sabato 28 febbraio 2009

Le promesse di Obama

Il timore che alle roboanti e rivoluzionarie promesse elettorali di Obama non sarebbero seguiti poi i fatti, era abbastanza sentito, e per certi versi giustificato. E' noto infatti - e noi purtroppo lo sappiamo bene - che spesso e volentieri in politica i proclami sono una cosa e i fatti un'altra.

Certo, non siamo ancora ai fatti conclamati, né si può prevedere adesso se la "cura" di Obama porterà i risultati sperati, ma se è vero che chi ben comincia è a metà dell'opera, come recita un noto detto, beh, mi pare che l'opera di Obama sia perfettamente incanalata nel solco di quanto promesso. Almeno finora.

La prima promessa mantenuta è stata quella di chiudere Guantanamo entro l'anno (sono già iniziati i preparativi), ma è in modo particolare in questi ultimi giorni che le chiacchiere hanno lasciato il posto ai fatti, specialmente in merito alle ultime decisioni prese in materia di politica economica. Per cercare di far fronte a un disavanzo che negli Stati Uniti ha raggiunto la stratosferica cifra di 1750 miliardi di dollari, Obama ha infatti imboccato quella che lui ritiene essere l'unica via per cercare di rimettere un po' in carreggiata l'economia, e cioè togliere ai ricchi per dare ai poveri.

Tra le varie misure allo studio, infatti, ci sarebbe proprio un innalzamento importante della pressione fiscale a carico dei ricchi in modo da reperire risorse per garantire l'assistenza sanitaria anche a chi non se la può più permettere a causa della crisi economica. Scrive il Corriere:

Più in particolare per finanziare la nuova manovra che riguarda la sanità (la spesa prevista è di 634 miliardi di dollari) il presidente ha proposto il primo aumento delle tasse da 16 anni per le famiglie ad alto reddito (quanti guadagnano più di un quarto di milione di dollari all'anno) e una drastica revisione dei pagamenti alle assicurazioni private collegate a Medicare, la mutua per gli anziani.
[...]
Il piano di bilancio prevede di risparmiare svariati miliardi di dollari non rinnovando gli sgravi fiscali concessi all'amministrazione Bush ai già ricchi. Saranno interessati da questo provvedimento tutti gli americani che guadagnano oltre 250.000 dollari o 250.000 per le coppie sposate. Per i contribuenti oltre questa soglia, l'incidenza fiscale passerà rispettivamente dal 33% e dal 35% al 36% e al 39,6%.

Esattamente il contrario di quanto fatto da Bush, che aveva invece applicato sgravi fiscali ai più ricchi nella speranza (che si è rivelata essere una pia illusione) di rilanciare i consumi.

Se Obama ci avrà visto giusto, questa manovra - insieme ad altre, tipo sanzioni per le aziende che inquinano, tagli alle spese militari, ecc... - consentirà di dimezzare il deficit da qui al 2013, scadenza del suo primo mandato presidenziale. Ma questo avremo tutto il tempo di verificarlo.

Restando in tema di promesse mantenute, non si può non segnalare quella che è la notizia del giorno, e cioè l'annuncio del ritiro completo delle truppe americane dall'Iraq entro agosto 2010. Una mossa che mette fine a quello che è probabilmente stato uno dei più gravi errori militari dell'America. Un errore che ne ha compromesso, forse in maniera irrimediabile, l'immagine e l'autorevolezza. Una guerra nata da una bufala che è costata agli Stati Uniti un'enormità, sia in termini di vite umane (4.250 militari americani morti a tutt'oggi) che in termini economici.

Insomma, mentre noi facciamo notizia nel mondo grazie a un presidente che spara battute idiote e che si fa leggi su misura per evitare processi, da altre parti c'è invece chi ha deciso che il tempo delle chiacchiere è finito. Adesso contano i fatti.

venerdì 27 febbraio 2009

Giovani cacciatori

Ho trovato per caso, gironzolando qua e là in rete, questa notizia riportata da La Stampa. In pratica, ci sarebbe in Senato una proposta di legge, partorita dal centodestra, per abbassare a 16 anni l'età minima per poter cacciare.

In particolare l'art. 12 del disegno di legge in fase di stesura recita:

Chi abbia compiuto il sedicesimo anno di età e abbia superato l’esame per l’abilitazione all’esercizio venatorio riceve dalla questura competente per territorio un attestato di tirocinio, in cui sono riportati i nomi di tre cacciatori con licenza da almeno 5 anni, uno dei quali dovrà sempre accompagnare il tirocinante al quale il fucile è reso in comodato.

In pratica si dà un'arma in mano a un sedicenne e si inculca già in giovane età il rispetto per la vita.

Gli ultimi 15 anni (secondo Internazionale)

Se uno dovesse riassumere in poche righe gli ultimi quindici anni di storia politica italiana potrebbe dire questo: il più caro amico di uno dei leader che simboleggiò la corruzione della classe politica del paese diventò l'uomo più ricco, l'imprenditore più famoso, il premier più amato, il leader del partito più votato; il segretario dell'ex partito neofascista diventò presidente della camera, terza carica dello stato; uno dei dirigenti dello stesso partito fu eletto sindaco della capitale; l'opposizione fu sciolta in modo democratico e le venne affidato il compito di autodistruggersi; gli ultimi dirigenti di quello che fu il più grande partito comunista dell'Europa occidentale lasciarono spontaneamente la guida a un uomo della Democrazia cristiana, il loro avversario storico; il resto della sinistra si divise così tante volte che alla fine raggiunse proporzioni omeopatiche; a raccoglierne l'eredità fu soprattutto un magistrato; intanto in tutto il paese si diffuse il fenomeno delle ronde. Ma è quello che venne dopo che fa paura.

Giovanni De Mauro su Internazionale in edicola questa settimana.

(via Mante)

Roberto Scarpinato sulle intercettazioni



(via Piero Ricca)

Storie di soldi e pubblica amministrazione

Come si muovono i soldi pubblici? Dove vanno? Come vengono amministrati? Ieri la cronaca ci ha raccontato tre fatti che hanno a che fare con questo argomento. Le prime due si riferiscono al mondo dell'università e raccontano due storie contrapposte che mettono in luce due aspetti diversi di uno stesso problema: la gestione dei fondi da parte delle università.

Il primo riguarda l'allarme lanciato dai rettori delle università di Bologna e Trento, secondo i quali se i tagli previsti dalla finanziaria saranno effettivamente quelli, le conseguenze potrebbero essere devastanti. Scriveva ieri l'Unità:

Chiediamo - è il messaggio dei rettori, da Luigi Busetto, Pro Rettore dell'universita' di Bologna, a Davide Bassi dell'universita' di Trento, a Vincenzo Milanesi dell'universita' di Padova a Franco Cuccurullo dell'universita' di Chieti-Pescara - che questi tagli non siano indiscriminati, non siano una mannaia che si abbatte in modo uguale su tutti gli atenei indipendentemente dalle modalità di gestione e senza alcun riconoscimento del merito». I rettori dicono dunque no ai tagli «indiscriminati e trasversali». «Non possiamo più continuare - avvertono - con azioni di governo che in realtà governano poco, perché tagliano trasversalmente i finanziamenti agli atenei senza alcuna considerazione della qualità del lavoro che negli stessi atenei si svolge». Dunque, concludono i rettori Aquis, «diciamo no alle generalizzazioni e invitiamo a distinguere caso per caso; ma per fare questo bisogna mettere in campo un adeguato sistema di valutazione.

Invito che andrebbe sicuramente accolto dal governo, specialmente quando si viene a conoscenza di casi come quello riportato ieri dal Corriere, secondo cui a Conegliano sarebbe attivo un corso di laurea, con un solo iscritto, per imparare a piantare le viti.

