venerdì 27 febbraio 2009

Storie di soldi e pubblica amministrazione

Come si muovono i soldi pubblici? Dove vanno? Come vengono amministrati? Ieri la cronaca ci ha raccontato tre fatti che hanno a che fare con questo argomento. Le prime due si riferiscono al mondo dell'università e raccontano due storie contrapposte che mettono in luce due aspetti diversi di uno stesso problema: la gestione dei fondi da parte delle università.

Il primo riguarda l'allarme lanciato dai rettori delle università di Bologna e Trento, secondo i quali se i tagli previsti dalla finanziaria saranno effettivamente quelli, le conseguenze potrebbero essere devastanti. Scriveva ieri l'Unità:

Chiediamo - è il messaggio dei rettori, da Luigi Busetto, Pro Rettore dell'universita' di Bologna, a Davide Bassi dell'universita' di Trento, a Vincenzo Milanesi dell'universita' di Padova a Franco Cuccurullo dell'universita' di Chieti-Pescara - che questi tagli non siano indiscriminati, non siano una mannaia che si abbatte in modo uguale su tutti gli atenei indipendentemente dalle modalità di gestione e senza alcun riconoscimento del merito». I rettori dicono dunque no ai tagli «indiscriminati e trasversali». «Non possiamo più continuare - avvertono - con azioni di governo che in realtà governano poco, perché tagliano trasversalmente i finanziamenti agli atenei senza alcuna considerazione della qualità del lavoro che negli stessi atenei si svolge». Dunque, concludono i rettori Aquis, «diciamo no alle generalizzazioni e invitiamo a distinguere caso per caso; ma per fare questo bisogna mettere in campo un adeguato sistema di valutazione.

Invito che andrebbe sicuramente accolto dal governo, specialmente quando si viene a conoscenza di casi come quello riportato ieri dal Corriere, secondo cui a Conegliano sarebbe attivo un corso di laurea, con un solo iscritto, per imparare a piantare le viti.

A Conegliano è attivo un corso di Scienze e tecnologie viticole. D’accordo, è una cosa legata al territorio, ma come mai c’è un solo iscritto? Ha senso un corso di Ingegneria per l’ambiente a Cremona con un solo studente? A Pesche (Molise) non c’è una scuola superiore. Vi sono pero 5 corsi di laurea (tre di Biologia, Scienze forestali e Informatica). Come a Borgia, dove la facoltà però è solo una: Farmacia.

Sempre per restare in tema di soldi pubblici, va senz'altro segnalato questo articolo di Gian Antonio Stella, apparso sempre ieri sul Corriere, secondo cui più del 70% del bilancio del comune di Palermo se ne va negli stipendi dei dipendenti comunali, che sarebbero 1 ogni 30 abitanti.

Su 866 milioni l'anno di spese correnti, il Municipio di Palermo ne scuce 623 (il 72%) per pagare 21.895 dipendenti. Ottomila più di dieci anni fa. Un po' diretti, un po' precari stabilizzati nelle aziende partecipate. Media: un dipendente comunale ogni 30 abitanti. Un carico insostenibile. E ogni giorno più gravoso. Basti dire che alla catastrofica azienda della nettezza urbana, quell'Amia appena salvata dal governo Berlusconi col regalo di 80 milioni di euro nel decreto «milleproroghe» che ha tolto il sonno a tanti sindaci leghisti, c'era fino a poco fa un accordo: un padre poteva lasciare il posto di lavoro al figlio. Col risultato, accusa Maurizio Pellegrino, un consigliere dell'opposizione autore di un esposto micidiale alla Corte dei Conti, «che nel 2008, nonostante il bilancio disastroso e il forte esubero di personale, sono state fatte oltre 400 assunzioni. E che prima d'andarsene, a dicembre, il vecchio Cda ha assorbito altri 80 lavoratori di una ditta privata». Indispensabili? Risponde una tabella che confronta i dati della nettezza urbana di Palermo, Genova e Torino: con la metà degli abitanti, il capoluogo siciliano ha circa mezzo migliaio di dipendenti in più di quello piemontese. Uno ogni 259 abitanti sotto il monte Pellegrino, uno ogni 577 sotto la Mole Antonelliana. Totale dei rifiuti raccolti in un anno per dipendente: 164 tonnellate a Palermo, 220 a Genova, 491 a Torino.

Non ho particolari commenti da fare, anche perché non c'è niente che bene o male non si sapesse già. Solo indurre a qualche riflessione.

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