L'occasione per tornare sull'argomento, a parte i suoi deliri, recenti e meno recenti, è un gustoso articolo a firma Giovanni Sartori apparso sabato mattina sul Corriere, noto quotidiano di consolidate tendenze marxiste. Il punto principale esaminato dal noto politologo, è la famosa investitura popolare alla luce della Costituzione. Vi riporto qui sotto l'estratto più significativo del pezzo di Sartori.
Precisiamo bene la tesi. Intemperanze verbali a parte, la tesi di fondo di Berlusconi è che lui ha il diritto di prevalere su tutti gli altri poteri dello Stato (questione di diritto), perché lui e soltanto lui è «eletto direttamente dal popolo» (questione di fatto). Va da sé che se l’asserzione di fatto è falsa, anche la tesi giuridica che ne deriva risulta infondata. Allora, Berlusconi è davvero un premier insediato «direttamente » dalla volontà popolare?
Per Ilvo Diamanti questa asserzione è «quantomeno dubbia» perché è smentita da tutti i dati dei quali disponiamo. Purtroppo è vero che sulla scheda elettorale viene indicato il nome del premier designato dai partiti (un colpo di mano che fu a suo tempo lasciato incautamente passare dal presidente Ciampi); ma il fatto resta che il voto viene dato ai partiti. Pertanto il voto per Berlusconi è in realtà soltanto il voto conseguito dal Pdl. Che ha ottenuto nel 2008 (cito Diamanti) «il 37,4% dei voti validi, ma il 35,9% dei votanti e il 28,9% degli aventi diritto. Insomma, intorno a un terzo del 'popolo'». Aggiungi che in questa maggiore minoranza (o maggioranza relativa) sono inclusi i voti di An, in buona parte ancora fedeli a Fini; e che se guardiamo agli anni precedenti FI non ha mai superato il 30%. Deve anche essere chiaro che il voto per FI, e ora per il Pdl, non equivale automaticamente ad un voto per Berlusconi. Una parte degli elettori di destra vota contro la sinistra, non necessariamente per Berlusconi. Fa una bella differenza.
Non mi pare che questo estratto necessiti di grosse spiegazioni. In buona sostanza Sartori dice quello che si sa, o che si dovrebbe sapere: la preferenza che si esprime sulla scheda elettorale va al partito, non a qualche candidato in particolare che quindi godrebbe di questo tipo di legittimazione. Punto. Qui non c'è discussione anche per un motivo molto semplice: la nostra Costituzione, che dovrebbe essere ancora in vigore, nonostante molti spesso se ne dimentichino, stabilisce senza dare adito ad oscure ambivalenze che il presidente del Consiglio viene nominato dal presidente della Repubblica. E' scritto nell'art. 92, che al secondo comma recita:
Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri.
Già questo consentirebbe di chiudere la questione, ma andiamo avanti.
Quelli del Giornale, ovviamente, non l'hanno presa bene, e hanno subito pubblicato un bell'articoletto a firma Marcello Veneziani per confutare quanto scritto da Sartori - in pratica si cerca di confutare i numeri. Dunque, il buon Marcello, nel suo pur pregevole articolo non si risparmia e, pur arrancando un po', cerca di dimostrare che Sartori non la racconta giusta. E lo fa con alcune domande. Vediamone qualcuna.
È vero o non è vero che tutti coloro che votavano per il Popolo della libertà ma anche per la Lega sapevano e vedevano sulla scheda elettorale che avrebbero mandato Berlusconi a Palazzo Chigi?
La risposta è sì, certo che lo sapevano. Chiunque nel 2008 ha votato centrodestra sapeva benissimo che in caso di vittoria Berlusconi sarebbe entrato a palazzo Chigi. Ma la domanda a mio avviso è tendenziosa e andrebbe formulata in un'altra maniera. Ad esempio: è vero o non è vero che tutti coloro che hanno votato centrodestra erano coscienti che avrebbero mandato Berlusconi a palazzo Chigi pur magari non avendo grosse simpatie per lui? Ecco, così mi pare che suoni già diversa e in maniera più conforme alla realtà. Per un motivo molto semplice: il Pdl non è Berlusconi, ma è Berlusconi + Lega + (dopo l'unificazione) i finiani. Una sorta di triade, insomma, che allo stato attuale mi pare che sia tutto tranne che omogenea e di uguali vedute. Non è difficle dimostrare questo, basta vedere cosa sta succedendo da tempo ad esempio tra ex di An ed ex di Forza Italia - poco più di un mesetto fa sono pure quasi venuti alle mani -, oppure basta vedere le "affinità" in materia economica e sociale (vedi immigrazione) tra i finiani e la Lega. Insomma, chi ha votato centrodestra sapeva che Berlusconi sarebbe diventato capo del governo, ma quanti si sono turati il naso nel seggio elettorale?
La seconda domanda di Veneziani:
Come si chiama quella croce messa su quei simboli con quel nome accanto? Si chiama consenso. Nessun prestigiatore e nessun gendarme spingeva nessuno a votare così.
