domenica 14 gennaio 2007

Segnali positivi

Oggi voglio parlare un pò di tecnologia, perché sono successi un paio di fatti molto importanti nei giorni scorsi: fatti che possono essere sfuggiti a chi non si interessa in modo approfondito di queste cose, ma che hanno tutta l'aria di rappresentare un'importante segnale di cambio di rotta. Vengo al dunque.

Sono principalmente due gli avvenimenti da segnalare, e precisamente il crollo delle vendite dei brani musicali del famoso servizio di Apple, iTunes, e la decisione della major discografica EMI di abbandonare la tecnologia DRM dai suoi cd e dvd. Apparentemente queste due notizie non sono legate tra loro, ma ad un esame un pò più attento si scopre che un comune denominatore ce l'hanno. Prima però di affrontare il discorso occorre spiegare a chi magari non lo sa cos'è il DRM e quali sono le sue implicazioni sulla nostra libertà di utenti nonché di "fruitori di contenuti".

La sigla DRM sta per digital rights management, ovvero gestione dei diritti digitali, e questa definizione indica un insieme di tecnologie atte a limitare l'uso illimitato (perdonate il gioco di parole) e potenzialmente lesivo degli interessi dei titolari di copyright delle opere pretette. Questa tecnologia è oggi (purtroppo) abbondantemente presente, sia in ambito software che - ultimamente - hardware. L'esempio più calzante dell'applicazione di questa tecnologia è proprio il servizio di download legale di brani musicali di Apple. A questo proposito avevo pubblicato l'anno scorso un articolo piuttosto dettagliato sulla tecnologia DRM di cui sono infarciti i file scaricati dal music store della mela morsicata. Quindi se volete farvi un'idea di cosa sia in pratica questo benedetto DRM, potete dargli una letta.

A questo punto sorge spontanea una domanda, anzi due:
  • perché così tanti utenti sembrano improvvisamente essersi stufati delle canzoni scaricate da iTunes?
  • perché EMI ha deciso di rimuovere dai propri supporti ottici la tecnologia DRM?
Queste due domande, apparentemente diverse, hanno un'unica risposta: gli utenti si sono stancati di avere un mare di limitazioni su ciò che legalmente acquistano, sia che si tratti di un file scaricato da internet che di un cd o dvd regolarmente acquistato. Le canzoni scaricate da iTunes, ad esempio, sono sì legali, ma non so fino a che punto si può dire che siano effettivamente di proprietà di chi le ha acquistate. E questo perché non è ad esempio consentito farne più di un certo numero di copie, risulta piuttosto difficoltoso il trasferimento a un altro pc, per non parlare poi della riproduzione su dispositivi multimediali diversi dall'iPod (tipo lettori cd in auto, in casa, ecc...).

E' vero che queste limitazioni sono in alcuni casi abbastanza semplici da aggirare, ma richiedono tuttavia una certa perdita di tempo e spesso creano qualche difficoltà agli utenti "di primo pelo". E analogo discorso vale per i cd che contengono questa tecnologia, che anche qui vieta la loro riproduzione illimitata e mette vari altri paletti al loro libero e totale utilizzo. Il concetto di fondo è semplice: se una cosa è mia devo avere il diritto di farci quello che mi pare. Ed EMI pare aver capito questa cosa. Pare aver capito che mettere su supporti ottici tutte queste limitazione è inutile e controproducente; in primo luogo perché, come detto, sono facilmente aggirabili, e non solo dai pirati, e in secondo luogo perché allo stesso tempo creano problemi agli utenti onesti. Si sono insomma resi conto che è ridicolo che un utente acquisti una canzone che può ascoltare su un solo pc e masterizzare un numero limitato di volte.

Ora, c'è da augurarsi che la strada intrapresa da EMI non resti un caso isolato, ma sia l'input affinché altri capiscano che la pirateria non si combatte complicando la vita agli utenti onesti che la musica la pagano, ma cominci dall'abolizione di una tecnologia che da tempo ha cominciato a mostrare tutti i suoi limiti.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

se una cosa è mia devo avere il diritto di farci quello che mi pare.

E mi pare che è questo il fulcro del problema.

Il discorso è lungo e complicato e pieno di trappole legali.

Ma la frase giusta è la tua.

Se una cosa è mia ci faccio quello che mi pare.

A chi mi ribatte che ci sono i diritti d'autore(che io ho pagato comperando l'oggetto) io ribatto che se non volevano che lo copiassi non mettevano in vendita masterizzatori e supporti vergini.

Sulla storia di itunes sarebbe ora che la apple togliesse il limite di copia.(a parte che mi sembra che ci sia in giro un programmino a pagamento che può togliere la protezione..ma è legale?)

Alla fine tutto ritorna al buonsenso di chi compera.

Io non compro un dvd o cd per farne 100 copie da vendere ai miei amici.

Cia Maurizio

Andrea Sacchini ha detto...

In realtà i brani scaricati da iTunes non hanno particolari protezioni per aggirare le quali occorrono specifici programmi. Un piccolo trucco molto semplice e perfettamente legale, ad esempio, è quello di masterizzare i file acquistati online su un cd audio: in questo modo i file vengono convertiti in tracce audio perdendo tutte le limitazioni (DRM).

Anonimo ha detto...

Giusto.
Infatti secondo il mio modesto parere quelli di itunes lo sanno.

schrodcat ha detto...

Sono abbastanza d'accordo. Del resto il mio unico post nel mio blog tratta di un argomento correlato.

È probabile che alla base della scelta di EMI ci sia il desiderio di acquisire fasce di mercato rispetto alla concorrenza, segno evidente che ci sono ancora tante persone oneste che vogliono smplicemente ascoltare la propria musica dopo averla acquistata, senza limitazioni artificiali che non hanno nessuna giustificazione dal punto di vista del diritto del fruitore.

Un esempio è il sottoscritto, relativamente ai Dvd e ad un'altra faccenda, quella dei codici regionali: quando passerò in America non acquisterò Dvd a causa di una norma simile implementata da Apple per compiacere le case cinematografiche. E a me piace comprarmi i film, se non sono troppo cari. Quindi io sono un esempio di un cliente che le case distributrici perdono per colpa di queste norme sciocche.

C'è anche una questione morale, chiamiamola così: è sbagliato vincolare i diritti delle persone oneste perché una parte delle persone è disonesta. Tra le altre cose, chi vuole fare il pirata non viene certo limitato da questi accorgimenti: un modo per aggirare i vincoli lo trova sicuramente. Quindi a farne le spese sono quasi esclusivamente gli onesti.

Andrea Sacchini ha detto...

Beh, non posso che sottoscrivere. Tra l'altro uno dei motivi per cui la pirateria musicale dilaga risiede proprio nella demenziale politica promozionale della musica sponsorizzata. Oggi non fa successo chi vale; i tormentoni tipo quelli estivi sono decisi a tavolino tramite una martellante e asfissiante campagna di promozione del pezzo in radio e tv. Il brano che "deve" aver successo viene riproposto in continuazione con un'assiduità stomachevole.

E quindi perché devo pagare 20 euro per un cd con quattro cagate di tracce? Io sarei anche disposto a pagare per acquistare un cd o un brano musicale in rete, ma solo quando ci sarà la cultura della "meritocrazia", quando cioè avrà successo chi vale e chi veramente sa fare musica, non l'"Asereje" di turno fatto solo di musica campionata in cui anche il cantato è "virtuale".

Finché non cambieranno le cose e non si avrà un'inversione di rotta di questa sciagurata tendenza, ben vengano eMule, Bit torrent e company.

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