A Conegliano è attivo un corso di Scienze e tecnologie viticole. D’accordo, è una cosa legata al territorio, ma come mai c’è un solo iscritto? Ha senso un corso di Ingegneria per l’ambiente a Cremona con un solo studente? A Pesche (Molise) non c’è una scuola superiore. Vi sono pero 5 corsi di laurea (tre di Biologia, Scienze forestali e Informatica). Come a Borgia, dove la facoltà però è solo una: Farmacia.

Sempre per restare in tema di soldi pubblici, va senz'altro segnalato questo articolo di Gian Antonio Stella, apparso sempre ieri sul Corriere, secondo cui più del 70% del bilancio del comune di Palermo se ne va negli stipendi dei dipendenti comunali, che sarebbero 1 ogni 30 abitanti.

Su 866 milioni l'anno di spese correnti, il Municipio di Palermo ne scuce 623 (il 72%) per pagare 21.895 dipendenti. Ottomila più di dieci anni fa. Un po' diretti, un po' precari stabilizzati nelle aziende partecipate. Media: un dipendente comunale ogni 30 abitanti. Un carico insostenibile. E ogni giorno più gravoso. Basti dire che alla catastrofica azienda della nettezza urbana, quell'Amia appena salvata dal governo Berlusconi col regalo di 80 milioni di euro nel decreto «milleproroghe» che ha tolto il sonno a tanti sindaci leghisti, c'era fino a poco fa un accordo: un padre poteva lasciare il posto di lavoro al figlio. Col risultato, accusa Maurizio Pellegrino, un consigliere dell'opposizione autore di un esposto micidiale alla Corte dei Conti, «che nel 2008, nonostante il bilancio disastroso e il forte esubero di personale, sono state fatte oltre 400 assunzioni. E che prima d'andarsene, a dicembre, il vecchio Cda ha assorbito altri 80 lavoratori di una ditta privata». Indispensabili? Risponde una tabella che confronta i dati della nettezza urbana di Palermo, Genova e Torino: con la metà degli abitanti, il capoluogo siciliano ha circa mezzo migliaio di dipendenti in più di quello piemontese. Uno ogni 259 abitanti sotto il monte Pellegrino, uno ogni 577 sotto la Mole Antonelliana. Totale dei rifiuti raccolti in un anno per dipendente: 164 tonnellate a Palermo, 220 a Genova, 491 a Torino.

Non ho particolari commenti da fare, anche perché non c'è niente che bene o male non si sapesse già. Solo indurre a qualche riflessione.

giovedì 26 febbraio 2009

"Carissimo/a,

Ti scrivo per chiederti un piccolo sforzo per una importantissima causa. Nelle prossime settimane il testamento biologico sarà al centro del dibattito in Parlamento, e la maggioranza intende approvare una legge che limita la libertà di scelta del cittadino imponendo alcune terapie, come l’idratazione e l’alimentazione artificiale. Le dichiarazioni anticipate di trattamento non saranno vincolanti: spetterà sempre al medico l’ultima parola. Qual è allora l’utilità di questa legge, se non si garantisce al cittadino che la sua volontà sia rispettata?

Ti chiedo dunque di diffondere il più possibile l’appello, invitando tutti i tuoi contatti a sottoscriverlo: dobbiamo mobilitarci immediatamente per raccogliere centinaia di migliaia di adesioni e difendere il nostro diritto costituzionale alla libertà di cura. Se saremo tanti, il Parlamento non ci potrà ignorare. Nel prossimo dibattito in Senato il mio impegno personale è quello di dar voce alla vostra opinione, che credo coincida con quella della maggioranza degli italiani. Che vogliano utilizzare ogni risorsa della medicina o che intendano accettare la fine naturale della vita, i cittadini vogliono essere liberi di scegliere.

Ti ringrazio infinitamente e conto su di te per far circolare il più possibile l’appello per il diritto alla libertà di cura sul sito www.appellotestamentobiologico.it

e grazie perché abbiamo già raggiunto quasi 100.000 firme!

Ignazio Marino”

La "porcata" di Calderoli ci costa 400 milioni di euro

Questo articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Ricordate il Porcellum, la famosa legge elettorale varata nel 2005 che fu definita "porcata" dal suo stesso maggior estensore, Roberto Calderoli? Si tratta - molto brevemente - della legge che tra le altre cose ha abolito il voto di preferenza, ossia la possibilità per il cittadino elettore di scegliersi i propri candidati (uno dei motivi per cui alle ultime consultazioni mi sono rifiutato di presentarmi alle urne).

Probabilmente qualcuno di voi ricorderà che all'indomani della sua approvazione fu indetto un referendum per abolirla. Referendum che raccolse più di 800.000 firme a fronte delle 500.000 necessarie.

Visto che il 6 e 7 giugno prossimo si vota per le europee (il famoso "Election Day"), buon senso vorrebbe che quei due giorni fossero utilizzati appunto anche per votare il referendum, evitando così agli elettori la scocciatura di dover tornare ai seggi il weekend successivo. Come è noto, però, raramente il buon senso si accompagna al normale svolgersi delle vicende della politica, e infatti la lega, per bocca di Maroni (foto), ha ottenuto che il referendum si tenga la domenica successiva. Tutto questo, come sottolineato da più parti, con l'unico scopo (non se ne vedono altri) di far saltare tutto - non arrivando al quorum - contando sulla poca propensione della gente a recarsi alle urne per due domeniche consecutive.

Peccato che questo scherzetto abbia un costo, quantificato, come scrivevo nel titolo, in circa 400 milioni di euro di denaro pubblico. Soldi che potrebbero essere risparmiati (e magari destinati a miglior causa) in caso di accorpamento refrendum/europee. Scrive in proposito lavoce.info:

Non ci sarà un vero e proprio election day. Il Governo è orientato ad accorpare alle europee solo le amministrative e a tenere separata la data del referendum della legge elettorale, per farlo fallire. Questa scelta ha un costo per il contribuente di circa 200 milioni di euro, quanto fin qui impegnato per la social card. E vi sarebbero altri oneri indiretti per la collettività, pari a circa 200 milioni. Quindi in totale per affossare il referendum la classe politica vuol farci pagare 400 milioni.

In pratica si aggiunge porcata a porcata. Se a tutto questo si aggiunge la vicenda dell'abbassamento al 2% del limite che consente ai partitini di avere accesso ai rimborsi elettorali (anche qui soldi pubblici, cioè nostri) alle prossime consultazioni, si capisce bene (se non si fosse ancora capito) che cosa è ormai diventata la politica.


Aggiornamento 20,18.

Scrive l'Ansa che l'emendamento che abbassava la soglia minima per i rimborsi al 2% è stato stralciato.


Bruno Tinti ci racconta due cose

Da un po' di tempo - probabilmente ve ne sarete accorti - è diventato un mio piccolo pallino, una specie di chiodo fisso, la riforma della giustizia che è all'esame del governo, e in particolare il famigerato ddl sulle intercettazioni, quello che al suo interno contiene provvedimenti come la limitazione di questo strumento investigativo, il carcere per i giornalisti che si occupano di cronaca giudiziaria e altre simpatiche cosette.

Provvedimenti che qualora diventassero legge a tutti gli effetti, farebbero sembrare paesi come la Cina delle virtuose democrazie.

Perché a me interessa particolarmente questo argomento? Perché è una cosa che non riguarda i politici. Se riguardasse solo loro, in fin dei conti potremmo tranquillamente fregarcene. Il problema molto più grave, invece, è che quando si stanno per varare leggi che in particolari circostanze potrebbero garantire l'impunità a un pedofilo che rapisce un bambino all'uscita da scuola, solo per fare un esempio, la cosa evidentemente riguarda anche noi.

