venerdì 25 dicembre 2020

A cosa serve la politica?

Si tratta di uno di quei libri che forse sarebbe meglio non leggere, perché si chiude l'ultima pagina con la quasi certezza che questo paese non risalirà più dall'abisso in cui è precipitato. Le cause della caduta in questo abisso sono più o meno note, almeno a chi abbia una qualche conoscenza delle vicende storico-politico-sociali che hanno caratterizzato l'Italia degli ultimi otto lustri, ma vedersele inanellare in una sequenza così lucida e spietata, offre pochi margini di speranza.

Piero Angela, con la linearità e la chiarezza che gli sono consuete, inizia questo saggio con una considerazione molto interessante che, in generale, mi pare venga pensata sempre molto poco, e cioè che non è la politica a determinare il grado di benessere di un paese. Quante volte, se ci pensate, tendiamo a dare ogni responsabilità della marea di cose che non vanno alla politica e ai politici? Non è così, o almeno non è solo così, anche se la politica ha le sue innegabili responsabilità. Per chiarire questo concetto, Angela fa un esempio. Scrive: 

"Prendiamo due paesi molto distanti dal punto di vista economico: Svezia e Romania. Gli svedesi hanno un reddito pro capite di 47.500 euro. I romeni di soli 9.600 euro. Un vero abisso. Immaginiamo che un politico romeno si presenti alle elezioni e dica: 'Cari concittadini, se mi eleggerete vi farò avere salari svedesi e anche pensioni, assistenza, asili nido, ospedali, di tipo svedese...' Potrebbe mantenere le sue promesse? Ovviamente no. Perché no? Rispondere a questa domanda significa capire come funziona la "macchina della ricchezza". E anche la "macchina della povertà". [...] È infatti radicata l'idea che sia la politica a determinare il benessere di un paese. E che, cambiando maggioranza, si possano ottenere cose che in realtà non dipendono dalla politica. E che non dipendono neppure dalla capacità di lottare per ottenerle. Infatti, anche se i cittadini romeni riempissero le piazze di cortei, e scioperassero a oltranza, non riuscirebbero comunque ad avere salari svedesi, e neppure pensioni, assistenza, asili nido, ospedali di tipo svedese. Perché? Perché esistono dei meccanismi che portano una società a essere sviluppata o arretrata indipendentemente dalla "politica" come è intesa comunemente. Il politico è infatti il pilota, ma senza macchina non può andare da nessuna parte. Soprattutto se, come spesso avviene, in politica si dibatte continuamente sui ricambi di maggioranza ma non su come migliorare le prestazioni del paese."

Il concetto mi sembra chiaro. Qui entra in gioco la responsabilità della "macchina" cui accenna Angela, macchina che è la società, cioè noi, che va a sommarsi alle responsabilità della politica. La critica più grossa che si può rivolgere alla politica, infatti, è di non essere mai stata lungimirante, non avere investito, escluse poche e lodevoli eccezioni, in programmi e visioni a lungo termine, che scavalcassero la mera contingenza e la ricerca del consenso immediato per ragionare in termini di generazioni piuttosto che delle successive elezioni. E questo, più o meno, è già da tempo noto a tutti.

La seconda critica feroce che si può attribuire alla politica, critica figlia del concetto appena accennato, è il non investire in quei fattori che possono produrre ricchezza. È infatti cosa nobile adoperarsi per ridistribuire ricchezza cercando così di smussare le disuguaglianze, ma questa ricchezza non è inesauribile e se non ci si adopera per produrla, si arriva a un punto in cui non c'è più nulla da poter ridistribuire. Come si produce ricchezza? Investendo in cultura, educazione, scuola, ricerca, scienza, tutti ambiti in cui, guarda caso, si sono sempre tagliate risorse, tagli fatti da governi di qualsiasi colore politico. Se si opera in questo modo e si pretende di produrre ricchezza aumentando il debito, tagliando in maniera lineare e aumentando il livello di tassazione, la via del baratro è assicurata.

Grandi paesi come Giappone, Cina, India, hanno capito da molti anni questa filosofia e la mettono in pratica, incentivando la meritocrazia, investendo in ricerca, scuola, scienza, e i risultati oggi si vedono, certificati da aumenti di benessere, PIL, peso sempre maggiore nelle dinamiche geopolitiche mondiali. Alle mancanze della politica nostrana si aggiunge poi la nota indole di gran parte delle italiche genti, da sempre adagiate in una sorta di connivenza interessata nei confronti dei "mali" che affliggono la politica (corruzione, piccoli interessi particolari invece che generali ecc.). In pratica sì, ci si lamenta dell'inefficienza e del malaffare che pervade la politica ma poi, spesso, nel proprio piccolo, si tende ad assumere atteggiamenti che poco hanno di diverso da ciò per cui poi ci si lamenta.

In definitiva, a cosa serve oggi la politica? A nulla, dal momento, oltretutto, che a decidere oggi è solo l'economia e il mercato. Ai politici è rimasto giusto il ruolo di presentarsi in tv in veste di aggregatori di passioni (destra e sinistra), poco altro. Un grosso in bocca al lupo a noi, ne avremo enorme bisogno nel prossimo futuro.

5 commenti:

Franco Battaglia ha detto...

Non sono del parere facile che i politici beceri non sono altro che lo specchio di chi li vota. Serve esempio. E l'esempio che viene dall'alto, qui da noi, è pessimo. Ecco perché non vorrei un ministro rumeno che promette nebulose di ricchezza, ma uno svedese che assicura lacrime e sangue, e che sbatta dentro gli evasori, e tutti i furbetti di ogni razza e risma.
per esempio se ora arrivano sti 209 miliardi, pretenderei lo scontrino di ogni singolo euro speso, e prima ancora approvato da un team di svedesi, norvegesi e danesi. Così forse qualcosa di utile la tiriamo fuori anche qua. Paese di cialtroni - geniali - ma sempre cialtroni..

Franco Battaglia ha detto...

.. e non faccio fatica ad ammettere che all'idraulico che mi offre trenta euro di lavoro senza ricevuta o sessanta con ricevuta, io dica ok per i trenta euro. Fatemela scaricare quella ricevuta, e allora se ne può riparlare.

Andrea Sacchini ha detto...

Non è un parere facile, è realtà. In Germania un ministro si dimette perché un giornalista ha scoperto che ha copiato parte della tesi di laurea. In Danimarca un ministro si dimette perché beccato a non pagare il canone TV. E si potrebbe continuare.
Ci sono paesi dove l'etica ha ancora un valore e dove cittadini e stato si rispettano a vicenda.
Comunque il discorso è complesso e articolato, difficile sviscerarlo in un post su un blog.

Ettore Fobo ha detto...

Sono tesi molto interessanti. Da approfondire. Leggerò il libro. Grazie del consiglio.

Andrea Sacchini ha detto...

Sì, lo consiglio. Merita.

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