giovedì 19 maggio 2022
Liliana Segre e Chiara Ferragni
martedì 17 maggio 2022
Sostituzioni etniche
lunedì 16 maggio 2022
Risvegli
Quale Signore (degli anelli)?
Lessi Il signore dei anelli da giovane, prendendolo in prestito in biblioteca. È da un po' di tempo che mi frulla in testa il proposito di comprarne una copia da tenere nella mia libreria e di rileggerlo. Il problema è che non so quale comprare. Facendo qualche ricerca in rete ho infatti scoperto alcune cose.
La prima è che Il signore degli anelli è una sorta di sequel del romanzo Lo Hobbit, quindi, forse, sarebbe il caso di leggere prima questo. La seconda cosa che ho scoperto è che sia de Lo Hobbit che del Signore degli anelli esistono più edizioni, tra l'altro diverse tra loro. Tanto è vero che se si va da un libraio e si chiede Il signore degli anelli, ci si sente rispondere: "Quale edizione vuole?" E che ne so? Io so solo che voglio leggere Il signore degli anelli.
Ma perché quella buon'anima di Tolkien era così complicato? Non poteva scrivere il suo libro in una versione unica e chiusa li?
Una porta per entrare e una per uscire
Scopro solo adesso, leggendo il bellissimo Il silenzio dell'onda, di Gianrico Carofiglio, che gli studi degli psichiatri hanno, ove possibile, una porta per l'entrata dei pazienti e una per la loro uscita. La cosa ha evidentemente una sua logica, come spiega bene l'autore nel brano che ho riprodotto qui sopra, ma non ci avevo mai pensato, non avendo mai frequentato questi ambulatori (anche se molti mi dicono che dovrei farlo).
domenica 15 maggio 2022
E ti vengo a cercare
Letto in un fiato tra ieri oggi. Un libro bellissimo e coinvolgente che narra la storia di vita e professionale del cantautore che forse più di ogni altro ha inciso e influito sul mio modo di ascoltare musica e anche di fare (nel mio piccolo) musica.
Un libro che mi ha coinvolto non tanto e non solo perché mi ha consentito di conoscere aneddoti, curiosità e storie del cantautore probabilmente più geniale, eclettico, poliedrico, colto e raffinato che la nostra musica d'autore abbia mai avuto, ma perché, ascoltando io Battiato da quando avevo 11 anni (fui folgorato a quell'epoca, come tanti, da quell'assoluto capolavoro che si chiama La voce del padrone), mi ha permesso di ripercorrere e rivivere pezzi della mia vita, ognuno legato a un suo album che Scanzi ha saputo descrivere mirabilmente.
Uno dei passi più belli del libro: "Devo ribadirlo: gli anni che vanno dal 1988 al 1994 sono quelli che, in assoluto, preferisco di Battiato. È un bello scegliere con lui, perché come scegli, scegli sempre bene. In questa cerniera tra Ottanta e Novanta lo avverto però proprio superiore. A tutto: anche a se stesso. Una sorta di anima ipersenziente che vede anche quello che gli altri non vedono. Erano anni d'oro per quei cantautori che erano riusciti a salvarsi (o addirittura migliorarsi) in quegli appiccicosi anni Ottanta. De André, Fossati, Conte. E non solo loro. In questa (neanche troppo) ristretta cerchia di eletti, Franco Battiato era il più alieno. Il più trascendente. Non di rado quello che ti dava più vertigini, perché ti costringeva ad andare sempre oltre la mera dimensione terrena. La vita è quasi sempre una iattura insopportabile, ma essere stati contemporanei di Battiato era e resta una fortuna davvero enorme."
Mi manchi, maestro.
sabato 14 maggio 2022
Darwin fa paura?
Ricordate il post di qualche giorno fa in cui raccontavo la vicenda della mamma che aveva chiesto alla maestra di scienze di non tenere la lezione sull'evoluzionismo? Oggi, casualmente, mi sono imbattuto nella stupenda conferenza di Telmo Pievani, che ripubblico qui di seguito, in cui il grande biologo evoluzionista spiega perché, dopo 150 anni, Charles Darwin crea ancora tanti problemi.
Con altri grandi scienziati, come ad esempio Galileo, si è bene o male fatto pace. Con Darwin non ci si riesce, e il motivo per cui non ci si riesce non sta tanto nel fatto che la teoria dell'evoluzione demolisce il creazionismo, ché quello è un punto che bene o male si è superato, ma sta nel fatto che il darwinismo è controintuitivo, e lo è sia per i credenti che per i non credenti.
L'evoluzione per selezione naturale mette in crisi due punti. Uno è l'idea della discontinuità. È opinione diffusa, infatti, che in natura esistano le varie specie di piante e di animali e l'infinito numero di altre forme di vita che, tutte insieme, formano una sorta di mondo a sé stante. Poi ci siamo noi, gli uomini, che per natura saremmo qualcosa di diverso da tutto il resto, una sorta di unicum, si potrebbe dire. Darwin dimostra che non è così, che noi siamo esattamente come tutte le altre forme di vita e siamo inseriti nei medesimi processi che ne hanno contraddistinto l'evolversi.
