lunedì 28 novembre 2022

Menti teleologiche

Ho parlato già, in passato, di questo argomento, che per me è affascinantissimo, ma ogni tanto mi imbatto in qualche nuovo contributo che aggiunge un pezzetto a quanto già avevo appreso. L'argomento è ovviamente la teleologia, ossia la concezione filosofica secondo la quale ogni evento che accade è inserito in un disegno, in un destino, non è mai dovuto al caso. Telmo Pievani racconta a questo proposito un aneddoto.

Un uomo esce di casa la mattina presto per portare il cane a fare pipì. Mentre cammina sul marciapiede una tegola cade dal tetto di un palazzo, lo colpisce in testa e il pover'uomo muore. L'evento, senza ulteriori aggiunte, viene naturale attribuirlo al caso, una tragica casualità. Ma proviamo ad aggiungere un pezzettino. L'uomo esce di casa col suo cane ma si ferma per un minuto dall'edicolante a comprare il giornale. Quando riprende a camminare cade la tegola di cui sopra e l'uomo muore. Se non si fosse fermato dall'edicolante, la tegola sarebbe caduta subito dopo il passaggio dell'uomo e lui sarebbe ancora vivo. In questa seconda situazione viene meno naturale pensare al caso e più istintivo dire: Era destino, era cioè scritto in un disegno che quello dovesse essere l'ultimo giorno del pover'uomo.

Quante volte ci è capitato di pensare che una serie di eventi (fortunati o sfortunati non ha importanza) che ci capitano non siano frutto del caso ma siano inseriti in un "destino", in un "disegno"?

Questo ragionamento non deve stupire, perché la nostra mente è naturalmente strutturata e programmata per ragionare in termini di finalità. È appunto teleologica. Il caso è fortemente controintuitivo. E, tra l'altro, la degenerazione di questo modo di pensare è ciò che genera i deliranti complottismi che tutti conosciamo. Se avete una cinquantina di minuti, vi suggerisco di seguire questa interessantissima lezione di Telmo Pievani il quale, con la sua ben nota maestria e capacità affabulatoria, spiega perché la nostra mente ragiona in questo modo (c'entra l'evoluzione) e perché cose come "ce l'abbiamo nel DNA" o "è scritto nei nostri geni" non hanno alcun senso.


L'ora del caffè


Ho letto questo libro in due giorni. Un dialogo/confronto intergenerazionale tra un padre e una figlia (Gianrico e Giorgia Carofiglio) su alcuni dei grandi temi della società contemporanea: femminismo, crisi climatica, scelte alimentari, politica, linguaggio, comunicazione e media, morale sessuale e altri. Un altro piccolo/grande mattoncino per tentare di capire e decifrare la complessa società in cui viviamo. Un libro bellissimo.

sabato 26 novembre 2022

Un mondo senza lavoro

In un futuro forse non troppo lontano le persone che lavoreranno saranno poche, a causa soprattutto dell'inarrestabile processo di automazione, dello sviluppo dell'intelligenza artificiale, della robotica, e compiti come diagnosticare una malattia, redigere un contratto, scrivere notizie saranno sempre di più svolti da computer. La "minaccia", se così vogliamo chiamarla, di un mondo in cui non ci sarà lavoro per tutti è quindi più reale di quanto possa sembrare.

L'autore di questo interessantissimo saggio, l'economista Daniel Susskind, prefigura lo scenario di un mondo senza lavoro e suggerisce alcune soluzioni per gestirlo. Non è facile immaginare un mondo senza lavoro che si regga su altre cose, perché il concetto di lavoro è connaturato profondamente al nostro modo di intendere la vita. C'è vita se c'è lavoro. Scrive a questo proposito l'autore: "Quasi tutti possono contare su una certa quantità di talenti e competenze, il loro capitale umano, e si presentano nel mondo del lavoro in cerca di un impiego. Questi impieghi, a loro volta, procurano ai lavoratori una fetta della torta economica sotto forma di salario. Ecco perché consideriamo il lavoro così vitale oggi, e perché è così allettante l'idea di conseguire un'istruzione che basti a conservare un'occupazione. Ma è anche il motivo per cui la prospettiva di un mondo con meno lavoro è tanto sconcertante: metterà fuori uso il tradizionale meccanismo di spartizione della torta economica."

