Brevemente, i primi tre articoli del disegno di legge sono stati stralciati e sostituiti da uno unico, e tra le norme abolite c'è sicuramente, almeno per ora, quella dell'obbligatorietà di rivolgersi ogni tre anni a un notaio per certificare le proprie volontà, una norma che pareva fatta apposta per essere disattesa. Altre modifiche sono (cito da cittadinolex):
Un altro emendamento, poi, garantisce che in condizioni di morte prevista come imminente, il medico possa astenersi da trattamenti straordinari non proporzionati, non efficaci o non tecnicamente adeguati rispetto alle condizioni cliniche del paziente o agli obiettivi di cura. Inoltre viene riconosciuto il diritto del paziente ad essere protetto contro il dolore attraverso l'applicazione di tutte le terapie antidolorifiche disponibili, si promuove la diffusione della cure palliative.
Insomma, qualcosa pare muoversi. Ma il vero nodo, quello che ha provocato la rottura dei tentativi di dialogo, rimane il famigerato comma 6 dell'art. 5:
Alimentazione ed idratazione, nelle diverse forme in cui la scienza e la tecnica possono fornirle al paziente, sono forme di sostegno vitale e fisiologicamente finalizzate ad alleviare le sofferenze e non possono formare oggetto di Dichiarazione Anticipata di Trattamento.
Finché non si metterà mano a questo obbrobrio legislativo, che di fatto è quello attraverso cui lo stato si sostituisce alla persona e decide al posto suo, le posizioni saranno sempre (giustamente) inconciliabili.
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