mercoledì 18 marzo 2009

Per i cani randagi c'è la "soluzione finale"

Nel nostro paese se non ci inventiamo una nuova emergenza ogni due o tre giorni non siamo contenti. Adesso, dopo il tragico fatto avvenuto a Modica domenica scorsa, leggendo i titoli dei giornali pare che siamo di fronte - neanche non ne avessimo già a sufficienza - a un'altra gravissima emergenza: i cani randagi.

Naturalmente il fatto accaduto è tragico e grave, così come è grave quello analogo che, neanche a farlo apposta, si è verificato giusto ieri più o meno nella stessa zona; ma se di emergenza si tratta, non si tratta di una di quelle che all'improvviso piovono dal cielo, come sembra vogliano darci da intendere i giornali, ma si tratta solo delle conseguenze che derivano dall'abitudine tutta italiana di scansare i problemi.

Pur con i dovuti e necessari distinguo, si sta infatti verificando quello che è accaduto con la vicenda Englaro: i problemi si rimandano, si evita di affrontarli quando sono ancora in fase embrionale finché questi si trasformano in emergenza e per risolverli si ricorre a misure drastiche, inutili e partorite sull'onda emozionale degli avvenimenti, come appunto la decisione della Procura di Modica che - secondo quanto scrive Repubblica - ha autorizzato i Carabinieri ad abbattere i cani randagi senza tanti complimenti. Decisione che ovviamente ha provocato le proteste dei veterinari.

"La proliferazione dei randagi incontrollati e le conseguenti ipotesi di abbattimento rappresentano il fallimento della prevenzione nel campo della sanità pubblica". Carlo Scotti, dell’Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani, responsabile del progetto Leavet, dichiara che «l’emergenza randagismo è un fenomeno cronico nel nostro Paese, tanto più nel Sud, sottovalutato da decenni e ancora affidato ad una legge della prima Repubblica, la 281 [questa, nda], che ha palesato nel tempo tutti i suoi limiti attuativi, ritardi scientifici e sprechi economici. Nel frattempo la medicina veterinaria ha fatto passi da gigante sul fronte della prevenzione e della gestione degli animali senza proprietario, elaborando studi e programmi di intervento nei canili. Tutte conquiste ignorate». (fonte)

Come al solito (in Italia), quando si verifica un'emergenza comincia il penoso spettacolo dello scaricabarile, in questo caso gentilmente offerto da comuni e stato. I primi affermando che manca una legislazione di riferimento a cui attenersi e i fondi per poter gestire il fenomeno, e il secondo - lo stato - affermando che la legislazione invece c'è eccome, e pure i soldi.

«Comuni e Regioni colpevoli di non aver controllato il fenomeno». L'accusa, scagliata dal sottosegretario al Welfare, Francesca Martini, è condivisa da etologi, animalisti e da chi, politicamente, ha posizioni opposte a quelle del governo. «Dal 2001 a oggi in base alla legge per la lotta al randagismo sono stati stanziati 30 milioni di euro. Le pubbliche amministrazioni non li hanno utilizzati, le domande sono rimaste inevase nei nostri uffici perché prive di documentazione», punta l'indice la Martini, intervenuta in modo rigoroso ed efficace nelle politiche per il benessere animale. (fonte)

Chi ha ragione? Non si sa. Per adesso abbattiamo tutti i cani e non pensiamoci più. Poi si vedrà.

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