giovedì 31 dicembre 2020
Probabili cadute
mercoledì 30 dicembre 2020
martedì 29 dicembre 2020
Il mio 2020 in libri
2) Tonio Kröger / La morte a Venezia / Cane e padrone - T. Mann
3) Fascismo. Formazione, evoluzione e caduta del Partito Nazionale Fascista - G. Bernati
4) Confessioni del cavaliere d'industria Felix Krull - T. Mann
5) E il Signore parlò a Mosè. Come la Bibbia divenne sacra - M. L. Satlow
6) La montagna incantata - T. Mann
7) La Bibbia non è un libro sacro - M. Biglino
13) Lo sciamano - N. Gordon
14) Galileo - A. Bossi
15) La grande guerra - G. Palitta
16) Il conte di Montecristo - A. Dumas
17) I luoghi di confino - A. Foa
18) Danubio - C. Magris
19) Lutero, la parola e la Riforma - F. Meloni
20) Cuore - E. De Amicis
21) Baudolino - U. Eco
22) Le rose di Atacama - L. Sepúlveda
23) L'abate nero - E. Wallace
24) Il vecchio che leggeva romanzi d'amore - L. Sepúlveda
25) Se non ora, quando? - P. Levi
26) Physique du role - G. Faletti
27) Le avventure di Huckleberry Finn - M. Twain
28) Il verde desiderio - A. Myrer
30) Vivere stanca - Jean-Claude Izzo
47) Suite francese - I. Némirovsky
domenica 27 dicembre 2020
Vaccino anti-covid? Si, grazie
Inferiore al desiderio
sabato 26 dicembre 2020
Salvini e i clochard
venerdì 25 dicembre 2020
Gli ultimi giorni di quiete
A cosa serve la politica?
Si tratta di uno di quei libri che forse sarebbe meglio non leggere, perché si chiude l'ultima pagina con la quasi certezza che questo paese non risalirà più dall'abisso in cui è precipitato. Le cause della caduta in questo abisso sono più o meno note, almeno a chi abbia una qualche conoscenza delle vicende storico-politico-sociali che hanno caratterizzato l'Italia degli ultimi otto lustri, ma vedersele inanellare in una sequenza così lucida e spietata, offre pochi margini di speranza.
Piero Angela, con la linearità e la chiarezza che gli sono consuete, inizia questo saggio con una considerazione molto interessante che, in generale, mi pare venga pensata sempre molto poco, e cioè che non è la politica a determinare il grado di benessere di un paese. Quante volte, se ci pensate, tendiamo a dare ogni responsabilità della marea di cose che non vanno alla politica e ai politici? Non è così, o almeno non è solo così, anche se la politica ha le sue innegabili responsabilità. Per chiarire questo concetto, Angela fa un esempio. Scrive:
"Prendiamo due paesi molto distanti dal punto di vista economico: Svezia e Romania. Gli svedesi hanno un reddito pro capite di 47.500 euro. I romeni di soli 9.600 euro. Un vero abisso. Immaginiamo che un politico romeno si presenti alle elezioni e dica: 'Cari concittadini, se mi eleggerete vi farò avere salari svedesi e anche pensioni, assistenza, asili nido, ospedali, di tipo svedese...' Potrebbe mantenere le sue promesse? Ovviamente no. Perché no? Rispondere a questa domanda significa capire come funziona la "macchina della ricchezza". E anche la "macchina della povertà". [...] È infatti radicata l'idea che sia la politica a determinare il benessere di un paese. E che, cambiando maggioranza, si possano ottenere cose che in realtà non dipendono dalla politica. E che non dipendono neppure dalla capacità di lottare per ottenerle. Infatti, anche se i cittadini romeni riempissero le piazze di cortei, e scioperassero a oltranza, non riuscirebbero comunque ad avere salari svedesi, e neppure pensioni, assistenza, asili nido, ospedali di tipo svedese. Perché? Perché esistono dei meccanismi che portano una società a essere sviluppata o arretrata indipendentemente dalla "politica" come è intesa comunemente. Il politico è infatti il pilota, ma senza macchina non può andare da nessuna parte. Soprattutto se, come spesso avviene, in politica si dibatte continuamente sui ricambi di maggioranza ma non su come migliorare le prestazioni del paese."
