne è soggetta. Lo psicologo francese autore del libro, Jean-François Vézina, scrive: "Per quanto riguarda la realtà dei fenomeni psichici, la sincronicità è senza dubbio una delle idee più audaci di tutta l'opera di Jung, ma anche una delle più necessarie. Che cos'è in realtà la sincronicità? L'etimologia ci dà qualche informazione: sun-chronos, il tempo che "procede insieme", il tempo che coincide con se stesso. In altre parole si tratta di due avvenimenti non collegati da nulla secondo la causalità classica, ma che tuttavia, accadendo simultaneamente, creano un senso per la persone che li vive."

Il libro in questione prende principalmente in esame la sincronicità all'interno dell'ambito relazionale (perché abbiamo incontrato quella determinata persona? Perché proprio in quel particolare momento?), ma il concetto si estende naturalmente anche al di fuori, esaminando i motivi per cui un personaggio di un film, un libro, un accadimento qualsiasi della nostra vita varchi a un certo punto le porte della nostra esistenza. Quante volte, ad esempio, diciamo che il tal libro (film, opera musicale ecc.) ci ha cambiato la vita (sa il cielo quante volte lo dico anche io)? E a volte ce la cambia davvero, come successe ad esempio ad Abramo Lincoln.

Scrive Vézina: "Lincon, da giovane, non era molto ricco ed era destinato a una carriera manuale piuttosto che intellettuale. Un giorno incrociò però un perfetto sconosciuto che trasportava un misterioso barile. Lo sconosciuto, che non aveva di che mangiare e aveva bisogno di soldi, si rivolse a Lincoln per venderglielo. Il barile, apparentemente banalissimo, non interessava Lincoln, che comunque diede il suo ultimo dollaro allo sconosciuto perché potesse comprarsi qualcosa da mangiare. Arrivato a casa, Lincoln aprì il barile per scoprirvi, non senza sorpresa, una raccolta completa dei commenti di Blackstone [Commentaries on the laws of England, autorevole opera giuridica settecentesca di sir William Blackstone]. Quei fondamentali testi giuridici furono per Lincoln una sorta di 'sincronicità necessaria'; in effetti risvegliarono il suo interesse per quella disciplina e gli permisero di farsi una cultura prima di diventare presidente degli Stati uniti."

Il libro è molto interessante e ha una sua utilità, in primo luogo perché consente di conoscere qualcosa del pensiero di Jung, di cui io ero a digiuno; in secondo luogo perché mostra come una visione sincronistica della vita possa controbilanciare una sua visione esclusivamente razionale e meccanica (presente!). La sincronicità, come si premura di precisare l'autore, non è un concetto scientifico, allo stesso modo in cui non lo è il fatto che una farfalla che sbatte le ali a Pechino provochi un uragano a New York, anche se questa metafora, articolata dal matematico Edward Lorenz, ha la sua genesi in ambito scientifico. L'autore si augura che questo libro aiuti chi lo legge a intavolare un dialogo con l'ignoto che attraversa la vita di ognuno. Chissà... In ogni caso, si tratta di un libro molto interessante e istruttivo.

martedì 18 gennaio 2022

Berlusconi

Non so se l'abbandono di Berlusconi da parte di Salvini sia la pietra tombale sul sogno di quest'ultimo di sedere al soglio quirinalizio - con lui non è mai detta l'ultima parola. L'idea di Berlusconi al Quirinale, però, al di là del fatto che alla fine ci riesca o no, non deve stupire più di tanto, anche se a molti, me compreso, ripugna. Gli americani hanno avuto Trump, cosa dovrebbero dire?

Berlusconi, va ricordato, è stato il presidente del Consiglio più longevo dopo Mussolini, ha goduto, e in parte gode ancora, di un consenso diffuso, anche se magari non generalizzato, e milioni di italiani l'hanno votato convintamente. E quegli italiani se ne fregano del fatto che sia un puttaniere conclamato, che fino al 1994 abbia finanziato stabilmente e regolarmente Cosa nostra e tutto il resto. Berlusconi ha incarnato meglio di chiunque, ed è rimasto ineguagliato in questo, l'idea della politica usata per fini esclusivamente personali; ha incarnato l'idea che coi soldi si può fare ciò che si vuole: comprare sentenze, magistrati, parlamentari, giornali, consenso, sesso e tutto il resto.

