sabato 1 aprile 2023

Branduardi a Cervia


Ieri sera sono andato a Cervia, dove Angelo Branduardi presentava la sua biografia appena uscita. Bellissima serata. Lui è andato a ruota libera, raccontando infiniti aneddoti ed episodi relativi alla sua vita e alla sua attività artistica. Alcuni mi hanno fatto sorridere e mi hanno colpito. 
 
Una cosa degna di nota è il fatto che si diplomò in violino a pieni voti, al conservatorio di Genova, all'età di soli 16 anni, ed è quindi tuttora tra i più giovani diplomati al conservatorio d'Italia. La passione per la musica, in particolare classica, gli fu trasmessa dal padre, che era melomane. Suo padre era un verdiano sfegatato, lui è sempre stato wagneriano. Questa diversità di vedute è stata negli anni il costante motivo di bonari contrasti tra i due. Per Angelo Branduardi Giuseppe Verdi era appena qualcosa di più di un "canzonettiere", Wagner rappresentava invece l'impero della musica. E quanto s'incavolava, suo padre, ogni volta che il figlio glielo diceva. 
 
Un'altra cosa che mi ha colpito è stata l'aver detto che alcune sue canzoni, come la celeberrima Alla fiera dell'est, oggi vengono insegnate ai bambini nelle scuole e questo è come se gli regalasse una sorta di immortalità. Ma i bambini non lo conoscono, anche se imparano le sue canzoni, quindi queste canzoni - dice - "non sono più mie, sono diventate patrimonio e costume del paese e di tutti, e a me questa cosa piace moltissimo." 
 
Il suo essere così alla mano, disponibile, loquace, schietto mi ha lasciato una bellissima impressione di questo artista, che finora avevo conosciuto solo tramite i suoi dischi. Da oggi gli voglio, se possibile, ancora un po' più bene.

Revisionismo larussiano

Dopo il revisionismo meloniano, cui avevo accennato qui, è la volta del revisionismo larussiano. Si ha quasi l'impressione che una delle missioni che si è dato questo governo sia tentare di disarticolare il legame tra Costituzione e antifascismo utilizzando l'espediente propagandistico del tutti colpevoli, nessun colpevole, ma magari è solo un'impressione mia.

Rimane il mistero di come sia possibile accanirsi continuamente con tale protervia sulla difesa della parte sbagliata della storia, quella parte che poi è stata (fortunatamente) sconfitta dalla storia stessa. La Russa è fascista, lo sappiamo, quindi è nelle sue corde difendere il fascismo e in fondo anche comprendere il nazismo come conseguenza, ma stupisce la tranquillità e la quasi nonchalance con cui questo filofascismo viene esternato, senza più alcun timore, alcuna remora, niente di niente.

Probabilmente è il clima generale imperante che oggi lo consente, laddove ieri era invece più problematico farlo, complice anche una memoria storica ormai persa e una generale indifferenza e indolenza in cui tutti ormai possono dire ciò che vogliono e raccontare la storia come pare a loro, tanto a chi interessa più?

giovedì 30 marzo 2023

Spam nei (miei) commenti


Che il funzionamento dei commenti sia da qualche tempo bizzarro su questa piattaforma, credo sia ormai noto a tutti. Il parossismo di questa bizzarrìa, per quanto mi riguarda, credo si sia raggiunto oggi, da quando blogger.com ha cominciato a classificare come spam i miei commenti.

Vietato (a prescindere)

Il prode ministro Lollobrigida ha vietato produzione, importazione e vendita in Italia della carne in vitro, altrimenti detta carne sintetica. Lo fa per noi, per la nostra salute e il nostro benessere, e anche per tutelare il made in Italy, certo. 

Molto in sintesi, il procedimento in laboratorio prevede che, da una sola cellula, in poche settimane si possono ottenere dieci tonnellate di carne, e il tutto senza abbattere una sola bestia, laddove, come scrive Mattia Feltri su La Stampa di oggi, ogni anno nel mondo si abbattono 50 miliardi di polli, un miliardo e mezzo di maiali, mezzo miliardo di pecore e così via. Senza contare l'impatto sull'ambiente (consumo di acqua, gas serra, deforestazione ecc.) degli allevamenti intensivi.

Anche la questione del made in Italy fa un po' sorridere, dal momento che circa metà della carne che consumiamo la importiamo dall'estero, Brasile principalmente (un milione di tonnellate di carne di maiale, 400mila tonnellate di carne bovina). Ma il ministro vieta perché va' a capire gli impatti sulla nostra salute della carne in vitro (evidentemente quelli della FDA americana, che hanno detto che non c'è alcun rischio per la salute, non capiscono niente).

Ma al di là della questione specifica della carne, su cui ognuno ha legittimamente le proprie opinioni, quello che salta all'occhio è che di fronte a problemi complessi questo governo vieta. Non è che si mette lì ad approfondire, analizzare, studiare, valutare e su queste basi decidere. La decisione, cioè, avviene sulla mera base della soddisfazione della pancia dell'elettorato. Il ministro dice: "Visto, ho vietato la carne in vitro perché io ci tengo alla vostra salute e salvo il made in Italy", e il popolo bue (a proposito di carne), che non sa niente però vede nel ministro un salvatore, applaude e tutti contenti.

Non si è in grado di capire/affrontare i problemi e allora si vieta. È più facile ed evita la fatica di rapportarsi alla complessità per incompetenza e per mantenere consenso.

Si vieta la carne in vitro, si vieta la registrazione dei figli delle coppie omogenitoriali, si vietano gli sbarchi. Si vieta. Non si affronta. È difficile affrontare, richiede impegno, tempo, fatica, risorse; vuoi mettere quanto è più facile proibire tout court? Nel frattempo il mondo va avanti, le società mature si muovono, cambiano, affrontano i problemi e cercano di risolverli. Le società imbalsamate vietano, e muoiono.

mercoledì 29 marzo 2023

L'altra Grace

Quasi 600 pagine divorate in tre giorni, e mi spiace doverlo riportare in biblioteca. 

Narra le vicende di Grace Marks - il romanzo è tratto da una vicenda di cronaca realmente accaduta - ed è ambientato nel Canada di metà Ottocento. Grace, addetta alla servitù in casa di un ricco possidente, viene accusata del suo omicidio e, dopo un processo piuttosto sommario, prima incarcerata e poi rinchiusa in manicomio perché sospettata di insanità mentale. Qui conoscerà il giovane dottore Simon Jordan, l'equivalente di uno psichiatra dei giorni nostri (all'epoca la scienza psicologica era ancora in embrione), col quale Grace, lentamente, riuscirà a instaurare un dialogo basato sulla fiducia e ad aprirsi. Comincerà così a raccontare al medico la sua vita. Simon Jordan resterà affascinato e ammaliato dalla personalità complessa e inafferrabile di Grace, e lentamente, scavando, riuscirà anche a portare a galla la verità sulle vere responsabilità dell'omicidio.

È un romanzo psicologico, poetico, scritto con una prosa accattivante, che scava in profondità nella natura umana e che racconta come in un certo passato le donne, spesso, siano state vittime del sistema sociale sia perché donne e sia perché povere, mettendo in luce le contraddizioni della società maschilista dell'epoca. Per me è un capolavoro.

martedì 28 marzo 2023

Eccesso di soccorso

Quindi la nave di Banksy è stata fermata e sanzionata perché nel tragitto verso il porto assegnatole dopo aver effettuato un salvataggio ha incrociato un'altra inbarcazione in difficoltà e l'ha soccorsa. È come se un'ambulanza che sta recandosi verso un ospedale con un ferito a bordo venisse sanzionata perché nel tragitto si imbatte in un sinistro con feriti e si ferma a soccorrerli.

Sono riusciti a inventarsi il "reato" di eccesso (colposo?) di soccorso, da contrapporre all'ormai anacronistica omissione di soccorso. Perché loro sono innovativi.

domenica 26 marzo 2023

Morte

 


 

Ho letto in un giorno questo bellissimo saggio filosofico di Daniela Steila. Il tema del libro è la grande rimossa della nostra civiltà occidentale: la morte. Si tende a non parlarne, è quasi un argomento tabù, un tema che è tanto universale e comune quanto difficile da accettare. È come se non stesse bene tirare in ballo l'argomento. La cosa è comprensibile, in realtà, dal momento che siamo pieni di "io" (io sono, io vivo, io faccio, io programmo, io progetto, io...) e la morte è la fine di tutti questi "io" (non a caso Sartre diceva che per l'uomo "la mort est l'absurde"). In più, come scriveva Max Scheler, "la società contemporanea ha prodotto una radicale negazione della morte attraverso l'idea del progresso e della sua infinità; la scienza moderna in particolare è nata per realizzare il dominio sulle cose del mondo e implica la rimozione della morte."

Questo interessantissimo libro è in pratica una rassegna in cui si analizza il modo in cui i grandi filosofi e pensatori della storia, da Platone a Heidegger, da Hegel a Sartre, passando per sant'Agostino, Tommaso D'Aquino, Montaigne, Marx, Freud, fino ai bioeticisti moderni, hanno descritto e inteso la morte (compresa la sua variante del suicidio), quale è stata la loro idea, come l'hanno inquadrata e spiegata. La filosofia si è occupata da sempre della morte, del suo significato, delle sue implicazioni morali, ma anche le persone comuni, prima o dopo, si sono interrogate su questo. D'altra parte noi umani, rispetto agli altri esseri viventi, abbiamo consapevolezza della nostra finitudine, quindi noi non solo moriamo ma pensiamo al nostro destino mortale, meditiamo sulla fine della nostra vita e di quella altrui. Da questo infinito pensare sono nate anche le idee che hanno tentato di neutralizzare e lenire l'assurdità inaccettabile della morte. Su queste basi è stata concepita ad esempio l'anima, la sua immortalità, l'idea della resurrezione, oppure quella di una vita oltre la morte, idee ricorrenti, queste, che ogni civiltà apparsa sulla terra ha elaborato.

È un libro che stimola molte riflessioni a cui generalmente non si pensa, appunto perché in genere si tende a rimuovere l'argomento, riflessioni che possono però aiutare a considerare la nostra umana vulnerabilità come un valore. Anche se non è facile.

sabato 25 marzo 2023

Paolo Nori a Misano

 

 

Ieri sera sono andato al teatro Astra di Misano ad assistere a una conferenza/monologo di Paolo Nori. Nori è lo scrittore che poco dopo l'inizio della guerra in Ucraina fu al centro delle cronache per la decisione dell'università Bicocca di annullare un suo ciclo di lezioni su Dostoevskij (ne avevo accennato qui), sull'onda degli insensati e un po' stupidi atteggiamenti collettivi volti a boicottare ogni espressione della cultura russa nei nostri paesi occidentali.

