sabato 31 marzo 2007

Gapminder

Un interessante tool di Google permette di visualizzare il trend mondiale di crescita della popolazione

Volete farvi un'idea delle variazioni della popolazione mondiale a partire dal 1960? Cliccate qui. Questo servizio di Google permette di vedere l'evoluzione di crescita (o decrescita) della popolazione di tutti i paesi del mondo dal 1960 al 2004.

Attraverso il cursore mobile posizionato nella parte bassa della finestra si seleziona l'anno che si vuole analizzare, e, posizionando il puntatore del mouse su ogni cerchietto colorato (riferito al rispettivo paese), è possibile visualizzare la rispettiva popolazione in milioni di individui di quel particolare periodo.

Si scopre così ad esempio che i cinesi nel '60 erano poco più di 650 milioni, mentre 3 anni fa erano praticamente raddoppiati. A titolo di paragone, noi italiani nel '60 eravamo 50 milioni mentre sempre 3 anni fa non arrivavamo ancora a 60 (un trend di crescita leggermente differente).

Coglioni 2 volte

Piccolo esempio pratico di imbecillità elevata al rango di "bravata"

I protagonisti di questa storia sono due, e tutti e due sono a loro volta coglioni 2 volte. La prima volta per quello che hanno fatto, la seconda volta per essersi fatti beccare mettendo il filmato della bravata sul web.

Se almeno se lo tenevano per loro.

venerdì 30 marzo 2007

Spam, ci si mette anche Microsoft?

Zio Bill non invia e-mail con mittente admin@microsoft.com; si tratta di spam con contorno di virus

Mi sono piovute nella mailbox (dopo quella del finto avvocato, del Viagra, del guadagno facile e di Poste.it) 2 e-mail apparentemente inviate da Microsoft; così, giusto per non farci mancare niente:




Naturalmente non le ha mandate zio Bill: Microsoft ha infatti ben altro da fare che spedire e-mail agli utenti. Vediamo un pò, quindi, di chiarire anche questo "mistero".

Dunque, come al solito, la prima cosa da fare in questi casi è analizzare un pochino il messaggio. L'indicazione del fuso orario, quindi della zona in cui risiede il server di posta da cui sono partiti i messaggi, indica +0200, quindi l'e-mail è partita da uno di questi paesi. L'indicazione è ancora un pò vaga, perciò proviamo a immettere la stringa admin@microsoft.com in Google. Ok, abbiamo così dissipato i dubbi residui: si tratta di spam. Vediamo adesso un pochino più in dettaglio cosa fa questa mail.

In entrambi i messaggi è presente un immagine linkabile di Internet Explorer 7, che invita a effettuare il download della beta 2 della nuova versione:



Cliccando sull'immagine si apre una finestra che chiede di aprire o salvare un file chiamato IE.0.7.exe (notate l'estensione pericolosa .exe). Lo salvo sul desktop e ci faccio l'autopsia:



Primo indizio che indica qualcosa di strano: possibile che I.E. "pesi" solo poco più di 32 KByte? Così, a occhio e croce dovrebbe pesare almeno qualche MByte. Diamo un'occhiata anche ai due siti dai quali si scarica l'eseguibile sospetto (che certamente a questo punto Internet Explorer non è): uno si chiama http://abnoba.net, e risulta hostato su un server statunitense ubicato in quel di Phoenix. Il sito linkato invece nella seconda delle due mail si chiama http://jpcommunications.net e risulta anche questo hostato su un server ubicato negli Stati Uniti, a Waltham.

Insomma, come confermato anche da altri che hanno ricevuto i medesimi messaggi (pur con alcune varianti), si tratta di spam puro e semplice. In più, analizzando il famoso IE.0.7.exe appena scaricato con un antivirus, si scopre che contiene al suo interno un programmino chiamato Virus.Win32.Grum.a, e cioè un virus scoperto pochi giorni fa del quale, in virtù proprio della sua recente scoperta, ancora non si hanno a disposizione le caratteristiche precise:



Bene, mi pare che a questo punto la situazione sia sufficientemente chiara. Anche questa volta, quindi, come al solito, vale sempre la raccomandazione di non fidarsi di tutto quello che ci arriva nella casella di posta, ma di mettere in atto una sana opera di selezione basata sul semplice ma funzionale principio di social engineering: "Non fidatevi di nessuno su internet fino a prova contraria".

giovedì 29 marzo 2007

Repubblica parla di Linux

Repubblica scrive dell'iniziativa di Dell di vendere pc con Linux preinstallato

La notizia ha fatto capolino in rete agli inizi di marzo, quando Dell, sull'onda di un sondaggio che ha coinvolto un centinaio di migliaia di utenti che chiedevano a gran voce la preinstallazione di Linux e Openoffice.org sui suoi pc, aveva ventilato la possibile fattibilità della cosa.

Oggi Repubblica scrive (qui) che Dell avrebbe fatto il grande passo e starebbe per iniziare la commercializzazione, a chi ne fa richiesta, di pc con precaricato Linux (anche se ancora non è chiaro quale sarà la distro che il secondo produttore al mondo di pc offrirà preinstallata).

Per adesso ci fidiamo di quello riportato dal quotidiano romano, perché sui siti che ho girato (compreso quello italiano dell'azienda) non è ancora segnalato niente.

Comunque sia, tutto il movimento e il rumore che si è creato intorno alla vicenda, è uno dei sintomi di quella che si preannuncia come una piccola (per adesso) rivoluzione: la fine del monopolio Microsoft nel campo dei sistemi operativi preinstallati sui pc, almeno nelle grandi catene di negozi di informatica (piccole realtà del settore offrono infatti già da tempo questa opportunità). Monopolio che è sotto gli occhi di tutti, basta recarsi in qualsiasi negozio di pc per accorgersene.

Avete mai provato a chiedere un pc senza Windows, oppure il rimborso della licenza inutilizzata? Io sì (qui), ma ho dovuto rinunciare, mentre qualcun'altro, sicuramente più cocciuto di me, ci è riuscito.

Speriamo che da ora in poi le cose siano più semplici.


Aggiornamento 30/03/2007

La notizia è confermata oggi da Punto Informatico.

Il "tachimetro" dei blog

Come visualizzare graficamente la popolarità di un blog o di un sito internet

Ho trovato un simpatico sito che consente di visualizzare graficamente, tramite una simpatica icona che ricorda da vicino il tachimetro di un'auto, la popolarità in rete di un sito o di un blog.

Per provare è sufficiente indirizzare il proprio browser a questo indirizzo:

http://www.egosurf.org/

Una volta qui è sufficiente inserire un nome di riferimento e l'indirizzo del sito o del blog del quale si vuol fare la misurazione e cliccare su find your place (come indicato nell'immagine sotto):



A questo punto inizia la scansione delle pagine web contenenti "tracce" (numero di link, visite, ecc...) del sito oggetto del test, fino a quando, terminata la procedura, appare il tachimetro con l'indicazione della notorietà. Ecco il responso relativo al mio blog:


mercoledì 28 marzo 2007

Petizione auto a idrogeno. Sì, però...

Alcune precisazioni sulla petizione per costringere le compagnie petrolifere a installare in ogni distributore di benzina uno di idrogeno

Alla fine è arrivata anche a me (ultimamente la mia casella di posta sta diventando una specie di ricettacolo di 'varie ed eventuali'). Si tratta della famosa e-mail, in circolazione già da un pò, con la quale si pubblicizza la petizione che dovrebbe costringere le compagnie petrolifere a promuovere l'uso e l'utilizzo dell'auto a idrogeno.

Ecco il testo della mail (errori ortografici compresi):





>Richiesta alla Commisione Europea (dipartimento dell'ambiente) di creare
>una
>legge che obblighi i padroni del petrolio ad installare, accanto ad ogni
>distributore di benzina, almeno un distributore ad idrogeno e di
>incominciare a produrlo utilizzando energie rinnovabili.
>
>Questa legge favorirà l'introduzione sul mercato di automobili ad idrogeno
>a
>ZERO INQUINAMENTO e ad alte prestazioni!
>
>L'auto del futuro esiste gàa ed in vari modelli!
>
>Bastano 800.000 firme per far abbasare la testa ai padroni del petrolio!
>
>Fallo per te, i tuoi amici, i tuoi parenti!
>
>Cogliamo questa opportunità e facciamola diventare un'arma , anche per le
>piccole battaglie!
>
>
>PER FIRMARE LA PETIZIONE SUL LINK QUI SOTTO:
>http://www.petitiononline.com/idrogeno/petition-sign.html
>
>per favore falla girare: è una cosa seria ed importante!


Dunque, comincio col dire che la petizione esiste realmente, e pare sia partita per iniziativa di tale Stefano Pino, imprenditore e titolare del sito automobileidrogeno.com. Mentre scrivo, i sottoscrittori hanno raggiunto quota 395mila e rotti.