E questa cosa, è ipocrita negarlo, piaceva e piace tutt'ora a un sacco di gente. Non è il Berlusconi al Quirinale che deve indignare, a mio parere; ciò che deve indignare, e da qui condurre a interrogarsi, è il contesto sociale e politico che ha permesso a un tizio del genere di stare nelle stanze dei bottoni per oltre vent'anni (e molte domande se le deve porre la sedicente sinistra degli ultimi cinque lustri, molto spesso silenziosa complice piuttosto che rumorosa avversaria).

Non credo che alla fine Berlusconi coroni questo suo ultimo sogno, ma le domande che tutti ci dovremmo porre restano.

Buchi di memoria

Non credo capiti solo a me di svegliarmi al mattino con in testa una canzone. Stamattina, in macchina, canticchiavo una vecchia canzone di Battiato. Non ne ricordo il titolo e non ho voglia di andarlo a cercare, ma ricordo il nome dell'album: Patriots (mi pare), che risale ai primi anni Ottanta. È una canzone con un testo abbastanza provocatorio, come del resto lo sono molti testi di Battiato. Il verso che canticchavo recita: "L'uomo è l'animale più domestico e più stupido che c'è..."
Mi verrà in mente.

lunedì 17 gennaio 2022

Ferrara

Ieri, complice la bella ma fredda giornata, abbiamo fatto una gita a Ferrara, città che non avevamo mai visitato (alcune foto sono qui). Mi hanno colpito alcune cose. La prima è l'elevato numero di panifici che costellano il centro storico, in un paio dei quali abbiamo naturalmente fatto delle incursioni; la seconda è l'altrettanto elevato numero di librerie. Ne ho contate parecchie, alcune indipendenti e altre appartenenti a catene come Mondadori, Giunti, Feltrinelli ecc. 

Curiosa e bella, questa cosa. Ne ho viste anche un paio che vendono libri usati. In una di queste, una piccola bottega, ho notato in vetrina una vecchissima edizione di Cujo e una copia male in arnese de Il signore degli anelli e ci ho lasciato gli occhi; se fosse stata aperta mi sarei fiondato dentro e li avrei comprati entrambi senza indugi.

Unico rammarico: la cattedrale in questo periodo è chiusa al pubblico per restauri e non l'abbiamo quindi potuta visitare. Ci siamo rifatti col bellissimo e spettacolare Castello Estense, visitandolo tutto, mostre interne comprese, e arrampicandoci su una delle sue quattro torri dopo aver salito 123 gradini. Una volta in cima, è possibile vedere una panoramica dall'alto dell'intera città, uno spettacolo che da solo merita il viaggio.



Mi è dispiaciuto non poter visitare la grande cattedrale di San Giorgio, ma ci tornerò.

domenica 16 gennaio 2022

Parabole discendenti

Da appassionato di scienza, confesso che mi dispiace molto vedere un premio Nobel per la medicina fare la fine che ha fatto Luc Montagnier. Ciò che mi rattrista non sono tanto le sue strampalate dichiarazioni sui vaccini anti-covid, cose talmente assurde che probabilmente anche Red Ronnie avrebbe qualche remora a esternare, o sull'aids; mi dispiace vedere uno scienziato che abdica al primo imperativo di ogni scienziato: mettere ciò che dichiara al vaglio della comunità scientifica per essere verificato.

Nessuno impedisce a Montagnier di esternare pubblicamente le cose che pensa, ma la scienza ha dei canoni di funzionamento precisi e rigorosi, e questi canoni prevedono l'obbligo, per ogni scienziato che pensa di aver scoperto qualcosa, di pubblicare su riviste scientifiche autorevoli ciò che pensa di avere scoperto, tutto questo al fine di mettere a disposizione della comunità scientifica il risultato dei suoi studi o dei suoi esperimenti per essere verificato. Se non si fa questo, e Luc Montagnier non lo fa, chiunque (Red Ronnie o Enrico Montesano compresi) può alzarsi la mattina, dire la prima stupidaggine che gli viene in mente e pretendere che venga assunta come verità scientifica.

