giovedì 26 agosto 2010

Niente più rivalità tra padrone e operaio (lo chiede Marchionne)

Al Meeting di Rimini ha preso oggi la parola Sergio Marchionne, amministratore delegato Fiat. Anche lui, come già la Marcegaglia ieri, ha difeso la posizione Fiat nella vicenda degli operai di Melfi - poteva essere altrimenti? A parte questo, però, il succo del suo discorso mi pare che si sia incentrato sulla necessità di superare il vecchio schema dei conflitti operai-padrone.

Cosa si celi di preciso, però, dietro queste parole, sono sincero, non mi è del tutto chiaro. Scrive Repubblica: "Per Sergio Marchionne [...] il sistema italiano deve superare definitivamente il conflitto 'operai-padrone', ma soprattutto deve innovarsi, aprirsi alla globalizzazione, capire che non si può investire se i lavoratori non tengono fermi gli impegni assunti. 'Fino a quando non ci lasciamo alle spalle i vecchi schemi non ci sarà mai spazio per vedere nuovi orizzonti', ha affermato Marchionne".

Mi pare difficile dire in poche parole cosa sia il conflitto operai-padrone, da dove derivi e quali ne siano le cause. Riassumendo brutalmente, si può dire che a partire dagli anni del boom industriale, dal secondo dopoguerra in qua per intenderci, i lavoratori hanno costantemente lottato per guadagnarsi alcuni diritti. Molti di questi, che oggi sembrano naturali e si danno per scontati, fino a non molti anni fa infatti non lo erano. La lotta di cui parla Marchionne è appunto questo cercare di ottenere maggiori diritti.

Il pensiero di Marchionne - abbandonare la lotta operai-padroni -, quindi, si presta, a mio avviso, a essere interpretato in due modi:

  1. Gli operai devono smettere di lottare per cercare di avere sempre più diritti perché se no non si va da nessuna parte.

  2. Le imprese devono smettere di mettere i bastoni tra le ruote agli operai che lottano per avere più diritti.

A quale delle due ipotesi, secondo voi, pensava Marchionne? Secondo me alla prima. D'altra parte lo aveva detto chiaramente in occasione del referendum indetto tra gli operai di Pomigliano per l'accettazione o meno del famoso piano Fiat, quello che garantiva il posto di lavoro in cambio della rinuncia ad alcuni diritti. Come forse ricorderete, la maggioranza degli operai si è espressa per il sì, ma non è stata una maggioranza plebiscitaria, anzi tutt'altro. E in quell'occasione Marchionne disse: "Io costruisco auto e se non le produco lì [Pomigliano, ndr] le produrrò da un'altra parte. Ci sono un sacco di posti che amerebbero avere la produzione di auto. La Serbia, per esempio o la Polonia".

Insomma, la linea di Marchionne mi sembra chiara: se gli operai smettono di rompere, bene, altrimenti tanti saluti. Ah, bei tempi quelli della lotta di classe.

4 commenti:

Sbronzo di Riace ha detto...

Il presidente dell'ASIT (Associazione stupratori italiani torinesi) ritiene che occorra superare definitivamente il conflitto stuprato-stupratore altrimenti se non è possibile stuprare in Italia allora si va a stuprare all'estero

Andrea Sacchini ha detto...

Originale come metafora: io non ci sarei mai arrivato... :-)

Il cattivo Otto ha detto...

Se tra i diritti c'è il sabotaggio, allora ha ragione Marchionne.

Andrea Sacchini ha detto...

Hai detto bene: se. Siccome però questa cosa non è stata stabilita dal tribunale (manca ancora la sentenza d'appello), io avrei impostato il mio discorso diversamente.

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