Il sito di Stefano Pino è composto da alcune sezioni, in cui si parla effettivamente di questo elemento e delle sue possibili applicazioni su prototipi di automobili (alcuni di questi elencati qui). Quello che lascia un pò perplessi, però, è che la sezione "in futuro" risulti ancora in costruzione. Peccato, perché sarebbe stata a mio avviso quella più interessante da consultare, anche in riferimento alla petizione stessa. Forse però non si tratta di un caso.

La petizione stessa, infatti, presenta alcuni punti che vanno chiariti. Ne cito un paio.


Disponibilità e produzione dell'idrogeno


Innanzitutto va detto che l'idrogeno, pur essendo uno degli elementi più abbondanti nell'universo, è praticamente assente allo stato puro, sia sulla superficie terrestre che nel sottosuolo, mentre è molto raro nell'atmosfera. Oltretutto, almeno allo stato attuale, il modo più semplice ed economico per produrlo richiede l'impiego di idrocarburi fossili, il cui mercato è controllato dagli stessi "padroni del petrolio" - citati nella petizione - a cui si vorrebbe (nelle intenzioni) "fare abbassare la testa". Noto un piccolo controsenso in tutto ciò. Attualmente, quindi, se per assurdo tutte le auto circolanti venissero convertite a idrogeno, il problema della produzione ed emissione di co2 e polveri sottili sarebbe solamente "spostato" dalle auto alle industrie che lo producono.

Oggi, solo una piccola parte dell'idrogeno prodotto artificialmente viene da fonti pulite e rinnovabili, ed è quello estratto dall'acqua per elettrolisi, il procedimento mediante il quale l'acqua viene scissa in ossigeno e - appunto - idrogeno mediante il passaggio di corrente elettrica. In questo caso il processo di produzione è ambientalmente sostenibile ma economicamente svantaggioso a causa degli elevati costi da sostenere per assicurare energia elettrica sufficiente ad alimentare il processo.

C'è infine da aggiungere che se anche - come ipotizzato sopra - tutto il parco veicoli circolante venisse convertito all'idrogeno, il problema dell'inquinamento da co2 e polveri sottili non sarebbe eliminato, come il testo della petizione vuole fare credere, ma solamente ridimensionato. E neanche di tanto, specialmente se teniamo conto che la circolazione dei veicoli è responsabile nel suo insieme del solo 20% circa di tutto l'inquinamento prodotto, mentre il resto deriva da attività industriali e civili (fonte). Allo stato attuale, quindi, l'ipotesi di un uso massiccio e generalizzato dell'idrogeno come sostituto dei classici idrocarburi fossili è difficilmente realizzabile.


Petizioni online: mito da sfatare

La seconda imprecisione contenuta nella petizione riguarda le 800.000 firme poste come traguardo per il successo della stessa. Cosa c'entrano le 800.000 firme? E perché proprio 800.000? E perché l'eventuale raggiungimento di tante sottoscrizioni sarebbe da considerare un successo? La prima associazione che mi viene da fare per giustificare questa cifra è con la famosa petizione lanciata da Andrea D'Ambra per l'abolizione dei costi di ricarica dei telefonini, che ha effettivamente raggiunto (e superato) tale traguardo. Ma questo non significa assolutamente che se anche questa petizione raggiungesse questo risultato si metterebbe automaticamente in moto qualche non meglio precisato iter legislativo, come la petizione sembra far credere.

L'analogia con la petizione per l'abolizione dei costi di ricarica dei cellulari, infatti, non regge, per il semplice fatto che non è stato il successo della petizione di D'Ambra la causa diretta che ha provocato l'automatica eliminazione di tali costi. L'Unione Europea si è sì interessata alla questione sull'onda del successo della petizione, ma così come si è presa a cuore la questione dei telefonini, altrettanto facilmente (e altrettanto probabilmente) potrebbe fregarsene di quella di cui stiamo parlando.

E qui arriviamo al secondo punto della questione. Molti pensano che le petizioni online abbiano qualche valore giuridico, mentre invece ne sono totalmente prive. Non si tratta infatti di "firme vere", ma solo di adesioni che hanno un valore puramente simbolico e che servono al limite a valutare il grado di interesse generale attorno a un determinato problema. La sottoscrizione della petizione, quindi, non dà automaticamente il via all'attivazione di nessuna legge, né obbliga i governanti a muoversi in questo senso. Ecco il motivo per cui la frase "bastano 800.000 firme per far abbassare la testa ai padroni del petrolio", contenuta nel testo della petizione, è totalmente fuorviante e priva di senso.


Conclusioni

Allora, per cercare di tirare un pò le somme della questione, possiamo dire che la petizione in sé non è negativa in senso stretto. Un suo eventuale successo, come infatti pare stia avendo, infatti, è sicuramente un segnale inequivocabile e positivo di come la gente sia stanca della dipendenza dal petrolio e abbia un certo grado di sensibilità verso il problema dell'inquinamento delle città da pm10 e co2.

"Ma allora - direte voi - se ricevo questa e-mail come mi devo comportare? La devo fare girare o la devo ignorare?" Beh, insomma, vedete un pò voi, ognuno può decidere da sé. Chi vuole segnalare l'esistenza di questa specie di sondaggio online e al limite sottoscriverlo, non fa niente di male, anzi. Dal canto mio inviterei chi invece pensa di inoltrare a tutti gli indirizzi elettronici presenti nella sua rubrica il testo integrale della mail, a inserire due righe di premessa - al limite un link a questo articolo o ad altri presenti in rete - con le quali segnalare alcune delle inesattezze contenute nel testo della petizione.

Insomma, come spesso capita in rete, siamo davanti al classico caso in cui le buone intenzioni non sempre sono seguite dalla correttezza delle informazioni usate per pubblicizzarle.

Il gioco della politica

Dopo quello che è successo ieri sera in Senato, sorgono spontanei (almeno a me) alcuni interrogativi

Dunque, ricapitolando, ieri sera il Senato ha dato il via libera al rifinanziamento della nostra missione in Afghanistan. Le modalità che hanno permesso il raggiungimento del risultato sembrano però un pò strane: da una parte abbiamo il centrodestra - che ha sempre creduto nell'importanza della missione - che ha votato contro per tentare di fare cadere il governo. Dall'altra il centrosinistra - tendenzialmente propenso a far tornare a casa i nostri militari - che ha invece votato il provvedimento per non farlo cadere.

In mezzo ci siamo noi, poveri cocali, che continuiamo ad andare a votare pensando che sia nel nostro interesse.

martedì 27 marzo 2007

Non scaricate DriveCleaner, aria di truffa

DriveCleaner promette la rimozione delle tracce dei siti visitati, ma in realtà si tratta di un worm

Ieri sera, mentre bazzicavo tranquillamente nei meandri della grande rete, si è inaspettatamente aperta una finestra del mio fido Firefox, e insieme a questa un popup del quale ho catturato al volo la schermata (purtroppo poco chiara) che vedete qui sotto:



In pratica, questo messaggio mi avvisava del fatto che sul mio pc rimangono tracce dei siti visitati (ma va?) che possono essere visualizzate dagli altri utenti del computer mettendo a rischio la mia privacy, e mi suggeriva di scaricare il programmino installdrivecleanerstart_it.exe per risolvere il problema.

Naturalmente non ho installato un bel niente (anche perché, notoriamente, gli eseguibili MS/Dos difficilmente girano su Linux) e ho invece dato un'occhiata al sito dal quale si è aperta la finestra popup. Dunque, il sito si trova all'indirizzo http://it.drivecleaner.com/ (non l'ho inserito linkabile perché, nonostante Symantec assicuri che è necessaria l'azione dell'utente, su alcuni forum ho letto che ci sono stati casi in cui su sistemi Windows è partita in automatico l'installazione del programma. In questo momento non ho sottomano un Windows aggiornato da dare in pasto a internet e non ho perciò potuto verificare personalmente).

Comunque sia, la schermata dell'home page del sito è questa:



Una veloce ricerca whois mi dice che il sito in questione fa riferimento a una società di Singapore (si deduce la provenienza estera anche dal fatto che il testo presenta molte imperfezioni sintattiche, segno che è stato tradotto tramite software), e da una veloce googlata scopro che il programmino in questione è già noto da tempo alle cronache (truffaldine). Ne parla tra gli altri, come dicevo prima, Symantec in questa pagina, dalla quale apprendiamo che il programma, una volta installato (funziona solo con Windows, Linux e Mac sono immuni), fa alcune simpatiche cosette:
  • genera un elevato numero di file con estensione .dat in un'apposita sottocartella inserita in genere dentro a "Programmi"
  • crea una trentina di nuove sottochiavi all'interno del registro di Windows
  • modifica la chiave HKEY_LOCAL_MACHINE \SOFTWARE \Microsoft \Windows \CurrentVersion \Run in modo che il worm venga lanciato a ogni avvio di Windows
Si tratta insomma di un programma truffaldino che finge di analizzare il pc restituendo un falso report. Secondo questo report, volutamente esagerato per tentare di spaventare l'utente, il pc in questione sarebbe a forte rischio privacy, e come rimedio è - ovviamente - consigliato l'acquisto della versione registrata del programma (al modico prezzo di 34,95 euro).