Paolo Nori è forse uno dei maggiori conoscitori di letteratura e cultura russa in Italia e ieri sera ha incentrato il suo intervento sulla figura di Anna Achmatova, la più grande poetessa russa del Novecento. Nella mia stratosferica ignoranza non conoscevo questa figura e ne sono rimasto affascinato. L'intervento di Nori ha poi spaziato prendendo in esame i grandi scrittori russi, la loro influenza e importanza nella cultura mondiale, il tutto descritto col suo modo di raccontare affabulatorio, spesso ironico, che cattura l'attenzione e rende godibili e gradevoli anche argomenti che a prima vista possono sembrare pesanti o noiosi.

Ho voluto partecipare a questo incontro anche come forma di presa di distanza dalla stupida ostracizzazione della cultura russa imperante, e mi chiedo come possiamo essere arrivati a un tale punto di ridicolo da non riuscire a distinguere tra cultura e attualità.

Antropologizzazione del mercato

Il presidente di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros-Pietro, in merito alla crisi europea delle banche di questi giorni, dice (La Stampa, 25.3.2023): "I mercati fanno il loro mestiere. Quando ci sono delle variazioni tendono ad accentuarle perché dall'accentuazione delle variazioni si guadagna. C'è nervosismo ed è bene che le banche centrali diano messaggi attendibili delle loro decisioni." 

Non so se ci avete fatto caso, ma espressioni che si sentono spesso come "i mercati sono nervosi" o "i mercati soffrono" danno l'idea di una antropologizzazione del mercato e dell'economia. Cioè, la nostra vita è talmente impregnata di economia, di denaro, di mercato che, forse senza accorgercene, abbiamo cominciato a descriverlo utilizzando categorie e sentimenti umani (nervosismo, sofferenza ecc.). 

Siamo ormai al punto in cui non esiste più distinzione tra mondo della vita e mondo dell'economia. Il guaio è che le due dimensioni, mercato e vita, non sono compatibili perché non hanno gli stessi fini né le stesse caratteristiche, e la loro equiparazione e fusione sarà forse il lascito più deleterio della società che abbiamo costruito.

venerdì 24 marzo 2023

Revisionismo meloniano


Le ipotesi sono due: o la signora Meloni non sa la storia o la sa ma la racconta a modo suo. Oppure, come è già successo, si tratta della riproposizione della nota tattica di sparare una corbelleria per distrarre le masse. 

Da quando il suo esecutivo governa, gli sbarchi sono infatti decuplicati, la riforma della giustizia che comprende il vecchio sogno berlusconiano di separare le carriere tra giudici e PM e azzoppare le intercettazioni si è persa nella nebbia; la tanto strombazzata riforma copernicana del fisco è un guazzabuglio dove tutto è in divenire e in cui l'unico punto chiaro sono le carezze ai benestanti e i calci in culo a chi non sa dove sbattere la testa (la Meloni pensa per caso di essere stata votata solo dalle fasce medio-alte? Spero di no, perché se è così temo che finita la luna di miele il risveglio sarà eufemisticamente brusco).

Diciamo che, alla luce di tutto questo, la teoria dell'uscita infelice sulla strage delle Fosse Ardeatine come arma di distrazione di massa ha parecchie chance di essere quella giusta.

giovedì 23 marzo 2023

Avviso ai naviganti


Raramente un romanzo mi ha così favorevolmente impressionato. Un romanzo che è spettacolare sotto diversi punti di vista: la bravura dell'autrice nella descrizione di terre lontane e sconosciute, bravura espressa attraverso uno standard descrittivo altissimo; la prosa accattivante e poetica, ricca di simbologie e metafore. 

Il protagonista è Quoyle, giornalista che sbarca il lunario scrivendo per un piccolo quotidiano newyorkese. Ha due figlie e una moglie infedele patologica. Una vita, quella di Quoyle, con pochissime gioie e molte frustrazioni. Un giorno, di punto in bianco, viene licenziato dal giornale in cui lavora e, di lì a poco, viene abbandonato dalla moglie che fugge con uno dei suoi amanti.

Si ritrova così solo, senza soldi e con due figlie da mantenere, una situazione che getterebbe chiunque nello sconforto e nella disperazione. In un moto di ribellione che sorprende anche il protagonista, Quoyle prende il primo traghetto per Terranova e si trasferisce, assieme alle figlie e a un'attempata zia, nella casa dei suoi avi, in un villaggio ai confini del mondo ricoperto di neve per gran parte dell'anno; un luogo aspro, estremo, legato ad antiche superstizioni e ricco di legami col passato, dove Quoyle riesce piano piano a riprendere in mano la sua vita e a ritrovarsi.

Per me questo libro è un piccolo capolavoro.

martedì 21 marzo 2023

Maternità surrogata

Quello della cosiddetta maternità surrogata è forse uno dei temi più delicati, spinosi, controversi e divisivi nella società contemporanea, e i motivi si capiscono facilmente. In linea di principio io non sono contrario. Tra persone viventi ci può essere donazione di polmoni, porzioni di fegato, midollo osseo, pancreas, intestino, non vedo perché chi lo voglia non possa donare l'utero per consentire una gravidanza.

Il tema, come dicevo, è divisivo ed è forse uno di quelli che maggiormente induce a dividersi e a polarizzarsi in maniera manichea. Naturalmente sono tanti anche quelli che a causa della complessità e degli innumerevoli risvolti di carattere etico e morale sospendono il giudizio o non hanno una idea precisa in merito.

Quelli de Il Post hanno pubblicato un lungo ed esaustivo articolo in cui - e loro sono da sempre maestri in questo - spiegano bene cosa è la maternità surrogata, questione spesso banalizzata, confusa e ridotta a slogan fuorvianti tipo utero in affitto e simili. Per chi fosse interessato, l'articolo de Il Post è qui, mentre qui c'è un ottimo scritto di Giulia Siviero nel quale la questione viene affrontata con serenità e onestà, lontano da strilli, strepiti e me contro te.

domenica 19 marzo 2023

Vittime della storia

Nella puntata di oggi pomeriggio di Mezz'ora in più ho stoicamente ascoltato la signora Roccella. Mentre la ascoltavo mi è venuto in mente il verso di Battiato che recita: "L'etica è una vittima incosciente della storia". Ora, io non so dire se la signora Roccella e la sua visione ideologica e identitaria del concetto di famiglia saranno vittime coscienti o incoscienti della storia, ma sul fatto che ne saranno vittime credo non ci sia discussione. Peccato che l'attesa allungherà solo i disagi di chi, oggi e nel prossimo periodo, rimarrà ostaggio di questa visione.

sabato 18 marzo 2023

Odifreddi a Misano

 
 

Ieri sera ho assistito a una conferenza di Piergiorgio Odifreddi, al teatro Astra di Misano Adriatico, in cui il noto divulgatore ha raccontato Bertrand Russell. Amo Odifreddi da sempre, ho letto alcuni suoi libri e seguo le sue conferenze e i suoi interventi su Youtube. È geniale, intelligente, colto, dissacrante, ironico.
 

Nella conferenza, tra le altre cose ha raccontato come il grande pensatore gli ha cambiato la vita, in particolare grazie al suo libro "Introduzione alla filosofia matematica", che Odifreddi comprò per caso da ragazzo su una bancarella di libri usati.

Ho scoperto recentemente che Odifreddi e Ratzinger sono stati ottimi amici, si sono frequentati per un certo periodo e addirittura hanno scritto un libro a quattro mani, che appena riesco a reperire ho intenzione di leggere.

Crimini di guerra

Accolgo con soddisfazione la decisione della Corte penale internazionale dell'Aia di spiccare un mandato di arresto nei confronti di Putin per crimini di guerra. Mi chiedo però perché nessuno abbia mai pensato di spiccare mandati di arresto per Bush o Blair per i crimini di guerra commessi da americani e inglesi durante le guerre in Iraq e Afghanistan. Non stiamo parlando di quisquilie, ma di centinaia di migliaia di civili morti (in molti casi uccisi deliberatamente) dalle forze che dovevano esportare la democrazia, crimini di cui esiste amplissima documentazione (googlate "crimini di guerra americani in Iraq e Afghanistan" e vi si aprirà un mondo di orrore) arrivata a noi anche tramite Wikileaks di Julian Assange, che gli americani stanno non a caso cercando di fare fuori da svariati anni.

Tra l'altro, tutto questo cancan mi sembra molto ideologico e ben poco concreto. La Corte penale internazionale dell'Aia è infatti un tribunale la cui legittimità non è riconosciuta dalla stragrande maggioranza dei paesi del mondo, tra cui Russia, Stati Uniti, Cina, India, Israele, e solo per citare i più importanti. Quindi è internazionale formalmente ma in pratica ha una sua legittimità solo tra i pochi stati che ne hanno sottoscritto il trattato di adesione.

Tutto questo non per polemizzare, solo perché mi sembra corretto che la sacrosanta persecuzione di coloro che si sono resi responsabili di crimini di guerra valga per ogni guerra, non solo per alcune.

giovedì 16 marzo 2023

Il pastore delle macchine e le invasioni della Russia da parte dell'Italia

Giornate lavorative come quella di oggi, lunga, infinita, ripetitiva, mi fanno venire in mente il filosofo Günther Anders, allievo di Heidegger, il quale negli anni '40 fuggì dalla Germania e riparò negli Stati Uniti per sfuggire alle persecuzioni naziste (storia raccontata da Galimberti qui). Una volta arrivato andò a lavorare alla Ford. Dopo qualche tempo scrisse al suo maestro Heidegger e gli disse: "Maestro, lei mi ha insegnato che l'uomo è il pastore dell'essere, io qui sono il pastore delle macchine." Ecco, io oggi mi sento il pastore delle macchine.

Mentre tornavo a casa mi è capitato di sentire questo breve intervento di Alessandro Barbero in cui si racconta che l'Italia negli ultimi duecento anni ha invaso la Russia tre volte, che uno dice: l'Italia ha invaso la Russia? Sì. Poi, vabbe', è andata male tutte e tre le volte ma questo è un altro discorso.

Ah, se ai miei tempi avessi avuto un professore di storia come Barbero...

lunedì 13 marzo 2023

Collegamenti

Questo ottimo post di Diciotto Brumaio mi ha fatto venire in mente questo capolavoro di Guccini, in particolare i versi in cui dice: "Coraggio liberisti, buttate giù le carte, tanto ci sarà sempre chi pagherà le spese in questo benedetto, assurdo Belpaese".

domenica 12 marzo 2023

"Possibile che nel 2022 gli uomini facciano ancora le guerre?"

