Mentre i paesi civili si stanno ingegnando in tutti i modi per trovare soluzioni che agevolino e favoriscano la diffusione e la penetrazione della rete internet all'interno del tessuto sociale (vedi ad esempio Obama), da noi si continua a discutere dell'esatto contrario. E cioè che cosa fare per cercare di limitare il più possibile il suo utilizzo.
Ogni legislatura (in questo caso destra o sinistra è irrilevante) si è infatti contraddistinta per aver messo in campo provvedimenti in questo senso. Ricordate, ad esempio, la famigerata Prodi-Levi, l'aberrante proposta di legge che tra le altre cose obbligava i blogger a iscriversi in un apposito registro e che all'epoca fece ribaltare dalle risate il mondo intero?
Questo governo, che tra la marea di meraviglie partorite finora aveva fino a ieri un disegno di legge per incarcerare i giornalisti, non poteva ovviamente essere da meno. E infatti c'è ancora in ballo il ddl D'Alia, disegno di legge di cui ho già parlato in maniera articolata qui e che quindi non vi sto a raccontare di nuovo.
Di nuovo c'è solo il fatto che il provvedimento, contenuto all'interno del famoso decreto sicurezza, di cui tanto si parla anche per altri motivi, è per ora passato al Senato e attende di essere vagliato dalla Camera. La rete, o perlomeno molti esponenti di questa che hanno deciso di non starsene con le mani in mano, hanno da tempo messo in campo varie iniziative per sensibilizzare il più possibile gli utenti e cercare di aprire un dialogo anche con l'autore di questo emendamento.
Il risultato (per la verità poco confortante) è una tavola rotonda organizzata per fare un po' il punto della situazione. Tavola rotonda a cui hanno partecipato politici, blogger ed esperti del settore internet dal punto di vista giuridico. Incontro che è stato messo online sul sito dell'Espresso, a cui, se la cosa vi interessa, vi rimando.
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