Purtroppo, quando ci si imbatte in temi riguardanti leggi e giustizia, ci si scontra sovente con tecnicismi legislativi a volte difficilmente comprensibili, che fanno inevitabilmente venire voglia di lasciar perdere. Ogni tanto però qualcuno viene in nostro aiuto.

Bruno Tinti (foto) è un ex magistrato (da un po' di tempo è anche un blogger) della procura di Torino che è intervenuto recentemente alla trasmissione di Rai Tre Le Storie. Qui, intervistato dal giornalista di Repubblica Corrado Augias, ha spiegato in maniera secondo me esemplare ed estremamente chiara cosa nascondono alcune delle norme contenute nel famigerato ddl attualmente all'esame del parlamento. Norme che pongono inquietanti interrogativi.

Beh, se per caso doveste trovarvi con una mezzoretta libera, dateci un'occhiata, mi pare che ne valga sicuramente la pena. Per adesso la registrazione della puntata la trovate in questa pagina del sito della Rai.

mercoledì 25 febbraio 2009

Identità di vedute sulla dislocazione delle nuove (ipotetiche) centrali nucleari

Come era abbastanza logico aspettarsi, i primi no all'ipotesi di centrali nucleari sotto casa cominciano già a farsi sentire (secondo l'Unità). Questo, ovviamente, è però solo l'inizio, e sono solo le prime reazioni alla notizia della presunta lista di siti (il famoso "elenco segreto") che avrebbe in mano Scajola.

Mi sa che la questione della localizzazione dei siti dove costruire queste (per ora ipotetiche) centrali, terrà banco in maniera piuttosto insistente nel prossimo futuro. E anche l'informazione ci si butterà a pesce, fornendo notizie come al solito precise e concordanti.

Corriere e Repubblica, ad esempio, hanno già cominciato su questa linea.

Corriere oggi:

Alla fine, comunque, si tornerà forzatamente a parlare del sito, o dei siti, per i reattori nucleari. Quanti ne serviranno? Il sindaco pdl di Caorso si è detto disponibile.

Repubblica oggi:

La strada però non è in discesa nemmeno qui: "Per ora non ci ha contattato nessuno - dice Fabio Callori, sindaco Pdl di Caorso - . Ma la nostra posizione è chiara: il mio Comune non è disposto a un futuro atomico fino a quando non chiuderà con il passato".

E siamo solo all'inizio.

Qualche domanda (ancora senza risposta) sul nucleare

Io non sono (o almeno non credo di essere) tra quelli che criticano in maniera aprioristica qualsiasi provvedimento o progetto messo in campo da chi ci governa. Critico spesso, è vero, ma mi pare di farlo argomentando in maniera piuttosto ampia e - quando possibile - dettagliata.

Se avete seguito un po' quello che è successo ieri, avrete sicuramente appreso che il nostro presidente del consiglio ha rispolverato il suo "vecchio" cavallo di battaglia del nucleare, firmando in questo senso una sorta di protocollo d'intesa con Sarkozy. In particolare è prevista la costruzione sul nostro territorio - almeno stando a quanto dice il premier - di almeno quattro centrali di terza generazione.

Come forse i miei lettori più assidui ricorderanno, avevo scritto nel maggio scorso, all'indomani dell'annuncio di Scajola di puntare tutto sul nucleare, un lungo e dettagliato articolo - chi vuole lo può consultare qui - in cui esprimevo, dopo essermi opportunamente documentato, i miei dubbi su questo tipo di tecnologia.

Dopo aver letto le dichiarazioni di Berlusconi i dubbi sono ovviamente rimasti. In particolare:

1) Perché puntare sulle centrali di terza generazione quando è ormai certo il fatto che si tratta di una tecnologia obsoleta (si lavora già alla IV generazione) che sarà definitivamante superata quando le centrali saranno realizzate?

2) Perché da noi si continua a puntare sul nucleare quando anche gli Stati Uniti lo stanno ormai abbandonando definitivamente? (ricordate a tal proposito anche la querelle sul tema delle scorie radioattive sorta tra Obama e McCain in campagna elettorale?)

Di domande su questo argomento ne avrei molte altre (scorie, costi, siti per la costruzione delle centrali, siti di stoccaggio scorie, rapporto costi/benefici, ecc...), ma sarebbe già molto avere risposte esaurienti sui primi due punti. Ripeto, pregiudizialmente non ho niente contro il nucleare, ma rimane il fatto che chi si oppone alla corsa al nucleare lo fa in genere riportando dati, numeri e cifre piuttosto precisi, mentre chi lo sostiene pare lo faccia più che altro a colpi di slogan.


martedì 24 febbraio 2009

Omicidio di Garlasco, a quando i primi plastici di Bruno Vespa?


I presupposti perché Garlasco diventi una sorta di Cogne-bis ci sono tutti: telecamere, cronisti, giornalisti, piazze transennate, l'imputato che arriva su una potente berlina coi vetri oscurati.

Non so se Vespa ci abbia già fatto qualche trasmissione su, se abbia già in cantiere qualche plastico o cosa, fatto sta che per i prossimi mesi (anni?) lo spettacolo è assicurato.

Niente da dire, per carità, penso solo come sarebbe bello se la stessa attenzione e dovizia di particolari ci fosse anche per altri casi giudiziari, magari meno intriganti e misteriosi, ma sicuramente altrettanto interessanti.

La legge sul testamento biologico che è contro il testamento biologico

Non è un gioco di parole, ma è purtroppo quello che stanno preparando (lo fanno ovviamente sempre per noi) quelli che dovrebbero rappresentarci in Parlamento: una legge sul testamento biologico che in realtà è contro il testamento biologico. Ed è quello che hanno cercato di fare capire le personalità del mondo della cultura e delle istituzioni, ma anche i semplici cittadini, intervenuti domenica scorsa a piazza Farnese a Roma.

Per testamento biologico, questo ormai è acclarato, si intende, in maniera molto sintetica, la facoltà di ogni persona in condizioni di lucidità mentale di decidere cosa fare nell'eventualità che tali condizioni dovessero venire a mancare. In pratica è la facoltà di decidere prima se avvalersi o meno di terapie che allungano artificialmente la vita.

La bozza di legge in discussione in questi giorni, così com'è rappresenta a mio avviso un abominio, una pazzia scientifica, perché da un lato concede la possibilità di rifiutare le terapie, dall'altro obbliga, indipendentemente dalla volontà espressa dal testatore, a ricevere l'idratazione e la nutrizione. Ed è su questo punto che si stanno concentrando le polemiche. L'articolo incriminato, che è un po' la pietra dello scandalo di tutta la legge (testo integrale qui), è il sesto comma dell'art. 5, che recita: (il neretto è mio)

Alimentazione ed idratazione, nelle diverse forme in cui la scienza e la tecnica possono fornirle al paziente, sono forme di sostegno vitale e fisiologicamente finalizzate ad alleviare le sofferenze e non possono formare oggetto di Dichiarazione Anticipata di Trattamento.

Ognuno può trarre le sue conclusioni, ma è indubbio che una legge di questo genere va nell'unica direzione di cancellare ogni rilevanza della volontà della persona. A cosa serve quindi il testamento biologico? Anzi, dov'è qui il testamento biologico? Semplice, non c'è. Ci sono solo uno stato e una maggioranza politica che decidono al posto dell'individuo. E tutto questo in ossequio alla (per me) assurda convinzione che la vita non appartenga a chi ogni giorno ne porta la croce e il peso ma a un'entità terza, che di volta in volta, a seconda della provenienza, viene identificata con la collettività, con Dio, con tutto quello che volete tranne che con la persona stessa.

Non è democrazia questa. In nessun paese democratico può esistere uno stato che agisce contro la mia volontà, specie quando questa volontà ha a che fare con la mia persona. Io non so se l'idratazione e la nutrizione possono essere considerati o meno trattamenti terapeutici (altro punto controverso), ma so che la facoltà di rinunciare a questi - comunque li si voglia inquadrare - è un mio diritto inalienabile, sancito oltretutto dalla Costituzione stessa. E nessuno me lo può togliere.