Non solo è possibile, ma è normale che sia così perché la conflittualità è la principale forma di interazione che contraddistingue gli esseri umani da quando sono comparsi sul pianeta. Dal punto di vista psicologico-antropologico la guerra è generata dagli stessi meccanismi che scatenano una rissa a una partita di calcetto o che in un ufficio creano una fronda di impiegati che fa fuori un capo. Qui di seguito dieci minuti di un grande Dario Fabbri, che queste cose le spiega molto meglio di me.


Almeno il gesto

Il consiglio dei ministri-sceneggiata a Cutro è già acqua passata. Non è servito a niente, naturalmente, come del resto era ampiamente prevedibile e come non porterà mai niente di concreto una gestione dell'epocale fenomeno delle migrazioni improntata esclusivamente a una visione emergenziale ed elettorale. Ma viviamo nell'epoca storica della visibilità multimediale e la politica, oggi, si fa anche (soprattutto?) a favore di telecamere e immagini. I messaggi che la politica vuole fare passare all'opinione pubblica, in altre parole, sono veicolati, oggi come non mai, dai gesti, più che dai discorsi e dai proclami.

Che a Meloni, Salvini e soci della gente che muore in mare non freghi assolutamente nulla è palese e si sa da sempre, e il fatto che nel periodo in cui il governo è stato in trasferta laggiù la signora sedicente mamma e cristiana non abbia trovato cinque minuti per andare su quella spiaggia, da dove ogni giorno continuano ad affiorare cadaveri, o per fare una visita nel palazzetto dello sport pieno di bare per gran parte occupate da bambini, veicola un messaggio chiaro che oltretutto - va detto - ha una sua coerenza. Di chi muore in mare alla Meloni non fregava niente prima, quand'era all'opposizione, continua a non fregare niente neppure ora che guida un governo.

sabato 11 marzo 2023

La donna cannone

Quando Francesco De Gregori pubblicò La donna cannone io ero un imberbe ragazzetto che con poca voglia frequentava le scuole medie e con molto più entusiasmo studiava musica. Già all'epoca avevo un discreto orecchio e riuscivo con poco sforzo a trovare gli accordi di molte canzoni, per lo meno di quelle non troppo complicate. Una sera chiesi al mio professore di teoria e solfeggio di darmi una mano a trovare gli accordi de La donna cannone e lui, sorridendo, mi rispose: "Non sono semplici, perché quella canzone è geniale e la musica geniale non è sempre semplice."

Mi è venuto in mente questo vecchio episodio della mia infanzia mentre seguivo il video di Claudio Cicolin che linko qui di seguito, video in cui il noto musicista spiega, chitarra alla mano, perché La donna cannone è geniale dal punto di vista della struttura armonica, melodica, degli arrangiamenti e anche del testo. Si può tranquillamente dire che questo pezzo ha rotto tutti gli schemi fino ad allora conosciuti entro i quali si muoveva la musica d'autore italiana.

Ah, il mio professore di teoria e solfeggio alla fine me li scrisse, gli accordi, e me li spiegò, perché alcuni non li avevo mai sentiti. Grazie, prof. Galassi :-)

Il video è qui.

giovedì 9 marzo 2023

Ragionevolezza (di Pillon)

 

 

Quello che Pillon chiama logico e ragionevole è in realtà intuitivo, nel senso che il nostro cervello è per sua natura strutturato in modo da pensare in termini di cause ed effetti (consiglio al senatore un saggio stupendo su questi temi: L'orologiaio cieco, di Richard Dawkins), mentre la casualità degli eventi è controintuitiva. Se volessimo posizionarci al livello argomentativo da quinta elementare di Pillon basterebbe ribattere che il darwinismo, che lui irride con la sua puerile vignetta, è un fatto, e nessuno scienziato, oggi, oserebbe dubitare del pensiero di Charles Darwin, la cui validità è confermata da infiniti dati sperimentali. Viceversa, non esiste un solo dato sperimentale che suffraghi la teoria del creatore.

Questo, come dicevo, se vogliamo restare al livello di Pillon. Per fare un piccolo salto di qualità si potrebbe dire che sulla questione scienza vs fede si sono espressi nel corso del tempo tantissimi pensatori, cristiani e non. Il punto è che se io voglio parlare di questo con un amico, lo invito a cena a casa mia e ci mettiamo con calma a discuterne, andando avanti anche tutta la notte, se necessario. Liquidare una questione così complessa e stimolante con una vignetta di tale banalità, è il migliore assist che si possa fare a un non credente.

Non c'è niente da fare, spesso il peggior servizio al cristianesimo lo fanno i cristiani.

mercoledì 8 marzo 2023

Dallo spazio al tempo

Un concetto espresso da Thomas Leoncini, che ho appena letto in La società liquida (sì, c'entra anche Bauman), il saggio che sto leggendo in questi giorni, mi ha sorpreso e fatto pensare. È il concetto dell'inversione delle categorie dello spazio e del tempo nella società di oggi. 

In milioni anni di storia umana - riassumo - la categoria dello spazio è sempre stata preponderante rispetto a quella del tempo. Cosa significa? Un nostro antenato che fosse dovuto andare per qualsiasi motivo in un posto lontano e sconosciuto non si sarebbe chiesto come prima cosa quanto tempo ci avrebbe messo, ma quanto sarebbe stato distante quel luogo. Questo perché la dimensione dello spazio era appunto più importante di quella del tempo. Nella società di oggi è l'inverso; una persona che parte per un luogo lontano e sconosciuto non si chiede quanto è distante, di questo magari si interessa successivamente, ma nell'immediato si chiede quanto tempo ci vuole per arrivare. Si tratta di un cambio di paradigma psicologico e antropologico epocale e recentissimo. 

Cosa comporta questo cambio? Comporta che il tempo individuale è diventato il centro, il fulcro di ogni nostra decisione, e diventando questo, siamo diventati intrinsecamente individualisti. Abbiamo cominciato a illuderci che la presenza dell'altro debba essere un piacere e non una necessità. Lo spazio, per definizione, è infatti condivisione. Quando la nostra forma mentis era organizzata in funzione dello spazio, significava che era pensata in funzione di luoghi condivisi con altri. Il cambio di paradigma psicologico spazio/tempo ha quindi progressivamente eliminato il senso di comunità a favore dell'individualismo. 

Quando oggi ci lamentiamo di vivere in una società individualista, possiamo immaginare che una delle cause stia in questo epocale cambio di paradigma. Ora la domanda è: cosa ha causato questo cambio?

lunedì 6 marzo 2023

Toh, chi l'avrebbe detto?

Il prode ministro Valditara (ricordate?) elogia - ha fatto benissimo, intendiamoci - il preside del liceo Carducci di Milano che ha condannato lo striscione in cui erano raffigurati lo stesso ministro e Giorgia Meloni a testa in giù. Sarebbe stata cosa buona e giusta che avesse elogiato anche la preside del liceo Michelangiolo, ma allora non sarebbe stato Valditara.

sabato 4 marzo 2023

Guerra e pace

 

 

L'ho terminato ieri sera tardi. Durante tutta la lettura mi sono frequentemente chiesto, tra le tante cose, quali riscontri avrebbe uno scrittore di oggi se pubblicasse un romanzo di una tale lunghezza e complessità (Wikipedia ha contato 580 personaggi, di cui svariate decine ricorrenti, spalmati su circa 1600 pagine). Certo, tomi di questa lunghezza vengono pubblicati anche oggi, ma sono comunque scritti con lo stile della narrativa contemporanea: veloce, immediata e generalmente poco riflessiva.

Guerra e pace, invece, come del resto altri classici simili, è un viaggio nel mare della tranquillità, si potrebbe dire, in cui le vicende sono raccontate con la "lentezza" e i tempi delle grandi epopee epiche. In realtà si tratta principalmente di un romanzo storico in cui vengono descritte la nobiltà e in generale la società russa nel periodo napoleonico; anzi, Tolstoj stesso non lo considerava neppure un romanzo e storceva il naso quando veniva appellato così, come scrive lui stesso nella postfazione. Probabilmente perché il termine romanzo lo trovava riduttivo, visto che contiene, oltre alle vicende narrate, riferimenti storici, filosofici, psicologici, scientifici. 

Nel complesso mi è piaciuto, anche se, abituato allo stile della narrativa contemporanea, ho spesso dovuto fare buon viso a cattivo gioco di fronte alle tante pagine in cui la prolissità è padrona (l'autore mi perdonerà se, di fronte alle decine di pagine con cui vengono descritte alcune battaglie, qualcuna l'ho saltata). Al di là di queste considerazioni, comunque, credo che si tratti di uno di quei libri fondamentali che almeno una volta nella vita bisogna leggere.

80 anni

Mio piccolo e insignificante omaggio a un gigante della musica d'autore che, se fosse ancora vivo, oggi spegnerebbe 80 candeline.


venerdì 3 marzo 2023

Napoleone è un prodotto, come Putin

Nelle pagine finali di Guerra e pace Tolstoj fa una interessante analisi delle dinamiche che muovono i popoli e della forza che produce gli eventi, e giunge alla conclusione che la potenza dei singoli personaggi storici non può essere considerata come una forza capace di per se stessa di produrre gli avvenimenti. 

In pratica, per stare al tema del romanzo, non è stata la volontà di Napoleone che l'ha spinto verso oriente fino ad arrivare a Mosca, ma è stata la volontà della società che ha generato Napoleone. Non esiste la Francia di Napoleone, ma Napoleone è figlio di quel tipo di Francia, nel suo caso della Rivoluzione francese, perché, scrive Tolstoj: "Il personaggio storico è un prodotto del suo tempo e la sua autorità è soltanto l'opera di forze diverse".

Questo assunto mi ha fatto venire in mente quanto ripete Dario Fabbri nelle sue conferenze riguardo alla questione russo-ucraina, in particolar modo quando dice che non ha senso parlare di Russia di Putin. Non esiste la Russia di Putin ma esiste Putin come prodotto di quel tipo di società, allo stesso modo in cui non esiste l'Afghanistan dei talebani ma i talebani sono il prodotto di quel tipo di società, e si potrebbe continuare. È la società russa che ha prodotto Putin ed è la società afghana che ha prodotto i talebani. 

