domenica 20 dicembre 2009

Scalfari su inciucio e altre storie

Mi piace l'editoriale che ogni domenica Scalfari scrive su Repubblica. Spesso infatti contribuisce, col suo stile semplice, lineare e a volte un po' pungente, a mettere in luce molti aspetti e molti "dietro le quinte", che magari a prima vista sfuggono, di ciò che lo scenario della politica ha offerto durante la settimana. Ovviamente a uso e consumo di chi segue un po' la politica; gli altri possono tranquillamente saltare a piè pari.

Cito qui sotto alcune delle cose che ha scritto nell'editoriale di oggi.

Per esemplificare la sua battuta sull'utilità dell'inciucio D'Alema ha citato la decisione di Togliatti di votare, nell'Assemblea costituente del 1947, per l'inclusione del Concordato nella Costituzione italiana. Ma l'esempio è stato scelto a sproposito: la costituzionalizzazione del Concordato tra lo Stato e la Chiesa non fu affatto un inciucio ma un trasparente atto politico con il quale il Pci, distinguendosi dal Partito socialista e dal Partito d'azione, dichiarò la sua contrarietà a mantenere viva una contrapposizione tra laici e cattolici.

Si può non concordare con quella posizione; del resto la sinistra ha sempre privilegiato le lotte sociali rispetto alle cosiddette libertà borghesi, iscrivendo tra queste anche la laicità che non fu mai un cavallo di battaglia del Pci. Si può non condividere ma, lo ripeto, l'inciucio è tutt'altra cosa e D'Alema lo sa benissimo.
Credo di sapere perché D'Alema ha scelto di usare quel termine così peggiorativo: vuole stupire, gli piace esser citato dai "media", è una civetteria di chi, essendo molto sicuro di sé, sfida e provoca e si diverte.
[...]
Berlusconi vuole il dialogo. Che cosa vuol dire dialogo? Lo spiega quasi ogni giorno sul "Foglio" Giuliano Ferrara. Lo spiegano gli editorialisti terzisti "ad adiuvandum": dialogo vuol dire mettersi d'accordo sul percorso da seguire e poi attuarlo con leale fedeltà a quanto pattuito. Insomma un disarmo. Unilaterale o bilaterale? Vediamo.

Berlusconi chiede: la legge sul legittimo impedimento come strumento-ponte che lo metta al riparo fino al lodo Alfano attuato con legge costituzionale; rottura immediata tra Pd e Di Pietro; riforme costituzionali e istituzionali secondo lo schema Verdini. In contropartita Berlusconi promette di parcheggiare su un binario morto la legge sul processo breve e di "riconoscere" il Pd come la sola forma di opposizione.

Va aggiunto che Berlusconi non pretende che il Pd voti a favore della legge sul legittimo impedimento; vuole soltanto che essa non sia considerata dal Pd come un ostacolo all'accordo sulle riforme.

Vi sembra un disarmo bilaterale? Chiaramente non lo è. Chiaramente sarebbe un inciucio di pessimo odore.
In una Repubblica parlamentare il dialogo si svolge quotidianamente in Parlamento. Le forze politiche presentano progetti di legge, il governo presenta i propri, il Capo dello Stato vigila sulla loro costituzionalità, i presidenti delle Camere sulla ricevibilità di procedure ed emendamenti nonché sul calendario dei lavori badando che anche i progetti di legge formulati dall'opposizione approdino all'esame parlamentare.

Non si tratta dunque di un dialogo al riparo di occhi indiscreti ma d'un confronto aperto e pubblico, con tanto di verbalizzazione.

Quanto alla richiesta politica di rompere con Di Pietro, non può essere una condizione in vista di una legittimazione di cui il Pd non ha alcun bisogno e che la maggioranza non ha alcun titolo ad offrire. Come risponderebbe Berlusconi se Bersani gli chiedesse di rompere con la Lega? Che non è meno indigesta di Di Pietro ad un palato democraticamente sensibile ed anzi lo è ancora di più?

La conclusione non può dunque essere che l'appuntamento in Parlamento. Il punto sensibile è l'assalto alla Costituzione repubblicana. Ci sarà un referendum confermativo poiché sembra molto difficile una riforma condivisa. A meno che il premier non receda dai suoi propositi che, nella versione Verdini, sono decisamente eversivi. Uso questa parola non per odio verso chicchessia ma per amore verso lo Stato di diritto che è condizione preliminare della democrazia.

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