sabato 7 febbraio 2009

Internet e l'apologia di reato contenuta nel pacchetto sicurezza

Questo articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Il convulso - e per certi versi sconcertante - fluire degli eventi di questi giorni, ha contribuito probabilmente a distogliere l'attenzione da temi apparentemente meno gravi, che non sono comunque sfuggiti a chi tiene monitorato quello che accade in materia di legislazione per quanto riguarda il web.

Come sapete, è stato approvato al Senato il famoso pacchetto sicurezza, quello cioè che contiene al suo interno - tra le altre - la norma dei medici-sceriffi. Poteva mancare, visto che si parla di sicurezza, un capitolino riguardante internet e la rete? No di certo. La cosa ovviamente allarma, perché è noto da tempo che i disastri, o tentati disastri, provocati dai politici quando si misurano con tutto ciò che ha a che fare con la tecnologia, non sono quasi mai passati inosservati. E d'altra parte non potrebbe essere diversamente, visto che il nostro sistema politico è famoso anche all'estero per comprendere al suo interno una lunga scia di inetti in materia. Scia che, come dimostra il provvedimento che sta per essere esaminato anche dalla Camera, non si è affatto interrotta.

Vengo subito all'articolo incriminato senza andare tanto per le lunghe. Si tratta del famigerato 50-bis, che al primo comma recita:

Quando si procede per delitti di istigazione a delinquere o a disobbedire alle leggi, ovvero per delitti di apologia di reato, previsti dal codice penale o da altre disposizioni penali, e sussistono concreti elementi che consentano di ritenere che alcuno compia detta attività di apologia o di istigazione in via telematica sulla rete internet, il Ministro dell'interno, in seguito a comunicazione dell'autorità giudiziaria, può disporre con proprio decreto l'interruzione della attività indicata, ordinando ai fornitori di connettività alla rete internet di utilizzare gli appositi strumenti di filtraggio necessari a tal fine.

Questo concentrato di sciocchezze giuridico-informatiche merita ben poche parole di spiegazione, e non ho intenzione certo di perdere tempo più di tanto per fare un'analisi critica parola per parola. Solo un paio di veloci considerazioni.

Probabilmente il testo è stato elaborato sulla scia del clamore suscitato da alcuni gruppi di utenti che - ne avrete sicuramente sentito parlare - hanno recentemente costituito una sorta di fan club di Riina e Provenzano su Facebook. L'espressione "apologia di reato", contenuta nel provvedimento, che tra l'altro obbligherebbe gli ISP a "filtrare" (cioè a oscurare) la pagina web interessata, è estremamente vaga e non si capisce bene a cosa si riferisca.

Con questa generica impostazione, infatti, potrei tranquillamente essere preso di mira anch'io, o come me qualsiasi blogger o giornalista che dissente sulla giustezza di una legge qualsiasi. Faccio un esempio. Se io in un mio articolo scrivo, come ho tra l'altro realmente fatto, che non sono d'accordo col recente provvedimento che permette ai medici di denunciare gli immigrati clandestini e che auspico che i medici non lo facciano, potrei benissimo rientrare nella casistica in quanto, pur avendo espresso una mia legittima opinione, avrei nello stesso tempo - secondo l'articolo in questione - invitato a violare una legge (qui l'apologia di reato).

La conseguenza di questo è bene espressa da questo articolo di Punto Informatico, del quale riporto uno stralcio:

Se le parole di un cittadino della rete dovessero finire sotto indagine per essersi pronunciato riguardo a certi delitti, se il cittadino della rete dovesse essere sospettato di aver incoraggiato a commettere un reato, l'autorità giudiziaria potrebbe comunicare al Ministro dell'Interno la necessità di intervenire.
[...]
Ma una volta emesso il decreto la palla passerà agli ISP: dovranno innescare "appositi strumenti di filtraggio", dei quali tracceranno i contorni tecnici e tecnologici il Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con quello della pubblica amministrazione e innovazione. Avranno 24 ore per isolare dalla rete la pagina indicata dal decreto del Ministro: a pendere sul capo del provider potrebbero esserci sanzioni che oscillano dai 50mila ai 250mila euro.

Questi pochi elementi consentono di capire, senza bisogno di ulteriori approfondimenti, cosa sta preparando il governo in materia di regolamentazione della rete. A parte il fatto, come osserva giustamente Guido Scorza, che la parola "filtraggio" è tecnicamente fuorviante in quanto è noto che un ISP non può bloccare un eventuale singolo post di un blog ma solo il blog per intero, la cosa più grave è che quello che è il mio libero pensiero potrebbe essere equiparato a un reato. Senza bisogno di scomodare l'art. 21 della nostra Costituzione, capite da voi la portata di questa cosa.

Sono sincero, da quando è in carica questo governo ho imparato a non stupirmi più di niente. E quindi neppure questo provvedimento, che di fatto priva della libertà di parola, mi stupisce. Certo, mi amareggia, mi intristisce, mi fa venire voglia di andarmente dall'Italia, come ho già detto altre volte, ma di stupore neanche a parlarne. Anche perché va ad aggiungersi a una lunga serie di tentativi - anche il precedente governo ne sa qualcosa - di limitare e cercare di mettere sotto controllo la libertà della rete, che fondamentalmente è la libertà di qualsiasi cittadino di dire quello che gli pare, al riparo da pressioni di qualunque genere, e libertà di sbugiardare in tempo reale qualsiasi cretinata che vogliono darci da intendere.

Va ribadito comunque che il provvedimento non è ancora legge, in quanto deve passare all'esame della Camera. E, come si sa, fasciarsi la testa prima di essersela rotta non è mai una mossa intelligente. Il problema è che, almeno finora, abbiamo avuto ampie dimostrazioni che quelli che se la sono fasciata prima ci hanno sempre azzeccato.


Aggiornamento 08/02/2009.

Apprendo da .mau. che il senatore Giampiero D'Alia (UDC), colui che aveva inserito all'interno del pacchetto sicurezza l'emendamento di cui ho parlato sopra, ha votato contro, addirittura definendo tutto il ddl inutile e pericoloso. Questo la dice lunga su molte cose.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

A me sembra che ci sia una sostanziale differenza tra il dire di non essere d'accordo sul contenuto di una legge o invitare una o più persone ad avere comportamenti contrari a quanto prevede la legge. Nel primo caso c'è l'espressione di un libero pensiero, nel secondo c'è l'istigazione a commettere un reato.

Andrea Sacchini ha detto...

>Nel primo caso c'è l'espressione di un libero pensiero, nel secondo c'è l'istigazione a commettere un reato

I reati d'opinione, per quel che mi risulta, sono reati che non sono inquadrati dalla legge in maniera definita, e che potrebbero quindi sovrapporsi con la manifestazione del pensiero dell'individuo, un diritto tutelato dall'articolo 21 della Costituzione. I provider potrebbero trovarsi quindi ad agire come setacci della libera espressione.

Non mi sembra una grande prospettiva.

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