No, non funziona così; soprattutto non funziona così per Luc Montagnier, considerato ormai un pària della comunità scientifica, che da scienziato sa benissimo cos'è il metodo scientifico e quali sono i suoi meccanismi. Non stupisce, a questo punto, che personaggi simili divengano idoli dei no-vax, dal momento che le sue dichiarazioni sono perfettamente in linea con le loro e vengono addirittura da un premio Nobel per la medicina (Montagnier è stato uno dei due scienziati che per primi, nel 1983, isolarono il virus che provoca l'aids). Ma non è così che funziona.

sabato 15 gennaio 2022

Melandri e il covid volontario

La vicenda ha fatto scalpore perché, a differenza di Djokovic (prima della diatriba sul suo ingresso in Australia non avevo la più pallida idea di chi fosse), Marco Melandri è un personaggio sportivo abbastanza celebre qui in Italia. In realtà, Melandri a parte, nel mondo delle persone comuni non toccate dal prestigio della notorietà l'idea di ammalarsi volontariamente di covid in modo da ottenere il green pass senza dover passare dal vaccino ha una certa diffusione. 

Poi, certo, nella maggior parte dei casi rimane a livello di idea, di tentazione intima che magari si tende a tenere per sé nel timore di venire etichettati come cretini, ma le cronache ci hanno spesso messo a conoscenza di un certo numero di casi reali. Per rendersene conto è sufficiente aprire Google e digitare "covid party". Da parte mia, era sinceramente difficile pensare che la stupidità umana potesse raggiungere tali estensioni, ma evidentemente aveva ragione Einstein quando la paragonava all'infinitezza dell'universo (c'è qualche dubbio sulla paternità ensteiniana di tale aforisma ma facciamo finta che).

Non credo ci sia molto da aggiungere. In realtà ci sarebbe tanto, ma forse non vale la pena.

mercoledì 12 gennaio 2022

Cacciari novello Socrate

Cacciari, sorprendendo un po' tutti, fa la terza dose di vaccino, giustificandosi col fatto che i filosofi obbediscono alle leggi anche se le ritengono folli, così come disse Socrate prima di bere la cicuta. Mi ha fatto venire in mente il Salvini dell'anno scorso, il quale, dopo aver lisciato per benino il pelo dei no-vax, senza troppo clamore è andato pure lui a vaccinarsi. 

Naturalmente Cacciari e Salvini non li metto sullo stesso piano; Cacciari è un filosofo con una bibliografia pressoché sterminata e una grande cultura, Salvini sa a malapena con cosa si è ingozzato la sera prima. Tuttavia può succedere che un grande filosofo e un grande cazzaro da bar possano, in determinati e specifici casi, essere accomunati dalla stessa paraculaggine.

martedì 11 gennaio 2022

Sull'informazione

"Non molto tempo fa, se volevate impadronirvi del potere politico in un paese, era sufficiente controllare l'esercito e la polizia. Oggi è solo nei paesi sottosviluppati che i generali fascisti, per fare un colpo di stato, usano ancora i carri armati. Basta che un paese abbia raggiunto un alto livello di industrializzazione perché il panorama cambi completamente: il giorno dopo la caduta di Chruščëv i direttori della Pravda, della Izvestija e delle catene radiotelevisive sono stati sostituiti; nessun movimento nell'esercito. Oggi un paese appartiene a chi controlla le comunicazioni.
Se la lezione della storia non sembra convincente, possiamo ricorrere all'aiuto della finzione, che - come insegnava Aristotele - è assai più verosimile della realtà. Si vedano tre film americani apparsi negli anni scorsi: Seven Days in May, Dr. Strangelove e Fail Safe. Tutti e tre concernevano la possibilità di un colpo di mano militare contro il governo degli Stati Uniti. In tutti e tre i film i militari non cercavano di controllare il paese attraverso la violenza armata, ma attraverso il controllo di telegrafo, telefono, radio e televisione. 
Non sto dicendo cose nuove: ormai non solo gli studiosi della comunicazione, ma anche il grande pubblico sta avvertendo di vivere nell'Era della Comunicazione. Come ha suggerito il professor McLuhan la informazione non è più uno strumento per produrre beni economici, ma è diventato esso stesso il principale dei beni. La comunicazione si è trasformata in industria pesante. Quando il potere economico passa da chi ha in mano i mezzi di produzione a chi ha in mano i mezzi di informazione che possono determinare il controllo dei mezzi di produzione, anche il problema dell'alienazione cambia significato. Di fronte all'ombra di una rete comunicativa che si stende ad abbracciare l'universo, ogni cittadino del mondo diventa membro di un nuovo proletariato. Ma a questo proletariato nessun manifesto rivoluzionario potrebbe lanciare l'appello 'Proletari di tutto i mondo unitevi!' Perché, anche quando i mezzi di comunicazione, in quanto mezzi di produzione, cambiassero padrone, la situazione di soggezione non muterebbe. Al limite è lecito sospettare che i mezzi di comunicazione sarebbero mezzi alienanti anche se appartenessero alla comunità.
Ciò che rende temibile il giornale non è (almeno: non è soltanto) la forza economica e politica che lo dirige. Il giornale come mezzo di condizionamento dell'opinione è già definito quando nascono le prime gazzette. Quando qualcuno deve scrivere ogni giorno tante notizie quante ne permette lo spazio a disposizione, in modo che siano leggibili da una udienza di gusti, classe sociale, istruzione diversi, su tutto il territorio nazionale, la libertà di chi scrive è già finita: i contenuti del messaggio dipenderanno non dall'autore ma dalle determinazioni tecniche e sociologiche del medium.
Di tutto questo si erano accorti da gran tempo i critici più severi della cultura di massa, che avevano affermato: 'I mezzi di massa non trasportano ideologie: sono essi stessi una ideologia'. Questa posizione, che in un mio libro ho definito 'apocalittica', sottintende questo altro argomento: non importa cosa direte attraverso i canali di comunicazione di massa; nel momento in cui il ricettore è attorniato da una serie di comunicazioni che gli arrivano da vari canali, contemporaneamente, in una data forma, la natura di queste informazioni ha pochissimo rilievo. Ciò che conta è il bombardamento graduale e uniforme dell'informazione, dove i contenuti diversi si livellano e perdono le loro differenze." [...]