Come fare sì, quindi, che si possano creare altri meccanismi di spartizione della torta economica che prescinda dal lavoro? E quali possono essere questi meccanismi? Susskind fa alcune ipotesi, una delle quali è la creazione di un Big State, una sorta di ampliamento riveduto e modificato del già noto Welfare, che consenta di redistribuire la ricchezza prodotta dal lavoro tecnologico che ha soppiantato quello generato dal precedente capitale umano. Ovviamente, le modalità con cui avverrebbe questa spartizione sono tutte da vedere e da elaborare, impresa non certo semplice. Ma d'altronde, da qualche parte bisognerebbe cominciare.

Un mondo senza lavoro, naturalmente, non avrebbe solo implicazioni di tipo economico. Il lavoro, nella nostra civiltà, ha anche una forte valenza psicologica. Per tantissimi il lavoro è ciò che dà senso e uno scopo all'esistenza. Scrive l'autore: "Per la maggior parte di noi il lavoro è il nuovo oppio. Come una droga, offre a molti individui una piacevole sferzata di motivazione. Ma, allo stesso tempo, intossica e disorienta, distraendoci dalla ricerca di significato in altri ambiti. Questo rende difficile immaginare come potremmo vivere diversamente le nostre vite. Il lavoro è così radicato nella nostra psiche, ne siamo diventati così dipendenti che c'è spesso un'istintiva resistenza a prendere in considerazione un mondo in cui ve ne sia di meno, e un'incapacità di esprimere qualcosa di sostanziale quando lo facciamo."

Nei prossimi cento anni, è la tesi di Susskind, il progresso tecnologico ci renderà benestanti come mai prima, ma questo progresso ci condurrà inevitabilmente in un mondo con meno lavoro per gli esseri umani. E nasceranno nuovi problemi, come ad esempio quello del sistema migliore per condividere questo nuovo benessere con tutti i membri della società, o quello del senso, cioè tentare di immaginare come usare questo benessere non solo per vivere con meno lavoro, ma per vivere bene.

Credo che questo sia uno dei saggi più interessanti letti quest'anno.

Perché i tumori

È vero che i casi di tumore, in Europa (quindi anche in Italia), stanno aumentando? Sì, è vero. Ma non stanno aumentando perché qualcuno ci sta avvelenando, o a causa dei composti chimici nei cibi o delle sostanze inquinanti presenti nell'aria mefitica delle nostre città. Certo, un peso in tutto questo ce l'hanno anche questi ben noti fattori, ma stanno aumentando soprattutto a causa del fatto che la popolazione vive molto più a lungo rispetto al passato, e invecchiando le probabilità di ammalarsi di cancro aumentano esponenzialmente. 

Chi racconta di avvelenamenti di qualsiasi tipo, con il tipico stampo del complottista, lo fa principalmente perché deve vendere detossificanti, disintossicanti e fuffa varia assortita. I cosiddetti disintossicanti/detossificanti, a meno che non ci si intossichi realmente non servono infatti a niente, se non a fare guadagnare le farmacie e i produttori di questa paccottiglia. Il corpo umano, in condizioni normali, è infatti perfettamente in grado di eliminare da sé le tossine che produce. Se avete una decina di minuti date un'occhiata a questo interessantissimo video di Giacomo Mauretto, studente di biologia evolutiva all'università di Padova e creatore del canale YouTube Entropy for Life. A mio avviso, merita.

Schizofrenia e depressione

Confesso senza problemi che dei primi dieci minuti di questa conferenza di Umberto Galimberti, che ho ascoltato oggi pomeriggio mentre passeggiavo, non ho capito niente, a causa della mia mancanza di un adeguato background culturale. L'argomento trattato è complesso e riguarda i modi con cui il nostro corpo si relaziona alla propria soggettività e al mondo in cui vive. L'unico concetto che mi pare (ribadisco: mi pare) di avere capito è che esiste un accoppiamento corpo-io che a volte si realizza e altre volte no. Quando siamo stanchi, ad esempio, non diciamo "ho un corpo stanco" ma "sono stanco", segno di una perfetta corrispondenza tra corpo e soggettività. Oltre a questo, il buio. 