L'altro punto scardinato dall'evoluzione è il determinismo, l'idea, fortemente imparentata col creazionismo, che l'evolversi della vita in tutte le sue molteplici manifestazioni non sia generato da un insieme di eventi casuali ma faccia parte di una specie di disegno, di progetto. Per tantissime persone è estremamente difficile concepire l'idea che non c'era alcuna necessità che le cose andassero come sono andate e che sarebbe bastata una qualsiasi minima variazione di un qualsiasi fattore evolutivo per cambiare tutto lo scenario.
Qui non c'entrano la religione o il credere o non credere in disegni intelligenti o meno, c'entrano la psicologia e l'antropologia, nel senso che noi umani siamo per natura "programmati" a interagire col mondo circostante in chiave deterministica. A vedere cioè un fine o un disegno in ogni cosa che accade. Fa parte del nostro retaggio evoluzionistico. Questi concetti sono stati sviscerati in un bellissimo libro, Nati per credere, di cui avevo parlato qui.
Questo è il motivo per cui, dice Telmo Pievani, oggi Darwin fa ancora così paura e non si riesce a farci pace: perché la sua teoria è irrimediabilmente controintuitiva. E questa cosa l'aveva capita lo stesso scienziato, il quale mise in conto fin da subito che la sua teoria non sarebbe stata capita né accettata. Ecco il motivo per cui la pubblicò, pur con una certa riluttanza, più di vent'anni dopo averla elaborata. In questo senso fu profetico Thomas Huxley, amico e collaboratore di Darwin, quando predisse che la teoria dell'evoluzione per selezione naturale avrebbe fatto litigare i posteri nei secoli.
Balconi Fioriti e l'altro Andrea :-)
Oggi e domani qua a Santarcangelo c'è l'annuale fiera del Balconi Fioriti, una festa primaverile in cui i balconi delle case, le vie e le strade si riempiono di fiori e piante di tutti i tipi, in un tripudio di colori e profumi.
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Questa che segue è forse la più bella e significativa.
Quest'anno, per la prima volta, il fidanzato di mia figlia maggiore, nonché mio omonimo, che è pittore, illustratore e disegnatore, ha ottenuto uno spazio per esporre alcuni dei suoi lavori e per farsi un po' conoscere, dal momento che ha smesso da poco di studiare e sta muovendo i primi passi nel campo della grafica e dei disegni. Quindi ho pensato di pubblicare qui di seguito le immagini di alcuni dei suoi lavori. Vi consiglio però, se per caso stasera o domani farete un salto qui a Santarcangelo, di passare a guardare i suoi lavori dal vivo: meritano :-)
Ed ecco l'artista in un autoritratto :-)
Insomma, dopo tutto questo, credo che non ci siano scuse per non venire a fare un giretto qua a Santarcangelo stasera o domani, no?
(Avviso: giuro di non avere ricevuto compensi dalla pro loco di Santarcangelo per scrivere questo post.) :-)
Anche i partigiani però...
Credo che questo saggio storico si candiderà ad essere il libro più bello che avrò letto quest'anno. Chiara Colombini è una storica e ricercatrice presso l'Istituto piemontese per la storia della Resistenza, e ha scritto questo libro per smontare, alla luce della documentazione e delle evidenze storiche, tutti i giudizi, le falsità, i luoghi comuni che nel corso dei decenni sono stati strumentalmente gettati addosso agli uomini che fecero la Resistenza.
Le accuse che da certi ambienti vengono ancora oggi mosse ai partigiani sono le più varie: irresponsabilità (con le loro azioni avrebbero scatenato le rappresaglie naziste e fasciste che si abbatterono sulla popolazione inerme); esaltazione (i partigiani avrebbero combattuto per imporre una dittatura comunista in Italia); irrilevanza militare e strategica in quanto gli Alleati avrebbero comunque liberato il nostro paese. Fino ad arrivare a quella più grave di essere stati spietati assassini che avrebbero infierito sui vinti, giudizio, questo, entrato nel senso comune anche sulla spinta di una certa letteratura che ha come capostipite libri come Il sangue dei vinti di Pansa e altri.
Chiara Colombini, alla luce della più completa documentazione storica oggi disponibile (numeri, cifre, testimonianze, documenti ufficiali) smonta e ricostruisce, contestualizzando, le accuse mosse ai partigiani, non nascondendo le contraddizioni, gli errori commessi, gli attriti presenti all'interno di un movimento che univa uomini appartenenti alle più diverse ideologie politiche, ma accomunati dal desiderio e dalla volontà suprema di spazzare via una volta per tutte vent'anni di dittatura sanguinaria che ha distrutto il nostro paese.
Mentre lo leggevo mi è venuto in mente un intervento di Alessandro Barbero che, allo stesso modo in cui fa Chiara Colombini in un capitolo del libro, risponde sinteticamente ma efficacemente alla domanda sull'inutilità della Resistenza. Dieci minuti interessantissimi.
venerdì 13 maggio 2022
Senza troppo rumore
mercoledì 11 maggio 2022
Orgoglio e pregiudizio
Biden & Draghi
Non so quanti ci abbiano fatto caso, ma quando Draghi, ieri, ha detto a Biden che l'Italia e l'Europa vorrebbero la fine del conflitto, dei massacri, delle violenze e l'avvio di "negoziati credibili", il capo della Casa Bianca non si è accodato. Dettaglio, questo, che corrobora l'idea, ormai diventata certezza (ne ha scritto anche il Washington Post qui), che UE e USA vedono la guerra in Ucraina da due posizioni che stanno agli opposti, e quella degli americani è nel segno della continuità del conflitto.
