giovedì 26 novembre 2009

Se la legge ad personam è preventiva


Fino ad ora siamo stati abituati a vedere sfornate leggi e leggine per presunti reati già commessi. La legge sul processo breve morto, ad esempio, la cui elaborazione sta mettendo a dura prova le menti più raffinate dell'entourage governativo, oltre a essere "utile a tutti i cittadini", come sappiamo bene, sarà soprattutto utile al premier nei processi Mills e Mediaset.

Come vedete dalla prima pagina del Giornale di ieri mattina, però, le illazioni che già da giorni si rincorrono nelle redazioni dei giornali e tra i più stretti collaboratori del premier, cominciano a essere prese sul serio. Il timore insomma che Berlusconi, magari già all'indomani dell'interrogatorio del pentito Spatuzza il 4 dicembre prossimo, sia indagato per mafia non è certezza ma poco ci manca. E allora bisogna correre ai ripari. Subito. E il processo breve in questo caso non può essere d'aiuto. Ma la soluzione c'è per tutto, e per la prima volta si pensa a una legge non per neutralizzare presunti reati già commessi, ma futuri. Insomma, quello che appena due giorni fa Ferrara paventava sul Foglio, e che molti - me compreso - avevano additato come una balzana ipotesi, non è lontano da essere trasformato in realtà.

Per correttezza va segnalato che sempre il Giornale, ieri, ha seccamente smentito che si stia lavorando in questo senso, ma Repubblica, sempre ieri, ha pubblicato un articolo in proposito che sembra tutto tranne che campato per aria. Ve ne riporto alcuni stralci.

Per questo si concentrano su altro, su quella che definiscono "una strategia complessiva" per salvare Berlusconi non solo dai processi di oggi, ma anche da quelli di domani".

È l'inizio di una battaglia lunga. Che parte con l'immunità parlamentare, che passa attraverso una legge interpretativa per fissare in modo certo le date di un reato e quindi della prescrizione, e finisce con una sortita che per la prima volta, nella sequenza delle 19 leggi ad personam per Berlusconi, previene un'incriminazione e un processo, quello (futuribile) per mafia.

Vogliono mettere mano al reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Quello per cui è sotto processo a Palermo Marcello Dell'Utri. Quello che all'inizio fu contestato a Giulio Andreotti. Quello che colpì (ma finì in un'assoluzione) il famoso giudice "ammazza sentenze" Corrado Carnevale. Quello che ha portato alla sbarra tanti politici nelle zone di mafia, camorra, 'ndrangheta. Un reato che in realtà non esiste, perché nel codice penale non c'è, ma che "vive" per le pronunce convergenti della Cassazione. Quindi un delitto assodato, consolidato, fermo nella storia del diritto.

Ma quel crimine adesso si avvia ad avere una macchia. Potrebbe essere utilizzato dalla procure di Caltanissetta, Palermo e Firenze per indagare il presidente del Consiglio. E questo è davvero troppo. Quindi i consiglieri giuridici del premier si stanno muovendo in anticipo per terremotarlo. Ragionano tra di loro, giusto in queste ore, su dove sia meglio aggredirlo, se incidere sui termini della prescrizione, oppure se "normare" ex novo il delitto, ma con paletti tali da renderne l'applicazione difficilissima.
È l'operazione più a rischio che abbiano mai tentato. Ma è quella che "davvero serve al presidente", come vanno dicendo tra loro. Che scatenerà un nuovo e duro conflitto con i magistrati. Ma con una possibile imputazione per mafia è una battaglia che vale la pena giocare.

Sì, vale la pena giocare anche questa, tanto ormai cosa cambia? Non c'è più limite allo sbando, all'indecenza, a niente. Non c'è più stato e non c'è più parlamento, ridotto a mero ritrovo di legislatori ad personam che si fanno in quattro per salvare il culo a gente che non ha più niente da dare e da dire.

Cosa deve succedere ancora perché se ne vadano?

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