Insomma, come al solito, occhi aperti: vale sempre la regola di non farsi suggestionare dai messaggi che ci vengono proposti (che siano e-mail o finestre popup non importa) e di non cliccare disinvoltamente su qualsiasi cosa capiti a tiro.

lunedì 26 marzo 2007

Sono pronto per l'Inferno






Papa Ratzinger torna a rammentarci (in caso ce ne fossimo dimenticati) che l'"Inferno esiste ed è eterno"

Lo so, mi attirerò - come è già successo - le ire di chi non la pensa come me, ma qui sono a casa mia, e quando sento queste cose non posso fare a meno dire quello che penso. E il mio pensiero è molto semplice: possibile che nel terzo millennio si debbano ancora sentire queste cose?

Le storielle dell'inferno, del diavolo e delle eresie sono state utilizzate per più di 1500 anni dalla Chiesa come arma per il suo lavaggio del cervello di massa. Il pontefice lamenta, nell'omelia da cui sono tratte queste sue parole, come l'attuale società non dia più il giusto peso alla questione inferno, declassandolo ad argomento di serie b.

Questo, se non fosse ancora sufficientemente chiaro, è a mio parere la dimostrazione che la gente ha altre cose (più serie) a cui pensare. Una purtroppo sempre più larga fetta della popolazione, infatti, prima di preoccuparsi di una eventuale dannazione eterna, si preoccupa della dannazione di cui è già vittima qui sulla terra adesso: la dannazione di un lavoro precario che ti mette nell'impossibilità di pianificare qualsiasi progetto futuro, la dannazione di chi vive nell'indigenza, nella sofferenza, nella malattia, di chi è vittima di ingiustizie, di oppressioni e di sfruttamento, di chi non sa come fare ad arrivare alla fine del mese. Queste sono le dannazioni e l'inferno, altrochè il pistolotto di Ratzinger (che ovviamente non ha di questi problemi).

Sarà sicuramente un'impressione mia, ma le ultime prese di posizione dell'entourage papale su molti aspetti della vita sociale del nostro paese e non solo, mi danno l'idea di uno fuori dalla storia, da quello che succede tutti i giorni, totalmente privo di contatti con la vita reale. A chi si rivolge con tutti i suoi bei discorsi quando la maggior parte di questi sono ascoltati e messi in pratica solo da una piccola minoranza del suo stesso gregge?

Come è possibile che io mi debba sentire dire che mi devo pentire (qualcuno mi dovrebbe anche spiegare di cosa) altrimenti andrò incontro alla pena eterna? Non ho mai ammazzato nessuno, non delinquo, non mi drogo, non bevo, sono regolarmente sposato in Chiesa, amo profondamente mia moglie e le mie figlie, credo nell'uguaglianza e nella fratellanza universale. Dovrei pentirmi perché non vado a messa la domenica?

Beh, in tal caso sì, sono pronto per l'Inferno.

Stipendi e notizie scomode

Ratzinger, in occasione dell'imminente traguardo degli 80 anni, elargisce una gratifica ai dipendenti; i politici invece si gratificano da soli

Il nostro arzillo pontefice tra poco meno di un mesetto festeggerà i suoi primi 80 anni. Per l'occasione i dipendenti del Vaticano si troveranno sulla busta paga un extra di 500 euro. Avevo pensato di proporre una cosa simile al mio datore di lavoro, poi mi sono ricordato che anche in caso di risposta affermativa avrei dovuto comunque aspettare altri 40 anni e ho lasciato perdere.

Chi invece, quando è ora, davanti a queste cose non si tira certo indietro sono i nostri amati (odiati) parlamentari, che, ovviamente senza clamore - grazie Romy per la dritta -, si sono (con un piccolo escamotage che ha fatto passare sotto silenzio la cosa) aumentati un'altra volta lo stipendio.

domenica 25 marzo 2007

Phishing anch'io

Breve descrizione della falsa e-mail di poste.it che mi è arrivata stamattina

Ho parlato spesso del fenomeno phishing, sia sul mio sito che in questo blog, ma finora sempre in maniera "indiretta", riportando cioè quello che trovavo su altri siti.

Stamattina una di queste e-mail è capitata nella mia mailbox. Quale migliore occasione per analizzarla e farci una bella paginetta sul mio sito?

Windows è il più sicuro :-)

Pubblicato l'11° Internet Security Threat Report: Symantec dice che Windows è il sistema più sicuro

La nota azienda di sicurezza informatica Symantec, ci comunica, tramite la pubblicazione del suo 11° rapporto (qui in pdf), che Windows - dati alla mano - nell'ultimo semestre del 2006 (il periodo preso come riferimento dal rapporto), sarebbe risultato il sistema operativo più sicuro, migliore addirittura di Linux e Mac. Vediamo però di approfondire un attimo alcuni aspetti della questione.

Innanzitutto, secondo Webnews (che si è preso la briga di spulciare il rapporto), facendo riferimento ai numeri riportati risulta che nei sei mesi presi come riferimento Windows ha evidenziato 39 vulnerabilità, 12 delle quali considerate critiche. Il tempo medio di correzione risulta essere stato di 21 giorni. Al secondo posto troviamo la celebre distro Linux Red Hat (208 vulnerabilità - di cui 2 gravi -, tempo medio di correzione 58 giorni). In terza posizione troviamo invece Mac OS X (43 vulnerabilità risolte in 37 giorni).

Stando a questi dati, risulta effettivamente che sì, le vulnerabilità di Windows sono state di meno e risolte in un tempo più breve. Bisogna però tenere conto che le vulnerabilità corrette da zio Bill spesso e volentieri sono minori rispetto a quelle effettivamente riscontrate dagli utenti che le segnalano. I motivi possono essere i più disparati (motivi di tempo, di marketing, ecc...). Nello scorso dicembre, ad esempio, Microsoft ha omesso di correggere due pericolose falle di Word (Zero-Day) perché, come ammesso dalla stessa casa di Redmond, "non ha fatto in tempo".

A questo si aggiungono poi tutte le magagne che hanno afflitto nel corso degli anni il celeberrimo (quanto bacato) Internet Explorer, il browser Microsoft i cui componenti ActiveX - che caricati ed eseguiti automaticamente dal browser aprivano l'accesso completo al sistema operativo - sono stati da sempre il mezzo di aggressione preferito dai vandali informatici. Quante volte mamma Microsoft nei suoi bollettini di sicurezza (che sembrano più bollettini di guerra) ci ha consigliato amorevolmente di disattivare "per sicurezza" i controlli ActiveX del browser in attesa del rilascio della patch? Nell'estate del 2002 (un caso che è passato alla storia) Microsoft ha lasciato passare quasi un mese di tempo per correggere ben 19 (diciannove) falle di I.E. riconducibili a vario titolo ai controlli ActiveX, limitandosi a suggerire laconicamente di disattivare tali componenti.

Un altro aspetto che va considerato affinché si possa fare una valutazione il più obiettiva possibile in merito, riguarda la sfruttabilità di queste falle. In pratica, è più pericoloso un bug di sicurezza su un sistema Windows o su un sistema Linux? La risposta è piuttosto semplice e alla portata anche di chi non ha particolari competenze informatiche. Alcuni dei motivi per cui è molto più difficile che venga sfruttata una falla di sicurezza su un sistema Linux sono ben descritti in questo documento (un pò datato ma concettualmente ancora valido) scritto da Marco Pratesi, mentre invece un interessante documento che spiega in dettaglio le tecniche di sviluppo e aggiornamento del software open source rispetto a quello proprietario lo trovate qui.

A monte di questi discorsi puramente tecnici, però, vale la pena segnalare che un elemento determinante per valutare il grado di sicurezza di un sistema rispetto ad un altro (che in ultima analisi è quello che ci interessa) è quello che si trova tra il monitor e la sedia, cioè l'utente, noi insomma. E qui andiamo a toccare un tasto piuttosto dolente. Non esiste infatti sistema operativo la cui sicurezza possa prescindere in qualche modo da un minimo di competenza da parte di chi usa il pc.

Il bello è che non è richiesta chissà quale preparazione tecnica, basterebbe sapere che per accedere a internet con un minimo di tranquillità serve (almeno) un antivirus e un firewall ben configurato, insieme a un pò di buon senso quando si naviga: non è necessario cambiare sistema operativo. Purtroppo, per esperienza personale, posso dire che non sempre è così. Mi trovo spesso nella situazione di dover (volentieri, ci mancherebbe) "soccorrere" gente col pc infestato dalle peggiori pestilenze informatiche che si sarebbero potute eludere semplicemente attuando i due semplici accorgimenti menzionati sopra. Vabbè.

Tutto questo - per riprendere un pò le redini del discorso iniziale - per dire che i dati riportati da Symantec saranno sicuramente corretti, ma esiste una differenza sostanziale tra la loro oggettività e la loro interpretazione.

sabato 24 marzo 2007

Cretinate al tiggì

Stavo scrivendo la bozza di un articolo che pubblicherò nei prossimi giorni, quando dalla tv accesa nella sala (le mie figlie guardavano i cartoni) ho sentito i titoli di Studio Aperto.