A partire dal min. 13, invece, Galimberti affronta l'interessantissimo tema della nascita della psichiatria, menzionando i contributi e le intuizioni di grandi pionieri come Eugenio Borgna e Franco Basaglia. Il discorso si sposta poi su due delle maggiori patologie che oggi affliggono la nostra società: la schizofrenia e la depressione. Riguardo alla schizofrenia mi ha colpito molto il fatto che si tratta di una patologia episodica, cosa che io non sapevo. Non è come avere ad esempio un'ulcera o un'anemia, patologie di cui si soffre in maniera "continuativa". Lo schizofrenico ha le sue crisi, anche violente, per un breve periodo di tempo e poi, per un altro periodo di tempo, torna a essere una persona normale, con cui si può tranquillamente parlare e con cui relazionarsi. Uno schizofrenico non è schizofrenico sempre. Ha le sue crisi, i suoi parossismi, poi tutto torna a posto fino alla crisi successiva. 

Riguardo alla depressione, invece, mi ha colpito molto il fatto che oggi, rispetto al passato, ha cambiato forma. Fino ad alcuni decenni fa, quando ancora si viveva nella società delle regole in cui c'era permesso/proibito, giusto/sbagliato ecc., la depressione era organizzata sul senso di colpa. Oggi, che le regole non esistono più, la depressione è organizzata sul senso di inadeguatezza. Ce la faccio o non ce la faccio a tenere i ritmi imposti dalla società, dal mondo del lavoro, dall'apparato di appartenenza? Una volta, dice il filosofo, chi lavorava con me era un mio compagno, oggi è un mio competitore, perché chi va meglio manda a casa l'altro. Ce la faccio o non ce la faccio a sopportare questo livello ansiogeno generato dalla sfrenata competitività della società in cui vivo? Se non ce la faccio, ecco la depressione. Ed ecco il motivo per cui nel nostro paese il 55% delle persone fa uso di psicofarmaci. Perché non ce la facciamo a tenere i ritmi che ci impongono la società e l'apparato a cui apparteniamo. E, a questo punto, qualche domanda sul modo in cui abbiamo organizzato la società in cui viviamo sarà il caso che cominciamo a farcela.

giovedì 24 novembre 2022

Spiccioli, as usual

Leggendo i dettagli della prima manovra economica targata Meloni, scopro di essere nella fascia di reddito, quella compresa tra 20000 e 35000 euro, che non riceverà alcun beneficio dal taglio di due punti percentuali del cuneo fiscale. Ma anche i lavoratori compresi nelle altre fasce riceveranno aumenti molto contenuti, nell'ordine di 20-30 euro al mese, irrilevanti rapportati agli aumenti generalizzati causati da un livello di inflazione che non si vedeva da qualche decennio.

Non che ci si aspettasse chissaché, intendiamoci, anche perché, lo sappiamo - ce l'hanno ripetuto ormai fino allo sfinimento - la coperta è corta e arrivare dappertutto è impossibile. E comunque anche manovre finanziarie di altri governi non è che siano mai state molto diverse da questa.

Quello che mi riesce difficile da digerire rimane l'estensione della flat tax al 15% per autonomi e partite IVA con ricavi fino a 85000 euro (prima erano 65000). Nella mia modesta capacità di capire certi meccanismi economici, continuo a chiedermi perché io, lavoratore dipendente con un imponibile annuo che non arriva neppure alla metà del tetto che consente a un autonomo di godere di tale beneficio, ho un livello di tassazione del 46,5% contro il 15% di una partita IVA.

domenica 20 novembre 2022

Ventimila euro per il matrimonio in chiesa

La proposta presentata dalla Lega che prevede un bonus di ventimila euro alle coppie che scelgono di sposarsi in chiesa piuttosto che in comune, descrive forse meglio di ogni altra la pasta di cui è fatta la lega: apparenza, disprezzo dei valori, populismo e demagogia elevati all'ennesima potenza. 

L'idea è stata partorita (non so chi sia il proponente e non m'interessa) in seguito alla constatazione dell'aumento dei matrimoni civili rispetto a quelli religiosi. Per cercare di invertire questa tendenza ecco un bel premio in denaro per convincere i cattivi miscredenti a tornare a sposarsi tra le sacre mura di una chiesa.

