E così il Tar del Lazio ha respinto il ricorso presentato dai legali del Pdl per far riammettere la loro lista nella circoscrizione Roma e provincia alle prossime regionali. Nell'ordinanza, tra le altre cose si legge: "non c'è certezza né prova che il delegato del Pdl all'atto della presentazione della lista avesse con sé tutta la documentazione". In più, per quanto riguarda il famoso decreto salva-liste, proposto e firmato dalla coppia Berlusconi-Napolitano, i giudici aggiungono: "non può trovare applicazione perché la Regione Lazio ha dettato proprie disposizioni in tema elettorale esercitando le competenze date dalla Costituzione". In sostanza le toghe hanno riscontrato e certificato quello che è stato evidenziato subito da molti: il governo non può intervenire per decreto sulle leggi elettorali - specie poi se a competizione elettorale già iniziata - perché si tratta nel caso specifico di materia di esclusiva competenza delle regioni.
Naturalmente la cosa non è finita qui (il Pdl ha già annunciato che si appellerà al Consiglio di Stato), ma un primo punto fermo a mio avviso abbastanza importante è stato messo. Le cronache narrano di un Berlusconi sconcertato: in primo luogo perché era convinto col decreto ad personam di aver messo le cose a posto - invece il Tar ha dimostrato che è sostanzialmente carta straccia - e in secondo luogo perché "Il giudice amministrativo non solo boccia le ragioni del centrodestra, ma schiaffeggia anche la competenza giuridica degli uffici (in primo luogo di Palazzo Chigi) che al decreto salva-liste hanno lavorato". Un modo elegante per dire che il famoso decreto è stato redatto da una manica di somari.
Ma la parte più divertente di tutta la vicenda, in attesa degli sviluppi futuri, è come al solito il modo in cui gli house organ del quartier generale hanno riportato la notizia. Ecco, ad esempio, la prima pagina di Libero di stamattina.
Secondo l'autorevole quotidiano, quindi, i giudici del Tar hanno voluto mandare affanculo il Pdl. Naturalmente Libero si guarda bene dal far notare che si tratta dello stesso Tar che in Lombardia ha riammesso la lista di Formigoni e nel Lazio quella della Polverini, entrambe escluse all'inizio per irregolarità nelle firme. "Il tar ignora il Quirinale", si legge subito sotto; in realtà non ignora un bel niente, semplicemente, come abbiamo già visto, fa notare che legiferare in materia elettorale è per legge competenza esclusiva delle regioni, non del governo con l'avallo del Quirinale. Ma per i lettori di Libero questo e altro.
Il Giornale, invece, altro autorevole quotidiano che quando è ora di raccontare
balle non si tira certo indietro, titola così:
Bisogna dare atto al Giornale, almeno per questa volta, di avere effettivamente centrato il problema. Fa piacere che anche il quotidiano di proprietà del fratello del premier ci sia arrivato, visto che all'estero è già da anni che lo pensano; ma si sa com'è, noi arriviamo sempre dopo. Naturalmente anche qui, se si toglie il titolone, si ritrovano le stesse balle che abbiamo già visto prima su Libero. "Il Tar del Lazio snobba il decreto legge firmato da Napolitano", si legge anche qui appena sotto il titolo. Insomma, stessa solfa e stesse balle di Libero. Però il Giornale ha uno scoop che evidentemente a Libero è sfuggito. Roba forte, eh, mica bazzecole; e per di più sempre in prima pagina seppure in posizione più defilata.
Ecco qua "Il caso". Adesso sappiamo perché il Pdl è stato estromesso (per ora) dalla competizione a Roma e provincia: il giudice ha nel suo studio un'immagine del Che! Anni di insinuazioni, di illazioni, di strepiti del cavaliere sui giudici comunisti hanno finalmente trovato conferma: il presidente della prima Corte d'Assise di Roma, Anna Argento, ha nello studio un'immagine del Che. Quindi è comunista.
Ma... un momento, c'è qualcosa che non quadra. Quello è veramente l'ufficio del giudice? Guardiamo meglio la foto così come pubblicata proprio dal Giornale.
Eccola qua.
Bah, sarà anche un ufficio, ma a me sembra più una sorta di corridoio, di disimpegno. Certo, per il Giornale non è importante, così come non è importante che il ritratto del Che sia accatastato in qualche modo assieme ad altri quadri in un angolino poco visibile, e pure capovolto: quello che conta è la prova. E la prova c'è tutta. Quelli del Giornale, poi, sono degli autentici fenomeni; nel titolo dell'articolo, infatti, scrivono a caratteri cubitali: "Il giudice che escluse gli azzurri tiene in ufficio il ritratto del Che". Poi, però, si legge all'interno: "Non è specificato se la stanza mostrata sia quella personale del giudice, comunque il comandante è lì, nell’ufficio del Tribunale di Roma [quanti uffici ha il Tar di Roma? ndr], pronto per essere portato via, spostato, o appeso". Ecco qua, non è importante se l'ufficio sia quello o no, ma Che Guevara c'è e questo basta. E' un po' la stessa filosofia che ha ispirato la stesura del decreto legge salva-liste: non è importante consegnare materialmente le firme entro gli orari stabiliti dalla legge nell'apposito ufficio, basta essere nei paraggi.
Ma il bello viene dopo, perché il Giornale aggiunge (tenetevi forte): "Anna Argento cammina a testa alta [nella foto è a testa bassa, ma fa niente, ndr] accanto allo sguardo suadente del Che. Le immagini subliminali captate dall’inconscio hanno un effetto straordinario sulla mente di chi osserva". Certo, se la mente è quella dei lettori del Giornale e di chi scrive "articoli" come questo, la cosa è più che comprensibile: l'effetto subliminale è assicurato. Peccato che tale effetto svanisca come d'incanto davanti alle persone che usano un po' di ragione (ne basta poca in questo caso) e non si fanno abbindolare dalle facili equazioni e dalle palle che il Giornale rovescia a vagonate addosso ai suoi lettori. Tipo ad esempio quando scrive che "rifiutò di accogliere gli elenchi Pdl" - altra balla colossale in quanto le firme non sono state proprio presentate, altrimenti non sarebbe successo tutto questo casino.
Vi lascio, per chiudere, il filmato, che ho trovato sul blog di andy, della breve intervista rilasciata dal giudice al tg3. Non servono ulteriori commenti, a parte la constatazione di come è messa in Italia non solo la politica, ma anche l'informazione.
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