domenica 18 marzo 2007

La "forbice" (costante) del p2p

Rimane alto e costante il divario tra i file scambiati illecitamente dai circuiti p2p e quelli acquistati regolarmente

Un miliardo di file al mese (stima per difetto). E' questo, secondo quanto riportato dalla società di ricerca BigChampagne, il numero dei file musicali scaricati illecitamente dalla rete ogni mese tramite i circuiti peer-to-peer. Un numero effettivamente impressionante (e, come detto, stimato per difetto), quasi mostruoso, specialmente se raffrontato col numero di download effettuati dalle piattaforme legali tipo iTunes di Apple.

Un miliardo al mese fanno 12 miliardi all'anno. Se prendiamo come termine di paragone il già citato iTuens di Apple, il principale negozio online autorizzato, vediamo che la distanza tra le due realtà è quasi abissale, e non si prevedono sostanziali cambiamenti di trend per il futuro. iTunes infatti ha venduto, dal "lontano" 2003 ad oggi, circa 2 miliardi di brani. Le proporzioni le potete fare da soli.

Da questi dati si evince chiaramente che non ci sono minacce, cause, tribunali, richieste di risarcimenti, DRM e compagnia bella che siano in grado fermare l'avanzata del fenomeno p2p. La gente (tranne qualche caso isolato) lo sa: sa che le possibilità di essere beccati sono praticamente nulle (il rapporto rischi/benefici è infinitamente sbilanciato a favore dei secondi). In questo contesto si inserisce la notizia (peraltro già nota) del costante calo della vendita dei sopporti ottici musicali (-23% dal 2000 al 2006). E questo è effettivamente constatabile da chiunque semplicemente entrando nel reparto cd di qualsiasi negozio o centro commerciale.

Insomma, gli sforzi titanici attuati dall'industria discografica per tentare di arginare il fenomeno, sono destinati a fallire miseramente. E non potrebbe essere altrimenti, visto che in questo ci mettono anche del loro. Nel 2003 la RRIA, l'associazione che riunisce i discografici americani, ha pubblicato sul proprio sito questo bel documento, in cui si evidenzia il fatto come (secondo loro) il prezzo dei cd sia troppo basso (sì, avete capito bene).

Cioè, secondo loro, gli utenti pagano troppo poco per acquistare un normale cd musicale, che se dovesse seguire il normale trend di crescita della maggior parte dei beni di consumo, dovrebbe costare il triplo di quello che costa oggi. Questo conferma, se mai ce ne fosse ancora bisogno, che chi tira le fila del mondo discografico o vive su un altro pianeta o forse sarebbe meglio che ci andasse a vivere. Come si fa a fare un ragionamento simile quando lo stesso cd si trova gratuitamente su BitTorrent o eMule, o a un decimo del suo prezzo se acquistato legalmente su iTunes?

Chissà, forse un giorno questi signori, che ultimamente parevano aver dato qualche segno di ravvedimento, torneranno coi piedi sulla terra, magari in tempo per adottare qualche provvedimento che non vada a cozzare contro ogni forma di buon senso.

Restiamo in attesa.

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