giovedì 1 aprile 2010
Il quartier generale racconta/12
Come sapete, quando mi occupo delle cose che scrivono il Giornale o Libero lo faccio per mettere in rilievo qualche inesattezza, qualche notizia tendenziosa o qualche balla. L'intervista con cui apre oggi il Giornale, quindi, l'ho presa naturalmente col beneficio del dubbio; ma siccome non è stata ancora smentita da nessuno, anzi è stata ripresa poi pure dal Corriere, mi pare ci siano serie possibilità che questa volta non sia una balla. Si tratta della trascrizione di una intervista al procuratore aggiunto di Milano Pietro Forno, capo del pool specializzato in molestie e stupri. Lo so, molti di voi diranno: ancora con la storia della chiesa e della pedofilia? Sì, e non per qualche forma di immotivato accanimento, ma perché, dopo decenni di insabbiamenti, omissioni e depistaggi, il pentolone si sta scoperchiando anche da noi. Ed è ancora difficile valutarne bene le dimensioni e i possibili effetti futuri. Vi riporto l'intervista in maniera integrale e senza ulteriori commenti, perché mi pare non servano.
Quanti sacerdoti ha inquisito per reati sessuali?
«La lista, purtroppo, non è corta».
E qual è stato l’atteggiamento delle gerarchie ecclesiastiche?
«Devo dare atto che, una volta iniziate le indagini, non mi sono mai stati messi ostacoli. Però le notizie positive finiscono qui».
In che senso?
«Nel senso che nei tanti anni in cui ho trattato l’argomento non mi è mai, e sottolineo mai, arrivata una sola denuncia né da parte di vescovi, né da parte di singoli preti, e questo è un po’ strano. La magistratura quando arriva a inquisire un sacerdote per questi reati ci deve arrivare da sola, con le sue forze. E lo fa in genere sulla base di denunce di familiari della vittima, che si rivolgono all’autorità giudiziaria dopo che si sono rivolti all’autorità religiosa, e questa non ha fatto assolutamente niente».
Ma i vescovi non hanno l’obbligo di denunciare i preti che sbagliano.
«È vero che non esiste un obbligo formale di denuncia da parte dell’autorità ecclesiastica, perché un vescovo non èun pubblico ufficiale. Quindi il vescovo che tace non commette il reato che commetterebbe un preside che tacesse. È anche veroche qualunque cittadino - soprattutto quandoè investito di un’autorità odi un’autorevolezza particolari - quando viene a sapere di un reato per cui si può procedere d’ufficio ha la possibilità di denunciare, e direi il dovere morale. Questo non avviene mai. Mai. È un punto dolente. Noi come magistrati abbiamo l’obbligo di informare l’ordinario diocesano, ovvero il vescovo, quando arrestiamo o chiediamo il rinvio a giudizio di un prete, e lo abbiamo sempre rispettato. Ma il contrario non mi è mai accaduto. Non ho mai ricevuto dalle gerarchie cattoliche una sola denuncia nei confronti di un prete o di un altro sottoposto al controllo vescovile, come un sacrestano, un educatore, un chierichetto».
Perché? Non sanno quello che accade nelle loro parrocchie? O lo sanno e preferiscono tacere?
«Io sono convinto che loro sappiano molto più di quello che sappiamo noi. Ma c’è un problema a monte, ed è cosa significa l’abuso sessuale da parte di un sacerdote. E qui mi permetto di dire una cosa di cui in questi giorni non si è parlato, nelle tante discussioni sul tema degli abusi sessuali all’interno della Chiesa. Il discorso viene spesso liquidato come un problema di pedofilia. Mail prete che abusa di un bambino è più paragonabile a un genitore incestuoso che a un pedofilo di strada che insidia i bambini ai giardinetti. Bisogna partire da un dato di fatto: il sacerdote ha un enorme potere spirituale, tanto che spesso viene chiamato “padre”, e questo è significativo. Seguardiamo questi episodi in senso non biologico ma spirituale e morale, ci troviamo di fronte più a un abuso incestuoso che a un classico stupro. Ricordo che anche nelle cronache di questi giorni si parla di atti avvenuti in confessionale. E io mi chiedo: perché proprio in confessionale? Perché proprio in quel luogo e in quel momento? Perché è in quel momento che più intensamente il sacerdote si presenta come rappresentante di Dio. È stato condannato a Milano un sacerdote che nel confessare ragazze di quattordici o quindici anni le faceva spogliare e le palpeggiava dicendo “lo vuole Gesù”. Ecco, il concetto del “lo vuole Gesù” è il punto d’arrivo dell’incesto spirituale».
