lunedì 30 novembre 2009

Tra Berlusconi e Andreotti

Per adesso l'ha solo annunciata, poi si vedrà. Certo che è curioso: Libero annuncia in pompa magna che Berlusconi è indagato per mafia e lui dice che querelerà Repubblica. Mah, valli a capire questi oligarchi... Comunque sia, Berlusconi non ha mandato giù le voci che già da giorni circolano sui media in merito a un suo presunto coinvolgimento nelle questioni mafiose dei primi anni '90. E dice:

"dalla lettura dei quotidiani dei giorni precedenti ed anche di oggi appaia evidente ad ogni persona onesta e di buon senso che ci troviamo di fronte all'attacco più incredibile ed ignobile che mi sia stato rivolto nel corso di questi ultimi anni, da quando ho deciso di dedicarmi con tutte le mie forze al bene del mio Paese".

Ora, potremmo ricordare al cavaliere che tra i "quotidiani dei giorni precedenti" che hanno scritto di questa cosa ci sono anche quelli amici: Libero (come abbiamo visto) e Il Giornale, ma in fondo è meglio non cercare il pelo nell'uovo. A chi servirebbe? Ieri, poi, sempre il cavaliere si è reso partecipe di un siparietto piuttosto interessante con Michele Placido. Berlusconi ha detto infatti: «Strozzerei chi fa libri e film come "La Piovra"», al che il noto attore gli ha ricordato che Mediaset ha prodotto forse la più importante tra queste fiction, e che la prima emittente a metterla in onda è stata canale 5. Quindi - dice sempre Placido - Berlusconi dovrebbe strozzarsi da sé. Ma anche qui non stiamo troppo a sottilizzare.

Ieri, domenica, Repubblica ha messo online un pregevole editoriale di Eugenio Scalfari che analizza vari aspetti delle vicende che in questo "fin du règne" berlusconiano - parole sue - tengono banco. La prima riguarda la questione del "conflitto" tra Quirinale ed esecutivo, conflitto che si è acuito in maniera importante da quando Berlusconi è al governo - e i motivi sono facilmente intuibili -. Scalfari dice una cosa ovvia ma che a molti, me compreso, è probabilmente sfuggita: in caso si verifichi una sorta di duello all'ultimo sangue, gli italiani starebbero comunque dalla parte del Quirinale. Scrive Scalfari:

Dobbiamo all'estrema prudenza di Giorgio Napolitano se queste tensioni si sono parzialmente attenuate, ma lo dobbiamo anche al vasto capitale di credibilità e di fiducia che il Quirinale raccoglie nella pubblica opinione, scoraggiando chiunque volesse impegnare un duello all'ultimo sangue con la nostra massima autorità di garanzia. Sarebbe un duello dall'esito assai prevedibile: gli italiani infatti hanno sempre avuto bisogno di esser rassicurati sulla propria qualità di "brava gente".

Questo riconoscimento sta loro a cuore più di qualunque altro; sta a cuore agli adulti come ai giovani, alle donne come agli uomini, agli abitanti delle province settentrionali e a quelli del Mezzogiorno. Si possono avere opinioni diverse su questa particolare fragilità dell'anima italiana, ma non sul fatto che esista. Con la conseguenza che, in un ipotetico duello tra il Quirinale e l'inquilino di Palazzo Chigi, la palma della vittoria andrebbe al primo e non al secondo.

Riguardo alla questione mafia, poi, il fondatore di Repubblica traccia un interessante parallelo con Andreotti. Ora, alcune condizioni sono ovviamente diverse (Andreotti è stato processato e Berlusconi, per ora, non è neppure indagato), ma il paragone è comunque utile per capire alcune differenze tra i due. Quella principale è che Andreotti non ha fiatato per tutta la durata del suo lunghissimo processo, mentre Berlusconi starnazza energicamente da tempo pur non essendo ancora neppure indagato.

