domenica 31 luglio 2022

MS

La mia prima (e unica) sigaretta la misi in bocca a 17 anni. Era estate e io lavoravo come inserviente in una colonia di Bellaria. Lo facevo per tirare su qualche soldo con cui aiutare i miei a pagarmi i libri di scuola. Gli altri ragazzi che lavoravano con me fumavano tutti, o quasi. Uno può essere animato dai migliori propositi (i miei genitori m'avevano sempre proibito di avvicinarmi al fumo e io avevo sempre assecondato questo loro volere), ma quando questi propositi cozzano contro la realtà circostante, non esiste alcun automatismo che garantisca che abbiano sempre la meglio. 

Una mattina una ragazza me ne offrì una. Credo fosse una MS ma non sono sicuro. Io la rifiutai. Lei insistette e io passai dal rifiuto convinto al tergiversare. Alla fine cedetti e la presi. Me la misi tra le labbra con un po' di... insomma con quella sensazione che si prova quando non si sa bene cosa fare. Vedendo la mia insicurezza mi disse: "Adesso ti passo l'accendino, non appena la sigaretta si è accesa, inspira." Vidi la fiamma dell'accendino e, nel momento in cui la sigaretta si accese, inspirai. Provai una sensazione come di soffocamento e sentii di aver riempito i miei polmoni con qualcosa che non c'entrava niente con l'aria che avevo respirato in tutti i 17 anni precedenti. Avevo immesso qualcosa dentro di me che sembrava estraneo al concetto di vita come l'avevo inteso fino ad allora. Gettai la sigaretta in terra sputandola, poi mi piegai e cominciai a tossire. La ragazza mi guardò e rise: sapeva bene la reazione che provoca la prima sigaretta. Dopo alcuni minuti mi ripresi e le dissi che non avrei mai più messo in bocca una sigaretta per il resto della vita, e così ho fatto. Sono passati 35 anni da allora e non ne ho più toccata una. E sono contento di questo. Ogni tanto ripenso a quella ragazza. Chissà dov'è ora, chissà cosa fa... 

E chissà se fuma ancora le sue MS.

Don Chisciotte della Mancia


A dire il vero, non so bene cosa scrivere su questo romanzo che ho appena terminato. In primo luogo perché a scrivere recensioni non sono mai stato bravo, e poi come si fa a recensire quello che è considerato uno dei maggiori capolavori della letteratura mondiale? Quello che forse posso dire è che Don Chisciotte è un simbolo della fede incontrastata e cieca in un ideale. Una fede indistruttibile. E ai suoi opposti, agli opposti di questo idealismo, stanno il buon senso, la concretezza, la pragmaticità, la cruda realtà, elementi incarnati dall'eterno compagno di Don Chisciotte: Sancho Panza.

È fondamentalmente un romanzo sulla condizione umana, le sue contraddizioni, le sue debolezze, le sue vette, ma anche i suoi abissi. È quel tipo di letteratura attraverso cui, come direbbe Galimberti, si imparano i sentimenti, si dà a loro un nome. Si apprende cos'è il dolore, la gioia, la sofferenza, la disperazione, l'esaltazione, la fiducia, la speranza, il disincanto. Tutto questo incorniciato in una storia che, pur nella sua maestosità e prolissità (a tratti), è avvincente e mai noiosa.  

Non ricordo chi fu a dire che non bisogna leggere libri per essere migliori, o più acculturati, ma bisogna leggere perché ci sono storie che appassionano, rapiscono, trascinano con loro fino a consentire al lettore di farne parte. Questo libro lo fa.

Orrore e psicologia

In questi ultimi giorni sono avvenuti due fatti di cronaca che hanno scosso non poco l'opinione pubblica: la bambina deceduta perché abbandonata a sé stessa dalla madre e l'omicidio dell'ambulante nigeriano a Civitanova. In mezzo al mare magnum di ciò che è stato detto e scritto, le uniche considerazioni sensate, che offrono un punto di vista diverso rispetto a quelli triti e ritriti imperanti, le ho trovate in un articolo dello psichiatra Giuliano Castigliego. Chi desidera leggerlo, lo trova qui.

martedì 26 luglio 2022

Cervantes senza Cancel Culture

In questi giorni sto leggendo Don Chisciotte della Mancia, di Miguel de Cervantes, e mi sono accorto che sono narrati alcuni episodi che mi sembra strano non siano stati additati al pubblico ludibrio dai fanatici deliranti della cosiddetta Cancel Culture.

Uno è una sorta di apologia, o comunque accondiscendenza, di Sancio Panza nei confronti della schiavitù praticata dagli spagnoli nei confronti degli africani (cap. XXIX della parte prima); il secondo è l'episodio dove Don Chisciotte deplora con fervore l'ipotesi che le ragazze siano libere di scegliersi il marito che vogliono (cap. XIX della parte seconda).

Strano, dicevo, che ai fanatici del politicamente corretto nella letteratura classica queste cose siano sfuggite, dal momento che si sono scagliati con fervore degno di miglior causa su capolavori come Via col vento, ad esempio. Ma magari è sfuggito a me.