D'altra parte, è stato lo stesso ministro degli esteri americano, Lloyd Austin, a dichiarare appena qualche giorno fa che il loro scopo è indebolire la Russia. Ufficialmente per evitare che in futuro possa dare avvio ad altre guerre, ma non è difficile intuire quali siano i reali obiettivi. E comunque, se la guerra finisse domani, ciao indebolimento.
Dello stesso tenore le dichiarazioni di Avril Haines, capo dell'intelligence USA, secondo cui la guerra sarà ancora lunga perché, dice, non si vede "alcun segnale di impegno della Russia su questo percorso" (se un giorno sì e l'altro pure si continua a dare del macellaio e criminale a Putin e si continuano a stanziare miliardi di dollari in armi per l'Ucraina, forse è un tantino improbabile immaginare segnali distensivi da parte della Russia, no?).
In ogni caso, a me sarebbe piaciuto che Draghi, oltre a dire a Biden che l'Italia è per la fine del conflitto e l'avvio di negoziati, gli avesse portato un resoconto di tutti i sondaggi svolti finora da cui si evince che una parte importante di italiani vuole che si smetta di mandare armi all'Ucraina. Ma forse sarebbe stato pretendere troppo.
Un po' di pessimismo realismo
lunedì 9 maggio 2022
Vecchiaia
domenica 8 maggio 2022
I risultati de Il Post
Mi ha fatto piacere leggere che Il Post, l'anno scorso, è andato molto bene, così come mi fa piacere che le annate positive si succedano da un certo numero di anni. Mi riprometto sempre di abbonarmi ma non mi decido mai, complice anche il fatto che i suoi articoli sono consultabili gratuitamente a patto di sorbirsi qualche banner pubblicitario.
In realtà non mi reca alcun fastidio dover visualizzare un po' di pubblicità se so che serve a finanziare una informazione di qualità, e la testata di Luca Sofri e compagni è un organo informativo di qualità, che spiega i fatti chiaramente e in maniera esaustiva, senza ammantare le notizie di quella tendenziosità tipica delle testate al soldo di un editore o di un partito politico. Il Post può permettersi di essere libero in quanto finanziato solamente dai lettori e dalla pubblicità.
E sì, prometto che mi deciderò ad abbonarmi :-)
Continuare la guerra
Mi ha lasciato parecchio stupito il fermo rigetto, da parte del segretario della Nato Stoltenberg, della proposta di Zelensky di rinunciare a rivendicare la Crimea in cambio di una cessazione delle ostilità. Più che altro non si capisce, o almeno io non capisco, a quale titolo la Nato metta becco in una faccenda che dovrebbe essere di esclusiva pertinenza dello stato ucraino, del quale Stato si sono sempre evidenziati l'indipendenza e il diritto di filarsi da sé le proprie vicende.
C'è da ricordare, a proposito di Crimea, che la suddetta penisola, da tempo al centro del contenzioso tra Russia e Ucraina, fa amministrativamente parte di quest'ultima, mentre nella realtà è prevalentemente abitata da popolazione russofona (la lingua russa è parlata da più del 70 per cento della popolazione, la lingua ucraina da circa il 10 per cento), e che un referendum del 2014 sulla propria autodeterminazione ha visto il 95 per cento dei partecipanti favorevole alla riannessione alla Russia. Se quindi l'Ucraina, uno Stato indipendente e sovrano, decide di rinunciare ad essa per arrivare a un cessate il fuoco, non si capisce perché la Nato si opponga.
Ora, è vero che UE e ONU non hanno mai riconosciuto la validità di quel referendum, ma visto che, a detta di tutti, il maggiore ostacolo a un cessate il fuoco risiede nella mancanza di negoziati seri e nel fatto che, anche quando si tenta di sedersi a un tavolo, nessuno è disposto a fare concessioni alla controparte, non si capisce perché, una volta che salta fuori qualcosa di concreto, venga rigettato. Viene quasi da pensare che ci sia una volontà di non interrompere il conflitto e, anzi, di farlo continuare. Un pensiero corroborato, tra le altre cose, da quanto affermato dallo stesso Stoltemberg, il quale ha detto che si continuerà ad armare l'Ucraina anche se, per avere ragione di Putin, "ci vorranno mesi o anni", con conseguente protratta "distruzione di infrastrutture critiche e aree residenziali."
Che non ci sia nessuna volontà, almeno da parte occidentale (segnatamente gli USA), di porre fine al conflitto lo si evince anche dalle dichiarazioni tutt'altro che distensive pronunciate da Biden nelle ultime settimane (non è che se accusi uno di essere un criminale e un macellaio il giorno dopo ci vai a fare la pace) e dai continui stanziamenti di soldi, supporto logistico e armi al paese ucraino. Nonostante all'indomani dell'invasione dell'Ucraina Biden avesse espressamente dichiarato che gli USA non avrebbero mai partecipato al conflitto, oggi è palese che non è così, come del resto ha detto chiaramente Lucio Caracciolo nel suo editoriale di un paio di giorni fa, in cui spiega abbastanza in dettaglio in quali modi gli americani ci sono ormai dentro a tutti gli effetti.