Certo, nessun prestigiatore e nessun gendarme spingeva nessuno a votare così, ma se quel nessuno non ha altra scelta, che fa? Veneziani, infatti, dimentica, o finge di dimenticare, che l'elettore non ha alcuna possibilità di scelta sul candidato che vuole eleggere, perché i candidati li scelgono i segretari di partito e l'elettore non può fiatare, può solo mettere una croce sul simbolo del partito stesso. E tutto questo in virtù di quella porcata, non a caso chiamata "porcellum", voluta dalla Lega nel 2005, che di fatto ha abolito la possibilità di scegliersi il candidato preferito. Non serve nessun prestigiatore e nessun gendarme, basta modificare le regole del gioco. Questo naturalmente non significa che se fosse stato possibile il contrario Berlusconi non avrebbe ottenuto comunque la maggior parte delle preferenze, ma ci sia consentito almeno il beneficio del dubbio.
Seconda elementare obiezione: se dobbiamo confutare le maggioranze decretate dal voto contando coloro che non vanno a votare, allora non ha legittimazione alcun governo, e magari è finita anche la democrazia. Non solo in Italia ma ovunque, a cominciare dalla beneamata democrazia americana. Risulterebbe in questo caso che tutti i leader eletti democraticamente sono stati in realtà eletti da minoranze.
Vero anche questo. Ma come si potrebbe non tenerne conto? Se è vero, come è vero, che alle politiche del 2008 si è recato ai seggi l'80% degli aventi diritto, è segno che al restante 20 non frega niente di nessuno, tantomeno di Berlusconi. Ed è proprio lui, e non altri, a fare finta che questi non esistano. Quando sento cose tipo "Sette italiani su dieci stanno con Berlusconi" a me scappa da ridere. Lo dicono i numeri.
E allora vediamoli questi numeri. Perché su tutto si può pontificare tranne che su questi.
Qui sopra (fonte immagine: repubblica.it) vedete la percentuale di quelli che sono rimasti a casa. Al Senato i voti validi sono stati 32.771.227 su 43.257.208 di aventi diritto: alla Camera sono stati 36.452.305 su 47.295.978 di aventi diritto. Già qui è quindi arrivata una bella sforbiciata - tra cui quel famoso 20% che se ne è rimasto a casa.
Di questi voti, il centrodestra ha preso il 47,3% al Senato
e il 46,8 alla Camera
Tradotto in numeri reali, al Senato il centrodestra ha totalizzato 12.510.306 preferenze (fonte), alla Camera 13.629.069 (fonte). Voti raccolti, per la precisione, dal solo partito del Popolo della Libertà, che all'interno della coalizione di centrodestra era accompagnato alla lega e al Mpa di Lombardo. In pratica i due numeri qui sopra rappresentano quelli che esplicitamente hanno messo la croce sul simbolo del partito di Berlusconi. Ora, raffrontate sempre questi numeri con quelli degli aventi diritto, 47 milioni alla Camera (per difetto) e 43 al Senato (sempre per difetto), e fate 2 + 2.
Se poi lasciamo stare le politiche e diamo un'occhiata alle europee di quest'anno, i dati sono ancora peggiori. Qui, infatti, a fronte di 50.342.153 di aventi diritto, solamente 32.748.675 si sono recati a votare. Se da questi togliamo altri 2.102.047 di voti tra schede bianche, nulle e contestate, i votanti reali sono stati poco più di 30 milioni (fonte: Ministero dell'Interno). E in questo quadro il Pdl è riuscito a fare addirittura peggio rispetto alle precedenti politiche, fermandosi al 35% - laddove un cavaliere forse un po' troppo sicuro pronosticava almeno il 40/45%, ma si sa, un po' di megalomania l'ha sempre avuta. Se poi vogliamo chiudere in bellezza, va ricordato che le preferenze accordate al premier alle europee sono state 2.700.000, che sono quelli che fisicamente hanno avuto il coraggio di scrivere B-E-R-L-U-S-C-O-N-I sulla scheda - alle europee si può esprimere la preferenza.
Adesso mettete insieme tutto e tenetene conto le prossime volte che sentirete cianciare di "eletto direttamente dal popolo", "la maggioranza degli italiani è con me" e leggende simili.
Riguardo al fatto che sia il PdR a dare il mandato non c'e' dubbio.
RispondiEliminaIl discorso sui non votanti potrebbe essere piu complesso soprattuto perche si "non vota" per diverse ragioni, l'insieme quindi non e' omogeneo e non assimilabile ad un'indicazione politica. Di sicuro questi pero' se erano a favore di B lo avrebbero votato.
Credo che con questo "consenso", si faccia riferimento non al consenso popolare espresso dalle urne, cioe' l'unico legale, ma a quei sondaggi che esprimono il gradimento nei confronti dei leader politici cosi che si possno avere 4 o 5 contendenti tutti a piu del 30% o 40%. Tuttavia questo non e' consenso.
IL 68% si rifa' quindi ad un dato probabilmente misurato ma in cui e possbile esprimere piu preferenze.
Per esempio il caso in cui B e F siano dello stesso partito a che godano della simpatia di un intervistato (magari in misura differente). Alle urne pero si puo votare solo per il partito ... il che catalizza voti da zone limitrofe.
Se B piace al 68% e F al 45% e Dal 40% abbiamo delle somme superiori al 100% il che ovviamente usare questo metro per definire un consenso e' un po azzardato
ciao
ovviamente usare questo metro per definire un consenso e' un po azzardato
RispondiEliminaSì, sono d'accordo. Occorre tenere anche ben presente che spessissimo dalle urne escono risultati molto diversi rispetto ai sondaggi.