mercoledì 9 settembre 2009

Procure che tramano

Tra le tante cose dette ieri da Berlusconi alla famosa convention dove è arrivato in ritardo a causa del traffico, ce n'è una piuttosto interessante. Non è molto appariscente, non pare essere stata detta con particolare enfasi e, apparentemente, fa parte del normale e ormai consunto repertorio a cui il nostro presidente del Consiglio ci ha da tempo abituato. L'argomento ha a che fare, guarda un po', con la giustizia e le procure.

"Tangentopoli è una cosa del passato? Vediamo. A Bari c'è aperta un'inchiesta interessante. Mi sono stancato di prenderle soltanto. So che ci sono fermenti in Procura, a Palermo, a Milano, si ricominciano a guardare i fatti del ’93, del’94 e del ’92. Follia pura. Quello che mi fa male è che della gente così [i magistrati, nda], con i soldi di tutti, faccia cose cospirando contro di noi. (fonte)

Perché Berlusconi ha menzionato i fatti accaduti nei primi anni '90? Quali fatti? E perché ha citato esplicitamente le procure di Palermo e Milano? Non si sa. E d'altra parte lui non ha aggiunto altro, quindi è impossibile sapere esattamente a cosa si riferisse. Qualche ipotesi però si può fare, in particolare andando a vedere cosa è successo in quegli anni e cosa sta succedendo attualmente nelle due procure menzionate. Se guardiamo quella di Milano, ad esempio, si scopre che stanno per chiudersi le indagini su uno stralcio dell'inchiesta sui presunti fondi neri Mediaset occultati all'estero tramite compiacenti società offshore. Lo scriveva il Corriere della Sera il 25 giugno scorso:

"...c'è un segreto di Pulcinella, ben noto all' agenda del premier e dei suoi legali: l' imminente conclusione - a cavallo della sospensione estiva per legge dei termini giudiziari e cioè subito prima del 18 luglio o subito dopo il 15 settembre - dello stralcio dell' inchiesta sui diritti tv Mediaset-Mediatrade, nella quale Berlusconi sa da ottobre 2007 di essere indagato per concorso in appropriazione indebita. Un fascicolo che, oltre al riflesso sul premier, vale 100 milioni di euro: i soldi sequestrati in Svizzera nell' ottobre 2005 al produttore americano Farouk Agrama sui conti della sua Wiltshire Trading (Hong Kong), nel presupposto accusatorio che siano non tanto il frutto di una colossale «cresta» di un Agrama saccheggiatore delle casse del Biscione, quanto il portafoglio accantonato da un Agrama «socio occulto» di Berlusconi. All' inizio Berlusconi, al pari del presidente Mediaset Fedele Confalonieri e di altri 7 imputati, era stato rinviato a giudizio con l' accusa d' avere «mascherato la formazione di ingenti fondi neri» dirottati dalle casse Fininvest/Mediaset a «conti esteri gestiti da suoi fiduciari». Come? Attraverso la compravendita di diritti di trasmissione di film, per l' accusa negoziati con operazioni fittizie e a prezzi «gonfiati» tra agenti (quali Agrama e Daniele Lorenzano) e società in apparenza estranei al gruppo ma di fatto riconducibili a Berlusconi.

La procura di Milano sta appunto per chiudere l'inchiesta, preludio questo di qualche imminente comunicazione di rinvio a giudizio. Ora, come detto, Berlusconi è rimasto sul vago, non ha fatto menzioni particolari, ma a Milano c'è in ballo questa cosa. Un caso? Mah...