Errata corrige.
Come riporta Open in questo articolo, Zelensky non ha affatto proposto la cessione della Crimea in cambio di un cessate il fuoco. Ha semplicemente chiesto, come condizione primaria per intavolare una trattativa, che la Russia ritiri le truppe dai territori occupati ripristinando la situazione precedente al 24 febbraio. Ho quindi riportato una notizia dimostratasi poi infondata e mi scuso con chi mi legge.
Civiltà e parole
Uno dei sintomi più evidenti della crisi/fine di una civiltà è il non sapere più usare le parole, non conoscerne più il significato, l'etimo, le trasformazioni. Concetto, questo, già evidenziato da altri filosofi e pensatori contemporanei e non.
Quattro minuti di un grande Cacciari.
venerdì 6 maggio 2022
Il Corano e Darwin
mercoledì 4 maggio 2022
Il papa silenziato
Nell'indifferenza pressoché generale, ieri papa Bergoglio ha detto che la Nato, forse, ha più di una responsabilità riguardo a ciò che sta succedendo in Ucraina. Stranamente non è stato linciato da nessuno, almeno qui in Italia. Abbastanza sorprendente, se ci si pensa, visto che nel clima attuale è sufficiente mostrare anche una piccolissima perplessità nei confronti della narrazione imperante per essere immediatamente bollati come filo-putiniani.
La Luna
Non si boccerà più
martedì 3 maggio 2022
La Corte Suprema e l'aborto
La Corte Suprema degli Stati Uniti si appresta ad abrogare la legge del 1973 che permette di ricorrere all'aborto negli USA. Una abrogazione che, qualora diventasse effettiva, andrebbe contro il volere della maggioranza dei cittadini statunitensi (quasi il 70% è favorevole all'aborto).
Pensavo alla lieve incoerenza di questa proibizione in un paese dove è ancora largamente praticata la pena di morte e la vendita di armi è libera.
lunedì 2 maggio 2022
Altri mondi
domenica 1 maggio 2022
[...]
[...] Ben venga Maggio e il gonfalone amico, ben venga primavera
Il nuovo amore getti via l'antico nell'ombra della sera, nell'ombra della sera
Ben venga Maggio, ben venga la rosa che è dei poeti il fiore
Mentre la canto con la mia chitarra brindo a Cenne e a Folgore, brindo a Cenne e Folgore [...]
Orsini e la Seconda guerra mondiale
Nonostante ciò che qualcuno dei miei 32 lettori potrebbe pensare, io non sono l'avvocato difensore di Alessandro Orsini, ma amo la storia e sono da sempre estremamente curioso.
Ieri, il discusso professore è stato messo (di nuovo) in croce per aver detto (video qui) che Hitler non ha mai voluto la Seconda guerra mondiale e per aver spiegato quali, secondo lui, sono stati i motivi che l'hanno generata.
Ora, io non sono uno storico, ma Alessandro Barbero si, e se si va a cercare in rete ciò che lui dice riguardo alle cause che hanno provocato la Seconda guerra mondiale, si scopre che collimano perfettamente con quelle spiegate da Orsini. YouTube è pieno di lezioni di Alessandro Barbero sulla storia di quel conflitto, ma mi limito a segnalarne due tra le tante: questa a partire dal min. 6:30 e questa a partire dal minuto 25 circa.
Ora, ripeto, io non sono uno storico e non ho alcuna competenza per sapere se Hitler voleva la Seconda guerra mondiale o no, mi limito solo a osservare che se mettiamo in croce Orsini per aver detto che non la voleva, dobbiamo mettere in croce anche tutti gli storici che dicono la stessa cosa.
sabato 30 aprile 2022
Le ragioni del dubbio
- Riconosci e pattuglia i limiti della tua conoscenza. Stana stereotipi e automatismi linguistici. Resisti all'istintiva xenofobia umana.
- Poniti dubbi su quello che leggi e senti; chiediti se qualcuno sta provando a manipolarti. Se qualcosa ti infastidisce, chiediti perché.
- Pratica l'aikidō della comunicazione: non rispondere a violenza verbale con violenza verbale, non schernire chi sa meno di te o chi sbaglia, ignora l'aggressività e rimani sulla questione.
- Costruisci la tua reputazione in un certo ambito: non c'è bisogno, e non è possibile, sapere tutto. Anche il più esperto lo è in un determinato campo.
- Pratica l'autoironia, ma non difenderti mai dicendo che eri ironicə.
- Sii capace di riconoscere il tuo errore.
- Se non capisci, di' che non hai capito; se non lo sai, di' che non lo sai.
- Ricordati che sei sempre in pubblico: i nostri spazi privati sono più ristretti di quanto pensiamo e vanno difesi curando bene la "faccia pubblica".
- Non smettere mai di studiare e approfondire; la conoscenza non è mai abbastanza. Trova una dieta mediatica varia ed equilibrata. Coltiva la curiosità.
- Quando serve, scegli il silenzio.