Disumanità

Stamattina ho fatto il tampone del settimo giorno e mi sono negativizzato. In questi sette giorni segregato in camera per il covid mi è venuto spesso da pensare a tutti quelli che sono costretti a letto colpiti da malattie invalidanti di qualsiasi tipo. Non per fare qualsivoglia paragone tra la mia situazione e la loro, sia chiaro. Io potevo comunque alzarmi, muovermi, avevo i libri, il cellulare per cazzeggiare su internet e altre cose, anche se ero comunque relegato entro il perimetro della stanza; quindi niente paragoni, peraltro irrispettosi.

Ho solo pensato che, per come sono fatto io e per come mi conosco, non riuscirei a vivere in situazioni come quelle di cui spesso parlano le cronache - penso ad esempio a Dj Fabo e altre - e ancora oggi mi sembra incredibile e ai limiti del disumano che non sia permesso legalmente a queste persone di poter porre fine a quella che, a loro insindacabile giudizio, non ritengono più essere vita degna di essere vissuta. Credo sia un abuso gigantesco, una forma di estremo egoismo, se non addirittura di sadismo, perché in fondo si priva (in nome di cosa?) un'altra persona del diritto di poter decidere da sé se la vita che sta vivendo è vita oppure no. 

È una forma di prepotenza, di prevaricazione intollerabile, che non ha e non può avere alcuna giustificazione. Con in più l'aggravante di continuare a infliggere a un altro una sofferenza di cui lui vorrebbe liberarsi. Si infligge sofferenza deliberatamente. È disumano, tutto ciò. E una società come la nostra, che lo permette, è una società disumana.

Vittorio De Scalzi

Mi spiace che se ne sia andato Vittorio De Scalzi. I New Trolls mi fanno sempre venire in mente mio zio Mauro, che li adorava. Ricordo, quando ero bambino, che salivo sulla sua Citroën Due Cavalli verde e trovavo le loro musicassette sparse dappertutto. Un bel periodo della mia fanciullezza.

lunedì 25 luglio 2022

Nomi e cognomi

Io non so quali scuole abbia frequentato Salvini, ma sono ragionevolmente sicuro che in quelle che ho frequentato io (sia alle elementari che alle medie che alle superiori) l'appello veniva fatto chiamando i cognomi, non i nomi. Le uniche occasioni in cui venivamo chiamati per nome erano quando il prof di matematica delle medie formava le squadre, alla ricreazione o in occasione di qualche uscita, per giocare a calcetto.

Mi viene a questo punto da pensare che Salvini manco le abbia frequentate, le elementari. Sul ritorno in scena della teoria del gender, invece, non mi pronuncio per decenza.

domenica 24 luglio 2022

Il fronte

Dice Letta che il 25 settembre sarà una sfida tra lui e la Meloni, e per riuscire a vincerla vuole creare un fronte ultra-largo che raccolga Speranza, Di Maio, Renzi, Calenda, Brunetta (e, all'occorrenza, il macellaio di fronte a casa mia). Una ammucchiata, insomma, che più eterogenea e ridicola non si può immaginare.

Letta non ha ancora capito - e io l'ho sempre considerato un politico mediamente intelligente - che le ammucchiate per fare numero sono il modo migliore per perdere le elezioni e consegnare il paese alle peggiori destre. Gli elettori, specie quelli che ancora si riconoscono a sinistra, vogliono programmi, idee, progetti. Vogliono parole chiare su progressività fiscale, redistribuzione del reddito, diminuzione delle diseguaglianze, allargamento dei diritti, ecologia, ambiente. Questo vogliono sentire, non che si assemblerà una armata Brancaleone dove c'è dentro anche Brunetta.

Eppure non è difficile da capire.

venerdì 22 luglio 2022

Comincia l'indecente spettacolo

Il tempo stringe, settembre non è lontano, bisogna fare in fretta. I primi due a dare inizio alle danze sono stati già oggi, a cadavere del governo Draghi ancora caldo, Salvini e Berlusconi, i quali hanno riaperto i cassetti coi loro ormai storici e ammuffiti arnesi propagandistici.

Salvini si è fatto riprendere al Tg1 in una bella e posata immagine di lui, seduto a una scrivania (non la ripropongo per decenza), con sullo sfondo una sfilza di madonne, santini, rosari e quant'altro, un armamentario religioso che fa sempre presa su un certo tipo di elettorato. I temi, anche quelli ritirati fuori dal cassetto dopo una soffiata alla polvere, sono i classici ritornelli sulla sicurezza, prima gli italiani, stop ai migranti, le baby gang (quelle composte da stranieri, le italofone vanno benissimo) e tutto il resto. Niente che non si sia già visto e rivisto.