Il concetto mi sembra chiaro. Qui entra in gioco la responsabilità della "macchina" cui accenna Angela, macchina che è la società, cioè noi, che va a sommarsi alle responsabilità della politica. La critica più grossa che si può rivolgere alla politica, infatti, è di non essere mai stata lungimirante, non avere investito, escluse poche e lodevoli eccezioni, in programmi e visioni a lungo termine, che scavalcassero la mera contingenza e la ricerca del consenso immediato per ragionare in termini di generazioni piuttosto che delle successive elezioni. E questo, più o meno, è già da tempo noto a tutti.
La seconda critica feroce che si può attribuire alla politica, critica figlia del concetto appena accennato, è il non investire in quei fattori che possono produrre ricchezza. È infatti cosa nobile adoperarsi per ridistribuire ricchezza cercando così di smussare le disuguaglianze, ma questa ricchezza non è inesauribile e se non ci si adopera per produrla, si arriva a un punto in cui non c'è più nulla da poter ridistribuire. Come si produce ricchezza? Investendo in cultura, educazione, scuola, ricerca, scienza, tutti ambiti in cui, guarda caso, si sono sempre tagliate risorse, tagli fatti da governi di qualsiasi colore politico. Se si opera in questo modo e si pretende di produrre ricchezza aumentando il debito, tagliando in maniera lineare e aumentando il livello di tassazione, la via del baratro è assicurata.
Grandi paesi come Giappone, Cina, India, hanno capito da molti anni questa filosofia e la mettono in pratica, incentivando la meritocrazia, investendo in ricerca, scuola, scienza, e i risultati oggi si vedono, certificati da aumenti di benessere, PIL, peso sempre maggiore nelle dinamiche geopolitiche mondiali. Alle mancanze della politica nostrana si aggiunge poi la nota indole di gran parte delle italiche genti, da sempre adagiate in una sorta di connivenza interessata nei confronti dei "mali" che affliggono la politica (corruzione, piccoli interessi particolari invece che generali ecc.). In pratica sì, ci si lamenta dell'inefficienza e del malaffare che pervade la politica ma poi, spesso, nel proprio piccolo, si tende ad assumere atteggiamenti che poco hanno di diverso da ciò per cui poi ci si lamenta.
In definitiva, a cosa serve oggi la politica? A nulla, dal momento, oltretutto, che a decidere oggi è solo l'economia e il mercato. Ai politici è rimasto giusto il ruolo di presentarsi in tv in veste di aggregatori di passioni (destra e sinistra), poco altro. Un grosso in bocca al lupo a noi, ne avremo enorme bisogno nel prossimo futuro.
giovedì 24 dicembre 2020
Buone feste
martedì 22 dicembre 2020
Piero
domenica 20 dicembre 2020
Sul trattare i seguaci come stupidi
La lavatrice
sabato 19 dicembre 2020
Genesi (quella vera)
Di Guido Tonelli avevo già accennato qui. L'anno scorso ha pubblicato un saggio, quello che vedete nell'immagine sopra, in cui racconta, alla luce delle ultimissime scoperte scientifiche, come e perché è nato l'universo. Bene, questo saggio l'ho divorato in due giorni. Avevo già avuto modo di conoscere l'efficacia retorica e affabulatrice dello scienziato dalle tante sue conferenze che si trovano su YouTube, ora ho potuto saggiare anche le sue notevoli potenzialità letterarie.
Perché è intrigante, questo libro? In primo luogo perché è scritto in uno stile comprensibile anche a chi, come lo scrivente, ha poche o nulle nozioni di fisica; in secondo luogo perché - e qui parlo a titolo personale - sapere quando, come e perché è nato quella specie di "sacco" (Tonelli mi perdoni) senza confini che abitiamo è una delle storie più affascinanti che ci siano. E se per conoscere questa affascinante storia occorre imbattersi in qualche indispensabile tecnicismo scientifico, che comunque Tonelli ha ridotto al minimo indispensabile, beh, il gioco vale sicuramente la candela.