Ragionando alla luce di questo cambio di prospettiva, gli avvenimenti assumono connotazioni diverse rispetto a quelle "standard" a cui siamo abituati a pensare.

giovedì 2 marzo 2023

Non rispondetegli


Piccolo consiglio non richiesto se per caso siete su twitter: non replicate ai tweet di Feltri. Ciò che lui scrive sono provocazioni e la provocazione è, per definizione, un atto che ha il solo scopo, come indica il termine stesso, di suscitare una reazione emotiva. La provocazione non ha una valenza pedagogica, non è foriera di qualche verità né di contenuti epistemologicamente validi; la provocazione ha il solo scopo di provocare e se rispondete a quelle di Feltri manifestando la vostra indignazione non fate nient'altro che il suo gioco. In altre parole, rispondendo ci siete cascati. 

Un altro motivo per non rispondere a Feltri è che le sue provocazioni sono crudeli e ciniche, e lo sono perché è affetto da quella che Umberto Galimberti chiama psico-apatia, ossia incapacità di provare risonanza emotiva rispetto agli avvenimenti che accadono. Gli psico-apatici sono morti dentro. Sono vivi esteriormente: respirano, si nutrono, dormono, camminano, ma nella loro interiorità c'è il vuoto. Non si interagisce coi morti. 

Quindi, se vi capita in tl un tweet di Feltri, passate oltre, silenziate, bloccate, lasciatelo immergere nell'oblio e nel dimenticatoio in cui merita di stare. Non tenetelo a galla.

martedì 28 febbraio 2023

Se

Se fosse tuo figlio riempiresti il mare di navi di qualsiasi bandiera. Vorresti che tutte insieme a milioni facessero da ponte per farlo passare. Premuroso, non lo lasceresti mai da solo, faresti ombra per non far bruciare i suoi occhi, lo copriresti per non farlo bagnare dagli schizzi d'acqua salata. 

Se fosse tuo figlio ti getteresti in mare, uccideresti il pescatore che non presta la barca, urleresti per chiedere aiuto, busseresti alle porte dei governi per rivendicare la vita. 

Se fosse tuo figlio oggi saresti a lutto, odieresti il mondo, odieresti i porti pieni di navi attraccate. Odieresti chi le tiene ferme e lontane da chi, nel frattempo, sostituisce le urla con acqua di mare. 

Se fosse tuo figlio li chiameresti vigliacchi disumani, gli sputeresti addosso. Dovrebbero fermarti, tenerti, bloccarti, vorresti spaccargli la faccia, annegarli tutti nello stesso mare. 

Ma stai tranquillo, nella tua tiepida casa non è tuo figlio, non è tuo figlio. Puoi dormire tranquillo. E sopratutto sicuro. Non è tuo figlio. È solo un figlio dell'umanità perduta, dell'umanità sporca, che non fa rumore. 

Non è tuo figlio, non è tuo figlio. Dormi tranquillo, certamente non è il tuo. 

 

Sergio Guttilla, 29 giugno 2018. 

Dedicata ai 100 morti in mare, morti affogati, in attesa di una nave che li salvasse.

Ieri era Salvini, oggi è Piantedosi, ma il disprezzo per gli ultimi del mondo è il medesimo.

lunedì 27 febbraio 2023

Elly Schlein

Non mi aspettavo la vittoria di Elly Schlein, ero convinto che avrebbe vinto largamente Bonaccini, e la cosa mi ha fatto piacere. Non mi aspetto che nel Pd cambino le cose più di tanto, almeno nell'immediato, ma il programma della Schlein, che è di vedute certamente più progressiste rispetto a quelle dello sfidante, lo trovo largamente nelle mie corde. 

Se riuscirà a instradare il Pd in questa direzione, a dargli una fisionomia, se riuscirà a ridare alla maggiore espressione del centrosinistra quell'anima svenduta nel corso degli anni al berlusconismo prima e al renzismo poi, magari mi tornerà voglia di votarlo, o quanto meno di votarlo con un poco di convinzione in più, visto che il papa, l'ultima voce mediatica autorevole che ancora dice qualcosa di sinistra, non si può votare.

sabato 25 febbraio 2023

I minimizzatori

Credo che i minimizzatori sbaglino, ma nel contempo mi auguro che abbiano ragione. Sarei contento se ce l'avessero. Mi riferisco ai fatti del liceo Michelangiolo di cui ho già parlato e ai commenti stile "cosa vuoi che sia!" che si leggono sul giornalame di destra e da esponenti politici di quella parte. Probabilmente noi che ci riconosciamo nell'antifascismo siamo affetti da eccessi di paranoia perché vediamo o crediamo di vedere i prodromi di un suo ritorno ogni volta che leggiamo di pestaggi, violenza, prevaricazione ecc. 

Allora sì, forse siamo paranoici, e in fondo in fondo noi per primi sappiamo bene che rispetto a cento anni fa sono cambiate molte cose e quel fascismo là è molto difficile che torni, ma io guardo i tanti libri sulla storia del fascismo che ho letto e che affollano la mia libreria, e su quei libri c'è scritto che, come ha ricordato la preside di quell'istituto, il fascismo è nato così, con le manganellate per le strade, i pestaggi, e soprattutto con la grave complicità dei troppi che reagivano a quelle violenze con i "cosa vuoi che sia!", gli equivalenti di allora dei minimizzatori di oggi. 

Allora ok, quel fascismo lì non torna, va bene, siamo d'accordo, ma voi minimizzatori evitate almeno il dileggio di chi si preoccupa e lasciateci buttare fuori le nostre paranoie.

venerdì 24 febbraio 2023

Tempo libero

In questi giorni di ferie riflettevo relativamente al piacere e al benessere che nascono dall'avere tanto tempo libero. Sinceramente non ho mai comprese i tanti - e ne conosco - che una volta arrivati all'agognato riposo, la pensione, dicono di annoiarsi, di non sapere come passare il tempo, di sentire quasi nostalgia per quando timbravano il cartellino. Come si fa - mi chiedo - ad annoiarsi con tutti i libri che ci sono da leggere, tutta la musica che c'è da ascoltare, i racconti che si possono scrivere, le passeggiate in collina che si possono fare? Credo che se si ha tanto tempo libero e ci si annoia - fermo restando che la noia non è sempre negativa, anzi - probabilmente è perché non si hanno passioni, e se non si hanno passioni allora sì, forse è meglio restare al lavoro.

Un anno di invasione

Un anno fa, come oggi, quando le truppe russe entrarono in Ucraina, sull'onda dell'emozione mi sembrava di avere ben chiaro chi fosse il "cattivo" e chi il "buono", dove stessero i torti e dove le ragioni. Poi, nel corso del tempo, contemporaneamente al progressivo sopirsi della inevitabile onda emozionale iniziale, ho letto, ascoltato esperti, tentato di approfondire la storia pregressa di come si è arrivati al tragico epilogo di un anno fa, e sono arrivato a una conclusione che di per sé è banale ma che quando si esterna produce quasi sempre il rischio di venire etichettati come filo-russi. Tutto questo a causa di un meccanismo psicologico - ne avevo parlato qui - che equipara approfondimento e apologia.

La conclusione banale, ma pericolosa, cui accennavo è che nessuno dei due contendenti ha completamente ragione e nessuno dei due ha completamente torto. Fermo restando il ripudio e la repulsa per gli orrori seguiti all'invasione russa e detestando Vladimir Putin per tutto ciò che rappresenta - chi ha letto La Russia di Putin, di Anna Politkovskaja, sa bene di cosa parlo - solamente chi non conosce il pregresso o è in malafede può negare che l'Occidente abbia commesso errori gravissimi e abbia avuto enormi responsabilità nell'impedire che si arrivasse al tragico epilogo.

E che l'Occidente abbia elevate responsabilità non lo dico io, che sono solo un povero blogger di campagna, lo ammette ogni esperto e ogni studioso che analizzi senza pregiudizi la storia e le vicende storiche russo-ucraine degli ultimi cento anni. Perfino il papa, ormai una delle ultime persone mediaticamente autorevoli rimaste, utilizzando la metafora se volete puerile di Cappuccetto rosso e del lupo cattivo, stigmatizza la fuorviante banalizzazione del bianco e nero senza sfumature, dei torti e delle ragioni tutti da una parte, tentando di mettere in rilievo come responsabilità ci siano su ambo i fronti.

Non è giustificazionismo, questo. Che ci sia un aggressore e un aggredito, che Putin abbia una visione eufemisticamente autoritaria del potere e che sia condannabile per tutto ciò che ha scatenato sono elementi oggettivi su cui non si discute, è solo il tentativo di analizzare le vicende dal punto di vista dei fatti, se volete una sorta di reazione fisiologica alle facili, invitanti e confortanti banalizzazioni imperanti che, se da una parte offrono sollievo e conforto, dall'altra impediscono di vedere le cose come sono realmente.

giovedì 23 febbraio 2023

Il quadro della situazione

Il ministro della pubblica istruzione Giuseppe Valditara, che in cinque giorni è riuscito a non dire una parola sull'aggressione e il pestaggio fascista ai danni di due studenti di un liceo fiorentino, ci ha invece messo poche ore a "redarguire" la dirigente scolastica dell'istituto in questione, la quale ha osato divulgare una circolare agli studenti in cui spiega le analogie tra l'episodio e la storia di come ha mosso i primi passi il fascismo. La reprimenda alla dirigente contiene anche, giusto per non fare dimenticare il clima entro cui ci si muove, una neppure troppo velata intimidazione confezionata con queste parole: "Se questo atteggiamento dovesse persistere, valuterò se sarà necessario prendere misure."

In attesa di vedere se il solerte (a giorni alterni) ministro darà seguito a quanto promesso, c'è da segnalare un'uscita di un altro ministro di questo fantastico esecutivo, e cioè Matteo Piantendosi, Interni, il quale, per nascondere il fallimento della limitazione degli sbarchi, con la promessa dei quali la signora Meloni ha vinto le elezioni, si è inventato gli "sbarchi scongiurati". In sostanza sì, col nostro governo gli sbarchi sono quadruplicati, è il fulcro del ragionamento, ma volete mettere con quelli che abbiamo evitato?

Si tratta di un inedito sofisma che in sostanza amplia ed eleva a nuove vette di ilarità le prese per i fondelli che Salvini propalava ai suoi elettori. Qui siamo oltre.

mercoledì 22 febbraio 2023

Arrivi

Dal 1° gennaio sono sbarcate in Italia 12.372 persone, 7.400 solo nel mese di febbraio in corso. Nello stesso periodo dello scorso anno furono 4.701 mentre l'anno precedente 3.820. Meno del 10 per cento di queste persone sono arrivate tramite navi umanitarie, le famigerate ONG, le restanti tramite navi delle autorità italiane o in maniera autonoma con barconi e barchini, come è sempre stato e sempre sarà. Dalle parti del governo, che ha preso buona parte dei voti da gente che ancora si fa incantare da slogan stupidi tipo stop agli sbarchi, silenzio di tomba. Salvini è impegnato a strillare contro le farine di insetti e la signora Meloni va in Ucraina a cercare di ricucire con Zelensky le voragini aperte da quella scheggia impazzita del suo alleato (almeno formalmente) Berlusconi. Su tutto il resto, sbarchi compresi, silenzio.

martedì 21 febbraio 2023

Acquisti libreschi

Per la modica cifra di 16 euro, dalla fiera di Cesena cui accennavo nel post precedente ho portato a casa cinque libri, tra cui un romanzo di Irving e due della Rowling sotto pseudonimo (Il richiamo del cuculo è il primo della saga con protagonista Cormoran Strike).




