lunedì 5 ottobre 2009
Fininvest-Cir, il cerchio si è chiuso
E' arrivata all'epilogo, dopo circa venti anni di battaglie giudiziarie, quella particolare vicenda denominata "la guerra di Segrate". Una vicenda nel suo complesso poco conosciuta dalla maggioranza degli italiani, che ha visto a cavallo degli anni '80 e '90 contrapposti due dei maggiori imprenditori italiani, Berlusconi e De Benedetti, in lotta per il controllo di una delle maggiori case editrici italiane, la Mondadori appunto - tra l'altro già controllata originariamente dalla Cir di De Benedetti.
Perché poco conosciuta? Perchè oggi, se a qualsiasi persona chiedete cosa è o di chi è la Mondadori, sicuramente vi risponderà - giustamente - che si tratta di una casa editrice controllata da Berlusconi. La stessa persona, però, probabilmente, molto difficilmente riuscirà a dirvi perché è di Berlusconi. La vicenda è particolarmente intricata; ve la racconto sintetizzando brutalmente.
A fine anni'80 Berlusconi ha interesse a entrare come socio di maggioranza nella Mondadori, e cerca di attuare questo proposito acquistandone in successione quote azionarie sempre maggiori. Carlo De Benedetti, patron della Cir, non vede di buon occhio il nuovo arrivato - diciamo che non vede di buon occhio le intenzioni di quest'ultimo di prenderne in mano l'amministrazione in maniera esclusiva - e stringe un accordo con la famiglia Formenton, gli eredi di Arnoldo, fondatore della casa editrice, accordo tramite il quale i Formenton vendono le azioni della società a De Benedetti. Berlusconi è quindi fuori dai giochi. Poi i Formenton ci ripensano e danno il loro appoggio a Berlusconi, il quale rientra dalla finestra, per così dire. De Benedetti si incavola, vedendo non rispettato l'accordo precedente sottoscritto tra lui e i Formenton. Che fare? Si decide, di comune accordo tra tutti e tre i soggetti coinvolti (Cir, Fininvest e Formenton), di ricorrere in via extragiudiziale a un lodo arbitrale, che è quello che poi passerà alla storia come il famoso "lodo Mondadori". La sentenza dei tre giudici chiamati a dirimere la controversia dà ragione a De Benedetti: l'accordo originale De Benedetti-Formenton è perfettamente valido. Berlusconi è fuori di nuovo.
A questo punto la sentenza dei tre giudici viene impugnata dal duo Berlusconi-Formenton davanti alla corte d'Appello di Roma, la quale - scusate, stringo molto - si pronuncia a favore di questi ultimi due, sentenziando che le azioni Mondadori in oggetto siano di nuovo consegnate alla Fininvest di Berlusconi. Qui salta fuori tale Stefania Ariosto, il famoso teste Omega nel processo SME, che esterna alcuni dubbi sulla legittimità della sentenza della Corte d'Appello di Roma. La procura di Milano si mette in moto e decide di verificare le dichiarazioni della Ariosto, scoprendo dopo lunghe indagini su strani movimenti di denaro (taglio anche qui brutalmente) che la sentenza con cui veniva restituita la Mondadori a Berlusconi era frutto di mercimonio. Il resto è storia di questi ultimi due o tre anni, storia che ha avuto il suo epilogo con la condanna a un anno e sei mesi inflitta all'avvocato Cesare Previti, allora parlamentare di Forza Italia, come corruttore del giudice Vittorio Metta, colui che materialmente scrisse e pronunciò la famosa sentenza.
Carlo De Benedetti, e arriviamo a tempi più recenti, vistosi privato in maniera illegale di quella parte di Mondadori, decide di intentare causa civile per il risarcimento dei danni, e ieri è arrivata la sentenza immediatamente esecutiva, anche se i legali del biscione hanno già fatto ricorso: Fininvest deve alla Mondadori 750 e rotti milioni di euro, come quantificazione del danno economico subito dalla società a causa di quella sentenza comprata.
Se per caso qualcuno vi dovesse chiedere ancora di chi è la Mondadori, dite pure "di Berlusconi", ma spiegate anche il perché.
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