Non so quale sarà l'epilogo del controverso cammino di questo obbrobrio giuridico. Se la legge, comunque, dovesse passare così com'è, sarebbe la prova definitiva che lo stato di diritto è morto.

[...] La proposta della maggioranza si allontana proprio da questo cammino costituzionale. Nega la libertà di decisione della persona, riporta il suo corpo sotto il potere del medico, fa divenire lo Stato l'arbitro delle modalità del vivere e del morire. Le "direttive anticipate di trattamento", di cui si parla nel titolo, non sono affatto direttive, ma indicazioni che il medico può tranquillamente ignorare, con un grottesco contrasto tra la minuziosità burocratica della procedura per la manifestazione della volontà dell'interessato e la mancanza di forza vincolante di questa dichiarazione, degradata a "orientamento". La libertà della persona viene ulteriormente limitata dalle norme che indicano trattamenti ai quali non si può rinunciare e, più in generale, da norme che vietano al medico di eseguire la volontà del paziente, anche quando questi sia del tutto cosciente. [...]
(Stefano Rodotà - La Repubblica, 15/02/2009)

lunedì 23 febbraio 2009

Proposta




Scusate, a questo punto chiudiamola del tutto e non se ne parli più.

E poi si incavolano se li chiamiamo "casta"

Questo articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Ricordate tutto il casino (proteste in piazza, lancio di volantini in Parlamento) nato alcuni giorni fa in seguito all'approvazione (in due giorni) della nuova legge elettorale, che in vista delle prossime consultazioni europee esclude dalla partita le formazioni che non raggiungono il 4% dei voti su piano nazionale?

Bene. Tutto risolto, le proteste sono ormai acqua passata. Voi penserete che ciò sia dovuto a una modifica della legge in tal senso, magari fatta in modo che anche i piccoli possano concorrere alla competizione elettorale.

Niente affatto, loro sono comunque fuori, solo è stato inserito un codicillo, sotto forma di emendamento, che garantisce i rimborsi elettorali anche a questi. Cioè, per essere più chiari, sono fuori ma i soldi se li buscano lo stesso. I firmatari dell'emendamento (naturalmente approvato a furor di popolo da destra e sinistra) sono due senatori del Pd, tali Vincenzo Vita e Paolo Nerozzi, che hanno così commentato:

È risultato di grande significato per il pluralismo politico e garantisce l'opportunità anche per quei partiti che attualmente non siedono in Parlamento di avere un'agibilità politica.

Capito no? Secondo loro l'emendamento garantisce una grande opportunità. E vorrei vedere, se non si chiama opportunità questa (anche se io un altro nome ce l'avrei).

Non mi pare ci sia molto da commentare. Si tratta solo dell'ennesima dimostrazione che le parole sono una cosa e i fatti un'altra. Siamo di fronte a una casta (sì, proprio così, una casta, e venitemi a dire che non è vero) che gode di benefici, privilegi e vizi di cui non intende assolutamente disfarsi. Litigano e polemizzano su tutto: temi etici, giustizia, sicurezza, economia, crisi finanziaria (buffo, no?), e poi si trovano come d'incanto tutti d'accordo, indistintamente, quando è ora di fare cassa.

Non è qualunquismo - un'accusa abbastanza frequente quando si scrive di queste cose -. Anzi, sì, forse è qualunquismo, ma non potrebbe essere diversamente visto che porcate del genere vengono sempre votate all'unanimità. Queste sono le cose che dovrebbero indignare, non le battute da cabaret di quel cabarettista nato che abbiamo a capo del governo.

Ma ormai siamo abituati a tutto, non ci facciamo neanche più caso. E a volte penso che in fondo non abbiano tutti i torti quelli che non ci fanno più caso.


Aggiornamento 26/02/2008.

L'emendamento è saltato. Questa volta gli è andata male.

domenica 22 febbraio 2009

I tagli del Quirinale

Negli ultimi due giorni ha avuto molto risalto sui media la notizia dei tagli sul bilancio di previsione 2009 del "carrozzone" Quirinale. Tagli quantificati in circa 6.000.000 di euro.

Un lettore che non approfondisce troppo è naturalmente contento, perché pensa che anche il Quirinale, magari mosso da intenti di solidarietà e vicinanza col difficile momento che sta passando il paese, si sta adoperando per cercare di non gravare eccessivamente sulla spesa pubblica.

E questi tagli sono effettivamente un risparmio, nessuno lo mette in dubbio. Il Quirinale nel 2009 graverà quindi sul bilancio dello stato per "soli" 238,57 milioni di euro, 1,81 meno dell'anno precedente.

Bello, come dicevo. Peccato che nessuno si sia preso la briga di menzionare, ad esempio, il fatto che nel suo complesso il Quirinale costa il doppio della Casa Bianca e il quadruplo di Buckingham Palace (fonte).

Ma in fondo non è importante.

Abbiamo fatto tutto il possibile...


Alcuni anni fa seguivo con un certo interesse il telefilm E.R., che raccontava le vicende di un gruppo di medici e infermieri all'interno di un incasinato pronto soccorso americano.

In questo pronto soccorso arrivavano in continuazione feriti di tutti i tipi, ovviamente con diversi gradi di gravità. La maggior parte di questi, bene o male, si salvava grazie agli interventi tempestivi dei medici, mentre - come d'altra parte è naturale che sia - quelli più gravi spesso non ce la facevano.

Quale era la frase di rito che quasi sempre (anzi sempre) il medico pronunciava, uscendo dalla sala intervento col camice insanguinato, ai parenti del deceduto? Proprio quella che ha detto Tremonti ieri rispondendo ai rilievi mossi da Draghi sulle pessime previsioni di occupazione nei prossimi due anni in Italia.

L'unica differenza è che in questo caso non si tratta di un telefilm.

La rete sulle ronde







Ciao Candido













Non sono mai stato un appassionato lettore della Gazzetta, essendo poco amante dello sport in generale. Tuttavia un'occhiata veloce alla prima pagina gliel'ho sempre data, perché lì comparivano spesso e volentieri i suoi editoriali. Che parlavano di sport, certo, ma spesso in una prospettiva particolare, specialmente quando erano un pretesto per toccare temi che esulavano dalla mera componente sportiva e sfociavano nel sociale e nel civile.

Ciao Candido.

Shackleton

Ernest Henry Shackleton è stato un navigatore ed esploratore britannico vissuto a cavallo degli ultimi due secoli. Nel corso della sua vita si è distinto ed è diventato famoso per alcune leggendarie imprese, tutte inerenti a traversate e spedizioni nel cuore dell'Antartico.

La più celebre di queste è stata sicuramente la Spedizione Endurance, dal nome della nave messa a disposizione dalla Gran Bretagna, che è durata tre anni (1914-1917) e che aveva come obiettivo appunto l'attraversamento dell'Antartico. Questa spedizione è stata quella che probabilmente ha consegnato alla leggenda il capitano inglese, perché è stata funestata da una serie talmente lunga di imprevisti e incidenti (compreso la distruzione per stritolamento tra i ghiacchi della banchisa della stessa nave), che il solo fatto che il capitano sia alla fine riuscito a riportare a casa tutto il suo equipaggio ha appunto qualcosa di leggendario.

Se siete interessati a conoscere a fondo l'impresa, trovate sulla Wikipedia questa completa e dettagliatissima pagina, mentre Franco Battiato ha dedicato al leggendario capitano una delle sue più belle canzoni.

Buona domenica.


sabato 21 febbraio 2009

Dedichiamo una via a Craxi?