Berlusconi, invece, che il 25 settembre correrà per un posto in Senato (lo so, viene da piangere), ha già annunciato un programma che prevede la piantumazione di un milione di alberi ogni anno e l'innalzamento di tutte le pensioni minime a 1000 euro. Una ventina d'anni fa promise il famoso milione di posti di lavoro, oggi rimane sempre il milione ma si parla di alberi, ché sulla balla del lavoro qualcuno potrebbe mangiare la foglia.

La faccenda delle pensioni a 1000 euro è interessantissima e l'aveva già annunciata nella campagna elettorale del 2017. All'epoca ne parlai qui e quindi non ci torno sopra. Mi limito a ribadire che questo adeguamento costerebbe uno sproposito di soldi e naturalmente, oggi come allora, il tipo delle cene eleganti si è ben guardato dall'illustrare come e dove reperirà le risorse (aumento dell'Iperf? dei contributi sul lavoro? si va a debito? Non si sa), ma intanto l'annuncio a effetto è lanciato, con la vasta massa di poveri di spirito, già esultante, pronta a bersi la panzana.

Mancano due mesi al voto. Prepariamoci, sentiremo "cose che voi umani..."

giovedì 21 luglio 2022

Crisi

Mi fanno un po' sorridere gli allarmati e i preoccupati per il probabile (non sicuro) avvento di un governo trainato dalla destra, magari guidato dalla Meloni. Se anche Draghi non fosse caduto, con probabile chiamata al voto il prossimo due ottobre, si sarebbe comunque votato in marzo (fine naturale di questa disgraziata legislatura), e non credo che sarebbe cambiato granché, se si esclude il breve posticipo della disgrazia che comunque sembra ormai destinata a caderci sulla testa, quale appunto l'avvento di un nuovo 28 ottobre '22.

Per quanto riguarda questa crisi di governo, al di là del fatto che Draghi piacesse o meno, mi sembra evidentissimo che è stata provocata per meri interessi di bottega, per cercare cioè di recuperare i consensi perduti, indugiando sugli istinti più irresponsabili, da parte dei tre partiti ormai da tempo più in difficoltà, cioè Cinquestelle, Lega e Forza Italia. D'altra parte è ormai prassi consolidata che le meccaniche politiche si basino non su visioni o progetti a lunga scadenza improntati alla lungimiranza, ma sul perseguimento del consenso immediato, con tutto ciò che ne consegue.

Prevedo tempo cupi e pericolosi sotto parecchi punti di vista. Teniamoci forte.

mercoledì 20 luglio 2022

Il titolista di Panorama



Credo che il titolista di Panorama abbia bisogno di un ripasso di ortografia. "Perché" va infatti scritto con l'accento acuto, non grave; "dà", declinato come terza persona del presente indicativo del verbo dare, vuole l'accento, non l'apostrofo, che si usa al limite nella forma imperativa.

Mi si accuserà di eccessiva pignoleria, e forse è vero. Ma un conto sarebbe se questi errori li facessi io scrivendo sul mio piccolo blog di campagna coi miei 32 lettori, altro conto è la copertina di un settimanale a tiratura nazionale tra i più diffusi. Anche perché, parlare di argomenti complessi come la demografia e i vaccini senza sapere scrivere correttamente, potrebbe generare in chi eventualmente leggesse qualche dubbio sull'autorevolezza con cui vengono trattati.

martedì 19 luglio 2022

Covid pure io

Era da tempo che mi girava attorno (qualche collega positivo, una figlia che l'ha avuto una decina di giorni fa ecc.) e oggi, alla fine, ha infettato anche me. Un lato positivo? Me ne starò una settimana chiuso in casa a smaltire la pila di libri in attesa. In più, i prossimi giorni - dicono - la canicola darà il meglio di sé e non dovrò andare nel magazzino-forno in cui lavoro. Ho fatto varie ipotesi relativamente a dove posso averlo contratto e l'unica spiegazione che mi sono dato è che qualche collega, magari asintomatico, me l'abbia trasmesso, dal momento che ho una vita sociale pressoché inesistente ed esco di casa solo per andare al lavoro (la figlia che l'ha avuto abita per conto suo, quindi da lei non l'ho preso).
E niente, comincio la mia settimana di reclusione.

sabato 16 luglio 2022

A votare?

Non penso che in ottobre, o quando sarà, andrò a votare. Non è disfattismo, credo, ma sto entrando in quella fase in cui veramente non mi frega più niente di quel patetico e grottesco teatrino chiamato politica. Politica che una volta seguivo (centinaia di pagine di questo blog sono lì a testimoniarlo) e anche con un certo interesse. Adesso quell'interesse non c'è quasi più, le mie attenzioni le dirotto verso altro.

Qualche tempo fa Piergiorgio Odifreddi aveva scritto un libro in cui si parla di democrazia. Vi si diceva che, quando si va a votare, la differenza di voti tra chi vince e chi perde (la questione è più complessa ma semplifico) non è mai uguale a uno. Cioè, se anche vincitori e perdenti fossero divisi da poche migliaia o centinaia di voti, il mio (un voto) non avrebbe influito in alcun modo sull'esito finale, per cui tanto vale stare a casa.