Tra gli altri: "Scoperto un appartamento infestato dai fantasmi. In diretta tutti i rumori che lo provano!".

venerdì 23 marzo 2007

Bambini birichini

L'amministrazione americana ci bacchetta per come abbiamo condotto le trattative per la liberazione di Mastrogiacomo

Eh sì, questa volta ce lo siamo proprio meritato. In fondo è normale: i genitori sgridano sempre (dovrebbero) i figli quando non si comportano bene. Poi però, passata la bufera, ci si chiarisce, si fa pace e tutto torna come prima: il legame affettivo torna a prevalere e la promessa dei figli scavezzacolli di non farlo più riporta il sereno.

Mamma Condy ci ha sgridato. "Non fatelo più!", ha detto dopo essersi consultata con nonno George. Poi però è arrivato papà Massimo che dopo aver parlato con Condy (foto) ha rimesso a posto le cose (almeno all'apparenza).

In mezzo ci siamo noi, i poveri figli idioti, che 60 anni di favori e di concessioni (basi, supporto logistico, supina e acritica accondiscendenza a ogni richiesta, ecc...) agli americani, come ringraziamento per averci liberati dai nazifascisti, ci hanno in pratica ridotti a tirapiedi pronti ad assecondare ogni capriccio dei nostri alleati d'oltreoceano.

E così si dice sì all'allargamento della base di Vicenza "per non incrinare i rapporti coi nostri alleati-amici" (leggi perché sennò si incazzano per davvero, e in questo momento il traballante governo del mortadella ha bisogno di tutto tranne che di una compromissione seria dei rapporti Farnesina-amministrazione), e ci si becca - sempre supinamente, eccetto la parvenza di scatto d'orgoglio di D'Alema - la giusta ramanzina per aver liberato 5 pericolosi (per chi?) talebani in cambio del nostro giornalista.

Per carità, non fraintendete, è naturale che scocci aver dovuto sottostare a questa specie di ricatto (cos'altro si doveva fare? Lasciarlo crepare assieme al suo autista?), ma tutta questa vicenda ha dimostrato alcune cose:

- in Afghanistan siamo in guerra, non ci vengano a raccontare balle sulla missione di pace e menate simili. C'è stato uno scambio di prigionieri, una pratica che si attua tra nazioni belligeranti, come la storia insegna.

- che cavolo ci facciamo in Afghanistan? Ufficialmente "per riportare l'ordine". Ma quale ordine? L'ordine c'era prima che gli americani lo invadessero, non adesso. Un ordine che fa orrore, certo (Sharìa e cose simili), ma pur sempre una forma di autoregolamentazione. E chi siamo noi per andare a dirgli che "così non va bene"? In ogni caso spesso ci si dimentica che loro sono a casa, nella loro terra, siamo noi che semmai siamo fuori posto.

- gli americani considerano gli afghani complici dei terroristi che hanno compiuto la terribile strage delle torri gemelle (un pretesto più che sufficiente a giustificare l'invasione). Anche questa mi sa tanto di balla e ricorda molto da vicino la storiella delle famose armi di distruzione di massa (mai trovate) usate come pretesto per invadere l'Iraq. Al Qaeda ha stretto accordi con i talebani molto dopo l'attentato di New York e non risulta che ci sia alcun afghano coinvolto nella strage (fonte).

La prossima settimana ci sarà la votazione in Senato per il rifinanziamento della missione in Afghanistan, e nonostante la sua approvazione sia attualmente al centro di qualche polemica, alla fine passerà, è fuori di dubbio.

Non si può correre il rischio di far perdere un'altra volta la pazienza a Condy.

giovedì 22 marzo 2007

Rutelli e il p2p

Francesco Rutelli, interpellato da Altroconsumo, favorevole a mantenere sanzioni penali per chi abusa del file-sharing

Ma che c'azzecca (per dirla alla Di Pietro) Rutelli (foto) col p2p? La domanda sorge spontanea leggendo la lettera che il vicepresidente del Consiglio ha inviato a Altroconsumo, in risposta alla petizione lanciata da questi ultimi con l'intento di modificare l'attuale legge sul diritto d'autore.

Sostanzialmente, nella lettera, l'ex sindaco di Roma ribadisce quello che è il pensiero corrente, specialmente da parte di chi di queste cose - diciamolo - ci capisce ben poco. E non è un mistero che informatica, tecnologia, internet e comunicazione siano ancora materie piuttosto ostiche per la nostra classe dirigente (ricordate ad esempio il famoso caso di Googlebombing politico ai danni del Berlusca l'anno scorso?).

Insomma, seguendo le orme del suo predecessore (quell'Urbani papà del famoso e controverso decreto), Rutelli si schiera apertamente a favore della criminalizzazione selvaggia di chi si scarica le canzoni da eMule perché giustamente nauseato dall'idea di buttare 20 euro nel cesso per acquistare un cd musicale spesso di dubbia qualità. Naturalmente, per non farsi mancare niente, non manca nella lettera un parere favorevole pure all'utilizzazione del DRM "purché rispettoso dell'interoperabilità dei sistemi tecnologici" (sarebbe interessante chiedere all'interessato se ha qualche vaga idea di cosa sta parlando).

Alla fine, quello che più scandalizza non è tanto il fatto che questa gente abbia poca (o nulla) dimestichezza con tecnologia e comunicazione in generale (eccetto che per fini elettorali), ma che su queste materie pretenda di legiferare.

Eiaculazioni (precoci)

Oggi l'Ansa si è premurata di comunicarci l'importante notizia che per 4 milioni di italiani "finire" troppo alla svelta è uno dei maggiori problemi.

La notizia è stata inserita nella sezione "approfondimenti" (sarà un caso?).

mercoledì 21 marzo 2007

350.000 anche quest'anno

Anche per il 2007 il governo canadese ha dato il via libera all'uccisione di 350.000 esemplari di cuccioli di foca

L'anno scorso, sempre in questo periodo, avevo scritto sul mio sito un articolo (qui) in cui parlavo della decisione del governo canadese di permettere l'uccisione di 350.000 foche. Quest'anno dovrei scriverne un altro uguale, visto che la cosa si ripete.

Quando si scrive di queste argomenti, però, bisogna sempre fare un pò di attenzione perché si corre il rischio di passare per "facili (o falsi) moralisti" o per incoerenti. La critica più frequente che viene rivolta a chi prende posizione contro queste cose, infatti, è quella di predicare bene e razzolare male (come ho potuto constatare dal tenore di un paio di e-mail che mi sono arrivate l'anno scorso dopo aver pubblicato quell'articolo).

Comunque sia, sono principalmente due i motivi per cui non condivido la decisione di autorizzare questa mattanza (difficile definirla in un altro modo):

1 - il metodo

2 - le motivazioni

Sulla crudeltà del metodo penso ci sia poco da dire: è sufficiente fare un girettino su Google (o dare un'occhiata a questo filmato della LAV per farsi un'idea). Lo so, i maltrattamenti e gli abusi sono all'ordine del giorno anche da noi (basta pensare a quello che avviene nei mattatoi e negli allevamenti di pollame), ma mi pare che sia molto più crudele la pratica utilizzata nello sterminio delle foche.

Le motivazioni, poi, sono forse la cosa più ridicola che ci sia. Ho googlato ripetutamente alla ricerca di una pagina o di un sito che mi dimostrasse una correlazione tra il numero di foche e la diminuzione delle risorse ittiche, una delle giustificazioni più "gettonate", ma non ho trovato niente (se qualcuno è più fortunato di me lo può segnalare nei commenti, sarò ben felice di evidenziare il link).

Ho trovato invece un elevato numero di siti che spiegano i veri motivi per cui le risorse ittiche stanno vistosamente calando (inquinamento, sfruttamento selvaggio e incontrollato delle risorse, ecc...). E ho trovato anche esaurienti spiegazioni (qui alcune) sui veri motivi (facilmente immaginabili) del massacro.

Preoccupazioni ("inciucio" in vista?)







Non so voi, ma quando vedo Forza Italia che va da Prodi - specialmente per parlare di legge elettorale - io ho paura, molta paura. Quando poi i due esponenti azzurri auspicano "una soluzione parlamentare" che scavalchi il ricorso al referendum (leggi "ce la vediamo tra noi, lasciamoli stare"), la paura diventa panico e terrore.

martedì 20 marzo 2007

Basta! Qui non si fa un tubo





Oh, finalmente qualcuno che dice quello che tutti sospettavano (anche se più che un sospetto era quasi una certezza), ma che nessuno, pubblicamente, ha mai avuto il coraggio di dire.

Phishing, siamo sotto attacco

Sembra non avere sosta l'invasione di e-mail truffaldine inviate con lo scopo di "arrivare" al nostro conto corrente

Gli ultimi dati (pubblicati ieri da anti-phishing.it) sulla diffusione del fenomeno "phishing" nel nostro paese sono francamente allarmanti. Solo nel mese di marzo sono state inviate più di 50 tipi di queste e-mail a ignari utenti.

