Una delle sensazioni preponderanti che ho avvertito durante la lettura di questo libro è stata l'incredulità. A grandi linee conoscevo la storia tragica dello stalinismo, ma leggerla dettagliatamente, in maniera documentata, nella sua interezza e in tutti i suoi particolari è un altro paio di maniche. In certi momenti, specialmente durante la lettura dei capitoli in cui è descritta l'organizzazione e il funzionamento dei famigerati campi di lavoro, più noti col nome di gulag, ho avuto l'impressione di avere tra le mani Se questo è un uomo, di Primo Levi, e non un libro sullo stalinismo. Ma i gulag non sono in fondo che un aspetto, forse neppure il più importante, dei sistemi congegnati da Stalin per arrivare al potere assoluto.
Stalin arrivò ai vertici dello Stato agli inizi degli anni Venti del secolo scorso, quando, alla morte di Lenin, grazie alle sue determinazione, ambizione e ablilità politica riuscì a diventare segretario generale del PCUS, il Partito comunista dell'Unione Sovietica, la carica politica più alta dell'Unione Sovietica di allora. Le prime due importanti riforme che fece, in campo economico, furono la collettivizzazione in agricoltura e l'adozione dei piani quinquennali nell'industria per favorire il rapido sviluppo dell'industria pesante. Furono due riforme fallimentari (la collettivizzazione fu duramente osteggiata dalla quasi totalità dei contadini dell'intero paese) che generarono nei primi anni Trenta una crisi economica e alimentare, una vera e propria carestia, che fece svariati milioni di morti. Scrive l'autore: "Mediante una combinazione abilmente preparata di crudeltà spietata e di misure economiche, verso la fine del 1932 si raggiunse la collettivizzazione quasi completa della maggior parte delle campagne. I contadini rimasti nei villaggi furono sottoposti a richieste di quantità di grano che non erano in grado di soddisfare. Nel 1932 e 1933 l'Ucraina, il Caucaso e il basso Volga soffrirono una terribile carestia. Il raccolto di grano era sufficiente ma venne prelevato fino all'ultimo chilo. Un recente resoconto sovietico dichiara: 'Quella carestia fu scientemente organizzata da Stalin'. [...] Si dovette tuttavia attendere fino al 1988 per vedere apparire su pubblicazioni sovietiche un rapporto completo sull'impatto, sul metodo e sulle motivazioni di questo e altri metodi dello stalinismo. La mortalità seguita alla carestia non fu inferiore ai 6 o 7 milioni di individui. Il tributo di morte tra i contadini nell'intero periodo dal 1930 al 1933 viene stimato, in recenti pubblicazioni sovietiche, pari a circa 10 milioni di persone, una cifra più alta dei morti fra tutti i belligeranti della Prima guerra mondiale."
A partire dalla metà degli anni Trenta cominciò il periodo che dà il nome al libro, quello del Grande Terrore. Furono gli anni della famose/famigerate Purghe, che con più o meno vigore rimasero attive fino alla sua morte. Stalin congegnò e mise in atto questo sistema "Per distruggere e disorganizzare tutte le possibili fonti di opposizione alla sua avanzata verso il potere assoluto." Ciò che maggiormente stupisce è che quello messo in moto da Stalin non fu un sistema repressivo che aveva come fine quello di salvaguardare una ideologia politica, cosa che in fondo non importava più di tanto neppure a lui, ma esclusivamente quello di consentirgli di conquistare e mantenere il potere, e qui comincia la parte del libro che suscita quell'incredulità cui accennavo sopra.
Per fare ciò, infatti, Stalin diede il via a una campagna tremenda di arresti, deportazioni, fucilazioni, esecuzioni sommarie, processi farsa. Agli oppositori politici, di cui i trockisti erano solo una minima parte, venivano contestate accuse di cospirazionismo per la stragrande maggioranza totalmente infondate. Sul "nemico" che si voleva eliminare si costruivano falsi dossier, spesso inventati e scritti di sana pianta da Stalin stesso; sulla base di questi falsi dossier la persona presa di mira veniva tratta in arresto dalla polizia politica di Stalin (la famigerata NKVD), rinchiusa in carcere e avviata agli interrogatori, interrogatori che naturalmente, su espressa raccomandazione dello stesso Stalin, erano accompagnati dalle più crudeli forme di tortura, una tortura talmente disumana e degradante che chi sopravviveva alla fine confessava qualsiasi cosa. Da qui in poi, il processo farsa che ne seguiva si concludeva o con la condanna a morte o con la deportazione nei gulag, e la prima soluzione era sicuramente da preferire.