La prima cosa che mi sono chiesto una volta letta la notizia è stata: ma a quelli della Lega cosa importa dove sceglie di sposarsi la gente? E perché vogliono che si torni a sposarsi in chiesa? Sarei tentato di ipotizzare che la cosa vada letta in chiave anti-musulmana, nel senso che un maggiore ricorso alle nozze in chiesa possa essere sbandierato come segno di maggiore forza della religione cristiana rispetto a quella musulmana, che nel nostro paese vede col passare del tempo una lenta ma costante affermazione. Il ragionamento, ipotetico, è puerile, me ne rendo conto, ma d'altra parte stiamo parlando di un partito che ha sempre affrontato tematiche complesse facendo ricordo alla banalizzazione, alla puerilità e alla stupidità, quindi non stupirebbe se le cose stessero effettivamente così.

Detto questo, ci sarebbe da considerare che, generalmente, chi sceglie di sposarsi in chiesa lo fa (al netto di immancabili motivazioni relative a quieto vivere e reiterate consuetudini) per adesione a determinati valori morali e religiosi. Tentare di convincere le persone a sposarsi in chiesa dietro offerta di un compenso in denaro mi pare che abbia poco a che fare con la spiritualità e molto col mercimonio. Ora, è vero che la chiesa ha storicamente sempre fatto mercimonio dei sacramenti, ma lo svilimento insito in questa operazione mi pare sia oltremodo spudorato.

D'altra parte è anche vero che alla Lega non è mai fregato nulla dei valori cristiani, se non in chiave strumentale, populista e finto-identitaria, come dimostrano le reiterate esibizioni di crocefissi, rosari, vangeli, corone e quant'altro di Salvini e soci nel corso degli anni, lo stesso Salvini che poi, cristianamente, respingeva i disperati sui barconi che naufragavano nel Mediterraneo.

Ecco perché, alla fine, non stupisce che la Lega abbia avanzato questa proposta. Semplicemente perché il leghismo è questa roba qua.

Qatar

La prima cosa che ho fatto, dopo aver letto della cerimonia d'inaugurazione dei mondiali di calcio in Qatar, è stata andare su Wikipedia per vedere di preciso dov'è il Qatar. Sapevo vagamente che è uno stato mediorientale musulmano ma la sua ubicazione precisa la ignoravo. Non seguendo più da tempo il calcio (in realtà non l'ho mai seguito con particolare interesse) mi sono anche chiesto perché questa tornata di mondiali si tenga in inverno, quando solitamente, almeno che io ricordi, si svolgono in estate. Poi ho dato un'occhiata al meteo del Qatar e ho scoperto che là le temperature di questo periodo sono estive, almeno per i nostri canoni. Forse è per quello, chissà. In ogni caso il nostro paese, l'Italia, non partecipa perché non è riuscita a qualificarsi, quindi il tutto scorrerà nell'indifferenza.

COP27

Di fronte all'ennesimo nulla di fatto del COP27 appena conclusosi a Sharm el-Sheick, dove in sostanza si è faticosamente e genericamente deciso, non si sa bene con quali modalità, che i paesi più ricchi risarciranno i paesi più poveri dei danni prodotti dai cambiamenti climatici, viene da chiedersi perché si continuino ad allestire questi inutili carrozzoni mediatici dove, regolarmente, il punto nodale di tutta la questione, ossia l'impegno vincolante a ridurre le emissioni, viene accuratamente evitato. Rimane un mistero. Per il resto - ai più questa cosa è ormai nota - il punto nodale di cui sopra viene evitato semplicemente perché manca la volontà politica di attuarlo, e perché limitare le emissioni e l'impatto sul pianeta delle attività umane implica una decrescita, concetto che tutti rifuggono per le sue infauste implicazioni (decrescere significa, per i paesi ricchi, diminuire il tenore di vita, con tutte le conseguenze economiche e sociali che ciò comporta).

Quindi, alla fine, la cosa più coerente sarebbe smetterla di fare queste inutili sceneggiate dove puntualmente si decide di non decidere; o al limite, se proprio si vogliono fare, visto che siamo nell'era della comunicazione digitale globale si facciano almeno in videoconferenza ognuno da casa propria.

domenica 13 novembre 2022

Desiderio

Leggo nel libro Le cose dell'amore, di Umberto Galimberti, che la parola desiderio deriva da de-sidera, dove "sidera" è riferito alle stelle.