Umberto Eco - L'era della Comunicazione - 1967

lunedì 10 gennaio 2022

Billy Summers


Non se se il fatto che un libro commuova e faccia venire gli occhi lucidi sia un buon metro di giudizio per giudicarlo, anche perché nel complesso del giudizio incide sicuramente il grado di emotività del lettore. Ma se per caso lo è, questo romanzo è un capolavoro.

domenica 9 gennaio 2022

Neve


Nevica quasi ininterrottamente da metà mattinata. In realtà non è una grande notizia, dal momento che siamo in gennaio, ma è una notizia perché da queste parti è da un certo numero di anni che non si vede il suolo imbiancato e la cosa fa sempre un certo effetto. Domani sarà tutto finito, ma per qualche ora è stato bello assistere al sempre piacevole spettacolo dei fiocchi che cadono.

venerdì 7 gennaio 2022

Caro Battiato

Non guardo la tv da anni, come probabilmente i miei 32 lettori sapranno già, e quindi ho saputo della trasmissione Caro Battiato solo il giorno dopo, trasmissione che ho poi recuperato qui su RaiPlay. Mi ha colpito una cosa detta da Jovanotti in un suo breve intervento, e cioè che le canzoni di Battiato allargano la mente. Non in chissà quale senso filosofico, ma nel senso che Battiato è stato il primo a inserire nella musica leggera concetti fino al suo arrivo sconosciuti, come ad esempio il misticismo, oppure certi riferimenti alla cultura araba e mediorientale. Ma anche termini fino ad allora sconosciuti, come ad esempio Tozeur, i dervisci, i "ciuffi d'isotopi in mano", i mullah immobili e i passaggi a livello nel deserto, le danze sufi, la dinastia dei Ming e cose di questo genere.

Riguardo a Tozeur, ad esempio (la canzone si chiama I treni di Tozeur), ricordo che da giovane, quando la ascoltai per la prima volta, non sapevo cosa fosse e quindi la andai a cercare sulla enciclopedia della Esso che all'epoca davano in omaggio ai distributori di benzina dopo un certo numero di pieni. Scoprii quindi che Tozeur è una piccola città della Tunisia. Insomma, il fatto che Battiato inserisse nei suoi testi cose sconosciute sollecitava la curiosità e la voglia di soddisfarla.

Mi capitava la stessa cosa da bambino quando leggevo i fumetti. Adoravo in particolare Topolino, Paperino, Zio Paperone e compagnia bella, tutti quelli della famiglia Disney insomma, e divoravo tonnellate di fumetti. Siccome le storie erano spesso ambientate in posti a me sconosciuti e a volte vi comparivano personaggi a me altrettanto sconosciuti, andavo spesso a cercare informazioni relativamente ad essi. Ricordo ad esempio che una volta chiesi a mia madre dove fosse il Klondike, la mitica terra in cui zio Paperone faceva il cercatore d'oro e cominciava ad accumulare la sua immensa fortuna. Oppure ricordo quando cercai sull'enciclopedia cosa fossero i cosacchi, perché c'era una storia in cui Paperino era un cosacco al servizio dello zar di Russia. E via di questo passo.