Il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, avrebbe intenzione di dedicare una via della città a Bettino Craxi. L'idea gli sarebbe venuta dopo la proiezione in Campidoglio di un film-documentario sulla vita del leader socialista.

Dice Alemanno:

Craxi è stato un grande leader che ha saputo con largo anticipo individuare l'esigenza di modernizzazione del Paese. E' stata una figura capace di scavalcare le vecchie categorie destra-sinistra. Noi del Msi condividevamo la sua ricerca della dignità nazionale e le sue scelte riformiste. Le diffamazioni e i momenti amari non sono riusciti a scalfire l'immagine di uno dei più grandi statisti dell'Italia repubblicana.

Diciamo che una via oggi non si nega a nessuno. Alemanno, però, forse dimentica alcuni particolari dell'intensa vita dell'illustre statista. Lasciando perdere la nota questione dell'esilio ad Hammamet (che in realtà non era un esilio, ma una latitanza, nel senso che se fosse tornato in Italia sarebbe andato in galera), va ricordato che tra quelli che contestarono Craxi con lanci di monetine, all'uscita dall'hotel Raphael, nell'aprile del '93, c'erano molti militanti del MSI, magari anche alcuni di quelli che oggi votano Alemanno.

Altra cosa che sempre Alemanno dimentica, è che è vero che nei 4 anni in cui governò Craxi ci fu un notevole calo dell'inflazione (dal 16 al 4%), ma è altrettanto vero che sempre nel suddetto periodo, è cioè dal 1983 al 1987, il rapporto pil/debito pubblico raggiunse livelli mai visti fino ad allora passando dal 72 al 90%, come si vede dal grafico qui sotto.

(fonte: lkv.it)

L'idea di Alemanno segue di poco le dichiarazioni del dicembre scorso dell'attuale premier, secondo cui Craxi andrebbe insegnato nelle scuole. Insomma, pare che ci sia una sorta di nostalgica corsa alla sua santificazione: vie da dedicargli, insegnamenti nelle scuole, tentativi di riabilitazione storica (per la verità abbastanza patetici).

Peccato che tutti quelli impegnati in questo grande revival politico, omettano quasi sempre di menzionare altri particolari attinenti all'operato dello statista. Particolari sicuramente poco importanti, ma che forse gettano più di un dubbio sulla necessità di dedicargli vie e strade.


venerdì 20 febbraio 2009

Conficker è arrivato a quota 10.000.000

E' da un po' di tempo che non si sente più parlare di stragi informatiche di un certo rilievo. Insomma, i celebri Sobig, Blaster, Sasser e compagnia bella sono ormai appunto soltanto ricordi.

Anzi, meglio, erano soltanto ricordi, perché è di questi giorni la notizia che Conficker, in circolazione in questo periodo, è arrivato a quota 10.000.000 di pc infettati. In pratica una gigantesca e silenziosa aggregazione di pc - in gergo tecnico una botnet - che in perfetta sincronia vengono utilizzati da remoto, all'insaputa dei proprietari, ai comandi dei creatori del worm in questione. Da notare che a dicembre, appena due mesi fa quindi, secondo il New Youk Times i pc infettati erano 9 milioni.

Tecnicamente Conficker è appunto un worm, in pratica un malware in grado di replicarsi senza bisogno di legarsi ad altri eseguibili. L'espansione, ormai difficilmente controllabile, ha indotto addirittura Microsoft, una settimana fa, a mettere una taglia di 250.000 $ sui creatori del virus/worm. I sintomi che si accompagnano all'infezione sono principalmente quattro:

  • È impossibile fare aggiornamenti di Windows.
  • Windows Defender è disattivato.
  • La rete è congestionata: è impossibile caricare anche delle semplici pagine web.
  • Gli accessi ai siti relativi agli antivirus sono bloccati. (fonte)

Come è ormai prassi consolidata, il worm funziona solo su piattaforma Windows, quindi chi utilizza altri sistemi operativi non ha niente da temere. A tal proposito va segnalato che l'infezione è in costante espansione pur essendo il worm già tempo riconoscibilissimo dagli antivirus. Per contenerla, quindi, non sono richiesti chissà quali accorgimenti o competenze informatiche, sarebbe sufficiente utilizzare correttamente un antivirus tenendolo aggiornato.

Purtroppo, come dimostra tutta la vicenda, la quota di utenti che (spesso in maniera irresponsabile) non si cura di conoscere e mettere in pratica le basilari regole di sicurezza informatica, è tutt'altro che trascurabile.

Quando il bullo è il professore

Tornando a casa dal lavoro, oggi, ho appreso dal giornale radio la notizia di un insegnante che ha investito con la sua auto un paio di studenti. Notizia che era inserita circa a metà notiziario, tra le ronde di Maroni e il tracollo in borsa di tutti i titoli bancari europei (in seguito all'annuncio della loro nazionalizzazione fatto in mattinata dal premier?).

Lì per lì avevo inteso che si fosse trattato di un semplice incidente. Sapete com'è, una retromarcia sbagliata e succede il patatrac: se ne sentono parecchi di casi simili, purtroppo.

Leggo invece adesso su La Stampa che il suddetto professore di religione - probabilmente in preda a un raptus - l'avrebbe fatto intenzionalmente, perché i suddetti studenti in passato sembra gli abbiano dato qualche noia.

Che sia il primo caso di bullismo al contrario?

No alla tortura di stato

Sembra incredibile, ma siamo arrivati al punto che dobbiamo perfino lottare - tra le mille altre cose - anche per conservare il diritto sacrosanto di decidere cosa fare della nostra vita (e quindi anche della nostra morte).

Scriverò altri articoli nei prossimi giorni sulla porcata che stanno preparando i nostri governanti (sotto le direttive e l'occhio vigile e attento del Vaticano).

Per ora mi limito a segnalare questa manifestazione (info e dettagli qui).

Google, la denuncia è stata ritirata

Era il 12 dicembre scorso quando i media - sia quelli generalisti che quelli specializzati - riportavano a tutta pagina la vicenda del rinvio a giudizio di Google Italia. La storia, come forse qualcuno ricorderà, era quella del ragazzo down di Torino fatto oggetto di scherno e umiliazioni da parte di alcuni coetanei che avevano poi caricato la bravata su YouTube.

Google, come avevo anche scritto qui, secondo l'accusa avrebbe avuto nella vicenda una corresponsabilità - una sorta di omissione di controllo -, che, a titolo di paragone, è un po' come sostenere che Telecom sia corresponsabile in caso di molestie telefoniche tra utenti.

E' di ieri la notizia che la famiglia del giovane, in seguito a un colloquio coi responsabili di Google (qualcuno parla di un vero e proprio accordo), ha deciso di ritirare la querela, anche se il processo continuerà in quanto il Comune di Milano e l'associazione Vividown si sono costituiti parte civile.

Rimango sempre stupito dalla sproporzione tra l'enfasi e lo strombazzamento iniziale riguardo a certe notizie, e il generale disinteresse per gli sviluppi delle stesse.

giovedì 19 febbraio 2009

Neanche non lo conoscessimo

Questa mattina, sfogliando Repubblica in agenzia, ho letto dell'ennesima gaffe del nostro amato premier. Questa:


La stessa notizia, ho notato, ha trovato un certo spazio anche sugli altri quotidiani, tutti (o quasi) ovviamente scandalizzati e indignati.

A me, sinceramente, non ha scandalizzato la battuta del premier, ma semmai il fatto che... qualcuno si sia scandalizzato.

Ah, dimenticavo, chi non avesse un'idea precisa di cosa ha rappresentato per l'Argentina (e non solo) il dramma dei Desaparecidos, può dare un'occhiata qui.

Il Popolo della Libertà (di chi?)