Per cadere nelle grinfie dell'apparato repressivo di Stalin bastava un niente: un accenno di discorso che uscisse dall'ortodossia, una parola, un pensiero, uno scritto, qualsiasi cosa che mostrasse una piccola autonomia di pensiero. La delazione era incoraggiata ed era diffusissima, perché si basava sull'assunto che chi non denunciava poteva essere a sua volta incriminato come fiancheggiatore, in un circolo vizioso e perverso di cui non si vedeva la fine. Con questo sistema Stalin eliminò oppositori veri o presunti, e le vittime non erano solo individuate nell'ambito politico, ma in quello amministrativo, militare, culturale, dirigenziale, industriale. I vertici dell'Armata Rossa furono arrestati e avviati ai campi di lavoro o uccisi sommariamente. Al culmine delle Purghe circa l'80% dell'apparato dirigenziale dell'esercito russo era stato eliminato. Stesso destino toccò alla Marina e all'Aviazione. Negli anni 1937 e 1938 il periodo del terrore raggiunse l'apice. Non venivano più perseguiti solo appartenenti all'ambito politico, amministrativo, militare, ma anche persone comuni: operai, contadini, insegnanti, professionisti vari (ingegneri, architetti, medici, ricercatori ecc.). Sentire bussare alla propria porta alle due di notte e trovarsi in casa i "poliziotti" della NKVD che ti traevano in arresto era diventata la paura più grande di ogni abitante dell'Unione Sovietica. Stalin aveva raggiunto il potere assoluto.
Ci sarebbe a questo punto da dire qualcosa sui famigerati gulag, ma lascio stare. Per dare un'idea di cosa sono stati i campi di lavoro di Stalin potere leggere il già citato Se questo è un uomo, di Primo Levi. Qui mi limito a riportare che nei gulag, nei soli due anni presi in esame, furono internate circa otto milioni di persone, fra cui donne e bambini, di cui ne sopravvissero il 20% circa, gli altri morirono di freddo, fame e stenti. Il totale delle vittime di tutta l'era staliniana è prudentemente stimato in circa venti milioni di persone, che è il dato oggi dichiarato in URSS. Mi fermo qui. Ci sarebbe più di una riflessione da fare su questo tragico periodo storico dell'Unione Sovietica, ma non mi ci avventuro, almeno per ora, perché mi occorrerebbe un post solo per questo. Vi basti, per ora, la sintetica e necessariamente incompleta descrizione.
4 commenti:
Credo che neppure Hitler sia mai attivato a tanto. Incredibile.
No, ma, senza voler scendere in paragoni, ci sono comunque delle differenze tra i due, la principale delle quali sta nel fatto che Hitler rimane l'unico ad aver messo in atto il proposito di sterminare un popolo per il solo fatto di essere quel popolo, una pianificazione meticolosa e "industriale" dello sterminio che rimane a tutt'oggi ineguagliata.
Ho appena letto su Wikipedia cosa disse Sandro Pertini in occasione della morte di Stalin: «Il compagno Stalin ha terminato bene la sua giornata, anche se troppo presto per noi e per le sorti del mondo. L'ultima sua parola è stata di pace. [...] Si resta stupiti per la grandezza di questa figura che la morte pone nella sua giusta luce. Uomini di ogni credo, amici e avversari, debbono oggi riconoscere l'immensa statura di Giuseppe Stalin. Egli è un gigante della storia e la sua memoria non conoscerà tramonto». Possibile che il nostro compianto presidente fosse così all'oscuro dei crimini del "compagno"?
Non ti so rispondere. Questa frase di Pertini fa parte di scritti più articolati pubblicati nel 1949. Stalin morirà quattro anni dopo. Mi piacerebbe pensare che Pertini non sapesse di ciò il "compagno" stava combinando in Unione Sovietica da più di dieci anni, ma lo trovo improbabile.
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