Perché mi interessava cercare il significato di questi termini? Perché adoravo i fumetti di Topolino e Paperino e quindi, di conseguenza, tutto ciò che era contenuto in essi mi incuriosiva. Se il Klondike fossi stato costretto a studiarlo in una noiosa lezione di geografia a scuola, invece di conoscerlo in un fumetto di Paperino, probabilmente sarebbe passato inosservato. Tutto questo succede perché l'interesse per le cose è direttamente proporzionale alla fascinazione che le cose suscitano in noi, e questo spiega perché a scuola abbiamo sempre studiato con maggiore fervore - almeno per me è stato così - le materie dei professori più carismatici e coinvolgenti rispetto alle materie dei professori che non sopportavamo.

In seconda media ricordo che mi innamorai perdutamente della professoressa di italiano e storia e, guarda caso, in italiano e storia avevo ottimi voti (in storia meno, a dire il vero, ma facciamo finta che sia così). La professoressa di francese, invece, non la sopportavo, e infatti in francese avevo parecchi problemi. Per Battiato vale lo stesso discorso: è stato uno dei cantautori della mia vita e quindi mi affascinava tutto ciò che raccontava nelle sue canzoni. Questo vale sempre, per ogni cosa e in ogni ambito.

Ah, se vi siete persi la trasmissione, recuperatela, anche solo per vedere Gianni Morandi che canta Mesopotamia :-)

giovedì 6 gennaio 2022

Relativismi

Leggo della mamma afghana morta di freddo sul confine con la Turchia dopo aver dato i calzini ai suoi due figli, affinché li usassero come guanti. Poi guardo noi, qua, che stiamo a scannarci come cretini su vaccini e altre stupidaggini, e penso a come sia tutto così drammaticamente e terribilmente relativo.

mercoledì 5 gennaio 2022

Scritti corsari


Mentre leggevo questo libro, che è una specie di testamento di uno degli intellettuali più lucidi e geniali che l'Italia abbia mai avuto, mi chiedevo cosa direbbe Pier Paolo Pasolini oggi, se fosse ancora vivo, vedendo che le cose che raccontava/profetizzava negli anni Settanta non solo sono diventate realtà, ma di un tipo di realtà peggiore rispetto a ogni previsione.

Il libro è una raccolta sparsa di scritti vergati negli anni che vanno dal 1973 al 1975, prima del suo assassinio, pubblicati da quotidiani e periodici dell'epoca. Mentre li leggevo mi chiedevo come facessero giornali come il Corriere della Sera a pubblicarli. Si tratta infatti di editoriali taglienti, corrosivi, diretti, a volte quasi brutali nella loro lucida schiettezza (il politically correct tanto in voga oggi ne sarebbe risultato asfaltato), che denunciavano con accanimento e sofferenza la "rivoluzione conformistica", l'"omologazione culturale", la "mutazione antropologica" degli italiani, il tutto avvenuto con la complicità della classe imprenditoriale, politica e dei media, in particolare della televisione, responsabile della maggiore opera di omologazione culturale al ribasso mai vista prima e maggiore responsabile di quella generalizzata perdita della capacità di pensare oggi così palesemente sotto gli occhi di tutti.

Tra i tanti esaminati, l'aspetto su cui maggiormente si focalizza l'attenzione di Pasolini è la "mutazione antropologica" generata dall'avvento, a partire dagli anni Cinquanta, del consumismo. Dice Pasolini in una intervista rilasciata nel 1974 a Massimo Fini: "Io credo, lo credo profondamente, che il vero fascismo sia quello che i sociologi hanno fin troppo bonariamente chiamato 'la società dei consumi'. Una definizione che sembra innocua, puramente indicativa. E invece no. Se uno osserva bene la realtà, e soprattutto se uno sa leggere intorno negli oggetti, nel paesaggio, nell'urbanistica e, soprattutto, negli uomini, vede che i risultati di questa spensierata società dei consumi sono i risultati di una dittatura, di un vero e proprio fascismo. Nel film di Naldini [il riferimento è al documentario Fascista, realizzato nel 1974 da Nico Naldini, cugino dello stesso Pasolini] noi abbiamo visto i giovani inquadrati, in divisa... Con una differenza però. Allora i giovani nel momento stesso in cui si toglievano la divisa e riprendevano la strada verso i loro paesi e i loro campi, ritornavano gli italiani di cento, di cinquant'anni addietro, come prima del fascismo. Il fascismo in realtà li aveva resi dei pagliacci, dei servi, e forse in parte anche convinti, ma non li aveva toccati sul serio, nel fondo dell'anima, nel loro modo di essere. Questo nuovo fascismo, questa società dei consumi, invece, ha profondamente trasformato i giovani, li ha toccati nell'intimo, ha dato loro altri sentimenti, altri modi di pensare, di vivere, altri modelli culturali. Non si tratta più, come all'epoca mussoliniana, di una irregimentazione superficiale, scenografica, ma di una irregimentazione reale che ha rubato e cambiato loro l'anima. Il che significa, in definitiva, che questa civiltà dei consumi è una civiltà dittatoriale. Insomma, se la parola fascismo significa la prepotenza del potere, la società dei consumi ha bene realizzato il fascismo."

