mercoledì 2 settembre 2009

Caso Feltri-Boffo, è giornalismo questo?

Non so se, e fino a che punto, abbiate seguito la vicenda Feltri-Boffo che sta tenendo banco in questi giorni. Se non l'avete fatto, vi dico subito che non vi siete persi niente e potete quindi saltare tranquillamente la lettura di questo post in attesa del prossimo. Io invece l'ho seguita, perché a mio giudizio, e non solo mio, è stata l'ennesima dimostrazione dello svilimento a cui è giunta in certe sue espressioni una delle professioni più nobili e salutari per una democrazia: il giornalismo. Faccio un breve riassunto dei punti (secondo me) salienti della vicenda.

Il giorno venerdì 28 agosto, Il Giornale, di proprietà di Paolo Berlusconi, fratello dell'attuale premier, se ne esce con questo articolo a tutta pagina (qui sotto una schermata dell'equivalente versione online):


In questo articolo, che tra le altre cose è stato quello che ha fatto saltare la partecipazione di Berlusconi al rito della Perdonanza in Abruzzo, occasione pianificata da tempo per ricucire i rapporti tra capo del governo e Vaticano, si parla di una condanna per molestie del direttore dell'Avvenire, Dino Boffo, e si fa menzione a sue particolari inclinazioni sessuali. Scrive Il Giornale (il neretto è mio):

«Articolo 660 del Codice penale, molestia alle persone. Condanna originata da più comportamenti posti in essere dal dottor Dino Boffo dall’ottobre del 2001 al gennaio 2002, mese quest’ultimo nel quale, a seguito di intercettazioni telefoniche disposte dall’autorità giudiziaria, si è constatato il reato». Comincia così la nota informativa che accompagna e spiega il rinvio a giudizio del grande moralizzatore, alias il direttore del quotidiano Avvenire, disposto dal Gip del Tribunale di Terni il 9 agosto del 2004.
[...]
Ma torniamo alle tentazioni, in cui è ripetutamente caduto Dino Boffo e atteniamoci rigorosamente ai fatti, così come riportati nell’informativa: «...Il Boffo - si legge - è stato a suo tempo querelato da una signora di Terni destinataria di telefonate sconce e offensive e di pedinamenti volti a intimidirla, onde lasciasse libero il marito con il quale il Boffo, noto omosessuale già attenzionato dalla Polizia di Stato per questo genere di frequentazioni, aveva una relazione. Rinviato a giudizio il Boffo chiedeva il patteggiamento e, in data 7 settembre del 2004, pagava un’ammenda di 516 euro, alternativa ai sei mesi di reclusione. Precedentemente il Boffo aveva tacitato con un notevole risarcimento finanziario la parte offesa che, per questo motivo, aveva ritirato la querela...».

Secondo questo documento - "informativa" la chiama Il Giornale -, il Boffo sarebbe quindi una persona già nota e "attenzionata" (?) dalla Polizia a causa della sua omosessualità, e sarebbe stato condannato in maniera definitiva per molestie nei confronti della signora descritta nell'articolo. Il Giornale, a corredo del suo articolo, pubblica nella stessa pagina sia il documento ufficiale del tribunale di Terni che la cosiddetta "nota informativa" che sarebbe parte integrante di tale documento - questo è scritto testualmente nell'articolo ("Comincia così la nota informativa che accompagna e spiega il rinvio a giudizio...").

Già il giorno dopo, però, qualcosa cambia nel quadro generale, e cominciano a venire a galla alcuni dubbi sulla attendibilità e fondatezza del famoso documento.


L'immagine, purtroppo sfuocata, che vedete qui sopra, pubblicata dal Corriere (fonte), mostra a sinistra la fotocopia del già noto casellario giudiziale di Dino Boffo e a sinistra la famosa informativa che secondo Il Giornale sarebbe allegata al documento ufficiale del tribunale. Passa un altro giorno e arriviamo al 31 agosto, quando il giudice Pierluigi Panariello, del tribunale di Terni, annuncia alla stampa che negli atti del caso Boffo non esiste nessuna "informativa", e in particolar modo nessun documento allegato che faccia menzione delle abitudini sessuali del soggetto in questione. Insomma, quel documento - anonimo e privo addirittura di data e di intestazione - è una patacca. Una patacca tra l'altro di cui si conosceva l'esistenza da tempo, visto che era stato inviato in precedenza, sempre in maniera anonima, a molti vescovi italiani.

Al Giornale, forse, capiscono che le incongruenze sono diventate di dominio pubblico e cercano di rimediare così:


Cosa manca? Ma la famosa "informativa" naturalmente. In pratica Il Giornale non ha fatto altro che ripubblicare il famoso casellario giudiziale di Boffo omettendo però, stavolta, di allegargli il famoso documento compromettente, quello che originariamente era "la nota informativa che accompagna il rinvio a giudizio" (che oltretutto non è neppure un rinvio a giudizio, ma qui soprassediamo).