Quale è la prima cosa che fa venire in mente una coalizione con questo nome? Ovviamente la libertà. E, di conseguenza, un partito il cui modus operandi è strettamente vincolato all'osservanza di questo principio. Peccato che invece, specialmente nell'ultimo periodo, la direzione presa dai provvedimenti partoriti non sembra proprio dettata da questo principio.

Come sapete (ormai dovreste saperlo di sicuro), è in discussione in questo periodo il decreto sulle intercettazioni. Lo so, ne ho già parlato ancora, ma il fatto è che ogni tanto qualche genio pensatore aggiunge o toglie qualcosina a tutto il disegno di legge con l'unico risultato di peggiorarlo un pochino di più ogni volta.

L'ultimo emendamento, inserito nel testo (già passato alla Commissione Giustizia della Camera) dalla parlamentare del Pdl Deborah Bergamini, prevede il carcere da un minimo di uno a un massimo di tre anni per i giornalisti che pubblicano i testi di intercettazioni destinate alla distruzione perché non ritenute utili ai fini delle indagini. Questo provvedimento va ad aggiungersi ad altri, firmati da altri parlamentari e inseriti nel medesimo disegno di legge, che prevedono ad esempio la stessa pena per chi pubblica intercettazioni non attinenti all'indagine in corso. In più - altra chicca - i giornalisti non potranno più rivelare il nome del magistrato titolare di una certa inchiesta e neppure di cosa tratta l'inchiesta stessa. In pratica una cortina di silenzio totale su tutto.

Ecco, per riassumere meglio, il testo di questi tre particolari provvedimenti:

- DIVIETO PUBBLICAZIONE - Per i media le indagini diventeranno
'top secret'. Non si potranno più pubblicare gli atti
dell'indagine preliminare, neanche l'iscrizione nel registro
degli indagati di qualcuno, o quanto acquisito al fascicolo del
Pm o del difensore, fino al termine dell'udienza preliminare.
Anche se gli atti non saranno più coperti da segreto.

- NO A NOMI E IMMAGINI PM - Il ddl prevede lo stop alla
pubblicazione di nomi o immagini di magistrati ''relativamente
ai procedimenti e processi penali a loro affidati'', salvo che
l'immagine non sia indispensabile al diritto di cronaca.

- CARCERE PER I GIORNALISTI - Torna il carcere per i
giornalisti. Con due emendamenti approvati in extremis e'
prevista la pena da uno a tre anni per chi, ''con volontà di
dolo'', pubblica intercettazioni per le quali sia stata ordinata
la distruzione o relative ''a conversazioni o flussi di
comunicazione riguardanti fatti e circostanze o persone estranee
alle indagini di cui sia stata disposta l'espunzione''.
Aumentano anche le sanzioni per gli editori, fino a 370mila euro
per chi pubblica violando gli obblighi di legge. (fonte)


Ecco, questi tre emendamenti - ricordo, partoriti da un partito che si richiama alla libertà - dovrebbero avere come fine la salvaguardia di questa benedetta privacy, sull'altare della quale si sta ormai sacrificando di tutto, compreso il buon senso. Per carità, nessuno mette in dubbio il fatto che ci siano stati più volte abusi nell'uso (anzi, abuso) di queste benedette intercettazioni, ma un conto è regolamentare e un conto è censurare.

Infatti, se osservate bene, vi accorgete facilmente che questa legge non rappresenta nient'altro che la pietra tombale sul diritto di cronaca, in questo caso di quella giudiziaria. Ricordo che il diritto di cronaca è garantito dalla Costituzione, e precisamente dal quel famoso art. 21 al quale (a parole) tutti si richiamano ma che con disinvoltura viene spesso dimenticato. Mettere in galera i giornalisti che pubblicano atti di inchieste in corso, infatti, a mio avviso è un'operazione che ha ben poco a che fare sia con la libertà, sia col sacrosanto diritto dell'opinione pubblica di sapere cosa sta succedendo, e ricorda un po' i metodi non proprio democratici coi quali molti regimi dittatoriali impongono il silenzio e mettono il bavaglio all'informazione.

Si possono fare alcuni esempi. E uno che calza a pennello è stato evidenziato da articolo21.info, il quale scrive:

Se oggi il magistrato Tizio scarcera uno stupratore assassino, ne assume in prima persona la responsabilità, davanti alla legge, all’opinione pubblica, alle procedure disciplinari. Se il nome del magistrato dovesse rimanere segreto, non sarebbe Tizio il responsabile della scarcerazione, ma genericamente “ il magistrato”. Sarebbe cioè tutta intera la istituzione Magistratura a finire sotto accusa e ad essere chiamata a pagare il fio dell’esecrazione popolare, con una evidente e corrosiva opera di delegittimazione del suo ruolo e delle sue funzioni.

Mi sembra abbastanza chiaro il concetto. E anche il fatto che non si possa più parlare di un'inchiesta giudiziaria finché non inizia il processo è una cosa i cui effetti potrebbero essere imprevedibili. Scrive Marco Travaglio sul suo blog:

Casi di cronaca normali come anche casi di delitti dei colletti bianchi noi non potremo più dire nulla sulle indagini in corso se non “arrestato un tizio”. Se dico che hanno arrestato un tizio posso dire che l'hanno arrestato per stupro, se dico che hanno arrestato uno per stupro non posso più dire il suo nome. O dico il reato o il nome di chi è accusato di averlo commesso, insomma non avrò più la possibilità di fare una cronaca completa in tempo reale per informare i cittadini di quello che succede.
Così quando arresteranno un vostro vicino di casa per pedofilia, voi potrete sapere che è stato arrestato per pedofilia soltanto cinque o sei anni dopo, quando inizierà il processo.
Voi capite che cambia la vita di una famiglia sapere che il vicino di casa è sospettato di pedofilia o non saperlo, perché per cinque anni si sta attenti dove vanno i bambini quando si gira lo sguardo dall'altra parte, se lo si sa.
Se non lo si sa non si sta attenti, ma naturalmente quando poi avremo casi di pedofilia, stupro o altro dovuti al fatto che la gente non ha preso le precauzioni perché non è stata adeguatamente informata, allora poi sapremo con chi dovremo prendercela.

Questo è un probabile scenario di ciò che potrebbe succedere qualora il ddl diventasse legge, ma vale la pena segnalare che se questo obbrobrio legislativo fosse stato già in vigore, noi non avremmo saputo niente, almeno fino all'inizio del processo, ad esempio del caso Parmalat, dello scandalo della clinica Santa Rita di Milano e altri. Ora, ci sarà sicuramente alla base di tutto questo una ragione. Voglio dire, ci sarà un motivo recondito alla base di un progetto, disegno di legge o chiamatelo come volete che di fatto impone il silenzio e vìola il nostro sacrosanto diritto di sapere le cose.

Il problema è che in questo momento mi sfugge.

mercoledì 18 febbraio 2009

Partito Democratico, ripartire subito (col piede giusto)

A volte un cumulo di macerie (quello che è adesso il Pd) può rappresentare un'ottima occasione: ripartire da zero per cercare di costruire sopra quelle macerie qualcosa di nuovo e di buono.

Pare che Veltroni abbia designato suo successore pro-tempore tale Dario Franceschini.

Basta dare un'occhiata all'indice di gradimento che ha il soggetto tra i lettori di Repubblica, per vedere bene come il Pd stia effettivamente ripartendo col piede giusto.

Made in Italy in the world











The New York Times, El Pais, El Mundo, Le Monde, Reuters, Financial Times, Guardian, The Independent, BBC.

Ciao Uòlter, (non) ci mancherai

A questo punto è praticamente ufficiale: Veltroni lascia. Lascia esattamente il giorno dopo la mazzata arrivata dai risultati delle regionali sarde, che segue di poco gli altrettanto disastrosi risultati abruzzesi. Istintivamente mi verrebbe da essere dispiaciuto, ma in realtà non lo sono per niente. Anche perché, siamo sinceri, non è solo Walter che dovrebbe lasciare, ma tutto il Pd dovrebbe essere azzerato.

