martedì 26 gennaio 2010

Tragedie e torpore

Penso che siate al corrente tutti, magari anche solo per averlo sentito di sfuggita, della tragedia successa a Favara. E' vero che ormai a queste cose non fa più caso nessuno, visto che sono disastri ormai all'ordine del giorno, però questa volta sono rimaste sotto le macerie due bambine; e la prossima volta? Insomma, due conti, bene o male, con queste cose ci toccherà farli prima o poi. Perché mi pare che non basti più la scusante patetica e anche irritante, che si è sentita in vari tiggì, della "zona degradata". Sì, è successa la tragedia, ma sapete com'è, la zona era degradata - come se questa fosse una sorta di giustificazione.

Ora, è vero che Favara, oltre a tutto il resto, paga il prezzo di una situazione amministrativa surreale, di cui sono responsabili tutti, che si trascina da più 30 anni, ma è anche vero che nella medesima situazione ci sono un terzo degli edifici che in Italia si trovano nei centri storici delle città. Scriveva Sergio Rizzo, sul Corriere, un paio di giorni fa:

Scorrendo un recente dossier del Wwf si scopre che dal 1994 sono stati riempiti di costruzioni 3,5 milioni di ettari, dei quali due milioni di terreni agricoli: come Lazio e Abruzzo messi insieme. Ormai è impossibile tracciare un cerchio di 10 chilometri di diametro «senza intercettare una zona costruita». Un fatto che indigna la Coldiretti: «In Italia i centri storici sono degradati perché si preferisce cementificare le campagne dove negli ultimi 40 anni è scomparso quasi un terzo del territorio agricolo». L’architetto e urbanista Aldo Loris Rossi ha calcolato che un terzo del patrimonio immobiliare italiano sia a rischio. Circa 40 milioni di vani, realizzati tra la fine della seconda guerra mondiale e il 1975: case tirate su senza alcuna precauzione asismica, pur essendo in zone dove la terra trema, o semplicemente costruite male. Un periodo durante il quale abbiamo assistito a un’espansione edilizia senza precedenti, proseguita selvaggiamente negli ultimi quindici anni, nonostante la popolazione sia rimasta sostanzialmente stabile. Al punto che oggi il 20% del patrimonio abitativo è vuoto: calcolo, naturalmente, per difetto, se si considerano le case abusive che continuano a spuntare come i funghi. l’Italia del piano casa e delle new town di Silvio Berlusconi è un Paese dove ci sono 120 milioni di vani abitativi, due per ogni residente. Neonati compresi. Un Paese che negli ultimi quindici anni ha approvato due devastanti condoni edilizi, che hanno regolarizzato costruzioni spesso realizzate senza osservare le minime regole di sicurezza strutturale. Soltanto in Sicilia, nei dieci anni intercorsi fra un condono e l’altro sono apparse 70.047 case abusive.

Insomma, il problema è sempre quello: le cose si sanno ma nessuno fa niente. Le tragedie accadono, si ripetono a ritmo costante; i politici vengono dopo, ipocritamente, a omaggiare le vittime ma la situazione non cambia. Della sicurezza e della prevenzione non frega niente a nessuno. Il sindaco del paese, subito dopo la tragedia, ha dichiarato: "effettueremo ulteriori esami approfonditi insieme ai tecnici e al genio civile per conosere la situazione esatta della zona." Ma come? Non potevano farli prima? In 30 anni non hanno avuto tempo? Evidentemente no; forse, chissà, non era conveniente.

Meglio pensare al ponte sullo stretto.

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