giovedì 10 settembre 2009

Tetto agli stipendi dei manager pubblici? Sì, però...

In Parlamento, all'attenzione del consiglio dei Ministri, è cominciata ieri la discussione di un regolamento che dovrebbe stabilire e definire un tetto massimo agli stipendi dei manager pubblici. L'argomento è di quelli ostici; non è infatti questo il primo governo - e probabilmente non sarà neppure l'ultimo - che tenta di regolamentare e mettere qualche paletto in questo particolare ambito della pubblica amministrazione. E c'è da dire che finora quelli che ci hanno provato hanno fallito.

Il ministro Brunetta ha lanciato qualche tempo fa la cosiddetta "operazione trasparenza", mettendo online gli stipendi dei manager delle società pubbliche, dei consorzi e di quelle partecipate. La cosa, com'era prevedibile, non ha fatto fare i salti di gioia agli interessati, ma tant'è. Ecco quindi qualche dato.

Al primo posto in classifica c'è l'amministratore delegato e presidente di Finmeccanica, Pier Francesco Guarguaglini, che riceverà nel 2009 5,56 milioni di euro, comprensivi di due milioni derivanti da mandati precedenti. Seguono a 3,23 milioni (2008) l'ad di Enel, Fulvio Conti e Paolo Scaroni di Eni con 3,08 milioni. (fonte)

Ora, capite anche voi che quando si parla di questi argomenti è facile cadere nella facile e inutile retorica e nei luoghi comuni. Rimane comunque incontrovertibile il fatto che lo stipendio di questi signori, chiamati a dirigere società pubbliche o partecipate, alla fine esce dalle nostre tasche. E si tratta di stipendi spesso centinaia di volte superiori a quello di un normale impiegato - va bene, loro hanno più responsabilità, ma insomma...

Come dicevo, il governo, ieri mattina, ha iniziato la discussione di questo regolamento. Un provvedimento non molto corposo, sette articoli in tutto, con l'obiettivo di porre un tetto invalicabile a questi stipendi: 300.000 euro, non uno di più. Naturalmente si tratta sempre di stipendi di un certo rilievo, ma nella stragrande maggioranza dei casi notevolmente inferiori al trend attuale. Tutto bello, direte voi. Certo, peccato che in uno di questi articoli siano comprese alcune deroghe per certe categorie. Scriveva ieri La Stampa:

Quale che sia la decisione finale, il testo che circolava ieri prevedeva molte deroghe, più delle 25 che la norma dava il potere di disporre al presidente del Consiglio. Niente tetto anzitutto per i vertici delle Authority, ovvero il presidente dell’Antitrust Antonio Catricalà, quello dell’Agcom Corrado Calabrò, dell’Autorità per l’Energia Alessandro Ortis. Restano certamente fuori dal limite il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi, il direttore generale Fabrizio Saccomanni, i membri del Direttorio. Con tutta probabilità resteranno esclusi dal tetto anche i compensi degli amministratori delle società pubbliche non quotate e delle loro controllate. A titolo di esempio, di questa categoria fanno parte il numero uno di Poste Massimiliano Sarmi, quello delle Fs Mauro Moretti, il presidente e il direttore generale della Rai. Nel governo - fra questi lo stesso Brunetta - c’è chi vorrebbe porre un secondo tetto da 600mila euro, ma l’idea non pare godere del consenso di Palazzo Chigi, ovvero di Gianni Letta e di Silvio Berlusconi.

L’esclusione numericamente più ampia, e che ai tempi del governo Prodi creò non poche polemiche nella maggioranza, è quella che escluderà, fra gli altri, i compensi degli artisti Rai: da Carlo Conti ad Antonella Clerici, da Paolo Bonolis a Milly Carlucci. La bozza prevede di tenere fuori dal tetto tutte le attività soggette a tariffa professionale (classico esempio gli avvocati), quelle di «natura professionale non continuativa», i contratti d’opera (anch’essi di natura «non continuativa»). Non solo: dovrebbero restare fuori del limite dei trecentomila euro «la retribuzione globale» e le pensioni.

Ovviamente io non mi sono messo a fare i conti, ma se togliamo tutti questi chi resta? Tutti gli altri, ovviamente. Ma quanti sono gli altri? Boh, non si sa. Quello che si sa è che i manager delle aziende pubbliche sono oltre 23.000, quindi, comunque, la maggioranza di questi sarà probabilmente interessata da questa sorta di tetto. Certo è che l'obiettivo principale del governo, che oltre a quello del risparmio economico doveva essere soprattutto quello di una maggiore attenzione al cittadino, di un segnale di impegno nella direzione di una maggiore equità, è probabilmente andato a farsi benedire.

Anzi, non "probabilmente", ma "sicuramente". L'esame del provvedimento è infatti iniziato in pompa magna ieri mattina, ed è terminato ieri sera.

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