domenica 27 dicembre 2020

Inferiore al desiderio

Nel racconto Il borghese stregato, di Dino Buzzati, Giuseppe Gaspari, commerciante in cereali di 44 anni, raggiunge moglie e figli nel paese di montagna in cui stanno trascorrendo le vacanze. Un giorno, durante una passeggiata solitaria, Giuseppe Gaspari si rende conto che quei luoghi l'hanno un po' deluso, non sono come si aspettava.

"Incamminatosi per una ripida mulattiera che saliva alla montagna, si guardava intorno a osservare il paesaggio. Ma, nonostante il sole, provava un senso di delusione. Aveva sperato che il posto fosse in una romantica valle con boschi di pini e larici, recinta da grandi pareti. Era invece una valle di prealpi, chiusa da cime tozze, a panettone, che parevano desolate e torve. Un posto da cacciatori, pensò il Gaspari, rimpiangendo di non essere potuto mai vivere, neppure per pochi giorni, in una di quelle valli, immagini di felicità umana, sovrastate da fantastiche rupi, dove candidi alberghi a forma di castello stanno alla soglia di foreste antiche, cariche di leggende. E con amarezza considerava come tutta la sua vita fosse stata così: niente in fondo gli era mancato ma ogni cosa sempre inferiore al desiderio, una via di mezzo che spegneva il bisogno ma mai gli aveva dato piena gioia."

Leggendo queste righe mi è venuto da pensare a quante volte capita anche a noi di lamentarci di quella "via di mezzo" che è la vita (l'ho fatto spesso anch'io). Magari stiamo bene, abbiamo un lavoro, la salute, un vivere quotidiano senza eccessive ansie o preoccupazioni. Eppure... manca sempre quel qualcosa, da qualche parte c'è un giardino che è sempre un po' più verde del nostro.

Tempo fa, mentre ero fuori a mangiare una pizza con alcuni colleghi (quando ancora si poteva), ricordo che si commentava la notizia di un tale che aveva realizzato una grossa vincita alla lotteria. "Beato lui che ha risolto tutti i suoi problemi!" ha commentato uno del gruppo, riscuotendo l'approvazione degli altri. Istintivamente anch'io ho pensato la stessa cosa. Poi ci ho riflettuto un po'. Ho raggiunto il mezzo secolo di vita, la salute bene o male c'è, ho un lavoro noioso e a volte pesante ma sicuro, ho una famiglia che fortunatamente gode di buona salute, insomma in generale le cose non mi vanno male. Però da qualche parte c'è sempre un giardino un po' più verde.

Il problema è che si tende sempre a guardare i giardini più verdi, molto difficilmente quelli più brulli, spelacchiati o spogli. In generale è molto difficile alzare lo sguardo e abbracciare con la vista un paesaggio e un panorama che esulino un po' dal piccolo ombelico in cui gravita la nostra vita. Se lo facessimo, magari ci accorgeremmo che quelli che noi consideriamo problemi (un lavoro noioso, qualche acciacco, i soldi che a volte sembra non bastino mai ecc.), per oceani di altre persone, là fuori, sarebbero fortune immense.

In realtà questo atteggiamento ha una sua ragion d'essere. Ho letto una volta in un libro di Vittorino Andreoli che la nostra mente tende a relazionarsi in misura maggiore con ciò che la circonda. Questo spiega perché se muore un nostro caro congiunto ci disperiamo, se muore un vicino di casa ci dispiace, se ogni minuto muoiono nel mondo dieci bambini di fame, pazienza. 

Da qualche tempo, compatibilmente con le mie capacità, ho cominciato ad evitare di lamentarmi dei "problemi" in cui m'imbatto, che non significa una rassegnata e passiva accettazione, ma l'approccio ad essi con la consapevolezza che, rispetto ai problemi veri che hanno moltitudini di persone, li posso considerare tranquillamente delle inezie. Poi magari non sono ancora bravo a mettere in pratica questo atteggiamento, ma ci provo, e può capitare che anche Buzzati mi dia una mano.

4 commenti:

  1. Molto interessante il tema del post (e complimenti per la scrittura). Esattamente al confine tra realtà e desiderio c'è il concetto di limite, tema su cui bisognerebbe pensare tantissimo. Trovare il giusto limite, questo è fondamentale.Né troppo in là, né troppo in qua. Dov'è il giusto limite che ci permette di vivere felici? Giorno per giorno, situazione dopo situazione. In una vita che è continuo mutamento, anche il limite non può essere fisso. Come possiamo essere contenti di un limite? Quante domande ci potremmo fare su questo tema...

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    1. Umberto Galimberti ha scritto pagine bellissime sullo smarrimento del senso del limite, sia riferito alla sfera individuale che, di riflesso a quella sociale, relativamente a una civiltà, quella occidentale, che questo senso l'ha smarrito da tempo.
      E sì, quante domande ci potremmo fare su questo tema e, soprattutto, quante risposte sarebbero possibili...

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  2. Andreoli mi sembra abbia sottolineato l'acqua calda.. una disgrazia in casa non può avere lo stesso peso di un missile a Gaza, saremmo tante Madre Terese altrimenti.. d'accordo invece sul limite sottolineato da Giorgio, limite che può coincidere col buon senso, quello che offre reazioni e stime diverse ad ogni situazione, e che principalmente può evitarci lo sconforto e la depressione, mali del secolo. Comunque sia, disparate visioni si accompagnano, come evidenziate entrambi, al tema del post.. di base credo che sia necessaria obiettività nell'agire verso il prossimo, la medesima che esibiamo con facilità verso noi stessi. Un saluto.

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    1. >Andreoli mi sembra abbia sottolineato l'acqua calda

      Sì, indubbiamente, ma viviamo in un'epoca in cui è bene che ci sia anche chi sottolinea cose che possono sembrare scontate. Male non fa, credimi.

      Ciao Franco.

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