Quanto mi secca avere sempre ragione
giovedì 28 aprile 2022
Democrazia
Ho visto Nina volare
Ho scoperto per caso che Zucchero ha realizzato una sua versione di Ho visto Nina volare, una struggente e intensa ballata di De André inserita nel suo ultimo (ahimè!) album di inediti pubblicato nel 1996: Anime salve. Solitamente non amo i rifacimenti di canzoni di autori che mi piacciono, ma devo ammettere che la versione di Zucchero è molto interessante e coinvolgente.
La canzone non ha un testo dal significato immediatamente intelligibile, è vago, ermetico, a suo modo etereo, indefinito, e forse la sua poesia sta anche in questa indefinitezza. Alcuni tentativi di analisi del testo sono comunque stati fatti, come questo, ad esempio. Ma alla fine credo che ognuno possa vedere in quella bambina che vola tra i fili dell'altalena chiunque voglia.
Mastica e sputa, da una parte il miele
mastica e sputa, dall'altra la cera
mastica e sputa, prima che venga neve
Luce luce lontana, più bassa delle stelle
quale sarà la mano che ti accende e ti spegne
Ho visto Nina volare tra le corde dell'altalena
un giorno la prenderò come fa il vento alla schiena
e se lo sa mio padre dovrò cambiar paese
se mio padre lo sa mi imbarcherò sul mare
Mastica e sputa, da una parte il miele
mastica e sputa, dall'altra la cera
mastica e sputa prima che faccia neve
Stanotte è venuta l'ombra, l'ombra che mi fa il verso
le ho mostrato il coltello e la mia maschera di gelso
e se lo sa mio padre mi metterò in cammino
se mio padre lo sa mi imbarcherò lontano
Mastica e sputa, da una parte il miele
mastica e sputa, dall'altra la cera
mastica e sputa prima che metta neve
Ho visto Nina volare tra le corde dell'altalena
un giorno la prenderò come fa il vento alla schiena
Luce luce lontana, che si accende e si spegne
quale sarà la mano che illumina le stelle
mastica e sputa prima che venga neve
Questa è la versione originale contenuta nell'album di De André.
Questa, invece, è la versione di Zucchero.
Doppio cognome
mercoledì 27 aprile 2022
Aramostre
martedì 26 aprile 2022
Noi schiavisti
Ho terminato questo libro provando due diverse sensazioni: senso di colpa e incredulità. Il senso di colpa è generato dalla consapevolezza di essere, come consumatore, corresponsabile delle più variegate forme di schiavismo e sfruttamento su cui si regge buona parte dell'economia del nostro paese; l'incredulità è generata dalla presa di coscienza delle dimensioni del fenomeno (presente non solo in Italia, in verità).
Il fenomeno dello sfruttamento nel mondo del lavoro si origina indietro nel tempo, nei primi anni Novanta, quando con quello che è generalmente noto come Pacchetto Treu venne inaugurata l'epoca del lavoro cosiddetto flessibile (la flessibilità è un termine gentile con cui si è sempre cercato di edulcorare la precarietà). Lavoro flessibile via via rafforzato nel corso degli anni con altre riforme del lavoro che sono sostanzialmente sempre andate nella stessa direzione (ne avevo già parlato qui).
Il senso di colpa di cui parlo nasce dal fatto che io, come tutti, quando vedo in un supermercato offerte che sembrano incredibili e ne approfitto, contribuisco ad alimentare questo perverso meccanismo di sfruttamento, perché ogni volta che trovo le cosce di pollo a 2 euro al chilo o i pomodori a prezzi stracciati, vuol dire che dietro ci sono gli schiavi di oggi che per fare arrivare sui banchi quei prodotti a quel prezzo lavorano per 12 ore al giorno a 2 o 3 euro all'ora, sabato e domenica compresi, e vanno a ingrossare il giro d'affari del caporalato, delle cooperative di lavoro in subappalto che sfruttano migliaia di persone senza diritti e che vengono ricattate appunto perché in virtù del loro status non possono rivendicare alcunché (stranieri, irregolari, poveri ecc.).
Ho fatto l'esempio della carne e della frutta, ma questo sfruttamento si è ormai infiltrato in ogni altro settore dell'economia: sanità (sì, anche gli ospedali, oggi, reclutano personale appoggiandosi a cooperative), assistenza ad anziani (le famose badanti), edilizia, cantieristica nautica, logistica, manifattura, commercio, trasporti, industria e via di seguito. A proposito di badanti, ad esempio, ho scoperto una cosa che non sapevo: esistono solo in Italia. Le abbiamo inventate noi. E le abbiamo inventate noi perché, a differenza degli altri paesi europei, come al solito molto più lungimiranti, di fronte al progressivo invecchiamento della popolazione non abbiamo cominciato per tempo a immaginare forme di assistenza pubbliche e abbiamo consegnato i nostri anziani a un esercito di badanti dietro alle quali, molto spesso, manco a dirlo si nasconde il racket.