Si tratta di una provocazione, naturalmente, ma una provocazione interessante e a suo modo logicamente valida, che io assumo come giustificazione per starmene appunto a casa. Salvo ripensamenti dell'ultima ora.

Gli antichi romani erano fascisti?

No, non lo erano, nonostante una certa retorica, ancora oggi molto in voga, retaggio della propaganda del ventennio fascista. I romani erano tante cose che oggi non sospettiamo, e non erano tante altre. La sempre grande Galatea Vaglio ne ha sintetizzato le peculiarità suddividendole in dieci punti in questo esaustivo post.

Soldi

Mi sono reso conto che ormai da parecchio tempo non sto più attento come una volta ai soldi che spendo. Non sono ricco, sono un dipendente privato da sempre (e a essere dipendenti privati non si diventa ricchi) e vivo più o meno all'insegna del tanti presi, tanti spesi. Infatti una volta stavo più attento, guardavo di più a certe differenze di prezzo. Un libro che costa 20 euro, ad esempio, non l'avrei comprato. Oggi se mi interessa lo compro. Se devo comprare la batteria nuova alla macchina non giro venti elettrauti per trovare quello dove costa meno, vado dal primo che mi capita e la compro. Se una volta stavo più attento ad andare al ristorante, oggi se ho voglia ci vado e così via.

Certo, un occhio al budget mensile entro cui posso giostrarmi lo do sempre, non sono incosciente, ma non impazzisco più per guardare in maniera maniacale a risparmiare a tutti i costi. Sarà forse perché a 52 anni ci si rende conto che il tempo comincia a stringere e si cerca di risparmiarlo anche andando dal primo elettrauto che si trova, piuttosto che girarne venti. O forse ci sono altri motivi, non saprei dire, so solo che non m'importa più come una volta. Forse è solo voglia di essere più libero, non so di preciso, comunque è così.

giovedì 14 luglio 2022

Tredici miliardi di anni

Quello che a me più impressiona delle immagini dell'universo scattate dal James Webb Space Telescope non è tanto l'aspetto "tecnico" del progetto, tanto il fatto che gli oggetti più lontani e fiochi visibili nell'immagine si trovano a 13 miliardi di anni luce dal nostro punto di osservazione. In altre parole, la luce emessa da questi oggetti, che oggi verosimilmente non esistono neppure più, ha impiegato 13 miliardi di anni per arrivare agli occhi del telescopio, consentendoci di "vedere" com'era l'universo subito dopo il Big Bang.

L'aspetto curioso della cosa è che le nostra mente (almeno la mia) fatica non poco a capire numericamente questo grandissimo lasso di tempo. È facile dirlo a parole, allo stesso modo in cui è facile dire un mese, un anno o un secolo, perché la nostra mente (almeno la mia) è abituata a ragionare con questi parametri, ma riuscire a concepire e a "visualizzare" tredici miliardi di anni è un altro paio di maniche.

Peccato che scienziati come Margherita Hack o Stephen Hawking non ci siano più, sarebbe stato interessante sentire qualche loro commento.

domenica 10 luglio 2022

Jovanotti e le piante di tamerici

Io non so se le famose piante di tamerici siano state tagliate per fare posto, a Ravenna, al concerto di Jovanotti. Lui sui suoi social dice di no, alcune associazioni ambientaliste dicono di sì. Mettiamo che siano state tagliate e che quindi la valanga di indignazione collettiva in rete abbia avuto una sua ragione d'essere. Se le cose stanno così, per coerenza tutti gli indignati non dovrebbero utilizzare tovaglioli di carta (foreste tagliate), fazzolettini di carta (foreste tagliate), asciugatutto di carta (foreste tagliate), né utilizzare la macchina (benzina e deforestazione vanno di pari passo); non dovrebbero mangiare certi tipi di carne (allevamenti intensivi e deforestazione vanno di pari passo) e così via. Gli indignati per le piante di tamerici, in altre parole, dovrebbero per coerenza adottare uno stile di vita che prescinda dalla deforestazione del pianeta, il che è impossibile.

Ora, certo, capisco benissimo che esistono delle... contingenze emotive, diciamo così, che ci fanno apparire riprovevole tagliare alcune decine di alberi per permettere l'esecuzione di un concerto, e pure io, se effettivamente questi alberi fossero stati tagliati, ne sarei seccato. Diciamo però che tutta la faccenda in sé mi pare sia una perfetta metafora della famosa parabola evangelica della pagliuzza e della trave. Ma magari sono io che esagero, eh.

Ancora su ius scholae (e stupidità dei leghisti)

Tramite questo post di Gwendalyne sono arrivato a un bellissimo post su facebook di Galatea Vaglio, nella quale sono magistralmente descritte tutta l'ignoranza e la stupidità di quella parte di mondo politico (Lega in primis) che si oppone all'approvazione dello ius scholae.

Lo lascio qui, alla lettura di tutti, in modo che ognuno possa avere idea del livello di queste ignoranza e stupidità. (Per chi vuole, la dose è rincarata qui su Valigiablu.)