A leggere oggi ciò che Pasolini scriveva all'epoca, si avverte la sua pressante urgenza di capire, di arrivare alla verità riguardo agli accadimenti di una società che a partire dal '68, ma i prodromi c'erano già da prima, stava cambiando profondamente. Pasolini scrive negli anni cruciali delle grandi svolte sociali: gli anni turbolenti del '68, della strategia della tensione, del referendum sul divorzio. È un intellettuale che vuole capire e le persone che vogliono capire danno fastidio perché vanno a fondo, non si fermano a quanto può superficialmente apparire, diventano presenze difficili da sopportare in un mondo sempre più costruito sulle apparenze. E questo suo testardo voler capire sarà ciò che gli attirerà le antipatie e gli strali sia della destra che della sinistra, e che farà tirare qualche sospiro di sollievo, rigorosamente bipartisan, alla notizia del suo assassinio.

lunedì 3 gennaio 2022

Dozza

Ieri, complice la giornata soleggiata e quasi primaverile, io e mia moglie abbiamo fatto un giretto a Dozza. Dozza è un piccolo borgo medievale situato sull'Appennino tosco-romagnolo a una manciata di chilometri da Bologna. È rinomato, oltre che per essere la sede dell'Enoteca Regionale dell'Emilia-Romagna, anche per i numerosi e caratteristici dipinti che abbelliscono le facciate delle case.

L'arte di dipingere i muri delle case del piccolo borgo risale al 1960, quando l'allora sindaco del paese ideò il Muro Dipinto, una manifestazione che nel tempo si è affermata e consolidata, tanto che dal 1965 è diventata Biennale e coinvolge critici e artisti nazionali e stranieri.

Ovviamente, ho fatto qualche foto.








Come ogni borgo medievale che si rispetti, anche Dozza ha la sua rocca: Rocca Sforzesca, nata nel 1200 come fortezza medievale per poi trasformarsi, nel corso dei secoli, in residenza rinascimentale e settecentesca (la sua storia in dettaglio la trovate qui).







Per chiudere, un'immagine del tramonto scattata da una delle torri della rocca.

Avevo sentito parlare spesso di questo piccolo paesino coi muri dipinti ma non l'avevo mai visitato. Dopo averlo visto mi sono pentito di non esserci andato prima.

sabato 1 gennaio 2022

25 anni senza Ivan


Il primo gennaio di 25 anni fa se ne andava, alla giovane età di 51 anni, Ivan Graziani, un cantautore a cui, per una lunga serie di motivi, sono molto legato e di cui, nel corso del tempo, ho scritto parecchio su questo blog. Definirlo cantautore è riduttivo, è stato un ottimo chitarrista con la vena del rock nel DNA e ha collaborato coi maggiori cantautori italiani. Soprattutto, è stato un artista a tutto tondo (disegnatore, pittore, scrittore, narratore). Le sue non erano semplici canzoni, erano vere e proprie storie in musica, erano affreschi, quadretti. 

Ne scrivo proprio oggi perché è appunto di oggi la notizia del ritrovamento di vecchi nastri con materiale musicale inedito che, probabilmente, verrà pubblicato una volta terminati i lavori di "ripulitura" e conversione in digitale dei nastri e arrangiamenti dei pezzi. È una notizia che mi ha fatto immenso piacere. Data la ingente mole della sua produzione musicale - ha pubblicato circa trenta album nel corso della sua carriera - è difficile scegliere qualche canzone che lo rappresenti. Mi limito a postarne qualcuna qui di seguito tra le sue più note.

Bentornato, Ivan.





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