Per chi ancora non sapesse di cosa si tratta (parecchi, stando alla diffusione del fenomeno), il phishing è un'attività truffaldina che sfrutta alcuni meccanismi psicologici, attuati da veri e propri criminali informatici, al fine di convincere l'ignaro utente a rivelare i propri dati personali (una spiegazione piuttosto esauriente del fenomeno la trovate qui).

In pratica si riceve un'e-mail che simula nella grafica e nel contenuto quella di una banca o di un'altra istituzione. Un esempio è l'immagine che vedete qui sotto (fonte: http://www.anti-phishing.it):



Come vedete, la grafica - con tanto di logo di Banca Intesa (ma potrebbe essere di qualsiasi altro istituto) - è piuttosto ben fatta e un utente poco attento potrebbe essere facilmente tratto in inganno. Spesso questi messaggi sono scritti in un italiano abbastanza approssimativo (un segnale che dovrebbe creare qualche sospetto), e infatti, se notate, anche in questa è contenuta qualche bislacca acrobazia sintattica.

In pratica, l'utente che riceve questo messaggio viene invitato a cliccare sul link contenuto all'interno del messaggio e a digitare nel sito che si apre i propri dati di conto corrente. Il sito, però, non è quello vero di Banca Intesa (in questo caso), ma è un clone quasi identico, spesso e volentieri ospitato su un server all'estero, e una volta immessi, i dati non andranno certo alla banca ma in mano ai truffatori (con conseguenze abbastanza facilmente immaginabili).

La faccenda rende, eccome. Una ricerca della Confesercenti, ha dimostrato (qui) che dal 2001 al 2005 le frodi telematiche nell'Unione Europea hanno fatto "guadagnare" a questi truffatori qualcosa come 5 miliardi di euro. Segnale incontrovertibile che molti utenti, quando sono di fronte a questi messaggi si fidano ciecamente, abbandonano ogni precauzione e consegnano di fatto la propria carta di credito o il proprio conto a questi signori.

Come difendersi? Alcuni efficaci metodi di difesa sono elencati qui, ma i più importanti di tutti sono il buon senso e la prudenza. Soprattutto va tenuto in considerazione il fatto che nessun istituto di credito chiede dati personali tramite e-mail.

Nel 100% dei casi una richiesta simile è una truffa.

lunedì 19 marzo 2007

Festa del papà

Capitano alcune cose nella vita, apparentemente piccole, ma in realtà molto grandi. Guardate questo disegno:



L'hanno fatto Michela e Francesca oggi a scuola per la festa del papà, e me l'hanno dato quando sono rientrato dal lavoro. Sono io alla guida del furgone aziendale che utilizzo per il trasporto dei giornali. :)

Sul retro del disegno hanno scritto un piccolo testo che riporto qui sotto (i commenti tra parentesi sono ovviamente miei):

Babbo sei un super fattorino ["fattorino", vabbè...] che gira col camioncino.
Sei bello, sei intelligente molto più dell'altra gente [adorabili...].
Sei il più bravo,
sei poco dormiglione,
sei veloce e usi poco la voce [ruffiane!].
Sei sensibile, sei disponibile, sei un babbo d'oro e sei moro [moro? Ma dove? :)].
Vorrei che giocassi più con me, vorrei che mi parlassi di te [ahi, ahi, ahi...].
Vorrei passeggiare con te e vorrei sapere... come stampano i gionali [^_^].
Grazie di esistere.
Ti vogliamo un mondo di bene.


Posso essere un pò orgoglioso delle mie figlie?

Antidoping agli studenti e divieto di usare i telefonini. Per colpa di chi?

Dubbi, perplessità e qualche riflessione su queste due proposte, partorite in questi giorni da due dei nostri solerti governanti

A distanza di breve tempo uno dall'altro, i ministri Amato (Interno) e Fioroni (Pubblica Istruzione) se ne sono usciti ognuno con una provvedimento che riguarda i giovani. Il primo, penso provocatoriamente, ha proposto di sottoporre al test antidoping gli studenti che escono dalle scuole, e il secondo ha emanato una direttiva con la quale obbliga studenti e docenti a tenere il cellulare spento durante le lezioni e la normale attività didattica.

Partiamo dalla prima proposta. Amato ha sicuramente voluto, con questa idea, lanciare un segnale forte e sensibilizzare l'opinione pubblica su un problema che è purtroppo reale, la cui diffusione va ben al di là di quello che si può comunemente pensare. La cocaina è diffusissima, e non è più quella "droga dei ricchi" che andava di moda 20 o 30 fa tra i "vip", ma è oggi alla portata di tutti (studenti compresi). Quindi, tutto sommato, l'idea del Ministro dell'Interno non mi pare sia da condannare in toto, soprattutto se attuata (come da lui stesso dichiarato) con lo scopo di sensibilizzare più che altro le famiglie dei giovani che ne fanno uso (che molto spesso sono all'oscuro).

Come dicevo, la proposta in sé mi sembra passabile (pur con qualche riserva); quello che mi piacerebbe sapere, però, è se Amato questo test l'ha fatto. Visto infatti quello che è successo appena qualche mese fa in Parlamento, dopo i casini combinati dalle Iene, qualche dubbio permettete che l'abbia anch'io?

Con Fioroni, invece, sono completamente d'accordo. Anzi, io sarei per obbligare gli studenti a lasciarli a casa i telefonini. Sì, lo so, i genitori sono più tranquilli se il proprio pargolo ce l'ha con sé: sono rintracciabili sempre e questo è sicuramente motivo di tranquillità per entrambi. Ogni tanto però mi chiedo come abbiamo fatto a sopravvivere noi, che non ce l'avevamo.

In ogni caso, al di là di tutto, c'è un'altra ottica sotto la quale si possono inquadrare questi due provvedimenti: la resa delle famiglie. Penso di non essere il solo a vedere in queste azioni una specie di "ultima spiaggia", un tentativo di mettere una pezza - per quanto posticcia e tardiva - per tentare quantomeno di arginare il buco educativo di cui sono vittime i nostri giovani. Scusate, ma l'uso intelligente del telefonino e il principio basilare che usare droga è da cretini non sono concetti che dovrebbero essere inculcati dai genitori? C'è bisogno che lo dica un Ministro?

domenica 18 marzo 2007

Citazioni

""Ora basta!" è quel titolo che i media hanno tirato fuori dal cassetto il giorno dopo gli incidenti seguiti a Catania-palermo, per poi riporlo, lavato e stirato, pronto per essere usato alla prossima occasione."

(Letto a pag. 154 del Mucchio in edicola in questi giorni)

Esaurito l'inchiostro? Conviene comprare la stampante nuova

Testimonianza diretta (mia) di uno dei (sempre più numerosi) casi in cui conviene cambiare l'hardware piuttosto che acquistare i relativi ricambi

Eh sì, questa volta devo ammetterlo: ci sono cascato come un pesce nella rete. La rete però non è quella di un pescatore, ma (peggio) quella di un produttore hardware. Racconto brevemente il fatto evitando (per non fare pubblicità) di nominare marca e modello della stampante in questione.

L'anno scorso, più o meno in questo periodo, ho acquistato una stampante inkjet di una nota multinazionale del settore. Diciamo subito che non sono un grosso utilizzatore di questo tipo di hardware, giusto qualche documento e qualche fotocopia ad uso scolastico per le mie figlie ogni tanto. Il prezzo era buono (poco meno di 29 euro) e la stampante è sempre andata (e va tuttora) bene, nonostante il per me piuttosto fastidioso problema della non reperibilità dei driver per Linux, cosa questa che mi costringe a usare Windows le poche volte che devo stampare qualcosa. Vabbè.

La sorpresa mi è arrivata adesso che il colore è finito e il nero è ormai lì lì: infatti per il modello in questione non esistono cartucce compatibili, ma solo originali. Ho trovato su alcuni siti specializzati la possibilità di acquistare il kit per ricaricare i toner manualmente (colore, guanti, siringhe, imbuto, ecc...) a un prezzo ragionevole, ma, visto la frequenza con cui utilizzo la stampante, mi sembra uno spreco di tempo e di risorse (traduco: non ne ho voglia).

La cosa curiosa, però, come dicevo, è il prezzo dei ricambi originali della mia stampante: la cartuccia col nero costa 15,50 euro, quella col colore 19,40. Totale: 34,90 euro. Quindi, riassumendo, la stampante costa 28 euro e qualcosa e le cartucce quasi 35 euro.

Domani vado a comprare un'altra stampante, così spendo meno.

La "forbice" (costante) del p2p

Rimane alto e costante il divario tra i file scambiati illecitamente dai circuiti p2p e quelli acquistati regolarmente

Un miliardo di file al mese (stima per difetto). E' questo, secondo quanto riportato dalla società di ricerca BigChampagne, il numero dei file musicali scaricati illecitamente dalla rete ogni mese tramite i circuiti peer-to-peer. Un numero effettivamente impressionante (e, come detto, stimato per difetto), quasi mostruoso, specialmente se raffrontato col numero di download effettuati dalle piattaforme legali tipo iTunes di Apple.