Per quanto riguarda l'altra procura menzionata, e cioè quella di Palermo, nonostante i giornali non è che si sforzino molto a parlarne - sapete com'è, prima viene il gossip -, sono state riaperte le inchieste sulle stragi di mafia dei primi anni '90 (toh, guarda la coincidenza), quelle che hanno fatto vittime illustri come Falcone e Borsellino. Perché sono state riaperte? Non si sapeva già tutto? Beh, non proprio. Sono noti gli esecutori materiali delle stragi, quello sì, ma sono sempre rimasti nell'ombra i cosiddetti mandanti occulti, ossia le persone o gli apparati che c'erano dietro a queste stragi. Le indagini sono state riaperte in seguito alle dichiarazioni di Massimo Ciancimino, figlio dell'ex sindaco mafioso di Palermo Vito, il quale figlio sta ancora adesso riempiendo decine di verbali in cui racconta tutto ciò che sa sul famigerato, finora solo presunto, patto tra pezzi dello stato e la mafia. Quel patto che - sempre secondo il nobile rampollo - consentì di porre fine alla stagione delle stragi e che fu suggellato dal famoso "papello". Scriveva Repubblica nel luglio scorso:

Lo cercano da quando venne ucciso Paolo Borsellino, diciassette anni fa. Un foglio di carta, uno solo. Con la scrittura incerta di Totò Riina e, in fondo, la sua firma. È il famoso "papello", le richieste dei Corleonesi allo Stato per fermare le stragi in Sicilia e in Italia. "Ve lo consegno io nelle prossime ore", ha giurato qualche giorno fa Massimo Ciancimino, testimone eccellente ormai sotto scorta come un pentito.

È forse l'epilogo della più intricata vicenda siciliana di questi ultimi anni: la trattativa fra Stato e Mafia. Se il più piccolo dei cinque figli di quello che fu il sindaco mafioso di Palermo manterrà la sua promessa, fra qualche giorno - proprio alla vigilia dell'anniversario della morte di Borsellino, il 19 luglio - il famigerato documento del patto fra boss e misteriosi apparati di sicurezza finirà nelle mani dei magistrati di Palermo e poi quelli di Caltanissetta e Firenze, tutte le procure che indagano direttamente o indirettamente sugli attentati mafiosi fra il 1992 e il 1993. "Questa volta ve lo porterò davvero, questa volta non faccio bluff", ha assicurato Ciancimino junior nel suo ultimo interrogatorio dopo un tira e molla durato un anno.

Ora le indagini, anche in questo caso, paiono essere a una svolta. Scrive Travaglio su l'Antefatto:

Ora le indagini paiono a buon punto, grazie alle rivelazioni di persone molto informate sui fatti, come il mafioso pentito Gaspare Spatuzza (dinanzi alle procure di Caltanissetta, Firenze, Milano e Palermo) e il figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo, Massimo Ciancimino.
[...]
Intanto, la prossima settimana, riparte per il rush finale davanti alla Corte d’appello di Palermo il processo di secondo grado a carico di Dell’Utri, condannato in primo grado a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa: la Corte dovrà decidere se ammettere nel fascicolo processuale la lettera che – secondo Ciancimino jr. - Provenzano inviò a Berlusconi tramite Vito Ciancimino e Dell’Utri nei primi mesi del 1994, in cui prometteva appoggi politici in cambio della disponibilità di una rete televisiva, e in caso contrario minacciava un “triste evento” (forse il sequestro o l’uccisione di Piersilvio Berlusconi). Una possibile prova regina del ruolo di cerniera fra Cosa Nostra e Berlusconi svolto per decenni da Dell’Utri, rimasta finora nei cassetti della Procura grazie alla “distrazione” dei suoi vecchi dirigenti, ora fortunatamente sostituiti da gente più sveglia.

Della famosa lettera a cui si riferisce Ciancimino Jr, ha parlato il Corriere e molti altri organi di stampa. Anche in questo caso, come accaduto a Milano per l'altra vicenda, la procura starebbe per tirare le somme. In questo quadro si inseriscono le dichiarazioni odierne del presidente del Consiglio che menzionavo sopra. Si possono fare molte ipotesi rispetto ai reali motivi per cui il capo del governo ha deciso quasi di giocare d'anticipo. Ipotesi che rimangono tali nel caso non si sappia cosa c'è dietro, e in questo la stampa non è che aiuti molto, ma che, in caso contrario, diventano più plausibili e sicuramente meno "cospirazioniste".

Nessun commento:

Posta un commento

Rifarei tutto

Indipendentemente da quale sarà la sentenza, dire "Rifarei ciò che ho fatto", "Rifarei tutto" ecc., cosa che si sente sp...