A qualcosa il Rdc è servito

Dice l'Istat, nel suo ultimo rapporto annuale, che il tanto vituperato Reddito di cittadinanza ha evitato a un milione di persone, nel nostro paese, di cadere nella povertà assoluta. Non è una notizia di cui esultare, naturalmente, e questa misura di sostegno non ha certo sconfitto la povertà, come strillavano Di Maio e soci sul terrazzo di palazzo Chigi quando fu approvato, producendosi in una delle più imbarazzanti sceneggiate della storia politica recente; ma è indubbio che una sua utilità sociale l'abbia avuta. Per il resto il quadro dipinto dall'Istat è impietoso e drammatico, con il numero di individui caduti nel baratro della povertà assoluta che è triplicato dal 2005 al 2021, passando da 1,9 milioni di persone a 5,6 milioni - trend che tra l'altro non mostra segni di arresto o inversione.

Povertà che morde soprattutto i lavoratori cosiddetti non standard, quelli cioè precari, con poche tutele e prevalentemente operanti in ambito privato. Lo stipendio medio di queste persone si aggira attorno ai 12.000 euro all'anno, ben lontani da quelle condizioni economiche che secondo la nostra costituzione dovrebbero garantire una vita libera e dignitosa. Tra l'altro, a proposito di questo, è passata praticamente sotto silenzio - ne ha parlato solo Domani - la notizia di un codicillo inserito di nascosto in giugno (le porcate nel nostro paese si fanno quasi sempre in estate) nel decreto Pnrr 2 che rende ancora più precaria, con perdita degli ultimi diritti rimasti, la situazione dei cosiddetti driver della logistica.

La modifica è stata inserita dopo fortissime pressioni di Assologistica, e un deputato di Forza Italia (il partito dei finti liberali che odia chi lavora e ama chi sfrutta) ha fatto di nascosto il lavoro sporco. Perché in Italia funziona così: tutti a stracciarsi le vesti perché una povertà così, signora mia, dove andremo a finire? Poi si varano norme per fare sì chi è più sfruttato lo sia ancora di più, e si sa che diminuzione delle tutele e aumento della povertà vanno da sempre a braccetto.

Ipocognizione

Sto leggendo Passeggeri notturni, una raccolta di racconti brevi, scritti vari e riflessioni di Gianrico Carofiglio. In uno di questi scritti si parla di ipocognizione, un termine a me fino a oggi ignoto con cui si indica la situazione di chi non possiede le parole necessarie per gestire la propria vita interiore e i rapporti con gli altri. Il termine fu coniato da Robert Levy, antropologo e psicoterapeuta che negli anni Cinquanta condusse degli studi per cercare di capire le cause dell'elevatissimo numero di suicidi che si registravano in quel periodo a Tahiti. 

Levy scoprì che la causa principale di quei suicidi risiedeva nel fatto che i tahitiani non erano in possesso delle parole per definire ciò di cui soffrivano, e in situazioni di sofferenza molto intensa una mancanza dei termini con cui definirla può condurre al gesto estremo. 

Scrive Carofiglio: "Racconto spesso questo impressionante aneddoto perché mi sembra faccia comprendere, molto più di un lungo discorso, quale sia l'importanza pratica - direi quasi materiale - delle parole. Queste infatti - le parole che sentiamo, leggiamo, usiamo - hanno un effetto sostanziale e profondo sulla nostra percezione prima ancora che sulla nostra rappresentazione della realtà.
Immaginiamo di avere fatto un'esperienza spiacevole - un litigio, un incidente stradale, un insuccesso professionale - e pensiamo ai vari modi in cui potremmo descrivere lo stato d'animo che ne è derivato. Se dicessimo di essere pazzi di rabbia sentiremmo tensione al collo e alle mascelle, stringeremmo i pugni, saremmo pronti a gesti scomposti. Se dicessimo di essere arrabbiati avvertiremmo tensione emotiva ma saremmo in grado di dominarci e di evitare azioni di cui potremmo in seguito pentirci. Se dicessimo semplicemente di essere seccati saremmo pronti a reagire in modo razionale all'infortunio, scegliendo le soluzioni più adeguate. Soprattutto saremmo pronti a uscire presto dall'esperienza negativa per tornare a una situazione di benessere emotivo.
Le parole che utilizziamo possono avere un impatto straordinario non solo sulle nostre vite individuali, ma anche su quelle collettive. Le parole creano la realtà, fanno - e disfano - le cose; sono spesso atti di cui bisogna prevedere e fronteggiare le conseguenze."