 

Ma l'acquisto (fortuito) che più mi ha dato soddisfazione è questo qui sotto.

 


Per una curiosa coincidenza, proprio qualche giorno fa pensavo che quest'anno avrei voluto leggere Guerra e pace, e camminando tra gli stand di libri usati dei padiglioni della fiera l'ho trovato: una edizione Oscar Mondadori del 1990 in doppio volume (800 pagine ciascuno) del leggendario romanzo del grande scrittore russo. Non è che mi sono messo a scartabellare e a cercare negli scatoloni e negli espositori dei rivenditori, no, i due volumi se ne stavano appollaiati su una pila di libri e ci sono praticamente andato a sbattere contro. Bellissimo.

Approfittando del fatto che questa settimana sono in ferie mi ci sono subito tuffato e le prime 400 pagine le ho divorate tra ieri e oggi. Diciamo che non è un romanzo (neppure Tolstoj amava definirlo così), sembra più un oceano, ma ne scriverò meglio quando l'avrò finito.

sabato 18 febbraio 2023

Libri a Cesena

Oggi e domani, a Cesena c'è la Fiera del libro antico. L'ultima volta che ci andai fu nel 2019, prima che arrivasse la pandemia, e in quell'occasione assistetti anche a una conferenza di Galimberti. Se abitate qua in zona, siete appassionati di libri (in particolare di libri usati) e non sapete cosa fare domani, beh, un'idea ve l'ho data :-)

venerdì 17 febbraio 2023

Tra approfondimento e apologia

Dario Fabbri, qui, rispondendo alla domanda di un ascoltatore tocca un punto che a me è sempre stato molto a cuore, anche perché l'ho vissuto più volte di persona: perché quando si tenta di approfondire si viene quasi sempre accusati di fare apologia? In questo caso il tema toccato riguarda il conflitto in Ucraina, ma vale per qualsiasi altro argomento. In sostanza, nel caso dell'Ucraina il succo del discorso è che chiunque voglia studiare le cause, anche remote, che sono poi sfociate nell'aggressione russa viene, più o meno sottotraccia, accusato di essere filo-putiniano. 

È come se nel nostro modo di pensare avessimo una sorta di... come chiamarla... tara cognitiva che in maniera inconscia crea un collegamento tra analisi delle cause del conflitto e adesione alle ragioni di una delle parti in causa. Forse - ipotesi mie, prendetele per quello che valgono - uno dei motivi è che viviamo dentro una narrazione a compartimenti stagni che si limita, semplicisticamente, a individuare un aggressore e un aggredito. Punto. Tutto il di più viene marchiato come sospetto.

Oppure, sempre senza accorgercene, confondiamo comprensione e giustificazionismo. Cioè, il tentare di capire diventa giustificazione. D'altra parte, se ci pensa, anche nel linguaggio di tutti i giorni usiamo ad esempio l'espressione "ti capisco" per giustificare un gesto poco commendevole di un nostro conoscente. Da qui l'equivalenza "ti capisco", quindi "ti giustifico".

Dario Fabbri, nel suo breve intervento, cerca di spiegare che provare a capire non significa tentare di giustificare, sono due concetti che apparentemente si assomigliano ma sono diversi, ma fare questa distinzione, a tanti costa una fatica incredibile.

giovedì 16 febbraio 2023

Il vizietto (di forma)

Vivere in una società complessa vuol dire avere a che fare con la complessità (banale, nevvero?), la quale complessità si palesa sotto molteplici forme, comprese le sentenze giudiziarie. Siccome avere a che fare con la complessità costa impegno e fatica, si utilizza la semplificazione, molto più spiccia e facilmente comprensibile, gravata però dall'inconveniente di presentare i fatti in maniera diversa da come sono realmente. La sentenza di ieri sull'ultimo caso della telenovela chiamata Rubygate ne è un esempio.

I titoloni di oggi sono eloquenti: Berlusconi assolto. Per i lettori medi di Libero, Giornale, Foglio, Verità e compagnia bella la cosa finisce qui. Che il tipo delle cene eleganti sia stato assolto non nel merito ma per vizio di forma (in sostanza B. ha pagato le ragazze per mentire, ma siccome nessuno si è preso la briga di avvisarle che durante le loro deposizioni da semplici testimoni erano diventate indagate, le suddette deposizioni sono diventate inutilizzabili) non è importante, perché spiegarlo quindi? D'altronde, gran parte di questo target di lettori manco sa il significato della locuzione "vizio di forma", figurarsi tentare di spiegargli le implicazioni. Il problema è che, come si dice, la forma è sostanza, e forse in nessun altro ambito come quello della giustizia questo assunto è valido. 

Detto ciò, non credo che un cavillo cambierà nelle italiche genti le opinioni che ognuno ha su di lui. Chi l'ha sempre amato continuerà ad amarlo, chi l'ha sempre detestato continuerà a detestarlo, e per detestarlo, detestare tutto ciò che rappresenta, non occorre essere una persona di sinistra, è sufficiente essere una persona mediamente corretta e con una media capacità di analisi e raziocinio.

mercoledì 15 febbraio 2023

Non chiamatela guerra di Putin

Credo che questa sia una delle analisi più lucide, interessanti, approfondite ed esaustive che mi sia capitato di seguire finora sul conflitto Russia - Ucraina Nato. Per tanti motivi, tra cui la demolizione del modo in cui ci viene raccontato e la descrizione di come si è arrivati al conflitto prendendo in esame non solo la storia pregressa ma descrivendo la psicologia del popolo russo e di quello ucraino. Notevole veramente.


lunedì 13 febbraio 2023

Il razzismo è naturale

La partecipazione di Paola Egonu al festival ha riportato in luce l'antico dibattito sul razzismo. L'Italia è un paese razzista o no? Autorevoli ministri come Salvini e Calderoli dicono che assolutamente non lo siamo e che quello sul razzismo è un dibattito sul nulla. Salvini è il fine signore che paragonava i napoletani a persone puzzolenti davanti alle quali scappano anche i cani (i video di queste straordinarie performance sono facilmente reperibili su youtube); Calderoli, altro illustre maître à penser nostrano, finì a processo qualche anno fa per aver dato dell'orango alla ministra Cécile Kyenge. Capite anche voi, quindi, l'attendibilità di questi signori nell'assicurarci che quello sul razzismo è un dibattito sul nulla.

Detto questo, sì, l'Italia è un paese largamente razzista. Non solo l'Italia, in verità; il razzismo è diffuso dappertutto per una serie di motivi, e il principale di questi è di tipo antropologico. Come ormai la scienza ha definitivamente dimostrato (lo spiegano bene Telmo Pievani qui e David Amodio qui), la diffidenza e la paura verso il diverso da noi sono meccanismi antichissimi che per ragioni evolutive si sono instaurati nel nostro cervello. Anni fa una università americana fece degli esperimenti che consistevano nel tenere monitorato, con una apposita strumentazione, il cervello di persone a cui venivano mostrate immagini ritraenti visi di persone sconosciute di colore. Questo monitoraggio evidenziò come alla vista di queste immagini la prima parte del cervello che si attivava era l'amigdala, quella più antica che regola i meccanismi legati alla paura. Solo successivamente si attivavano i lobi frontali, dove risiede la razionalità. Se invece si mostravano immagini di persone di colore ma conosciute, tipo personaggi noti dello sport o dello spettacolo, l'amigdala se ne stava buona al suo posto.

Questo a dimostrare che il razzismo è effettivamente connaturato come pulsione primaria in ognuno di noi, ma può essere neutralizzato con la cultura, con la conoscenza. E, mi viene da dire, il fatto che il livello culturale nel nostro paese sia ai livelli che sappiamo, mi pare non autorizzi alcun tipo di ottimismo relativamente al fatto che questa piaga si possa prima o poi estirpare.

domenica 12 febbraio 2023

Due cose belle di oggi

Una cosa bella è questo spettacolare saggio di Umberto Galimberti che ho letteralmente divorato. Un libro da cui non si esce uguali a come si era quando si è iniziato, perché i libri dei grandi pensatori, siamo essi contemporanei o del passato, cambiano chi legge, aiutano a modificare i propri punti di vista, a scrostare i propri pregiudizi, a leggere e a vedere il mondo e l'uomo da punti di vista differenti, ad ampliare e aggiornare il background culturale del lettore. E questo libro lo fa in maniera esemplare.

 


 

La seconda cosa bella di oggi è questa incredibile, seppur breve (dura appena mezzora), lezione di Dario Fabbri, analista geopolitico e giornalista che non conoscevo e che ho scoperto per caso girovagando su Youtube. Mi ha ipnotizzato con la sua competenza e la sua cultura. Da brividi. Se avete mezzoretta di tempo provate a darci un'occhiata, merita veramente.


Tra scuola ed emozioni

"La tendenza all'oggettivazione, che porta i medici a considerare i pazienti solo come organismi, che porta nel mondo del lavoro a considerare gli uomini in base al solo criterio dell'efficienza, risolvendo la loro identità nell'efficacia della loro prestazione, porta i professori a giudicare i loro studenti in base al profitto, termine che il mondo della scuola ha mutuato da quello economico, risolvendo l'educazione in un puro fatto quantitativo dove a sommarsi sono nozioni e voti. Siccome la quantità è misurabile col calcolo, dalla scuola vengono espulse tutte quelle dimensioni che sfuggono alla calcolabilità, quindi: creatività, emozioni, identificazioni, proiezioni, desideri, piaceri, dolori che costellano la crescita giovanile e di cui la scuola non tiene il minimo conto. Ciò spiega perché a scuola vanno bene e prendono bei voti quei ragazzi che hanno un basso livello di creatività, scarsi impianti emozionali, limitate proiezioni fantastiche, perché, libera da questi inconvenienti, la mente può disporsi più agevolmente a immagazzinare tutte quelle nozioni che si ordinano con rigore e precisione, e più sono disanimate, meno coinvolgono l'anima, all'insegna di quel risparmio emotivo che rende l'incasellamento delle informazioni molto più agevole.