Ai tempi dei romani i "desiderantes" (da cui "desiderio"), termine citato per la prima volta da Giulio Cesare nel De bello Gallico, erano le sentinelle che di notte si mettevano ai margini dell'accampamento ad aspettare i soldati che ancora non erano rientrati dalla battaglia. Trascorrevano quindi la notte sotto le stelle ("sidera") ad aspettare chi mancava. Da qui il connubio desiderio-mancanza. Perché io desidero ciò che non ho, ciò che mi manca. Una volta che ce l'ho non lo desidero più e mi limito a godere del suo possesso.

sabato 12 novembre 2022

Franco (Battiato)



Ho scoperto solo adesso che in Spagna esiste un movimento giovanile i cui membri aggiungono ad ogni scritta inneggiante al dittatore fascista Francisco Franco il cognome del grande cantautore.

Bello :-)

lunedì 7 novembre 2022

Joachim Ebeling

Non so come si concluderanno le molteplici battaglie legali tra la nave Ong Humanity 1 e il governo, ma indipendentemente da ciò, nutro per questo capitano la stessa stima e la stessa ammirazione che provai per Carola Rackete quando, tre anni fa, forzò il blocco imposto da Salvini ed entrò con la nave Sea Watch 3 nel porto di Lampedusa consentendo ai naufraghi salvati in mare di poter sbarcare.

domenica 6 novembre 2022

Cassetti

Stamattina ho messo in ordine alcuni cassetti in cui non mettevo le mani da anni. Tra le tante cianfrusaglie trovate mi è capitata in mano una foto/cartolina molto vecchia che ritrae la Pensione Sacchini.

Quando io ero piccolo, i miei genitori gestivano una piccola pensione a conduzione familiare a Viserbella, a pochi passi dal mare. In quella pensione ci ho trascorso alcune estati della mia infanzia e ne ho dei bellissimi ricordi. Rivedere quella foto mi ha fatto tornare alla memoria quegli anni: i clienti affezionati che tornavano ogni estate, mia madre che faceva le camere e serviva in sala; mio padre che si occupava dell'amministrazione e teneva i contatti con i fornitori; la cuoca Diana che preparava sempre cibi succulenti. 

Quella piccola pensione, con le sue 15 camere disposte su tre piani, era il mio regno, e io il suo re.

sabato 5 novembre 2022

Tra sceneggiate, teatro e propaganda

Le mille persone che da una decina di giorni sono tenute prigioniere (non vedo altra definizione possibile) su tre navi umanitarie nel Mediterraneo sono, loro malgrado, gli attori di un film che si ripete con triste puntualità. Prima il regista era Salvini, ora Piantedosi, ma il film non cambia. Perché non è nient'altro che squallido teatro? Perché, esattamente come succedeva con Salvini, i naufraghi salvati dalle navi Ong e tenuti teatralmente bloccati sulle navi sono una piccola percentuale del totale di quelli che arrivano.

Per la precisione (La Stampa, 5.11.2022), le navi Ong portano a riva appena il 16% dei naufraghi salvati. Dall'insediamento del nuovo governo sono arrivate sulle nostre coste oltre 9000 persone e di queste solo 985 a bordo di navi umanitarie, tutte le altre sono state soccorse da navi della guardia costiera Italiana o della guardia di finanza, oppure sono arrivate in autonomia con piccole imbarcazioni che sfuggono ai controlli. Ma questo governo, esattamente come quello in cui Salvini faceva lo sbruffone sulla pelle dei disperati, deve dare l'idea della forza, del pugno di ferro, perché i voti li ha presi anche (forse soprattutto) con la promessa di chiudere porti, fermare (inesistenti) invasioni e via di seguito.

A proposito di invasioni, o di stupide narrazioni tipo "non possiamo prenderli tutti noi", tutte balle che a forza di essere ripetute hanno acquistato dignità di verità, sono i numeri che parlano. Nel 2021 la Germania ha accolto 191000 richieste di asilo, un terzo del totale; la Francia 121000, la Spagna 65000, l'Italia 53000, mentre gli stranieri oggi presenti sul territorio italiano non arrivano al 10 percento del totale. Se il significato delle parole ha ancora un senso, dove sarebbe quest'invasione?