L'aspetto paradossale e tragico di questa situazione è che non c'è via d'uscita perché è una situazione che fa comodo a tutti. Scrive a questo proposito l'autrice: "Un sistema [quello dello schiavismo] che va avanti da anni, legale, che fa comodo a tutti, ai consumatori e alle aziende, alle cooperative e alle ditte di lavorazione della carne, alla politica di destra, che può addossare agli immigrati la colpa di rubare il lavoro agli italiani, e a quella di sinistra, che ha uno storico rapporto con le cooperative; fa comodo agli immigrati che trovano lavoro e appena possono diventano intermediari o fondano una cooperativa o una ditta di subappalto a loro volta, agli italiani che possono acquistare prodotti o servizi a bassissimo costo che altrimenti non si potrebbero permettere. Fa comodo a me, che posso andare al supermercato e trovare il tacchino a 2,5 euro al chilogrammo. Ma accettare questo sistema significa accettare che esistano cittadini e schiavi, paghe di seria A e paghe di serie B. Si potrebbe dire che l'Italia è diventata una 'Repubblica democratica fondata sul lavoro in subappalto' perché questo sistema si replica, identico, in diversi settori."
Circa il sistema delle cooperative e del lavoro in subappalto potrei parlare tantissimo perché ne ho esperienza diretta. Mi limito solo a dire che (già lo sapevo, ma dopo aver letto questo libro ne ho ancora maggiore consapevolezza) mi ritengo un privilegiato, oggi, a poter lavorare da ben 32 anni con un contratto a tempo indeterminato con tutte le garanzie di legge.
lunedì 25 aprile 2022
Preferisco chi spiega le cose
Io mi sono fatto una idea sui motivi per cui Orsini è così detestato, e il principale credo stia nel fatto che spiega le cose. Cioè non si limita a buttare là affermazioni e a dare in pasto al pubblico degli slogan. Esterna idee, esprime concetti, ma subito dopo spiega perché ha esternato un dato concetto, perché ha espresso una data idea. E pretende di portare a termine la spiegazione anche se viene interrotto.
domenica 24 aprile 2022
La Russia di Putin
La Russia di Putin è un libro che impressiona. Impressiona perché da fuori non si riesce a farsi l'idea di cosa sia la Russia sotto Putin. Forse, lentamente, qualcosa si è cominciato a intuire dall'invasione dell'Ucraina, che ha indotto molti a documentarsi e a cercare di avere qualche informazione su chi sia Putin e come "governi" il paese di cui è a capo dal 2000.
Il libro di Anna Politkovskaja, assassinata nel 2006 nell'androne del palazzo in cui abitava, a Mosca, ritrae un quadro impietoso di un paese in completo sfacelo, devastato dal comunismo prima e dalla svolta capitalista avvenuta dopo il crollo dell'Unione sovietica. Un paese dove il crimine, la corruzione e il malaffare regnano sovrani e infettano ogni ganglio dell'apparato statale: politica, forze armate, magistratura.
Uno dei capitoli che lascia maggiormente stupefatti è la descrizione di ciò che succede nell'esercito, dove gli ufficiali e i più alti in grado hanno diritto di vita e di morte sui sottoposti, i soldati semplici, che vengono sottoposti a ogni genere di sevizie, torture e angherie, fino ad arrivare alla morte - esistono associazioni di genitori di giovani deceduti sotto le armi che si battono per sapere che fine abbiano fatto i loro figli. Un sistema criminale che non teme nulla perché gli autori possono contare sulla totale impunità grazie alla corruzione di un apparato giudiziario totalmente asservito al potere dittatoriale instaurato da Putin.
Putin non governa la Russia. La Russia è cosa sua e lui ne fa ciò che vuole. Tutto è sotto il suo controllo o sotto il controllo dei suoi fedelissimi. Ogni apparato dello Stato, fin nelle sue più periferiche articolazioni, è diretto da ex funzionari del KGB che rispondono solo a lui. L'opposizione è solo formale, in realtà non esiste, così come la libera stampa. Un qualsiasi cittadino vittima di soprusi o ingiustizie di qualsiasi tipo non ha alcuna speranza di vedersi riconosciuta giustizia perché i tribunali seguono la logica, voluta da Putin, che l'interesse dello Stato ha preminenza sull'interesse del singolo, e se i due interessi confliggono quello dello Stato prevale.
È un libro che disarma, lascia allibiti, un libro che tutti dovrebbero leggere. In particolare lo dovrebbero leggere i vari Salvini, Berlusconi e compagnia cantante che per un decennio hanno decantato le lodi da statista dello zar russo, lo hanno corteggiato, si sono vantati di averlo come amico, ci hanno fatto selfie insieme, pur sapendo chi è e come "governa" la Russia.
sabato 23 aprile 2022
Breve resoconto della presentazione di un libro di Vera Gheno
A volte è sorprendente come gli avvenimenti capitino per caso e stravolgano il corso di una giornata che sembrava incanalata sui soliti binari. Così doveva essere anche questo sabato: un sabato come gli altri. Invece stamattina, mentre sfogliavo il giornale al bar davanti ai soliti cappuccino e cornetto, ho casualmente letto che nel pomeriggio ci sarebbe stato, qui alla "mia" biblioteca di Santarcangelo, la biblioteca Baldini, un intervento di Vera Gheno, che avrebbe parlato di comunicazione, lingua, linguaggio, e avrebbe presentato il suo ultimo saggio Le ragioni del dubbio. Ho quindi deciso di andarci pur non conoscendo, se non vagamente di fama, l'autrice in questione, e anche perché il titolo del libro mi sembrava interessante.
Mi ha fatto piacere rimettere piede, dopo un tempo abbastanza lungo, nella mia amata biblioteca, dove ho scoperto (cosa che mi ha fatto molto piacere) che c'è un gruppo di lettura formato da ragazzi tra i 12 e i 15 anni che si ritrova regolarmente per leggere La bambina che amava Tom Gordon, di Stephen King.