Ma guardatelo bene: che cos'è questo Partito Democratico? Niente. Un'accozzaglia di personaggi e correnti in perenne e insanabile contrasto: laici, teodem, Opus Dei, c'è di tutto dentro tranne l'unica cosa che servirebbe davvero, e cioè qualche idea, una strategia, un'opposizione seria, qualche persona nuova, un po' di credibilità. Quella credibilità andata definitivamente a farsi benedire con l'ondata di inchieste giudiziarie che hanno coinvolto le amministrazioni del centrosinistra un po' in tutta Italia. Insomma un disastro.

E poi ci sono i sondaggi, che vanno presi per quello che sono, certamente, ma che sono comunque indicativi di un modo di pensare ad ampia convergenza. E a questo proposito è piuttosto singolare notare come quelli proposti dai due maggiori quotidiani online siano sostanzialmente convergenti.

Ecco, nell'ordine, quelli di Corriere e Repubblica così come si presentavano ieri sera mentre scrivevo questo articolo.




Mi pare ci sia poco da aggiungere. Tra l'altro occorre notare che il sondaggio di Repubblica si spinge oltre, mettendo in evidenza quella che oltre a tutto il resto è stata la vera causa della débâcle del Pd. E cioè questa:



Ciao Walter.

martedì 17 febbraio 2009

Mills condannato, Berlusconi "lodato"

La sentenza di primo grado è arrivata: l'avvocato inglese David Mills, consulente della Fininvest per la finanza estera inglese, si è beccato in primo grado 4 anni e 6 mesi di galera. Mills è quindi il presunto corrotto.

Ovviamente, quando c'è un presunto corrotto (la sospetta forma dubitativa è d'obbligo in quanto nessuno può essere considerato colpevole di niente fino a sentenza definitiva, che comunque in questo processo non arriverà mai) ci deve essere per forza un altrettanto presunto corruttore, che però in questo specifico caso si avvale di una leggina predisposta per l'occasione.

Se ne riparlerà quindi tra 5 anni (forse).


Giornata del gatto 2009

Beh, ecco una cosa che non sapevo (l'ho scoperta casualmente da .mau.): oggi, 17 febbraio, è la giornata nazionale del gatto. Non solo: pare che questa cosa vada avanti addirittura dal 1990. Curioso che anche qui in casa - dove siamo tutti affetti da una grave forma di gattofilia - non ne sapesse niente nessuno.

Vabbè, per festeggiare, stasera a Birba e Sissi razione doppia di crocchette.

:-)

Un euro e mezzo di multa

Le cronache di ordinaria vergogna, hanno riportato ieri che Tim e Vodafone sono state multate dall'Agcom "per modifica unilaterale e sistematica dei piani tariffari senza fornire adeguate informative al consumatore".

Niente di nuovo sotto il sole; in pratica le due compagnie secondo l'Antitrust ritoccavano (ovviamente verso l'alto) le tariffe senza avvisare in modo chiaro l'utenza.

La cosa curiosa sono le enfatizzazioni dell'entità della multa che si trovano nei notiziari: addirittura 500.000 € sia per Tim che per Vodafone: una cifra stratosferica si direbbe. Meno male che qualche blogger che ci capisce di telefonia - e che rende più chiare le proporzioni della multa - c'è ancora.

lunedì 16 febbraio 2009

Uno strano clima nel paese

Leggo sul Secolo XIX di ieri che un poliziotto avrebbe preso a manganellate un tizio, colpevole solo di essere uno straniero. In realtà quel tizio non era straniero, ma un italiano di 30 anni col "difetto" di avere una carnagione scura che avrebbe indotto in errore il poliziotto. Il giovanotto pare aver riportato conseguenze piuttosto serie dall'incidente.

Non so, probabilmente l'agente subirà un procedimento disciplinare, non ne ho idea. Ma non è questo il punto. Questo episodio mi pare sia l'ennesimo segnale di un certo clima che si è instaurato da un po' di tempo nel nostro paese. Penso ad esempio ai tentativi di linciaggio agli stupratori di Guidonia, alle spedizioni punitive "a casaccio" in seguito agli ultimi avvenimenti a Roma e cose di questo genere.

E' un po' come se nel paese stesse crescendo la voglia di farsi giustizia da soli. E il pensiero va ovviamente alle ronde (ben viste pure dalla Carfagna), che potrebbero addirittura essere legittimate da un decreto legge e che a mio avviso rappresentano invece un po' una sorta di sconfitta per lo stato.

Certo, di fronte alle condizioni in cui versa la nostra giustizia e sentendo quello che in merito riporta la stampa, il pensiero parrebbe avere una sua legittimazione. Ma a mio avviso il clima che si è creato è in buona parte da attribuire allo sfruttamento della questione sicurezza come leva elettorale, salvo poi scoprire - mi pare che sia sotto gli occhi di tutti - che dopo i proclami l'emergenza è ancora lì.

Ma la cosa ancora più curiosa di tutta la vicenda, è che si ha notizia di un decreto legge che potrebbe ufficializzare le ronde proprio nello stesso giorno in cui una circolare del Ministero dell'Interno blocca di fatto la riparazione degli automezzi della Polizia per mancanza di fondi.

E' ripartito l'"ateobus"

Ricordate tutto il can can sorto in seguito all'idea dell'UAAR di far gironzolare per Genova un paio di autobus che reclamizzavano l'ateismo? Bene. Terminata la bufera i due autobus hanno finalmente cominciato a circolare, ma con lo slogan modificato.

(fonte immagine: Ansa)

Ora, per carità, la libertà di espressione è sacrosanta, ci mancherebbe. Ma a me rimangono le stesse perplessità già manifestate nell'altro mio post. Insomma, quello che voglio dire è che l'ateismo, così come la fede, a mio giudizio attengono alla sfera delle proprie convinzioni personali, e vederle spiattellate in pubblico alla stregua di una pubblicità del prosciutto o del gorgonzola mi lascia perplesso.

Anche io sono felicemente ateo, ma non per questo attacco uno striscione al lunotto posteriore della mia macchina per farlo sapere agli altri.

Sicurezza, quando i nodi e le chiacchiere vengono al pettine

Ci risiamo. Anche il weekend appena passato, come da copione ormai visto e rivisto, è stato funestato da un serie di episodi a base di violenze sessuali e stupri. In particolare la cronaca ci segnala due diversi fatti accaduti a Bologna e a Roma. E, immancabilmente, è partita la solita triste sequela, già vista e rivista, di inutili e sterili polemiche. Già ieri, in vari dibattiti e salotti televisivi della domenica mattina, la questione teneva banco, tra luci e telecamere, sostenuta da un variegato campionario di personaggi più o meno improbabili.

Non ho particolari commenti da fare, perlomeno niente che possa portare qualcosa di nuovo rispetto a ciò che è già stato detto e ridetto. E di cose dette, come al solito, ce ne sono state molte: Alemanno a Roma se la prende coi giudici troppo permissivi (che invece nell'episodio specifico non c'entrano niente), si torna a parlare dei guai provocati dalla ormai incontrollabile immigrazione clandestina, qualcuno ritorna a chiedere la castrazione chimica, insomma ognuno sembra avere la sua ricetta.

A mio giudizio, invece, il vero problema che attanaglia il nostro paese è uno solo: le chiacchiere. Siamo un popolo che è governato da una classe politica che ha una particolare attitudine ed è attaccatissima ai proclami e agli slogan ma che è totalmente incapace di "fare". Gli ultimi due episodi che citavo sopra sono di questo l'ennesima conferma. Salotti, dichiarazioni, politici che promettono, Bruno Vespa che fa i plastici a Porta a Porta, anche questa una delle tante trasmissioni zerbino che sono solo una passerella in cui far sfilare parlamentari in cerca di quei consensi che ormai non hanno più.