Una invasione vera, e potenzialmente travolgente, l'avremo se non la smetteremo di affrontare il problema delle migrazioni con la cialtroneria, il dilettantismo e lo sciacallaggio politico con cui le abbiamo affrontate negli ultimi anni. Perché le migrazioni, nonostante ciò che ci vogliono raccontare, non sono più un fenomeno emergenziale, se mai lo sono state, sono un fenomeno storico sociale di portata globale con cui avremo a che fare almeno per i prossimi cinquant'anni, con centinaia di milioni di persone che si sposteranno da una parte all'altra del pianeta a causa di guerre, povertà, inaridimento delle terre causato dai cambiamenti climatici. Ma davvero vogliamo pensare di affrontare questo gigantesco problema bloccando qualche migliaio di disperati su delle navi?

Auguri a noi.

venerdì 4 novembre 2022

L'era della disinformazione

 

 

Se andate in edicola, allegato al numero di novembre del mensile Le scienze trovate questo libro, curato da Walter Quattrociocchi. È una interessante raccolta di scritti con cui informatici, psicologi, sociologi, esperti di comunicazione tentano di spiegare i motivi per cui oggi, nei media digitali, ma anche tradizionali, in generale nella società, impera la disinformazione, e anche i motivi che spingono tantissime persone a credere a bufale e complotti più o meno improbabili.

Gran parte della responsabilità è da addebitare a vulnerabilità cognitive proprie della nostra specie, che gli algoritmi che stanno alla base del funzionamento dei social media hanno imparato a sfruttare tendendo a mostrare a ogni utente contenuti in linea con la sua visione del mondo.

A questo c'è da aggiungere un cambio completo di paradigma, indotto dai social, nel processo di accesso alle informazioni, in particolar modo riguardo al fatto che oggi viviamo immersi in fiumi di notizie e abbiamo pochissimo tempo per elaborarle (i social sono strutturati per agevolare la velocità e i dettati ipnotici a scapito della riflessione), e questi fattori fanno sì che si tenda a soffermarsi su quelle che aderiscono alla nostra visione del mondo piuttosto che a quella avversa.

Anche per quanto riguarda la credenza nei complotti hanno una certa responsabilità le tare cognitive di cui sopra, aggravate da alcuni fattori peculiari della nostra epoca. Ad esempio l'ansia. L'autore cita numerosi studi da cui si evince che gli eventi che si stanno verificando nel mondo (pandemia, guerra, aumento di povertà e disuguaglianze, catastrofi climatiche, migrazioni ecc.) favoriscono la crescita di emozioni di fondo che rendono le persone più propense a credere all'esistenza di cospirazioni. In situazioni di forte ansia, rivelano sempre questi studi, le persone sono quindi maggiormente spinte a pensare in modi che si avvicinano di più al complottismo. Questo succede perché credere a un complotto è generalmente poco faticoso (richiede molto più tempo analizzare e approfondire le vere cause di un fenomeno), e in più credere a una cospirazine dà la (falsa) sensazione di fare sembrare il mondo più semplice e di poter meglio controllare ciò che succede.

Un libro veramente avvincente, che spiega in maniera chiara molte delle dinamiche sociali che regolano la società in cui viviamo.

giovedì 3 novembre 2022

Raccogliere i migranti

Il modo in cui si utilizza il linguaggio è estremamente indicativo, al netto di eventuali errori di interpretazione sempre possibili, delle idee di chi si esprime. 

Quando ad esempio il neoministro dell'Interno parla di migranti come di qualcosa che si raccoglie in mare, mi viene istintivamente da pensare che la considerazione che lui nutre nei loro confronti non sia eccessivamente elevata. Raccogliere qualcosa in mare a me fa venire alla mente, che ne so?, le azioni meritevoli dei volenterosi di qualche associazione che vanno a raccogliere plastica e rifiuti vari, ad esempio.