Espulsa dalla scuola l'educazione emotiva, l'emoziona vaga senza contenuti a cui applicarsi, ciondolando pericolosamente tra istinti di rivolta, che sempre accompagnano ciò che non può esprimersi, e tentazioni di abbandono in quelle derive di cui il mondo della discoteca, dell'alcol e della droga sono solo esempi neppure troppo estremi. Se c'è da dar ragione ad Aristotele che distingue tra cause prime e cause seconde, verrebbe da chiedersi se prima di quelle cause seconde che si chiamano sesso, alcol e droga non ci sia come causa prima del disagio giovanile quel vuoto emotivo ed esistenziale che la scuola crea attorno agli studenti, a cui offre una cultura così disanimata per cui alla fine è indifferente all'animo del giovane non coinvolto studiare i logaritmi o i Sepolcri del Foscolo. Eppure, diceva Paolo di Tarso: Non intratur in veritate nisi per charitatem: Non si entra nella verità senza l'amore. Nelle nostre scuole l'amore si risolve nella miseria delle simpatie. L'identità degli studenti bravi si costruisce sulle disfatte di quelli non bravi, o, come si dice nel gergo scolastico, insufficienti; le valutazioni avvengono sulla base di impressioni soggettive, dove le proiezioni sfuse di studenti e professori si mescolano e approdano a un giudizio di maturità costruito in un colloquio di trenta minuti che si svolge tra due sconosciuti.

Vi risparmio poi quel lessico impreciso al limite dell'insignificanza che alimenta i colloqui tra genitori e professori, con espressioni: 'Dovrebbe metterci più buona volontà', 'Dovrebbe impegnarsi di più', 'È sempre disattento', 'Lega poco in classe' in cui c'è un precipitato di ignoranza che sarebbe motivo sufficiente per espellere dalla scuola quanti non sanno che la volontà non esiste ad di fuori dell'interesse, che l'interesse non esiste separato da un legame emotivo, che il legame emotivo non si costruisce quando il rapporto tra professore e studente è di reciproca diffidenza, quando non di assoluta incomprensione.

Di fronte all'incomprensione, che scatta non appena la psicologia dello studente esce dagli schemi della psicologia del professore, ci si attiene ai dati oggettivi che sono le prestazioni di profitto. Ma siccome il profitto è l'ultimo risultato di quella catena che, percorsa a ritroso, indica comprensione, interesse, sollecitazione emotiva, non è difficile demotivare, anche in modo grave, studenti giudicati in base all'esito che può scaturire solo da premesse che la scuola ha evitato di curare. Non vale l'obiezione che compito della scuola è di istruire la mente e non prendersi cura dei fattori emotivi, perché, dal topo nel labirinto al giovane studente a scuola, non si dà apprendimento senza gratificazione emotiva, e l'incuria dell'emotività, o la sua cura a livelli così sbrigativi da essere controproducenti, è il massimo rischio che oggi uno studente, andando a scuola, corre. E non è un rischio da poco, perché se è vero che la scuola è l'esperienza più alta in cui si offrono i modelli di secoli di cultura, se questi modelli restano contenuti della mente senza diventare spunti formativi del cuore, il cuore comincerà a vagare senza orizzonte in quel nulla inquieto e depresso che neppure il baccano della musica giovanile riesce a mascherare. Causa prima di devianza, rispetto a tutte le cause seconde che la scuola offre con quel volto irresponsabile di chi si tiene fuori dai problemi connessi ai processi di crescita, e, limitando consapevolmente il suo spazio operativo, manifesta quella falsa innocenza che l'oggettività del trattamento (profitto-giudizio) è sempre disposta a concedere a chi non si prende cura della soggettività dei giovani, perché mettervi le mani non garantisce di poterle togliere fuori davvero pulite e disinfettate."

(da Parole nomadi, Umberto Galimberti, Feltrinelli)

sabato 11 febbraio 2023

Qualità musicale odierna

Da anni non seguo Sanremo non per snobismo, ma perché, essendo musicista, trovo che sotto questo aspetto, mi riferisco proprio al lato tecnico/musicale e a quello della qualità e dell'innovazione, Sanremo non abbia più niente da offrire. Ok, va bene, c'è l'orecchiabilità di alcune canzoni, c'è il cantante o il gruppo del cuore, c'è lo show, lo spettacolo televisivo, tutto il corredo mediatico che accompagna la manifestazione e quello che volete, ma se restiamo al mero aspetto della qualità e del livello musicale c'è eufemisticamente ben poco. 

Non è un problema del festival - in fondo Sanremo è lo specchio di ciò che gira nella musica mainstream odierna - è un problema generale, che riguarda il costante livellamento verso il basso della qualità musicale di oggi. Prendete le prime trenta canzoni di Spotify, ad esempio. Sono tutte uguali: stessi giri armonici, stesse banali melodie, per non parlare dei testi, collocabili a un livello di originalità e complessità compreso tra una terza elementare e una seconda media. Difficilissimo, oggi, trovare un guizzo di genialità compositiva o dei testi che catturino l'attenzione, che sorprendano, che stupiscano. È tutto così scontato, prevedibile. Boh, chissà, forse perché ormai la musica non ha più niente da dire o forse - più probabile - perché il pubblico non pretende ormai più di tanto. 

In ogni caso, tornando appunto a Sanremo, Claudio Cicolin, musicista e insegnante, ha analizzato i pezzi di quest'anno dal punto di vista della qualità musicale e compositiva di ognuno di essi, e c'è ben poco che brilli in questo senso.


venerdì 10 febbraio 2023

Bambini e genitori (omosessuali)

Qualche giorno fa la ministra Eugenia Roccella ha dichiarato che un bambino deve avere una mamma e un papà "perché lo dicono tutti gli psicologi". Su La Stampa di oggi (10.2.2023) risponde alle parole della signora Roccella David Lazzari, docente universitario, psicoterapeuta e presidente del Consiglio nazionale dell'ordine degli psicologi, il quale fa presente alla signora dalla mente arcaica che quarant'anni di studi e ricerche in questo senso hanno inequivocabilmente dimostrato che è la qualità dei rapporti affettivi che incide sul benessere psichico dei bambini, non il sesso di chi li accudisce e li segue. 

Lo so, mi ripeto, ho già scritto altre volte di questo argomento, ma un conto sono le chiacchiere da bar, un altro conto è la visibilità mediatica delle parole di un ministro, che in virtù della carica che ricopre dovrebbe accantonare, quando parla, ignoranza e pregiudizi e riportare ciò che dicono gli studi, le ricerche e i dati empirici.

 


Giorno del ricordo (in prospettiva)

giovedì 9 febbraio 2023

Ambivalenze

Stavo pensando che il festival di Sanremo, essendo stato creato dagli uomini, è ambivalente esattamente come chi l'ha creato. Gli uomini hanno per natura questa ambivalenza, sono capaci di creare cose bellissime e allo stesso tempo sono capaci di concepire i peggiori orrori. Per natura essi, gli uomini, non sono né buoni né cattivi, ma sono l'una e l'altra cosa a seconda del contesto in cui si trovano. Questa ambivalenza ce l'ha anche Sanremo, è capace di cose altissime, come Benigni che spiega la Costituzione, e di spettacoli come quello offerto da Blanco.

domenica 5 febbraio 2023

Corpo e soldi

Mi è capitato nel flusso di YouTube questo video e mi ha incuriosito. Ho così scoperto che su internet c'è una cosa chiamata Onlyfans in cui gli utenti sono disposti a pagare per vedere foto e video di parti di ragazze, con un preciso tariffario. La ragazza intervistata da Cruciani nel video, ad esempio, per mostrare seno e piedi, le due parti del corpo più richieste dai suoi fans, guadagna più di 100.000 €/anno. 

Riflettevo su questa cosa e pensavo a come oggi non ci sia più niente che non abbia un corrispettivo in denaro, né il corpo né, tanto meno, i sentimenti (trasmissioni come quelle della De Filippi e altri non sono che pura mercificazione dei sentimenti).

Non voglio fare il moralista, intendiamoci - credo che ognuno sia libero di usare il proprio corpo come crede, anche per farci soldi - solo non riesco ad abituarmi a questa cosa per cui non esiste più niente di materiale o immateriale che oggi non abbia una contropartita in denaro. Tutto qua.

Let it be


Ieri, mentre strimpellavo al pianoforte Let it be, mi chiedevo se la mother Mary citata nella canzone indicasse la vergine Maria, come l'impostazione del testo lascerebbe supporre. Ho fatto qualche ricerca e ho scoperto che Paul McCartney scrisse questo pezzo quando ormai i Beatles erano definitivamente in rotta. La mother Mary citata nel brano si riferisce a un sogno, fatto da Paul, in cui sua madre, Mary Mohin, gli diceva di lasciare che le cose andassero come dovevano andare, che tutto alla fine sarebbe andato bene.

Le cose, poi, sono andate come sappiamo, e solo McCartney sa dire se bene o male.

Buona domenica.

sabato 4 febbraio 2023

Alcune cose dette da Andreoli


Vittorino Andreoli ha senz'altro il dono della originalità e anche della stravaganza, se così si può dire. I suoi capelli bianchi e lunghi e le ciglia foltissime, che danno la (falsa) impressione di trovarsi davanti a un 83enne un po' trasandato, ne fanno uno di quei personaggi che riconosci subito. Cioè, tu lo vedi e dici: Ma quello è Andreoli! Tra le tante cose che mi hanno colpito di lui, la maggiore è sicuramente la vivacità e la lucidità. Ha tenuto un'ora e mezza di lezione con una verve e una energia che, forse, molti docenti universitari con metà dei suoi anni non hanno più.

Come avevo scritto in un post precedente, sabato scorso ho assistito a una sua interessantissima conferenza alla Biblioteca Malatestiana di Cesena. Mentre parlava ho preso un po' di appunti. Impossibile riportare tutto, e comunque gran parte delle cose che ha detto sono allargamenti di concetti che un anonimo lettore di questo blog ha riportato nei commenti qui e qui.
 
Personalmente, tra le tante cose che ha detto, mi ha colpito la sua convinzione secondo cui, oggi, si tende a psichiatrizzare tutto e troppo, anche in ambito scolastico e giovanile, e questa cosa detta da uno psichiatra fa sicuramente un certo effetto. Un adolescente ha un problema? Subito dallo psicologo! Perché? Un adolescente non ha un babbo, una mamma, un nonno con cui parlare, prima di andare da uno psicologo? Il dialogo nelle famiglie che fine ha fatto? È stato per caso esautorato dai cellulari dietro cui si nasconde ogni familiare? Fa riflettere questa cosa, se ci si pensa. Tramite le chat e i social parliamo per ore con perfetti sconosciuti che magari stanno dall'altra parte del mondo e non parliamo più all'interno della famiglia. 