Questa interessante analisi sull'importanza delle parole, del loro uso, della loro conoscenza e capacità di padroneggiarle mi ha fatto venire in mente un concetto - credo sia di Heidegger - che ama ribadire con insistenza Umberto Galimberti, e cioè che il linguaggio non è, come spesso si crede, un mezzo per esprimere i pensieri, ma è la condizione indispensabile per poter pensare. Io non posso pensare a qualcosa se non ho le parole per definire questo qualcosa. Non posso pensare a un tramonto, ad esempio, se non ho la parola tramonto. E la povertà di pensiero oggi così diffusa è molto probabilmente figlia di questa generalizzata povertà di linguaggio.

sabato 9 luglio 2022

Di là

Leggo nel romanzo storico Il traditore di Roma, di Simon Scarrow, che gli antichi romani credevano che se in vita avessero servito al meglio Roma, dopo la morte sarebbero stati accolti nei Campi Elisi. Oggi qualsiasi religione, nei termini più diversi, promette un premio se in vita ci si sarà comportati in un certo modo e seguendo certe regole.

È innato in noi umani un rifiuto naturale di pensare che tutto possa finire qui. Non riusciamo ad accettare che la morte ponga fine a questa esperienza; per il nostro "io" non è concepibile, tanto che Jean-Paul Sartre diceva: "la mort est l'absurde".

Quindi ci siamo inventati di tutto per cercare di lenirla. Questa cosa è affascinante, se ci si pensa. Non dico questo per manifestare una sicurezza sul fatto che tutto finisce qui e di là non c'è niente (io credo che finisca tutto qui, ma di fatto non lo so), è solo perché appunto mi affascina vedere i millemila modi in cui l'uomo si ingegna per convincersi che di là ci sia altro.

venerdì 8 luglio 2022

La batteria

Stamattina la batteria della macchina mi ha piantato in asso. Già da qualche giorno dava segni di essere arrivata al capolinea e oggi è passata a miglior vita. Ho messo in moto la macchina coi cavetti e sono andato dall'elettrauto per farmela sostituire con una nuova. L'elettrauto l'ha smontata e ha dato un'occhiata alla targhettina con la data di installazione: novembre 2019.
"Le batterie non durano più niente, ormai" ha borbottato.
"È vero" ho replicato io. "Una volta una batteria durava anche quattro o cinque anni, adesso finisce subito."
"Che schifo" ha aggiunto mentre andava a prendere la batteria nuova da montare.

Mentre armeggiava per montare quella nuova pensavo a quanto avevo letto tempo fa in un libro (mi pare di averne già parlato), dove si diceva che siamo definitivamente entrati in uno schizofrenico circolo vizioso in cui le cose e gli oggetti di uso comune vengono concepiti per durare poco. Vale per tutto: automobili, telefonini, frigoriferi, lavatrici ecc. Ma perché devono durare poco? Perché così devono essere sostituiti e non si interrompe il ciclo della produzione. Siccome oggi la nostra società si regge sulla produzione (perché se non si produce si genera disoccupazione con tutto ciò che ne consegue), ecco che gli oggetti vengono "programmati" per durare poco. In ossequio a una sorta di assurdo paradosso, la fine delle cose è il fine per cui vengono costruite.

È ciò che si può definire nichilismo: portare le cose alla loro fine nel più breve tempo possibile. Le montagne di rifiuti che invadono le città perché esistono? Se si parla con una persona anziana, si scopre che una volta non c'era questo problema, perché le cose erano fatte per durare nel tempo. Oggi no, oggi si butta via tutto. 
Può una società organizzata in questo modo reggere? E se sì, per quanto ancora?
Ho salutato l'elettrauto e gli ho detto: "Ci rivediamo fra due anni per cambiare anche questa batteria."
Mi ha sorriso.

giovedì 7 luglio 2022

BoJo

Leggo un po' dei motivi per cui Boris Johnson sta per crollare: menzogne, accuse di aver anteposto i suoi interessi personali a quelli del paese, coinvolgimento in scandali sessuali, immobiliari. Ma c'è una cosa che gli inglesi non perdonano a chi governa: mentire al popolo, una delle ragioni per cui anche la maggioranza dei conservatori che lo sostiene lo ha ormai abbandonato al suo destino.

Pensavo che per mandare a casa uno così gli inglesi ci hanno messo un paio d'anni. Qua in Italia, uno che è stato infinitamente peggio di lui ce lo siamo tenuti nella stanza dei bottoni per vent'anni. Altra pasta, gli inglesi, almeno da questo punto di vista.

mercoledì 6 luglio 2022

E allora?

Mamma mia, che rottura di appendici pendule con 'sto ritornello. La storia insegna che dagli albori dell'umanità le società si sono continuamente estinte e altre hanno preso il loro posto (basta legger libri come Collasso, di Jared Diamond, per rendersene conto), e la storia e il mondo sono andati avanti lo stesso, non si sono fermati. 

Si estingueranno anche gli insignificanti e piccoli italiani? Probabilmente sì. Se succederà (e succederà, visto l'andazzo) significherà che come società non siamo riusciti, per i motivi più diversi, a restare a galla nel costante fluire dei movimenti e dei cambiamenti globali. La nostra sparizione cambierà qualcosa nell'economia del mondo? No. 