Un miliardo al mese fanno 12 miliardi all'anno. Se prendiamo come termine di paragone il già citato iTuens di Apple, il principale negozio online autorizzato, vediamo che la distanza tra le due realtà è quasi abissale, e non si prevedono sostanziali cambiamenti di trend per il futuro. iTunes infatti ha venduto, dal "lontano" 2003 ad oggi, circa 2 miliardi di brani. Le proporzioni le potete fare da soli.

Da questi dati si evince chiaramente che non ci sono minacce, cause, tribunali, richieste di risarcimenti, DRM e compagnia bella che siano in grado fermare l'avanzata del fenomeno p2p. La gente (tranne qualche caso isolato) lo sa: sa che le possibilità di essere beccati sono praticamente nulle (il rapporto rischi/benefici è infinitamente sbilanciato a favore dei secondi). In questo contesto si inserisce la notizia (peraltro già nota) del costante calo della vendita dei sopporti ottici musicali (-23% dal 2000 al 2006). E questo è effettivamente constatabile da chiunque semplicemente entrando nel reparto cd di qualsiasi negozio o centro commerciale.

Insomma, gli sforzi titanici attuati dall'industria discografica per tentare di arginare il fenomeno, sono destinati a fallire miseramente. E non potrebbe essere altrimenti, visto che in questo ci mettono anche del loro. Nel 2003 la RRIA, l'associazione che riunisce i discografici americani, ha pubblicato sul proprio sito questo bel documento, in cui si evidenzia il fatto come (secondo loro) il prezzo dei cd sia troppo basso (sì, avete capito bene).

Cioè, secondo loro, gli utenti pagano troppo poco per acquistare un normale cd musicale, che se dovesse seguire il normale trend di crescita della maggior parte dei beni di consumo, dovrebbe costare il triplo di quello che costa oggi. Questo conferma, se mai ce ne fosse ancora bisogno, che chi tira le fila del mondo discografico o vive su un altro pianeta o forse sarebbe meglio che ci andasse a vivere. Come si fa a fare un ragionamento simile quando lo stesso cd si trova gratuitamente su BitTorrent o eMule, o a un decimo del suo prezzo se acquistato legalmente su iTunes?

Chissà, forse un giorno questi signori, che ultimamente parevano aver dato qualche segno di ravvedimento, torneranno coi piedi sulla terra, magari in tempo per adottare qualche provvedimento che non vada a cozzare contro ogni forma di buon senso.

Restiamo in attesa.

sabato 17 marzo 2007

Google non fa più il "grande fratello"

Il noto motore di ricerca pare intenzionato a ridurre i tempi di conservazione dei dati personali

La notizia (che attendiamo di poter verificare con mano) farà sicuramente contento chi (come il sottoscritto) non vede di buon occhio il fatto che le proprie informazioni personali vengano trattenute a tempo indefinito dai portali che forniscono un servizio agli utenti. Bene. Google, secondo quanto circola in questi giorni in rete, pare intenzionato a ridurre notevolmente i tempi in cui queste informazioni vengono conservate nei suoi database.

Come probabilmente quasi tutti sanno, infatti, quando noi utilizziamo il motore di ricerca, vengono registrate nei cosidetti file di log del portale molte informazioni che riguardano l'utente, come ad esempio l'indirizzo ip, il tipo di ricerca effettuata, il sistema operativo utilizzato, il tipo di browser, ecc. Questo, naturalmente, se la navigazione non avviene utilizzando strumenti tipo TOR, Anonymouse.org e altri, che consentono di navigare anonimi e al riparo da "occhi indiscreti".

Queste informazioni personali, registrate nei file di log gestiti dai server di Google, consentono di ricostruire in maniera molto precisa l'identità e le azioni svolte dal singolo utente (siti visitati, informazioni ricercate, ecc...). Fino ad ora queste informazioni venivano conservate per un tempo praticamente illimitato. Ora, dopo appunto la decisione presa dai vertici di Google, sembra che questo tempo non sarà più indefinito, ma sarà limitato a un periodo che va dai 18 ai 24 mesi, trascorsi i quali i dati dovrebbero (per ora uso il condizionale) diventare anonimi.

La decisione presa dai responsabili del noto motore di ricerca, che comunque non sarà operativa prima di un anno, è stata presa dopo alcuni colloqui avvenuti tra i vertici del portale e i responsabili dei servizi di tutela della privacy di Europa e Stati Uniti, che avevano già da tempo mostrato qualche perplessità sulle modalità di gestione dei dati personali dell'utenza.

venerdì 16 marzo 2007

Vallettopoli e dintorni (riflessioni semiserie)

Strano paese questo, che dedica fiumi di inchiostro a vicende gossippare come appunto "vallettopoli" (il seguito ideale di "tangentopoli", "manettopoli", "calciopoli" e tutti gli "...òpoli" che si sono susseguiti in questi ultimi anni) e glissa con nonchalance su vicende ben più importanti e volutamente poco reclamizzate. E vabbè, siamo o non siamo il paese del grande fratello? Vogliamo o no sapere se Sircana è andato a trombare col trans, se il Berlusca ha veramente pagato per impedire la pubblicazione di alcune foto della figlia? Sì, lo vogliamo sapere! Lo vogliamo sapere a tutti i costi, eccheccavolo!

Naturalmente sto scherzando, l'ho buttata un pò sull'ironia per tentare di sdrammatizzare e ridimensionare la portata di quello che sta accadendo. Non so, fate un pò voi, ma secondo me l'intera questione non merita tutto il casino mediatico che le è stato costruito intorno. Insomma, voglio dire, a me non scandalizza più di tanto il fatto che un politico si sia intrattenuto (ipotesi tra l'altro ancora tutta da provare) con un trans. Se anche fosse, al limite saranno cavoli suoi o no? Ognuno non è libero di fare ciò che vuole? E allora! A me, se devo essere sincero, scandalizza di più che 25 parlamentari che dovrebbero rappresentarci abbiano sul groppone altrettante condanne definitive per truffa, falso, corruzione, finanziamenti illeciti e via di questo passo, e che il loro stipendio sia pagato con le mie tasse. Queste sono le cose che non mando giù, altroché.

In ogni caso la vicenda nel suo insieme si presta sicuramente ad alcune riflessioni. Leggendo qua e là qualcosa, mi è parso di notare che, sostanzialmente, attorno ad essa si sono create due "correnti di pensiero", se così vogliamo chiamarle: da una parte abbiamo i politici, che sentendosi presi di mira rivendicano platealmente il loro diritto alla privacy e a non essere sbattuti in prima pagina (da più parti è già partita la campagna volta a screditare, o quanto meno a ridimensionare, l'operato di Woodcock (foto), come anche giustamente segnalato qui e qui da Romina nel suo blog), dall'altra abbiamo invece buona parte del mondo dell'informazione che è convinto che per i politici, e più in generale per i cosiddetti "vip", sia il prezzo che va pagato alla notorietà; che rivendica insomma il diritto di "informare".

A mio modesto parere il nocciolo della questione sta tutto nella smania di protagonismo e sansazionalismo dei massmaedia: lo scoop, la notizia, il sospetto, la consolidata pratica di buttare in pasto alla gente la notizia omettendo di verificarne l'attendibilità e la veridicità. E così abbiamo casi come quello della tristemente nota strage di Erba, della quale è stato frettolosamente e imprudentemente ritenuto responsabile il marito e padre (tunisino) delle vittime salvo poi scoprire successivamente che in realtà si trovava da tutt'altra parte e non c'entrava niente con la vicenda.

Tornando all'inchiesta in corso vera e propria, poi, visto che il nostro ordinamento giuridico prevede che una persona è innocente fino a condanna definitiva (quando cioè ha affrontato tutti e tre i gradi di giudizio), lasciamo lavorare in pace i vari avvocati e pm che si occupano dell'inchiesta. Quando tutto sarà finito avremo la certezza definitiva della colpevolezza o innocenza dei vari Mora, Corona e compagnia bella. Fino ad allora avremo solo a che fare, infatti, con illazioni, sospetti e voci di corridoio che francamente non portano a nulla e lasciano il tempo che trovano. In questo senso trovo che sia più che giusta la decisione presa dal Garante della Privacy di vietare la pubblicazione di notizie inerenti la sfera sessuale di chichessia, provvedimento che ha come fine quello di salvaguardare il diritto di non vedere sbandierato ai 4 venti quello che uno fa nella sua vita privata.

Qui, però, per la verità, ci sarebbe da fare un piccolo appunto. Se la decisione del garante di salvaguardare la privacy è giusta, infatti, deve esserlo per tutti e non solo per i cosiddetti vip di cui parlavo più sopra. E, sinceramente, non mi pare che sia così. A pensare male si fa peccato, è vero, però provate un pò a pensare da cosa nasce tutto il putiferio: dal fatto che nel mirino sono finiti dei politici piuttosto noti (Sircana, Maroni e Berlusconi). E allora viene da chiedersi perché nessuno si incazza platealmente per le quotidiane violazioni della privacy dei comuni cittadini. Non sarà che, tanto per cambiare, viene adottata la famosa prassi dei "due pesi e due misure"? Il sospetto mi pare sia più che legittimo, e a tal proposito vi invito a leggere questo - a mio parere azzeccatissimo - articolo di Marco Calamari e a pensare a quella targa, che si trova appesa in tutte le aule di tribunale, con su scritto: "La Legge E' Uguale Per Tutti".