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La presentazione, interessantissima, aveva purtroppo i tempi abbastanza contingentati ed è durata solo un'ora. Peccato. Vera Gheno è una affabulatrice nata: ironica, spigliata, competente; per un'ora ha intrattenuto i presenti raccontando un po' di sé: i suoi studi, le sue pubblicazioni, il suo ruolo di ricercatrice all'università di Firenze. La parte più interessante dell'intervento ha riguardato, ovviamente, le sue discettazioni su comunicazione e linguaggio. Mentre parlava ho preso alcuni appunti, ma solo durante la prima mezzora, poi ho lasciato perdere perché ascoltarla era talmente interessante che non volevo distrarmi, scrivendo, col rischio di perdere qualcosa del suo intervento.
Elenco qui di seguito, brevemente, alcuni dei temi toccati.
Uno su cui ha insistito molto riguarda la facilità con cui oggi, tramite la rete, possiamo accedere alla comunicazione, alle notizie. Ma com'è la qualità di questa comunicazione? Il maggiore problema che la riguarda, oggi, è che coi media digitali e con la televisione abbiamo a disposizione un flusso ininterrotto e velocissimo di notizie, immagini, stimoli, che proprio a causa di questa velocità non riusciamo a fissare. Se si viene sommersi da una quantità eccessiva di stimoli, la nostra mente non riesce a elaborarli compiutamente, deve giocoforza operare una selezione. Per riuscire a renderli il più possibile digeribili, questi stimoli vengono quindi forniti in maniera semplificata, eliminando la loro complessità, perché complessità e velocità non sono compatibili, e la prima vittima di questa velocità è la possibilità/capacità di pensare.
Questo concetto non è nuovo - ne ho già parlato anch'io, in passato, su queste pagine -, è già stato studiato da sociologi e psicologi tra cui Andreoli, Crepet, Galimberti e altri. Galimberti, ad esempio, definisce la nostra epoca l'epoca della velocizzazione del tempo. Noi non viviamo, come hanno fatto le generazioni precedenti alla nostra per migliaia di anni, nel tempo, ma nella velocizzazione del tempo. Tutto dev'essere immediato, non esiste più la possibilità della riflessione, della ponderazione; a un messaggio bisogna rispondere subito con altro messaggio pena l'insorgenza di ansia e angoscia. Vera Gheno ha fatto l'esempio delle mail, raccontando che le capita spesso di ricevere messaggi di posta elettronica a cui, se non risponde in tempi ristrettissimi, segue subito una seconda mail o altro tipo di messaggio coi quali le si chiede ragione della mancata risposta. Questa velocizzazione del tempo costituisce, anche se noi non ce ne rendiamo conto, una mutazione antropologica radicale a cui non siamo abituati, che ci prende in contropiede e obbliga alla semplificazione. È anche a causa di questo che nascono le cosiddette polarizzazioni manichee dove tutto è solo bianco o solo nero, dove c'è un cattivo e un buono, uno che ha totalmente ragione e l'altro totalmente torto, uno rigorosamente in possesso della verità e l'altro della fallacia. E tutto ciò che sta nel mezzo, le sfumature, le gradazioni, in altre parole la complessità, non conta, non è importante, ruba troppo tempo.
A proposito di mancata complessità, la Gheno ha fatto un interessante riferimento al modo in cui, a volte, vengono strumentalmente confezionati i titoli che devono attirare la nostra attenzione. L'ha fatto prendendo come esempio il recente caso di cronaca - avevo letto qualcosa anch'io - in cui a un gruppo di persone disabili è stato negato l'accesso a un treno. Se un giornale fa un titolo tipo "Negato l'accesso a un treno a un gruppo di persone disabili" la prima cosa da fare è drizzare le antenne, mettersi sul chi va' là, evitare la immediata reazione/indignazione di pancia. Perché è tutto troppo bello, troppo semplice; in un titolo del genere viene già indicato nettamente al lettore chi è il buono (i disabili) e chi il cattivo (l'addetto che fisicamente ha impedito loro di salire, in senso più generale le ferrovie). Ma magari la situazione non è così semplice, ci possono essere (e immagino ci siano sicuramente) motivi diversi a noi sconosciuti che hanno generato e che spiegano questa incresciosa situazione, ma noi non li sappiamo perché magari sono nascosti in qualche minuscola riga in fondo all'articolo. A noi viene dato in pasto il titolone strumentale col preciso scopo di spingerci ad abbandonarci a reazioni di pancia e inondare i social di post indignati. In altre parole, ci siamo cascati, e ci siamo cascati perché non abbiamo più la possibilità e/o la capacità di pensare che le cose possono essere più complesse di quanto raccontato nel titolo. E poi, diciamolo, come si fa a rinunciare al piacere che dà poter esternare davanti all'universo mondo la nostra sacrosanta e fondamentale indignazione, evitando di prendere in considerazione l'idea di tacere fino a quando, magari, della vicenda si è capito qualcosa di più?