E allora stiamo sereni.

martedì 5 luglio 2022

Vietato gioire

Molti commentatori fanno notare che non c'è da gioire ed esultare per la sentenza che ha condannato all'ergastolo i fratelli Bianchi, perché un ergastolo è sempre e comunque una sconfitta per tutti e perché, gioendo ed esultando, si contribuisce ad assottigliare ulteriormente la sottile linea che separa la giustizia dalla vendetta. 

Boh, non so, in parte concordo, ma non per questi motivi. Concordo sul fatto che ci sia poco da esultare perché tragedie come questa certificano in quale baratro di disumanità sia caduta la nostra società. Storie di prevaricazioni, sopraffazioni, mancanze di rispetto, violenze le abbiamo sotto gli occhi ogni giorno. Sono pulsioni, queste elencate, che sono innate nell'essere umano ma che si possono modulare con l'educazione, la cultura, la cura dei sentimenti. E persone che si macchiano di atrocità come quella commessa dai fratelli Bianchi dimostrano che viviamo in una società ormai gravemente carente da questo punto di vista.

E allora, forse, la cosa da chiedersi è cosa possiamo fare noi, nel nostro piccolo, per cercare di cambiare questo stato di cose. Possiamo provare a praticare la gentilezza, come auspicava Gianrico Carofiglio; possiamo provare con l'esempio. Nella nostra Costituzione c'è scritto che la Repubblica si impegna a rimuovere gli ostacoli che impediscono la piena realizzazione dell'essere umano, e Piero Calamandrei diceva che questa "Repubblica" non è un ente astratto situato chissà dove, siamo noi tutti, noi collettività, quindi il compito di rimuovere questi ostacoli è nostro.

In ogni caso, nonostante i pareri dei commentatori citati all'inizio, io che sono umano sono contento che sia stato dato l'ergastolo ai due fratelli. Non una contentezza alla Salvini e al suo "devono marcire in galera", ma una contentezza nel segno che giustizia (non vendetta) è stata fatta, conscio comunque che il vero lavoro da fare sarebbe una revisione totale del modo in cui abbiamo impostato la nostra società.

lunedì 4 luglio 2022

Ancora trent'anni

Secondo diversi e autorevoli studi, il ghiacciaio della Marmolada tra una trentina d'anni (probabilmente meno) non ci sarà più. In passato sono stato spesso in vacanza, durante il periodo estivo, da quelle parti e ne ho dei bei ricordi: camminate in quota, panorami mozzafiato. E lui lassù, imperioso, a guardare tutti e tutto dall'alto. 

Mi verrebbe da consigliare a chi ancora non l'ha visto di andarci almeno una volta. Consiglio rivolto con maggiore enfasi ai negazionisti del climate change e a quelli che in questi anni hanno spernacchiato e dileggiato Greta Thunberg. Andateci adesso, perché poi quando lo potrete guardare solo da vecchi .jpg del passato non sarà la stessa cosa.

domenica 3 luglio 2022

Musk e Bergoglio

Non so di preciso cosa si siano detti papa Bergoglio ed Elon Musk. Musk appartiene alla ristretta schiera di super ricchi la cui somma di capitali equivale a quella di tutti gli altri abitanti del pianeta. Conoscendo Bergoglio e i suoi reiterati strali contro capitalismo e conseguenti diseguaglianze, mi piace pensare che qualcosa, in questo senso, gli abbia detto.

sabato 2 luglio 2022

Una persona alla volta


Ciò che maggiormente mi ha colpito di questo libro è la testarda e utopica idea di Gino Strada che le cure debbano essere un diritto gratuito garantito a tutti. Gratuito e di qualità. Anche la nostra Costituzione le prevede come tali, sulla carta. Questa idea che le cure debbano essere di qualità e gratuite, perché i diritti non si pagano, è un po' il filo conduttore che tiene insieme il libro. Un libro amaro, che fa riflettere, irritare, a volte fa venire voglia di chiuderlo e gettarlo in terra.

Gino Strada si forma come chirurgo al policlinico di Milano negli anni Sessanta. Poi va per un periodo negli Stati Uniti per perfezionarsi nel campo dei trapianti di cuore e di polmoni. Rimane là per un certo periodo, imparando tantissimo. Gli viene offerto di restare là; hanno capito la sua bravura e le sue capacità e gli offrono un contratto che lo sistemerebbe per la vita. Lui si prende qualche giorno per pensarci. Sono giorni travagliati, l'offerta è delle più allettanti possibili, ma c'è una spina, un dubbio, un tarlo, qualcosa di non ben definito che lo rode. Alla fine rinuncia. "Non posso fare il chirurgo in un paese dove prima di curare qualcuno gli chiedono la carta di credito", dirà poi per giustificare la decisione di non accettare.