Giulio Andreotti ebbe alcuni contatti con le strutture criminali di allora. Li ebbe da politico che doveva fronteggiare una situazione di estrema gravità. Parlarono alcuni pentiti. La magistratura inquirente trovò riscontri. Si aprirono i processi. Nel frattempo il quadro era cambiato e gli interlocutori anche. Molti protagonisti caddero sul campo in quella guerra, alcuni pagando col sangue il loro coraggio, altri pagando col sangue la loro doppiezza.

Andreotti seguì tutte le udienze dei processi. Aveva un libretto sul quale scriveva i suoi appunti man mano che il dibattimento si svolgeva. Arrivava in aula per primo e usciva per ultimo dopo aver salutato il presidente e il pubblico ministero. Fu condannato con gravissime motivazioni. Poi, nei successivi gradi di giurisdizione, le sentenze furono riviste e ritoccate. Infine nell'ultimo passaggio fu assolto, in parte con formula piena e in parte con formula dubitativa. Il vero problema di Andreotti era di natura politica, non giudiziaria. Il giudizio politico restò diviso e tale resterà anche per gli storici che verranno. Quello giudiziario fa ormai parte delle materie giudicate. Ma resta che quell'uomo non fuggì dai processi e questo è un riconoscimento positivo che si è guadagnato.

Personalmente non nutro alcuna stima nei confronti di Andreotti, per tutta una serie di motivi che non sto qui a spiegare, ma è indubbio che la differenza tra lui e Berlusconi è lampante. Così come è lampante la diversità di approccio verso i rispettivi procedimenti giudiziari. Andreotti, tra le tante accuse con cui è stato portato in tribunale (mafia, omicidio Pecorelli, rapporti col banchiere Sindona, ecc...), è stato anche processato per l'accusa più infamante che si possa rivolgere a un politico: concorso esterno in associazione mafiosa, la stessa per cui è attualmente sotto processo Dell'Utri a Palermo e che si ventila possa arrivare al cavaliere. Eppure non risulta che si sia mai adoperato in qualche modo per scansare le sue grane; non risulta che abbia mai dato mandato a qualche ministro ad personam di trovare cavilli di ogni genere; non risulta aver mai accampato il legittimo impedimento; e non risulta neppure che abbia mai apostrofato "certa magistratura" come comunista. E sì che volendo sarebbe stato tranquillamente nella posizione di farlo, visto che è stato 7 volte presidente del Consiglio. E invece no. Addirittura, racconta sempre Scalfari, "arrivava in aula per primo e usciva per ultimo dopo aver salutato Presidente e Pubblico Ministero".

La differenza tra un uomo di stato che rispetta le istituzioni e uno che le deride e delegittima sta anche qui. Lo so, si dirà che Berlusconi ha ragione a comportarsi così perché è un perseguitato, visto che i giudici cattivi ce l'hanno con lui da quando è sceso in campo per sovvertire il verdetto popolare (ormai lo si sente talmente tanto spesso che finirò per crederci anch'io). A questa balla non crede ovviamente più nessuno (anche perché è appunto una balla), probabilmente neppure Alfano, che l'ha ripetuto ancora martedì scorso a Ballarò. Eppure lui continua a ripeterlo, pure davanti all'evidenza dei fatti.

E dovremo prepararci a sentirlo ogni giorno, perché la settimana in cui siamo appena entrati prevede domani la pronuncia del tribunale sul ricorso Mediaset contro la sentenza che la obbliga a risarcire i famosi 750 milioni alla Cir di De benedetti; giovedì sera Santoro manderà in onda una puntata tosta di Annozero (si parlerà guarda caso di mafia); venerdì il superpentito Gaspare Spatuzza, quello che sta sollevando tutto il vespaio, deporrà a Torino al processo Dell'Utri e sabato ci sarà il No-B-Day.

Insomma, una settimanina tosta per il cavaliere. Prepariamoci.

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