E merda sia...

Scusate, non voglio essere volgare, ma visto che Gonzales segnalava questa cosa già due giorni fa senza che sia cambiato niente (ho riprovato in questo momento), qualche dubbio mi viene...

giovedì 15 marzo 2007

Telecom fa la spia (ma è obbligata)

Notizie come questa, pubblicata oggi da Punto Informatico, possono avere il potere di far perdere il sonno a parecchia gente: per la precisione, in questo caso, a ben 3.636 persone. Tanti sono infatti gli indirizzi ip identificati (corrispondenti ovviamente ad altrettanti nominativi) che Telecom dovrà fornire entro i prossimi 15 giorni a una società discografica di Hannover. Secondo questa società discografica, infatti, gli utenti intercettati sono accusati di aver messo in condivisione, tramite i soliti noti eMule, BitTorrent e altri, file musicali protetti da copyright.

Fin qui niente di nuovo: non è infatti la prima volta (e non sarà neanche l'ultima) che le major discografiche si fanno promotrici di azioni legali nei confronti degli utenti per tutelare i loro interessi. Ma, come anche sottolineato nell'articolo di Punto Informatico, in questo caso c'è una novità: e cioè l'utilizzo di una direttiva europea chiamata IP enforcement (il nome è già tutto un programma). Vediamo un pò di cosa si tratta.

Nel mese di marzo del 2004, il Parlamento Europeo ha approvato una direttiva (questa) con lo scopo di "assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale". Questa, che a una prima e superficiale lettura potrebbe apparire come un insieme di belle parole a tutela dell'utente, nasconde in realtà alcuni aspetti che, secondo quanto afferma la componente più "radicale" di chi critica il provvedimento, accoglie le istanze più restrittive chieste dalle major della musica nei confronti di chi condivide file in rete.

Il discorso è piuttosto complesso e potrebbe prestarsi facilmente a essere frainteso o male interpretato. In sostanza, comunque, la direttiva in questione (come spiegato bene in quest'altro articolo di P.I.) produce due effetti:
  • la non perseguibilità di chi scarica musica dalla rete per fini personali ("atti commessi in buona fede dai consumatori")
  • inasprimento delle sanzioni per chi invece, oltre a mettere in condivisione, attua il cosiddetto "sfruttamento commerciale" di quanto scaricato (in pratica chi si scarica musica e film per rivenderli)
L'inasprimento delle sanzioni, però (e qui entra in gioco quell'IP enforcement di cui parlavo prima), non riguarda solo la possibilità di perseguire penalmente chi mette in condivisione file protetti da copyright, ma innesca quel discutibile meccanismo per cui gli Internet Service Provider (ISP) sono, in particolari condizioni, "caldamente invitati" a fornire a chi ne faccia richiesta gli indirizzi ip degli utenti "malandrini".

Ecco quindi che il cerchio si chiude e arriviamo al caso di oggi. Telecom, obbligata contemporaneamente da un'ordinanza del Tribunale di Roma e dal recepimento della direttiva di cui parlavo prima (è la prima volta che viene applicata nel nostro paese), si trasforma così in una sorta di "provider-sceriffo", con l'obbligo di comunicare alla società discografica che ne ha fatto richiesta i nominativi degli utenti "colti in flagrante".

Le implicazioni ìnsite in questo provvedimento, capirete, non sono di poco conto, e sostanzialmente vertono tutte verso uno degli argomenti di cui forse si sta parlando di più, in rete e fuori, da un pò di tempo a questa parte: la privacy. L'obbligo per i provider di inviare alle società che ne facciano richiesta nominativi di utenti (dati sensibili a tutti gli effetti), può infatti tranquillamente essere inquadrata come una palese violazione del diritto alla suddetta privacy.

Un altro aspetto interessante (se così si può dire) della questione è il fatto che con l'applicazione di questa direttiva, per la prima volta i provider hanno l'obbligo di fornire dati sensibili di utenti a qualunque soggetto privato ne faccia richiesta (in questo caso una società discografica), mentre prima questo obbligo era solo nei confronti delle forze dell'ordine e/o della Pubblica Autorità.

Ma torniamo ai nostri 3mila e passa utenti oggetto di questo articolo: molti di voi si staranno probabilmente chiedendo che conseguenze avranno da questa storia. Beh, stando a quello che riporta P.I. nessuno andrà in galera. L'intento dell'azione legale intrapresa dalla società discografica tedesca, infatti, sarebbe solo quello di lanciare una specie di avvertimento a chi condivide illegalmente file protetti da copyright. Una sorta di "attenzione a cosa fate: vi teniamo d'occhio!". A dir la verità viene ventilata l'ipotesi che una "modesta somma" (nell'ordine di qualche centinaia di euro) verrà comunque richiesta agli utenti coinvolti, con lo scopo di coprire almeno in parte le spese legali dell'operazione.

Considerato che, come è noto, l'attuale legislazione italiana (vedi il famigerato decreto Urbani) consente di procedere sia in sede civile che penale contro chi scambia illegalmente file protetti da copyright, forse poteva andare anche peggio.

Ritorno alle origini

Per carità, non fraintendetemi: non voglio dare l'impressione di mancare di rispetto a nessuno. Parlo a titolo puramente personale.

Ricordo però (reminescenze giovanili) la Santa Messa come una delle cose più soporifere che ci siano. Ora, pare che papa Ratzinger abbia serie intenzioni di ripristinare la celebrazione della funzione religiosa in latino, con tanto di canti gregoriani al suo interno.

Le conseguenze (almeno per me, nel caso si presentasse la necessità di partecipare a qualcuna) sarebbero facilmente immaginabili.

mercoledì 14 marzo 2007

Mandiamo Stallman da Fazio?

E' online da qualche giorno una petizione (sottoscrivibile qui) per tentare di convincere Fabio Fazio a invitare Richard Stallman (foto), o un altro esponente del software libero, alla sua trasmissione "Che tempo fa".

Visto che nel 2004 è stato ospite di Fazio zio Bill, sarebbe interessante, se non altro per par condicio, sentire cosa ha da dire il padre del software libero.

Tra i "papabili" anche Linus Torvalds (il papà di Linux) e Mark Shuttleworth.

Revisioni e burocrazia

Un paio di settimane fa, ricorderete, sono stato beccato dalla stradale con la revisione della mia auto scaduta. Vi racconto brevemente, partendo dall'inizio, la trafila che ho fatto per rimettermi in regola:
  • mi viene ritirato immediato (in flagranza di reato :)) il libretto da parte della Polizia
  • lo stesso viene spedito tramite raccomandata a/r alla sede della Motorizzazione Civile competente per territorio (nel mio caso Rimini)
  • attendo 4 giorni (il tempo che impiega una raccomandata per coprire il tragitto Novafeltria-Rimini)
  • la Motorizzazione riceve il libretto. Mi presento quindi in sede la mattina successiva alle 9
  • un'ora e mezza di attesa allo sportello (c'è un impiegato solo)
  • mi viene rilasciata una fotocopia del libretto con timbro della Motorizzazione
  • con la suddetta fotocopia mi presento alla mia officina di fiducia per la revisione
  • terminato il tutto mi viene rilasciato un tagliandino sul quale è incollato un piccolo adesivo che certifica l'avvenuta revisione
  • col tagliandino vado di nuovo alla motorizzazione (20 km andare e 20 tornare) e mi rimetto pazientemente in fila (c'è sempre un impiegato solo)
  • finalmente consegno il tagliandino coll'adesivo all'impiegato, il quale lo stacca e lo attacca sul mio libretto. Fine della trafila
Ora, questa sarà sicuramente la procedura standard, niente da dire, ma se la stradale una volta contestatami l'infrazione mi avesse lasciato il mio libretto con l'obbligo di ripresentarmi entro una settimana per esibire l'avvenuta revisione, non sarebbe stato più semplice e sbrigativo?

Mah...

martedì 13 marzo 2007

Conversioni in atto

The Inquirer riporta oggi la notizia che il parlamento francese starebbe per trasferire l'intero apparato informatico a Linux, e precisamente a quella che in questo momento viene considerata dai normali utenti desktop come la più immediata e semplice distribuzione da usare: Ubuntu (qui il portale della versione italiana).

I nostri cugini d'oltralpe stanno seguendo quello che pare essere un vero e proprio cambiamento di rotta per quanto riguarda l'utilizzo delle tecnologie informatiche; un percorso iniziato già a febbraio dell'anno scorso con l'utilizzo, da parte della Gendarmeria francese, di software open source gratuiti al posto dei costosi programmi commerciali a sorgente chiuso.