I delinquenti, invece, a differenza dei politici fanno poche chiacchiere e vanno al sodo. Loro delinquono e gli altri chiacchierano. Non vorrei sembrare troppo polemico, ma va ricordato che Alemanno è entrato in Campidoglio - cavalcando anche in maniera molto abile la vicenda avvenuta pochi mesi prima dell'omicidio Reggiani - incentrando quasi totalmente la sua campagna elettorale sulla sicurezza. Tanto è vero che appena eletto le sue prime parole sono state: (il neretto è mio)

«Volete sapere come sarà la mia Roma? Sarà una città più sicura, più partecipata, con più rispetto per i cittadini. Sarà una città con più sviluppo, con più socialità e tutele per i diritti di tutti. E sarà una grande capitale europea e mediterranea. I miei primi tre impegni sono questi: più sicurezza, lavoro e socialità»

Ora, non voglio dire che Alemanno da quasi un anno a questa parte se ne sia stato con le mani in mano, per carità, ma è sotto gli occhi di tutti che a Roma la questione sicurezza è ben lungi ancora dall'essere risolta. Per rendersene conto basta leggere i fatti di cronaca nera verificatisi anche solo da capodanno in qua.

Il tempo delle chiacchere è abbondantemente terminato, adesso occorrono i fatti e i risultati. I politici non devono andare a Porta a Porta o a Ballarò a raccontare balle, ma devono stare in parlamento a fare delle leggi che dicono che se un delinquente viene sbattuto in galera ci deve restare, non uscire per tre volte di fila - come nel caso di Bologna - per continuare a fare quello che faceva prima. Un problema che non si risolve con le ronde padane. Se io fossi un poliziotto mi sentirei umiliato ad avere fra i piedi questi gruppi di incompetenti con camicia verde e fazzoletto, senza nessun organigramma e totalmente all'oscuro delle basilari regole su come si gestisce la lotta alla criminalità. Se lo stato vuole veramente combattere il crimine dia più risorse alle forze dell'ordine, invece di toglierle ad ogni benedetta finanziaria. Gli dia più uomini, più mezzi, più macchine: i soldi spesi per i militari e le ronde padane li impieghi piuttosto per avere più volanti, più agenti, più Carabinieri, più presenza qualificata specialmente nelle periferie. Non barzellette.

E, oltre a questo, legiferi nel senso della certezza della pena. Basta indulti, basta sconti, basta leggi (come quella in discussione in questi giorni) che sostanzialmente mirano a depotenziare le possibilità di perseguire i delinquenti. Anche perché, com'è ormai ampiamente dimostrato, i nodi e le chiacchiere prima o poi vengono al pettine.

domenica 15 febbraio 2009

Ping pong e poltrone (di Mastella)

Certo, uno potrebbe dare una sbirciatina alla biografia di Mastella (foto) e accorgersi che passare con disinvoltura degna di miglior causa dalla DC all'Uduer, attraversando il CCD, il CDR, l'UDR, l'Unione, il Polo delle Libertà e l'Udc, è una di quelle imprese che neanche ai migliori saltimbanchi può riuscire.

E invece lui ce l'ha fatta. Il treno delle convenienze su cui salire è sempre in movimento, e questo treno, impersonatosi oggi nella figura di Silvio Berlusconi, che gli ha offerto uno splendido posto a Strasburgo nelle file del Pdl, va assolutamente preso al volo.

E che qualcuno non si azzardi a insinuare che potrebbe trattarsi di una sorta di saldo di un vecchio debito, sarebbe un farabutto!

Ma noi no!

I Nomadi scrivevano nel 1991 questa canzone. Il testo, espressione di un no secco e deciso a ogni forma di convenzione, di omologazione, di passiva accettazione dello status quo e di decisioni prese da altri, mi sembra perfettamente in linea con quanto sta accadendo oggi.

Ascoltare per credere.

Buona domenica.

sabato 14 febbraio 2009

Tre validi motivi per preoccuparsi

Nella ridda di provvedimenti, decisioni e dichiarazioni che giornalmente vengono sfornati dai nostri allegri governanti, ce ne sono tre, proprio di questi giorni, che presi singolarmente magari non danno nell'occhio, ma che messi insieme possono generare qualche perplessità e dare adito a qualche preoccupazione. Ecco i tre "eventi".

1) Questo risale proprio a ieri, ed è nascosto (neanche tanto) in queste parole di Maurizio Gasparri:

«Santoro e il presunto comico Vauro sono due volgari sciacalli che vomitano insulti con le tasche piene di soldi dei cittadini. Gente così offende la verità, alimenta odio e merita solo disprezzo totale della gente perbene. L'insulto è la loro regola. Colpa di gestori della Rai che per fortuna stanno per essere cacciati come meritano»

Ora, a parte il fatto che "le tasche piene di soldi dei cittadini", se proprio vogliamo cercare il pelo nell'uovo, ce le ha anche la categoria a cui appartiene l'onorevole Gasparri, visto che i loro (lauti) stipendi li paghiamo noi, a me l'espressione "stanno per essere cacciati come meritano" evoca certi ricordi. Ricordi non proprio emblematici di uno stato in cui sopra a ogni cosa c'è la libera esposizione del proprio pensiero, ma probabilmente si tratta di paranoie mie.

2) Come sapete, in questi giorni si sta discutendo molto del disegno di legge a firma Giampiero D'Alia. Un provvedimento - già passato al Senato e attualmente in discussione alla Camera - che se diventasse legge imporrebbe ai provider di introdurre software tramite i quali bloccare la pubblicazione di materiale "illecito" (nell'accezione attribuita al termine da parte del legislatore e non dell'utente), che, come osserva Zambardino, sarebbe un po' come chiudere una linea ferroviaria perché in una stazione qualcuno ha disegnato dei graffiti sconvenienti.

3) Nel famigerato ddl sulle intercettazioni - tanto per cambiare - è contenuto un codicillo che qualora il tutto diventasse legge significherebbe la fine della cronaca giudiziaria. Cioè, i giornalisti sarebbero in pratica obbligati a occuparsi solo di cose tipo l'ultima collezione di intimo della Marini, del grande fratello o di come trascorrono le vacanze i vip. E tutto in virtù della norma che prevede il divieto di pubblicare, anche solo per riassunto - pena pesanti sanzioni -, intercettazioni, atti, resoconti di udienze, ascolti, anche se non più coperti da segreto, come invece autorizzava la legge a fare finora.

Giusto per fare qualche esempio, se la legge fosse stata già in vigore non sarebbe stato possibile sapere alcunché di fatti tipo lo scandalo Parmalat, calciopoli, la clinica Santa Rita, gli ultimi fatti delle tangenti a Napoli, la vicenda Del Turco e compagnia bella. La (futura) legge, infatti, prevede che non si possano riportare fatti relativi a processi o procedimenti giudiziari finché non si giunge alla conclusione delle indagini. Una norma che lo stesso ordine dei giornalisti definisce anticostituzionale, dicendosi pronto, se serve, anche a scendere in piazza e a scioperare.

I motivi sono facilmente intuibili. Ci sono processi, ad esempio, che iniziano anche alcuni anni dopo l'inizio delle indagini, anni durante i quali sarà praticamente buio assoluto. Alla faccia del diritto di cronaca e dell'articolo 21 della Costituzione ("La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure").

Bene. Come dicevo, questi tre "eventi", che presi singolarmente sembrano slegati e apparentemente senza nessuna attinenza uno con l'altro, se messi insieme a me qualche preoccupazione la danno.

Rifarei tutto

Indipendentemente da quale sarà la sentenza, dire "Rifarei ciò che ho fatto", "Rifarei tutto" ecc., cosa che si sente sp...