mercoledì 21 ottobre 2009

Giornalisti a Mediaset

Come corollario della vicenda Mediaset-Mesiano, sulla quale ormai torno piuttosto malvolentieri, va segnalata una cosa abbastanza interessante che a mio avviso non è stata evidenziata in maniera adeguata, e cioè la spaccatura che si è creata all'interno della redazione dopo il servizio sul giudice "anti-Fininvest". Ci sono state dimissioni, prese di posizione, raccolte di firme e comunicati di dissenso verso i vertici aziendali. Badate, non è una cosa di poco conto. Non voglio dire che i giornalisti (alcuni) si sono finalmente svegliati, intendiamoci, ma è indubbio che probabilmente molti di costoro cominciano a rendersi conto che effettivamente c'è qualcosa che non va. Che un conto è il giornalismo, sia pure, a volte, "indirizzato" in una certa direzione dai piani alti, un conto è il linciaggio mediatico interessato che nulla ha a che vedere con l'informazione, quella seria.

Approfitto per puntualizzare, anche se non pensavo sinceramente che ce ne fosse bisogno, un aspetto della vicenda di cui mi capita sovente di discutere con conoscenti o amici. Quello del perché Berlusconi sì e Mesiano no. Insomma, l'obiezione più frequente che mi sento rivolgere è sostanzialmente quella che va sbandierando Emilio Fede nel suo... tiggì (e vabbé): quando viene violata la privacy di Berlusconi nessuno fiata e su quella di Mesiano succede il finimondo. E' molto semplice: se un capo di governo si porta a letto una escort, e questa escort si ritrova poi candidata alle comunali di una grossa città in una lista collegata al partito dello stesso capo di governo, è una notizia, si può dire quello che si vuole. In tutti i paesi del mondo sarebbe una notizia. Da noi, invece, viene classificata come gossip. Dove sarebbe invece la notizia nello spiattellare in tv il colore dei calzini di un giudice?

Chiudo segnalando che la Consulta, a pochi giorni dalla pronuncia della sentenza con cui ha bocciato il lodo Alfano, ha reso note le motivazioni - se avete voglia trovate il testo integrale qui. Tre, sostanzialmente, i punti fermi: 1) la sospensione dei processi crea di fatto una disparità tra i cittadini (ma va?); 2) la eventuale modifica di articoli della Costituzione va fatta solo tramite legge di tipo costituzionale; 3) il presidente del Consiglio è primus inter pares.

Il resto sono palle.

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