Naturalmente non posso qui riassumere le oltre duecento pagine del volume, mi limito brevemente ad accennare alcuni dei concetti che mi hanno colpito di più. Il primo è la data di nascita. Il nostro universo (l'utilizzo di questo pronome non è casuale, dal momento che è possibilissimo che là fuori ce ne siano altri) ha 13,8 miliardi di anni ed è nato dal vuoto, o meglio da una "fluttuazione" dello stato di vuoto. A questo proposito, Tonelli distingue tra vuoto e nulla, che noi spesso tendiamo a considerare sinonimi. Non è così: il nulla è un concetto filosofico, un'astrazione, il vuoto è un concetto fisico. Confesso di non aver neppure io mai pensato a questa distinzione.
In sostanza, il vuoto è ciò che c'era prima del Big Bang, anche se in questo contesto il concetto di "prima" non ha senso, dal momento che lo spazio e il tempo entrano in scena assieme alla massa-energia. Si tratta di un paradosso che si accetta per comodità divulgativa, e già qui ci si imbatte nell'intrinseco fascino nascosto nella domanda: cosa c'era prima che nascesse il tempo? In realtà, come scrive Tonelli, il vuoto "è un sistema fisico molto peculiare che, nonostante il nome francamente fuorviante, è tutt'altro che vuoto. Le leggi della fisica lo riempiono di particelle virtuali che appaiono e scompaiono a ritmi forsennati, lo affollano di campi di energia i cui valori attorno allo zero fluttuano continuamente. Chiunque può prendere a prestito energia dalla grande banca del vuoto e vivere un'esistenza tanto più effimera quanto maggiore è il debito che ha contratto."
Come dicevo, non posso qui riassumere tutto il libro, vi bastino i pochi cenni qui sopra. Se tutta la storia vi intriga come intriga me, consiglio l'acquisto del volume o, alternativa più comoda, il suo riassunto direttamente dalla sua voce.
Evoluzioni (?) aziendali
giovedì 17 dicembre 2020
San Gennaro
martedì 15 dicembre 2020
"Se qualcuno morirà, pazienza"
Arecibo e noi
lunedì 14 dicembre 2020
Gilioli chiude
domenica 13 dicembre 2020
Dichiarazioni
sabato 12 dicembre 2020
Perché i classici
Mercato
venerdì 11 dicembre 2020
Il prof di chimica
giovedì 10 dicembre 2020
Il silenzio (dei politici)
Paolo Rossi
martedì 8 dicembre 2020
Lo pneumatico e il sasso
domenica 6 dicembre 2020
Sul rialzarsi
sabato 5 dicembre 2020
Sulla lunghezza dei post
Ho notato che alcuni blogger tendono a interrogarsi relativamente alla lunghezza dei post sui blog, sia come autori dei propri scritti che come lettori di blog altrui. Gli ultimi a farlo sono stati Moz e Claudia. La cosa mi stupisce abbastanza, se devo essere sincero, per il semplice motivo che, personalmente, nella mia lunga carriera di blogger non mi sono mai posto questo tipo di problema, ammesso che di problema si tratti. Comunque, sintetizzando, mi pare di capire che, in generale, si tende a scrivere post brevi e condensati piuttosto che lunghi e articolati. In primo luogo perché la brevità e la sintesi costituiscono una maggiore attrattiva, per il lettore, rispetto alla lunghezza e alla prolissità, e questo è innegabile; in secondo luogo perché si presuppone che il pubblico che passa in rassegna i vari blog disponga di un tempo relativamente limitato e abbia piacere di leggere un po' di tutto.
Personalmente sono d'accordo con entrambe le considerazioni. D'altra parte viviamo ormai da tempo nell'era della velocità, della fretta, dei pensieri condensati nei famosi 280 caratteri di twitter e delle interazioni immediate e generalmente poco ponderate, quindi è normale che chi ambisca ad ammantare di un certo successo la propria attività di blogger debba per forza valicare le forche caudine dell'immediatezza e della sintesi. Per quanto mi riguarda, i molti anni trascorsi da quando vergai il primo post su queste pagine - correva il 2006 - ne hanno significativamente modificato struttura e funzione, modifiche che rappresentano evidentemente il riflesso del mio modo di concepire questo strumento.