Provate a fare la seguente sostituzione. Il ministro ha detto: "Non possiamo farci carico dei migranti raccolti in mare". Se invece avesse detto: "Non possiamo farci carico delle persone che vengono salvate in mare", sarebbe stato diverso? A mio avviso sì, sarebbe stato molto diverso.

In primo luogo perché avrebbe elevato i migranti alla dignità di persone (il sostantivo migrante ha oggi assunto, dopo anni di delegittimazioni politico-mediatiche, una connotazione fortemente negativa); in secondo luogo perché, a livello di impatto psicologico-cognitivo, c'è differenza tra "migrante" e "persona salvata in mare", e in virtù di questo appare meno grave impedire per giorni e giorni lo sbarco a dei migranti piuttosto che a naufraghi salvati in mare.

Boh, non so, magari è solo una mia impressione, quindi prendetela per quello che vale. Ma il fatto che il neoministro dell'Interno fosse capo di gabinetto al Viminale ai tempi in cui era sciaguratamente ministro Salvini, e che sia stato tra l'altro co-estensore dei famigerati decreti sicurezza, mi fa pensare che forse non ho sbagliato di molto.

Gli attivisti sul raccordo anulare

Leggevo ieri del blocco del raccordo anulare a Roma attuato da alcuni attivisti come opera di sensibilizzazione sul problema del riscaldamento globale. Mi chiedevo: posto che il problema è reale, serio, drammatico, è questa una maniera corretta di sensibilizzazione? È giusto creare disagi al prossimo in nome di un ideale, per quanto nobile esso sia? A me sembra di no.

In quel fiume di macchine bloccate ci poteva essere chi andava a un appuntamento medico prenotato magari da mesi, chi a un appuntamento con un notaio, chi rientrava a casa distrutto dopo un turno di lavoro massacrante - aggiungete a piacere ogni esempio che vi viene in mente.

Il problema del riscaldamento globale, tra le sue tante sfaccettature comprende anche quella del piano comunicativo con cui si vuole affrontare. Atti come questo contribuiscono a sensibilizzare o, al contrario, non fanno altro che aumentare le polarizzazioni attorno a un tema che già di per sé è estremamente polarizzante? Temo che la risposta giusta sia la seconda.

martedì 1 novembre 2022

[...]

"Un ordine ha trasformato queste figure in nemici nostri; un altro ordine potrebbe trasformarli in amici." 

 (da Niente di nuovo sul fronte occidentale - E. M. Remarque)

 


 

I rave party

Scopriamo oggi che nel nostro paese esiste una emergenza di un certo rilievo di cui non ci eravamo mai accorti: i rave party. Una minaccia talmente grave da spingere i solerti legislatori non ad inasprire le misure per contrastarli, ma addirittura a istituire all'uopo una nuova tipologia di reato che sarà inserita per decreto nel nostro codice penale. C'è senz'altro da tirare un sospiro di sollievo di fronte a cotanta solerzia, dal momento che la gravissima minaccia rappresentata da orde di giovani squinternati e un po' fatti, che amano riunirsi in capannoni dismessi per ballare, era a gran parte delle italiche genti sconosciuta.

Naturalmente, la misura presa dà anche una chiara indicazione circa l'andazzo ideologico su cui sarà improntato l'agire del nuovo governo per quanto riguarda ordine pubblico e libertà personali, ma di questo avremo modo di avere conferma - o magari smentita, perché no? - nel prossimo futuro. Da queste parti, molto sommessamente, ci si limita a chiedere perché istituire con cotanto impeto una nuova tipologia di reato dal momento che il famoso rave svoltosi a Modena lo scorso weekend, quello che ha rappresentato un po' il casus belli di tutto, è stato sgomberato tranquillamente e pacificamente con le vecchie regole.

Impressioni di settembre

Ieri quelli de Il Post hanno pubblicato un bellissimo articolo, che è una citazione tratta da un libro appena uscito di Mauro Pagani, in cui si spiega come nacque Impressioni di settembre, forse la più iconica e più universalmente nota canzone della PFM. Così invogliato, mi sono messo al pianoforte e ne ho accennato, in maniera molto sgangherata, un piccolo brano.

Manifesti

In alcune città i Pro Vita hanno fatto affiggere manifesti come questo per supportare le loro campagne antiabortiste. Nei manife...