All'Avvenire è pronta quindi la (giusta) replica:

La «nota informativa» non ha intestazione, né provenienza, né riferimenti a uffici giudiziari o di polizia. Le date del procedimento per il reato di molestie (telefoniche) non sono riportate. Non solo. Il Giornale ha fatto entrare nella sentenza motivazioni legate alla sfera sessuale. Ora, anche il meno scafato dei cronisti giudiziari sa che il reato contestato non ha attinenza con questi dati (che si tratti di eterosessuali, omosessuali, bisessuali non importa), informazioni sensibili che non entreranno mai a far parte di un dispositivo giudiziario, dato che (escluso per esempio il caso dei pedofili e dei violentatori) la vita affettiva non può essere un’aggravante o un’attenuante.
[...]
Per la verità i fatti raccontati dal giornale milanese contengono altri svarioni riguardanti la procedura penale. I giornalisti, si sa, non sono docenti di diritto. Questo però non li esime dall’uso di un minimo di senso critico, specie quando le “notizie” arrivano da fonti che a tutti i costi vogliono restare anonime.
Ancora ieri sul sito del quotidiano che fu di Montanelli si apriva una finestra che aveva un titolo promettente: «Ecco la sentenza».

Ma poi cliccando sul riquadro si scopriva che quel documento era solo una copia del casellario giudiziario. E questo è un giallo nel giallo. Perché trattandosi di una pena assai lieve non avrebbe dovuto essere menzionata nel casellario pubblico, che dunque sarebbe dovuto risultare “pulito”. L’accesso all’archivio completo è invece consentito solo a figure istituzionali: polizia giudiziaria, magistratura, servizi segreti. Chiunque vi accede deve usare una password e lasciare traccia del proprio passaggio nell’archivio, dati su cui ora si sta guardando con attenzione.

Questo, a grandi linee, il quadro della situazione. Situazione che ovviamente non può non generare, almeno a chi si interessa un po' di informazione e giornalismo, alcune domande. Come può un quotidiano noto e diffuso come Il Giornale pubblicare con tanta leggerezza una missiva anonima? Com'è possibile, se è vero, come è vero - anche qui è lo stesso Giornale a scriverlo - che tale documento era già in circolazione da un pezzo, che nessun redattore (o magari Feltri stesso) si sia preso la briga di fare un minimo di verifica? Quando io scrivo un post per i quattro gatti che leggono il mio blog, la prima cosa che faccio è controllare scrupolosamente che ciò che riporto abbia un fondamento, che si basi su delle fonti possibilmente attendibili. E se sono in grado di farlo io non lo può fare Il Giornale?

Che tipo di giornalismo è quello che prende una missiva anonima, senza arte né parte, priva di qualsiasi fondatezza e la mescola astutamente a un documento ufficiale? Non sto qui a discettare e a discutere, come è già venuto fuori da alcune parti, sul fatto che tutta l'operazione sia il risultato di battaglie interne al mondo del giornalismo o della politica; né voglio con questo post prendere le difese di Boffo, visto oltretutto che la linea editoriale del giornale che dirige è quanto di più lontano ci possa essere dalle mie idee. (A questo, poi, si aggiunge che, anche alla luce del documento ufficiale, lo stesso Boffo pare effettivamente la persona meno indicata a fare moralismi)

Questo post solo per evidenziare che di giornalistico, di professionale, di etico questa operazione non ha niente. Si tratta solo, come è ormai acclarato, di pseudo-giornalismo utilizzato per scopi che ormai sono noti a tutti.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Perchè Boffo si dimette se è così sicuro del suo? Bah.

Una mia lettera a Boffo:
http://www.moschebianche.it/2009/09/02/lettera-a-boffo/

Andrea Sacchini ha detto...

Perchè Boffo si dimette se è così sicuro del suo?

Beh, insomma, mi pare che la batosta che gli ha rifilato Il Giornale sia di quelle che possono lasciare come minimo "storditi". In ogni caso sono state rifiutate da Bagnasco, e quindi per ora tutto rimane come prima.

Anonimo ha detto...

boffo è colpevole in quando condannato per molestie e quindi deve dimettersi.
Giu

andynaz ha detto...

penso che la risposta alle tue domande alla fine del post siano proprio le battaglie interne al mondo del giornalismo o della politica...

Andrea Sacchini ha detto...

boffo è colpevole in quando condannato per molestie e quindi deve dimettersi.

Non so, non ho un'opinione precisa in merito, e sinceramente la cosa non è che mi interessi. Lo scopo del mio post era solo quello di evidenziare il degrado a cui è giunta certa informazione oggi.

penso che la risposta alle tue domande alla fine del post siano proprio le battaglie interne al mondo del giornalismo o della politica...

Non sono sicuro neanche di questo. E' notizia di poco fa che Berlusconi, dopo Repubblica, trascinata in tribunale per le famose 10 domande, ha fatto altrettanto con l'Unità. Cosa hanno in comune Repubblica e l'Unità? E chi sarà il prossimo? magari il tg3?

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