Molto interessante, poi, l'analisi dei fenomeno novax e dei negazionisti del covid visti da un punto di vista psichiatrico. Alla luce della psiche, chi nega l'evidenza, come appunto i novax che negano l'utilità dei vaccini o addirittura i negazionisti del covid, cioè quelli che pensano che la malattia non esista, dà sfogo a un bisogno difensivo. È una persona che ha paura, e per eliminare la paura elimina quelle che secondo lei ne sono le cause, arrivando fino al punto di negare la razionalità. Questa analisi non vuole naturalmente essere una forma di giustificazione delle idee di queste persone, è appunto solo una analisi che spiega questi comportamenti dal punto di vista della nostra psiche.
 
Meritano un cenno anche alcune considerazioni sulla vecchiaia, argomento particolarmente caro al relatore, come si intuisce. La nostra civiltà, nell'arco di nemmeno due generazioni, ha raddoppiato la lunghezza della vita. Ancora nel primo dopoguerra l'aspettativa media era di poco superiore ai quarant'anni, oggi è quasi ottanta. Il problema è che adesso siamo pieni di vecchi e non sappiamo cosa farcene, e se in terapia intensiva c'è un solo respiratore ci si domanda: lo diamo a un giovane o un vecchio? Beh, i protocolli prevedono di darlo a un giovane. Ma è la domanda a essere sbagliata, dice Andreoli, perché in una società sana, attenta e progredita ci dovrebbero essere respiratori per tutti, giovani e vecchi. Ma il problema dell'invecchiamento esiste ed è oggi drammatico, e le considerazioni di Andreoli mi fanno venire in mente quanto dice Umberto Galimberti, e cioè che in realtà la tecnologia e la scienza medica non hanno allungato la vita, ma hanno allungato la vecchiaia. È una provocazione, naturalmente, ma che serve a fare riflettere su questi problemi.
 
Alla fine della conferenza mi sarebbe piaciuto andare dal professore e stringergli la mano, perché io mi sento sempre riconoscente nei confronti delle persone che sanno e che aiutano a pensare e a capire le cose, ma c'era ressa e ho lasciato perdere. Magari la prossima volta.

Seal Driver

Ieri ero in giro in macchina e ascoltavo i Jethro Tull. Tra le tantissime canzoni che si potrebbero citare come esempi della geniale creatività di Ian Anderson c'è sicuramente Seal Driver, contenuta in quello scrigno di perle che si chiama The broadsword and the beast, pubblicato nel 1982. Ci sono alcune peculiarità che rendono questo pezzo meritevole di entrare nel novero di quelli più rappresentativi della cifra stilistica della band capitanata da Ian Anderson. 

Una di queste peculiarità riguarda la parte di basso. In questo pezzo, ma in generale in tutto l'album, questo strumento, generalmente relegato a eseguire parti di sottofondo e di mero accompagnamento, viene elevato quasi al rango di strumento solista, come si evince già dall'incipit del pezzo, dove un pregevolissimo riff si adagia su un bellissimo ed evocativo tappeto sonoro realizzato da sintetizzatori. Ma in tutta la canzone il basso è protagonista, e qua e là fa capolino in maniera evidentissima, accostandosi fino quasi a integrare la linea melodica vocale o strumentale di strofe e intermezzi. 

Altra peculiarità del brano è il bellissimo assolo di chitarra elettrica che esplode tra la seconda e l'ultima strofa. Assolo che presenta alcune particolarità degne di nota. La prima è che è suonato in tempo ternario. Mentre il pezzo è fino a lì tutto in tempo binario (presumibilmente un 4/4), Ian Anderson spiazza l'ascoltatore e infila questo assolo su un tre tempi. Geniale e di grande effetto. Qui c'è da segnalare un tocco di grande raffinatezza stilistica che manda in sollucchero chi ascolta: la ripetizione della prima parte dell'assolo fatta una terza sopra. In pratica, terminata la prima parte, l'assolo viene ripetuto sovraincidendo la medesima melodia suonata una terza sopra rispetto alla fondamentale e fondendo insieme le due parti. Da brividi! 

Merita sicuramente una menzione, oltre all'assolo, anche l'intermezzo di sintetizzatori e pianoforte che segue, i quali eseguono una musica evocativa, cupa, che genera quasi suspence e che ricorda le colonne sonore di quei film drammatici e carichi di tensione che fanno sobbalzare gli spettatori sulla sedia. Poi tutto si placa all'improvviso, come una quiete dopo la tempesta. Il tempo torna a essere binario e regolare e parte l'ultima strofa, che sostanzialmente è stilisticamente uguale a quella di apertura. 

Il pezzo si chiude quindi sfumando, riproponendo il riff di basso su tappeto sonoro di sintetizzatori che apre la canzone. Ecco, direi che per capire chi e cosa sono i Jethro Tull, canzoni come questa sono imprescindibili.

 

venerdì 3 febbraio 2023

Le forme del male

Quindi, ricapitolando, una nave umanitaria, la Geo Barents, di Medici senza frontiere, salva dei disperati alla deriva in mezzo al Mediterraneo. Invece di accompagnarli al porto sicuro più vicino, come ogni legge del mare e ogni legge di buon senso prevedono, viene obbligata da direttive governative a dirigersi a La Spezia (avete presente, no, dove si trova La Spezia?). Una volta arrivata qui, dopo giorni di navigazione e inutile sofferenza inferta ai poveretti, cento minori non accompagnati vengono caricati su dei pullman e trasferiti a Foggia (avete presente, no, dove si trova Foggia rispetto a La Spezia?).
Ecco, questa è una delle tante dimostrazioni di quante forme può assumere il male.

giovedì 2 febbraio 2023

È rimasto solo Bergoglio

È rimasto solo il papa a denunciare lo sfruttamento economico dell'Africa, altre voci autorevoli non ce ne sono, o almeno io non ne sento. Il colonialismo territoriale nel continente africano è finito già da qualche tempo, è rimasto quello economico. Che poi colonialismo economico è un modo di dire gentile per indicare ruberie e sfruttamento, spesso minorile, come quello dei bambini che in Congo, dove è il papa in questi giorni, scavano sottoterra, in miniere precarie e improvvisate, per estrarre il prezioso cobalto che serve per le batterie dei nostri cellulari; oppure i bambini sfruttati e schiavizzati nella raccolta del cacao in Costa d'Avorio per la nostra cioccolata. 

Ecco, queste cose non le dice nessuno, non sta bene che si sappia che continuiamo imperterriti a depredare quelle terre, che poi come si fa a lamentarsi dei migranti che vengono qua da noi? Per fortuna c'è ancora il papa a dirlo. Almeno di questo gli si renda merito.

lunedì 30 gennaio 2023

Freddo alle cinque

Stamattina alle cinque, mentre andavo al lavoro, guardavo le persone che in piazza, a Santarcangelo, montavano le banchette per il mercato del lunedì. A quell'ora c'erano zero gradi e mi sono venute in mente tutte le volte che io, che ho un lavoro al chiuso, riparato e col riscaldamento, mi sono lamentato di qualcosa.

È che a volte noi, quando ci lamentiamo, facciamo molta fatica a pensare che altri possono stare un po' peggio. Probabilmente a causa del nostro individualismo e della sudditanza che abbiamo nei confronti del nostro "io", che ci fa pensare che tutto ruoti sempre intorno a noi e ci impedisce di rapportarci all'alterità.

domenica 29 gennaio 2023

Pensieri sulla guerra

Il parlamento approva l'invio di armi all'Ucraina per tutto il 2023 e a me qualche perplessità, che in realtà ho avuto fin dall'inizio, viene. Io non sono un esperto di geopolitica o di strategie militari, mi limito nel mio piccolo a osservare ciò che succede e a provare a tirare qualche conclusione senza alcuna pretesa, e una delle cose che osservo è che nonostante l'Europa stia mandando armi di ogni tipo all'Ucraina da un anno, mi pare non si vedano risultati. Che poi quali erano i risultati sperati? Ufficialmente si mandano armi a Kiev per aiutare il paese invaso a difendersi dall'invasione russa e per ottenere la pace. Stoltenberg, d'altra parte, l'ha detto senza perifrasi o giri di parole: Le armi sono una via per la pace (spero che Gino Strada non si stia rivoltando nella tomba).

Come dico, io non sono un esperto, ma mi limito a una considerazione che vuole essere il più possibile semplice e razionale. Siamo di fronte a un problema, che è il conflitto russo-ucraino, e si decide di risolvere questo problema in una certa maniera. Se dopo un anno si vede che la soluzione adottata non porta risultati, a qualcuno non viene il dubbio che forse non sia la soluzione giusta? E che continuare a mandare armi non sia la soluzione giusta mi pare sia palese; lo stesso Lucio Caracciolo ha ammesso che la Russia ha più uomini, risorse e mezzi, e alla luce di questa evidente discrepanza ha addirittura ipotizzato che se la Nato non interverrà direttamente e militarmente, che significa guerra aperta Nato-Russia, l'Ucraina non ha speranze.

Molti analisti osservano che l'idea di continuare a mandare armi all'Ucraina nella speranza che la Russia torni a più miti consigli è pura utopia, per il semplice fatto che quella della Russia è una guerra di esistenza. La sua più grande paura, infatti, non è la Nato ma la sua dissoluzione. Ma qui entriamo in concetti che sono fuori dalla mia portata. Il problema di fondo, che rimane, è se sia una soluzione continuare a mandare armi all'Ucraina. Da alcuni sondaggi, che ovviamente vanno presi per quello che sono, la maggioranza degli italiani è oggi contraria (non lo era all'inizio della guerra) a continuare ad armare l'Ucraina, e pure paesi come la Germania cominciano a mostrare una certa prudenza e a mettere paletti.

Prevengo già l'obiezione che conosco: un paese aggredito non ha diritto di difendersi? Certo che ce l'ha, ma forse si arriva a un punto in cui qualche dubbio sulle modalità usate per difendersi occorre porselo. Dato che la Russia non ha alcuna intenzione di cedere nulla e, oltretutto, si sta organizzando per portare il suo esercito a 1.500.000 uomini entro il 2026, come si può sperare di arrivare alla pace, come auspicano Stoltenberg e altri qui da noi, continuando a imbottire di armi l'Ucraina? Mi sembra un po' come voler spegnere un incendio buttando benzina. 