E Gino Strada se ne va. Torna in Italia, a Milano. Qui entra in contatto con la Croce Rossa Internazionale (Emergency verrà fondata qualche anno dopo) e non ci pensa un attimo: aderisce a questa organizzazione e parte come chirurgo di guerra, accettando di andare in tutti i posti più disperati del mondo in cui ci sia bisogno: Pakistan, Etiopia, Thailandia, Afghanistan, Perù, Somalia, Bosnia, Ruanda. Questo libro è la testimonianza di quelle esperienze, i cui racconti aiutano a farsi un'idea di come sia il mondo appena fuori del nostro bel giardinetto fiorito. Io credo che noi non abbiamo una idea precisa di come è fatto l'80 per cento del mondo che è là fuori. Si, forse in maniera astratta, un po' vaga, retaggio di ciò che ogni tanto passa tra le previsioni del tempo e l'oroscopo, ma non una idea a livello di coscienza. Libri come questo aiutano a farsela.

Tra i racconti più dolorosi c'è quello relativo alle mine antiuomo, di cui il nostro paese è stato uno dei maggiori produttori al mondo. Strada racconta che ci sono persone che studiano e si ingegnano per cercare di realizzarne di sempre più efficaci. Alcune di queste, molto usate in passato nel conflitto russo-afghano, sono studiate per colpire i bambini, e vengono realizzate con colori e forme particolari, in modo che sembrino giocattoli, e rese accattivanti proprio perché i bambini che le trovano nei campi le raccolgano e le manipolino. Ordigni studiati non per uccidere ma per mutilare. Progettate perché i bambini che le raccolgono non muoiano quando esplono, ma perdano le mani, le braccia, gli occhi. Ecco, noi esseri umani siamo capaci di fare anche queste cose.

Agli inizi degli anni Novanta, quando Gino Strada cominciò ad acquisire una certa celebrità per ciò che faceva in giro per il mondo, fu invitato da Maurizio Costanzo in televisione per parlare della sua attività. Strada, per sua natura da sempre refrattario alla esposizione mediatica, accettò, ponendo però alcune condizioni: dire in televisione che l'Italia è uno dei maggiori produttori al mondo di mine antiuomo e fare i nomi delle aziende produttrici. Costanzo ci pensò, poi disse di sì. Dopo quella trasmissione, che fece enorme scalpore, il governo approvò una moratoria contro la produzione di mine antiuomo. Oggi quella moratoria sulla carta esiste ancora ma, a distanza di tanti anni, non è stata ancora convertita in legge.

Mentre leggevo queste cose mi veniva da fare qualche riflessione sulla cosiddetta etica del lavoro. Noi, nel nostro immaginario collettivo e nella nostra cultura, abbiamo sempre nobilitato il lavoro, abbiamo conferito ad esso un valore morale di un certo rilievo, mentre forse dovremmo fare qualche distinguo. Il lavoro non è sempre morale. Dov'è la moralità nel lavoro di un'azienda che produce mine antiuomo? Questa domanda me la pongo spessissimo anche io mentre svolgo il mio. Mi passano per le mani ogni giorno tonnellate e tonnellate di carta trasformate in giornali, che vengono comprati da persone per leggere che Albano un giorno sta con la Lecciso e il giorno dopo torna con Romina, giornali che dopo un'ora vengono gettati nella spazzatura. E quei giornali sono alberi, foreste che vengono distrutte con tutte le conseguenze che sappiamo. Dov'è la moralità del mio lavoro, qui? Ovvio che non si può fare un classifica di gravità con un bravo operaio che costruisce una perfetta mina antiuomo, ma ognuno di questi mestieri ha una sua immoralità. E allora, forse, è ora di smetterla con questa romantica e stucchevole retorica sulla moralità del lavoro e guardare un po' in faccia le cose come sono.

Un altro capitolo che fa male è quello in cui Strada racconta come negli ultimi decenni sia stata smantellata la sanità pubblica in favore di quella privata, con le conseguenze che noi tutti oggi proviamo sulla nostra pelle. Scrive Strada: "Cosa è successo? Perché si è arrivati fin qui? Ci dev'essere stato un cambiamento culturale. Per molti secoli, in tutte le culture la medicina si è sviluppata per curare gli ammalati, o i feriti, per salvare vite umane o alleviarne le sofferenze. A un certo punto, inspiegabilmente, ha cominciato a cambiare. Forse il cambiamento è nato da una constatazione banale: che tutti noi prima o poi nel corso della vita abbiamo bisogno di un medico. Sarebbe stato naturale, sensato, concludere che, proprio perché rispondono a un bisogno comune, le cure mediche debbano essere di alta qualità, pubbliche - cioè di tutti -, e per questo gratuite per tutti. Invece qualcuno è arrivato a una conclusione diversa: se è certo che ognuno di noi prima o poi avrà bisogno di medico, allora ognuno di noi è potenzialmente cliente di un mercato, quella della salute, enorme. Potremmo dire illimitato, dal momento che essere curati è un bisogno di tutti, e non un lusso a cui si può sempre rinunciare."

Come tutti i libri che raccontano e scavano nel mondo in cui viviamo, è un libro che fa male. Mi viene spesso il dubbio che forse sapere come stanno le cose, capirle, non sia un buon affare, che in fondo in fondo sia meglio non sapere e avere l'illusione di vivere in un mondo dove tutto funziona bene. Magari ci si sta meno male. In fondo, occhio non vede e cuore non duole, no?

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