La Francia è solo l'ultimo esempio di quello che sta accadendo a livello mondiale: amministrazioni, enti, governi, scuole e aziende che, stanchi di combattere con i problemi di sicurezza e gli elevatissimi costi di gestione derivanti dall'utilizzo di software commerciale chiuso, stanno progressivamente migrando verso i cosiddetti "formati aperti": ossia programmi, sistemi operativi e applicazioni totalmente open source e gratuiti.

La rivoluzione è in atto non solo a livello aziendale e amministrativo, ma anche tra la normale utenza che fa un uso normale e casalingo del pc: internet, multimedia, ufficio. Sistemi come appunto Ubuntu, Mandriva, Suse e altri, sono oggi molto più user-friendly rispetto a qualche anno fa e consentono anche agli utenti di "primo pelo" di poter cominciare a utilizzare i nuovi applicativi in modo semplice e immediato, dicendo finalmente addio a sistemi chiusi e controllati, WGA, codici di attivazione, licenze di utilizzo demenziali e totalmente prive di senso.

Linux, al piccolo prezzo di dedicare una minima quantità del proprio tempo per imparare le basi del suo utilizzo, offre in cambio la possibilità di poter utilizzare un sistema stabile, gratuito, libero da restrittive e ridicole licenze e sicurissimo: niente più virus, trojan, dialer e affini. Fateci un pensierino quando starete per acquistare un nuovo pc con preinstallato Windows Vista.

"Bebo"?

Google ha pubblicato la top ten delle parole più cercate sul proprio motore di ricerca nel 2006:

01) bebo

02) myspace

03) world cup

04) metacafe

05) radioblog

06) wikipedia

07) video

08) rebelde [?]

09) mininova

10) wiki

Scusate l'ignoranza, ma che cavolo vuol dire "bebo"?

lunedì 12 marzo 2007

Littizzetto show

Come sicuramente avrete letto, anche questo fine settimana sulle strade italiane è stata una mezza ecatombe. Ieri sera, alla trasmissione di Fazio, Che tempo fa, la Littizzetto ha detto, tra le tante, due cose apparentemente banali ma profondamente vere:

- la prima è che è perfettamente inutile che i parlamentari (destra o sinistra in questo caso non c'entra niente) diminuiscano i limiti di velocità quando le case costruttrici continuano a sfornare bolidi che non sfigurerebbero su un circuito di formula uno

- la seconda è che chi corre in macchina pieno di alcol è un cretino, punto e basta

Quando queste cose, invece che un comico, le dirà un parlamentare, avremo fatto un bel passo avanti (specie poi se alle parole farà seguito qualche provvedimento concreto).

E gli "update"?

Pare che questo mese zio Bill salterà l'immancabile appuntamento col rilascio mensile degli update critici per Xp (non posso verificare, sull'unica partizione dell'hard disk in cui ce l'ho installato non ci vado da talmente tanto tempo che per aggiornare tutto mi ci vorrebbe un pomeriggio: ho di meglio da fare).

Su molti blog e forum sparsi per la rete ci si interroga sui motivi e si fanno le più svariate e fantasiose ipotesi. Scusate, ma nessuno ha semplicemente pensato che una volta tanto non sia stato trovato nessun bug da correggere?

Buona volontà

Certo che uno ce la mette tutta per riuscire a capirci qualcosa, ma è obiettivamente difficile racapezzarsi. Quando c'è stata la famosa questione dell'allargamento della base militare americana di Vicenza, mezzo governo è sceso in piazza per contestare la decisione di Prodi di concedere il permesso.

Ieri, alla manifestazione romana in favore dei DICO, due dei più fervidi sostenitori di questa legge non hanno aderito. Una (Rosi Bindi, promotrice del ddl) adducendo la motivazione che "i ministri non devono andare alle manifestazioni. E' un lusso che non si possono permettere" (?), l'altro (Fassino) perché ufficialmente impegnato in una serie di congressi in Emilia.

Insomma non ho ancora ben capito se l'opposizione a questo governo è il centrodestra o si trova al suo interno.

domenica 11 marzo 2007

Dico la mia... sui "DICO"

Chi in questi ultimi due mesi non ha fatto esperienza meditativa in qualche sperduto monastero buddista sulle montagne dell'Himalaya, si sarà certamente accorto che uno degli argomenti che tengono banco nel nostro paese è quello sui cosidetti DICO (DIritti e doveri delle persone stabilmente COnviventi). Visto che, come dicevo, ne parlano in questo periodo più o meno tutti (con tanto di manifestazione), vorrei dire due parole anch'io, anche perché già qualcuno mi ha chiesto cosa ne penso.

Dunque, come vi sarete certamente accorti dal can-can che è venuto fuori da quando la questione è stata portata all'attenzione della pubblica opinione dal governo, si tratta effettivamente di un problema piuttosto delicato e per certi versi spinoso, perché va a urtare idee e convincimenti di una larghissima parte dell'opinione pubblica che vede la forma "canonica" della famiglia come marito e moglie regolarmente sposati in chiesa.

Per farla breve, comunque, il disegno di legge sui DICO ha la sostanziale finalità di equiparare diritti e doveri (successione, trattamento previdenziale, permesso di soggiorno, salute, morte, ecc...) di persone conviventi a quelli di chi si sposa in maniera "ufficiale" e riconosciuta dallo stato (marito e moglie in chiesa o in comune per intenderci). Da quello che mi è parso di capire, però, lo scoglio maggiore su cui si è arenata la possibilità di vedere risolta in maniera pacifica la questione, è quello che prevede il riconoscimento di questi diritti/doveri anche a coppie dello stesso sesso, e qui alcune considerazioni vanno fatte.

Innanzitutto, come mi pare ovvio, parto da come vedo e vivo io la cosa. E siccome sono regolarmente sposato in chiesa per libera scelta mia e di Chiara, scelta che è il frutto di un mio (nostro) personale convincimento, capirete che non posso prescindere da questo aspetto per affrontare la controversa questione. Quindi, per come la vedo io (chiamatemi retrogrado, all'antica, quello che vi pare), la famiglia è papà, mamma e figli. Mi dispiace, ma non riesco ancora a entrare nell'ottica di vedere due persone dello stesso sesso che si sposano, né tantomeno che abbiano la possibilità di adottare figli. Intendiamoci, non sono contro ai DICO a priori e per partito preso, e ritengo che alcuni aspetti che vadano tenuti in considerazione della proposta di legge ci siano.

Accanto a quello che dicevo prima circa il mio non vedere di buon occhio le unioni omosessuali, ci sono però alcuni aspetti che sono innegabili e che vanno secondo me tenuti in considerazione. Innanzitutto io sono uno di quelli che non vede l'omosessualità come una "malattia" da curare e quelli che ne sono "affetti" come elementi da internare in qualche oscuro ospedale-lager (come pensa qualche esponente delle alte sfere vaticane), ma siano semplicemente persone che hanno un altro concetto di sessualità. La storia ci insegna che da quando esiste l'uomo esiste l'omosessualità; che poi questa sia stata (e sia ancora) nel corso della storia oggetto di discriminazione e persecuzione (Hitler che bruciava nei forni gli omosessuali e gli zingari è solo l'ultimo esempio storico) e che da sempre gli omosessuali siano costretti a nascondersi e a condurre una vita "carbonara", è un altro paio di maniche.

Accanto a questi aspetti ne va certamente affiancato un altro, che mi pare di una certa importanza: la libertà. Quando si parla di libertà bisogna però sempre stare un pò attenti perché si corre il rischio (come succede spesso) di confonderla con il libertarismo. Il metro che andrebbe adottato, secondo me, fa sempre riferimento al vecchio ma efficace detto "la mia libertà finisce dove comincia quella di un altro". In pratica ciò significa che io non giudico chi adotta un comportamento (anche sessuale) diverso dal mio: dico semplicemente che se uno si sente realizzato in questo modo, benissimo, liberissimo. E non penso neanche che se venisse "istituzionalizzato" il matrimonio tra omosessuali sarebbe la prima pietra del tentativo di delegittimare, disgregare e indebolire la forma tradizionale di famiglia. Chi, come me, desidererà infatti continuare a sposarsi e a mettere su famiglia in modo tradizionale penso lo farà anche qualora venisse approvata la normativa in discussione. Quello che al limite si potrebbe contestare a questa legge è la sua sostanziale inutilità. Concordo infatti con chi dice che si poteva semplicemente modificare il codice civile senza bisogno di perdere tempo per creare una legge ad hoc (secondo me ci sono problemi più urgenti da risolvere prima dei DICO).

Quindi, sostanzialmente (e un pò "salomonicamente"), la mia opinione è che pur non vedendola di buon occhio, non mi sento - in nome appunto del detto che ho citato prima - di oppormi a una qualche forma di regolamentazione di queste unioni. Per il resto, l'unico limite invalicabile che secondo me non andrebbe mai superato, l'ho già evidenziato in questo articolo pubblicato un paio d'anni fa (in tempi non sospetti) sul mio sito internet.

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