Quali sono le ripercussioni sulle vittime?
«Sono esperienze che marchiano in profondità le vittime per tutta la vita, proprio per le figure da cui provengono. Io ho in mano un documento della Chiesa canadese che negli anni Novanta è stata la prima a fare una indagine interna e ha scoperto che il 5 per cento del clero canadese ha queste tendenze. Il 5 per cento! In quel documento si ricostruiscono le conseguenze devastanti che questi avvenimenti hanno sulle vittime, si ricostruiscono persino i loro percorsi religiosi, e si vede che spesso abbandonano la Chiesa e si formano una immagine di Dio molto simile a quella dei loro abusanti».
Perché sono così numerosi questi casi?
«Io ormai ho un dubbio, e parlo solo di dubbio perché non posso avere riscontri diretti: che ci siano sacerdoti che scelgono di fare i sacerdoti per abusare, perché è oggettivo che nella scelta del sacerdozio c’è un’enorme facilitazione nell’avvicinarele vittime. Eppure compiono tutto il percorso formativo fino a venire messi a contatto con i ragazzi. Questo pone un grosso interrogativo: ma nessuno se n’è accorto prima? Dov’è il discernimento spirituale che dovrebbero esercitare coloro che li scelgono? Non hanno osservato il loro comportamento, le loro tendenze, le modalità con le quali si rapportano ai giovani? E un’ultima domanda: cosa accade all’interno dei seminari?».
Se le cose stanno come le descrive lei, siamo di fronte a un fenomeno di indulgenza, se non di omertà, da parte delle gerarchie. Teme che in fondo questi siano considerati peccati veniali?
«Nessun teologo può avere l’ardire di sostenere che si tratti di un peccato veniale, tanto che questi sono tra i pochi casi per cui il diritto canonico prevede la riduzione allo stato laicale. Eppure nessuno di questi sacerdoti ha mai subito questa punizione. Neanche quello che diceva alle sue vittime “lo vuole Gesù”».
La riduzione allo stato laicale può essere una soluzione estrema. Magari prendono misure più blande.
«Io convengo chela riduzione allo stato laicale sia indubbiamente una sanzione grave, ma di fronte alla gravità di queste cose non credo che si debba essere indulgenti. Invece non solo non vengono cacciati ma accade a volte che non vengano nemmeno messi in condizioni di non nuocere più. Quando hanno queste notizie si limitano a spostarli da una parrocchia all’altra, e così gli permettono di fare altre vittime inconsapevoli, perché quando la piazza è bruciata gli consentono di andare dove non li conoscono».
Come se lo spiega?
«Lo chieda a loro. Non alla Chiesa, ma alla gerarchia ecclesiale. Della Chiesa fanno parte anche i fedeli, e molti di loro - tra cui il sottoscritto - la pensano diversamente. Il problema è la gerarchia. Secondo me non li puniscono perché li hanno scelti loro, educati loro, allevati loro, e quindi si creano dei legami di difesa, di protezione. E c’è soprattutto la paura dello scandalo. Che è una paura poco evangelica, perché il Vangelo dice invece che è necessario che gli scandali avvengano. È una paura poco cristiana, insomma»
Adesso le sembra che qualcosa stia cambiando? Che stiano correndo ai ripari?
«Nel 2000 scrissi su una rivista giuridica che esisteva un problema di pedofilia nella Chiesa, e un sacerdote che va per la maggiore mi replicò negando semplicemente l’esistenza del problema. Adesso quello stesso sacerdote riconosce che questo dramma è reale. Meglio tardi che mai, mi vien da dire. E visto che nelle recenti direttive del Papa è previsto che le diocesi possano rivolgersi a laici per essere aiutate e consigliate nella prevenzione di questi fatti, io sono a disposizione. Qualche idea da suggerirgli ce l’avrei».
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queste sono illazioni. la Chiesa ha un ruolo sociale non irrilevante nell'educazione dei bambini e bisogna prenderne altro. poi ci sono delle mele marce ma sono casi sporadici e non documentati.
RispondiEliminaspesso si tratta di voci di gente che si vuole vendicare in maniera poco cristiana.
ma sono casi sporadici e non documentati
RispondiEliminaNon sono documentati solo per chi non si vuole documentare.