Altri punti toccati, ma li elenco solo altrimenti finisco domattina, riguardano l'assurdità della pretesa di democrazia nell'informazione, in ossequio alla quale un terrapiattista può vedersela alla pari in un dibattito televisivo con chi dice che la terra è sferica; oppure il fastidio recato dagli esperti in una materia che si trasformano in esperti di tutto, tipo certi virologi che diventano anche esperti di linguistica, geopolitica e tanto altro.
Alla fine, naturalmente, il libro l'ho comprato e mi ci butterò non appena avrò terminato il saggio di Anna Politkovskaja che sto leggendo in questi giorni. E so già che mi piacerà.
Vera (Gheno)
venerdì 22 aprile 2022
Giornalisti
giovedì 21 aprile 2022
Libri elettronici
martedì 19 aprile 2022
L'ultimo rimasto
Attese (del proprio turno)
lunedì 18 aprile 2022
Piccoli
Ho terminato poco fa Il Big Bang e l'origine dell'universo, del fisico spagnolo Antonio M. Lallena. Non è il primo libro che leggo relativamente a questi argomenti, ma ogni volta una cosa non smette di stupirmi: la nostra insignificanza all'interno dell'universo, ma ancora di più mi sorprende il fatto che a questa cosa generalmente non si pensi.
Vedi cara
domenica 17 aprile 2022
Lucio Dalla, Bettino Craxi e gli euromissili
Su La Stampa di ieri c'era una bellissima intervista a Samuele Bersani nel quale, tra le altre cose, il cantautore riminese parlava dell'imminente tour che lo porterà in giro per l'Italia e del suo ultimo album, Cinema Samuele, uscito nel 2020.
Samuele Bersani, come è noto, è una "creatura" di Lucio Dalla, nel senso che è uno dei molti artisti scoperti, valorizzati e lanciati dal grande cantautore bolognese. Nell'intervista in questione Bersani parla di lui con deferenza e affetto, rievocando momenti del loro sodalizio artistico e della loro amicizia, e menziona anche la grande cultura e competenza di Dalla riguardo all'attualità politica, invitando, per averne conferma, a cercare su YouTube la chiacchierata tra lui e Bettino Craxi sulla questione degli euromissili (la vicenda relativa all'installazione di missili nucleari a medio raggio sul territorio europeo da parte di USA e URSS che tenne banco nei primi anni Ottanta).
Incuriosito come non mai, mi sono messo a cercare quella chiacchierata e sono riuscito a trovarla. Sono rimasto a bocca aperta. Nella suddetta chiacchierata, che ripubblico qui di seguito, si può ascoltare un Lucio Dalla che disquisisce con Craxi di geopolitica, Europa, società con la stessa competenza di un docente universitario.
Intendiamoci, non ho mai pensato che Lucio Dalla fosse ignorante, anche perché apparteneva a una generazione di cantautori (Guccini, De André, De Gregori, Gaber, Fossati, Graziani e altri) colti, gente che studiava, che leggeva, che sapeva, ma sentirlo padroneggiare questi argomenti con tale competenza e padronanza mi ha comunque sorpreso.
sabato 16 aprile 2022
La storia di Lisey
Le ultime 250 pagine di questo monumentale romanzo di Stephen King le ho lette tutte in un fiato tra ieri pomeriggio e la tarda notte. Perché King - non sempre ma molto spesso - è così: tiene incollati alle pagine e impedisce di abbandonarle fino all'epilogo.
La storia di Lisey è un romanzo complesso, introspettivo, psicologico, drammatico, con un continuo ricorso a flashback che obbligano il lettore a tenere sempre alta l'attenzione pena lo smarrimento, un romanzo con una larga componente fantastica (qui King è da sempre maestro) e immancabili sfumature horror.
Narra le vicende di Lisey, vedova dello scrittore di successo Scott Landon, che dopo due anni dalla morte del marito decide di entrare nel suo studio per riordinare le sue carte, i suoi appunti, i suoi manoscritti. Non è un lavoro tranquillo, questo, perché riprendendo in mano le sue cose si apre una cascata di ricordi, ricordi che - ne prenderà coscienza piano piano Lisey - non si riaffacciano alla memoria in maniera casuale.
Scott non era un uomo "normale", la sua infanzia era stata costellata da vicende familiari drammatiche (tra queste, le vessazioni a cui era sottoposto dal padre), spesso al limite del reale e il successo dei suoi romanzi era dovuto alla trasposizione in essi di questo suo lato oscuro, che Lisey aveva imparato a conoscere molto bene. La non casualità del riaffiorare dei ricordi induce la vedova dello scrittore a pensare che il mondo immaginario da cui Scott traeva ispirazione per la stesura dei suoi scritti, forse non era così immaginario e in qualche modo stia adesso cercando di approcciarsi a lei.
Vicende del romanzo a parte, La storia di Lisey è una bellissima descrizione di uno dei modi in cui la mente può elaborare un lutto, in particolar modo il lutto per la perdita di una persona, in questo caso il marito scrittore, che è stata al fianco di un'altra persona per 25 anni, 25 anni di profonda intimità e complicità.
Non è un romanzo semplice, da fine settimana per distrarsi, e i giudizi su di esso sono spesso contrastanti, suddivisi più o meno equamente tra chi l'ha abbandonato dopo le prime trenta pagine e chi l'ha considerato uno dei grandi capolavori di King. Io mi colloco tra i secondi.
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