Io non ho ancora sentito nessuno dei "grandi" fare un minimo accenno a proposte di dialogo o mediazioni, si parla solo di armi. Putin si sa che di dialogo non vuole sentire parlare, ma io non ho mai sentito nemmeno Biden o Zelensky dirigersi in questa direzione. Anzi, lo stesso ministro degli esteri americano ha pubblicamente detto non molto tempo fa che loro hanno tutto l'interesse che la guerra prosegua. Io non ho soluzioni, figurarsi, mi limito solo a osservare come dopo un anno di guerra non si intravedano spiragli o segnali utilizzando le armi. Da qui in poi ogni strada è aperta.

Cemetery road


Mi è capitato raramente di imbattermi in un romanzo che cattura a tal punto da fare dimenticare perfino di pranzare. Questo, che ho appena terminato, è uno di quelli. Un libro geniale, ingegnoso e ipnotico a metà tra romanzo morale e crime psicologico. Credo di poterlo inserire già adesso tra i libri più belli che avrò letto quest'anno.

sabato 28 gennaio 2023

Terremoto e Andreoli

Mi è capitato raramente di sentire un terremoto. Quello di stamattina l'ho invece sentito distintamente, anche perché il letto che ha "ballato" per alcuni secondi e il tintinnio di piatti e bicchieri nei pensili della cucina sarebbe stato impossibile non sentirli. Da qualche giorno la zona della Romagna è alle prese con un certo numero di scosse di varia entità e anche giovedì mattina ce n'è stata una che ha creato parecchio trambusto (nella scuola in cui insegna mia figlia è scattato l'allarme e sono usciti tutti fuori). Spero che sia finita qui, credo ci siano poche cose che creano inquietudine come i terremoti.

Oggi pomeriggio andrò alla Biblioteca Malatestiana di Cesena ad assistere a una conferenza di Vittorino Andreoli, uno psichiatra che amo molto e i cui libri affollano la mia libreria. Un buon pretesto per distogliere la mente dal pensiero del terremoto.

lunedì 23 gennaio 2023

Perché gli devo pagare lo stipendio?

 

 

Di solito non amo generalizzare. Ci sono politici e politici, tra cui molti appassionati, onesti e competenti, ma perché coi soldi delle mie tasse si deve pagare lo stipendio a chi non sa niente? Non distinguere il concetto di meteo dal concetto di clima significa non sapere l'ABC di queste tematiche. Tematiche fondamentali su cui si basa la qualità del futuro nostro e delle generazioni a venire.

E non è meno grave l'ipotesi che Malan questa differenza la sappia ma abbia voluto lo stesso scrivere una scemenza del genere, magari per lisciare il pelo ai tanti negazionisti climatici che trovano nel becerume e nell'ignoranza di questa destra il loro ambiente naturale. No, non è meno grave, anzi forse è addirittura peggio.

sabato 21 gennaio 2023

Grandi Dei

 

Ho letto questo libro dopo averne sentito citare alcuni concetti da Telmo Pievani in una sua conferenza. Ara Norenzayan è professore di psicologia alla University of British Columbia e ha pubblicato questo interessantissimo saggio con lo scopo di spiegare in che modo le grandi religioni monoteiste e politeiste, le religioni appunto dei Grandi Dei, si sono diffuse conquistando la maggior parte delle menti nel mondo. È quindi un libro che spiega questi meccanismi, ma soprattutto, ed è l'aspetto ancora più interessante, è un libro che spiega come funziona il nostro cervello e la nostra mente. Il libro è molto corposo, articolato ed esaustivo e non posso certo riassumerlo in un post, mi limiterò quindi ad accennare brevissimamente alcuni degli aspetti che ho trovato più interessanti.

Uno di questi, a cui generalmente non si presta molta attenzione, è che per il 99,9% della storia umana le manifestazioni religiose hanno sempre avuto caratteristiche sciamaniche e politeiste. Il monoteismo come lo conosciamo oggi, tipico delle grandi religioni di massa (cristianesimo, islam, ebraismo, ecc.), è recentissimo e data più o meno a partire dall'avvento del cristianesimo. Ma anche la valenza morale delle religioni è altrettanto recente. Oggi facciamo molta fatica a immaginare che religione e moralità possano essere due cose distinte, ma per gran parte della storia umana è stato così, in particolar modo finché le comunità erano composte da piccoli gruppi. La moralità è sempre esistita nell'uomo, e il nucleo degli istinti morali si è evoluto molto prima che la religione si diffondesse nei gruppi umani.

La nascita progressiva di grandi dei onnipotenti, onniscienti, spesso immaginati con tratti fisici e psicologici compatibili con quelli umani, dei addirittura "controllori" delle attività umane, è stata graduale e concomitante alla trasformazione, cominciata nell'Olocene con l'invenzione dell'agricoltura, delle società da piccoli gruppi in grandi gruppi strutturati in maniera complessa. L'ascesa delle religioni è stata inarrestabile nel tempo e oggi, nonostante negli ultimi duecento anni molti abbiano predetto la loro scomparsa, la maggior parte delle persone in quasi tutte le società umane è ancora profondamente religiosa. Scrive l'autore: "Nel complesso, quasi due miliardi di persone, oggi, si definiscono cristiane. Anche la religione islamica, con 1,3 miliardi di fedeli, è in espansione; le tendenze fondamentaliste, inoltre, stanno crescendo in tutte e tre le fedi abramitiche. Il fondamentalismo cristiano, in particolare, si sta diffondendo al pari di un incendio incontrollato in luoghi come la Cina e l'Asia sudorientale e, soprattutto, nell'Africa subsahariana. Curiosamente, tra i paesi più religiosi ci sono gli Stati Uniti, che rappresentano la società più potente in termini economici e la più avanzata dal punto di vista scientifico. Oltre il 90% degli statunitensi crede in Dio, il 93% crede nel paradiso, l'85% crede nell'inferno; più o meno uno statunitense su due crede nell'interpretazione letterale della Genesi."

Confesso che il fatto che metà degli americani creda nel mondo creato da Dio in sette giorni, in Adamo ed Eva, l'albero, il serpente, la mela e tutto il resto, mi ha lasciato sconcertato, ma gli americani, si sa, sono sempre in grado di stupire. 

Ma quali sono i motivi del successo delle religioni? Su questa domanda è imperniata l'intera stesura del libro. Nonostante questo interrogativo rappresenti ancora per gran parte un rompicapo, gli studiosi sono in maniera concorde orientati verso due risposte: il nostro cervello e la cooperazione, ma soprattutto il primo. Perché c'entra il nostro cervello? Perché nella nostra specie, già nei bambini molto piccoli, sono presenti facoltà cognitive che sembrano avvicinare le menti umane alla credenza religiosa. Una di queste è chiamata teoria della mente o mentalizzazione, cioè la capacità di vedere persone o cose come agenti intenzionali provvisti di menti. A questa si aggiunge la teleologia, ossia la sensazione che eventi naturali o cose materiali esistano per uno scopo. Scrive Norenzayan: "Le intuizioni teleologiche compaiono in età molto precoce nel pensiero dei bambini e sembrano non essere inculcate dall'esterno. Già all'età di cinque anni, ad esempio, i bambini intuiscono che i leoni esistono perché noi possiamo andare a vederli allo zoo, le nubi servono per far piovere e le montagne per arrampicarsi. Anche gli adulti hanno simili convinzioni, qualche volta apertamente, altre volte in maniera più nascosta."

In pratica, quindi, già alla nascita il nostro cervello è "programmato" per pensare in termini deterministici di causa-effetto, che sono gli stessi termini su cui si impernia il pensiero religioso, che sostanzialmente vede il dio di turno come colui che ha creato tutto e quindi tutto esiste a causa sua. Ne consegue che, in linea generale, per la nostra specie il pensiero religioso è facile, immediato e intuitivo, mentre viceversa il pensiero razionale, scientifico e analitico è controintuitivo. Questo probabilmente spiega, ipotizza l'autore, perché il pensiero religioso è così diffuso mentre la cultura scientifica stenta così tanto ad affermarsi ed è generalmente considerata ostica.

La questione della cooperazione, invece, di cui parla Norenzayan, era già stata descritta magnificamente da Yual Noah Harari in Sapiens, da animali a dèi, e si fonda sull'assunto che gli appartenenti a grandi gruppi religiosi possono cooperare tra loro e fidarsi reciprocamente pur non conoscendosi. Quando i nostri antenati erano cacciatori-raccoglitori i gruppi umani erano formati mediamente da alcune decine di persone che si conoscevano personalmente tra loro e la fiducia e la cooperazione reciproche erano basate su questa conoscenza. Con l'invenzione dell'agricoltura e il conseguente allargamento dei gruppi umani, la religione è stata uno dei tanti sistemi (ce ne sono molti altri) che ha consentito il mantenimento di questa fiducia e cooperazione reciproche. Oggi in piazza san Pietro si ritrovano centomila persone che non si conoscono, ma si fidano (e all'occorrenza cooperano) reciprocamente in virtù dell'appartenenza allo stesso credo religioso. Un musulmano di Casablanca e un musulmano di Parigi possono incontrarsi e fidarsi reciprocamente grazie al solo credo che li accomuna. Questo è l'altro fattore che ha decretato il successo delle religioni (e della nostra specie): l'aggregazione sociale creata dalla religione.

Un altro fattore non meno importante che ha determinato il successo delle religioni è quello che nella tradizione giudaico-cristiana è noto come l'occhio di Dio, ossia l'idea che Dio veda tutto. Sia nel vecchio che nel nuovo testamento ci sono parecchi riferimenti in merito e chi di noi, quando è andato a catechismo, non si è sorbito le ammonizioni del prete a fare attenzione perché "Dio ti vede"? Non è prerogativa del dio cristiano, intendiamoci, tutte le grandi religioni monoteiste hanno un dio (che poi è sempre lo stesso con nomi diversi) che vede tutto, e l'idea di un essere sovrannaturale che ti sorveglia ("Chi è sorvegliato si comporta bene") ed è pronto a sanzionarti se sgarri è probabilmente la più ingegnosa e "terribile" forma di controllo sociale che l'uomo abbia mai inventato, e che ovviamente ha contribuito al successo del pensiero religioso.

Gli argomenti trattati nel libro sono ancora molti ma mi fermo qui. Se con queste brevi descrizioni ho acceso la curiosità di qualcuno, l'invito che faccio è di leggere questo libro. Non tanto e non solo per capire le connessioni tra la religione e la nostra vita di gruppo, ma anche solo per capire in maniera dettagliata come funzionano il cervello e il modo di ragionare di noi umani. E capire e comprendere se stessi è sempre un buon viatico per capire il mondo e starci dentro nel modo giusto.

Branduardi a Cervia

Ieri sera sono andato a Cervia, dove Angelo Branduardi presentava la sua biografia appena uscita. Bellissima serata. Lui è andat...