Agli inizi dedicavo molto del mio tempo libero al blog, scrivevo post generalmente approfonditi e articolati in tema di politica, società, informatica, e avevo, giocoforza, un elevato numero di lettori. Poi, col tempo, altre passioni si sono affacciate e hanno preso il sopravvento sul blog, tanto che oggi questa attività occupa una parte molto marginale del mio tempo libero e il blog si è trasformato in una specie di diario in cui, a cadenza abbastanza irregolare, butto giù velocemente pensieri e considerazioni sparse e slegate tra loro. Questo è il motivo per cui, oggi, ho pochi lettori (ma affezionati) e pochi commentatori, cosa di cui ovviamente non mi lamento perché si tratta di una precisa scelta. Oltretutto, interagisco poco con la blogosfera, per cui non è che possa pretendere chissaché, dal momento che, checché se ne dica, nel mondo del blogging vale il do ut des.
Tirando un po' le somme, non mi sono mai posto il problema della lunghezza dei post per il semplice motivo che non mi sono mai posto il problema di essere apprezzato da chi legge. Non per snobismo, intendiamoci, ma perché, come ho già chiarito, lo scopo principale per cui bloggo non è quello di essere un blogger di successo, ma semplicemente quello di scrivere ogni tanto i pensieri che mi passano per la testa, esattamente come farei in un diario. Questo tipo di approccio al blog è la causa del suo poco successo, è vero, ma mi consente di poter scrivere in totale libertà ciò che voglio scrivere, senza preoccuparmi di dover aggiustare lunghezze e parametri vari per attirare un maggior numero di lettori. In sostanza, io scrivo più per me che per i lettori, per cui godo della libertà di fare ciò che voglio, anche a costo di risultare magari antipatico.
Una delle più belle canzoni di Pierangelo Bertoli, A muso duro, recita:
Non so se sono stato mai poeta e non mi importa niente di saperlo / riempirò i bicchieri del mio vino, non so com'è però vi invito a berlo / e le masturbazioni cerebrali le lascio a chi è maturo al punto giusto / le mie canzoni voglio raccontarle a chi sa masturbarsi per il gusto.
Lo spirito del mio bloggare è tutto in queste righe. Prendere o lasciare.
Due minuti
I balli russi
Nella frenesia di tali appuntamenti danzanti era regola che tutti ballassero con tutti, scambiandosi i rispettivi partner ad ogni cambio di danza. "Mi concede questo ballo?" era la frase d'ordinanza che permetteva ai signori di invitare al ballo le signore. Dal momento che tali appuntamenti erano sempre affollatissimi, ad ogni festa era possibile incontrare e conoscere moltissime persone. Conoscenze che spesso evolvevano in amicizie e storie sentimentali più o meno lecite.
E niente, pensavo che gli appuntamenti danzanti di quei tempi erano un po' gli equivalenti ottocenteschi degli odierni social network.
giovedì 3 dicembre 2020
Tra bar e chiese
martedì 1 dicembre 2020
Tempo e qualità del tempo
Rosa Parks e oggi
Anna Karenina
lunedì 30 novembre 2020
The Wall
domenica 29 novembre 2020
[...]
sabato 28 novembre 2020
Altri 132 voti
venerdì 27 novembre 2020
L'uccisione del drago
giovedì 26 novembre 2020
Televisione e scienza
martedì 24 novembre 2020
Il golpe Borghese
Normalità
lunedì 23 novembre 2020
Un'altra leggina per lui
domenica 22 novembre 2020
Parole amate
Voce nel deserto
sabato 21 novembre 2020
Sulla morte
Salvare il Natale
venerdì 20 novembre 2020
Vaccino a gennaio?
Il Papa e la modella
mercoledì 18 novembre 2020
La maestra e i personaggi squallidi
martedì 17 novembre 2020
Stay
domenica 15 novembre 2020
Perché è nato l'universo
Carola Rackete
Natale e pandemia
sabato 14 novembre 2020
Di vaccini e di barbieri
giovedì 12 novembre 2020
Patriots
Rifarei tutto
Indipendentemente da quale sarà la sentenza, dire "Rifarei ciò che ho fatto", "Rifarei tutto" ecc., cosa che si sente sp...
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Sto leggendo un giallo: Occhi nel buio, di Margaret Miller. A un certo punto trovo una frase, questa: "Qualche minuto più tardi la luc...
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L'estate scorsa ho comprato una macchina nuova, una normale utilitaria senza pretese, pagata per metà a rate perché qua non si nuota nel...
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Nel racconto Direttissimo , di Dino Buzzati, si narra di un misterioso viaggiatore che sale su un treno, un treno potente, veloce, che scalp...