martedì 28 aprile 2009

Virus e paura





Ieri, causa problemi alla linea adsl, fortunatamente risolti in serata, sono rimasto offline per tutto il pomeriggio. Verso le 21,30, al ripristino della linea da parte di Telecom, ho dato un'occhiata alle prime pegine dei maggiori quotidiani online e mi sono accorto che l'argomento principe, come d'altra parte era logico aspettarsi, era l'aggravarsi della situazione sul fronte della diffusione dell'influenza dei suini.

Tuttavia, dalle immagini che vedete qui sopra, che ho raccolto da alcuni dei maggiori quotidiani online, non sembra che i media in generale siano incanalati verso un approccio razionale ed equilibrato alla situazione. Ovviamente non dico che si debba nascondere la gravità di quanto sta succedendo, questo mai, ma, probabilmente, un approccio più "tranquillo" alla vicenda potrebbe fare la differenza tra una eventuale diffusione ingiustificata del panico anziché no.

E mi pare che questo aspetto sia stato colto molto bene dal professor Veronesi, che in un bellissimo articolo pubblicato ieri da Repubblica, del quale vi riporto qui sotto un breve estratto, ha sottolineato proprio questo aspetto della vicenda.

Questo "sistema di salvataggio" rischia di incepparsi, però, se la popolazione non segue razionalmente le raccomandazioni di comportamento, perdendosi nelle sue ansie. E qui arriviamo al secondo pericolo. Tutti capiamo bene che i media per loro natura sono alla ricerca della notizia e vivono sull'onda emotiva che questa inevitabilmente scatena. Nel caso però di un allarme di malattia, l'emotività può creare fragilità nelle strutture sanitarie e indurle ad adottare misure sproporzionate, con l'obiettivo di debellare più la paura che il virus. Ad esempio per l'influenza aviaria son stati investiti milioni di euro in farmaci che non sono mai stati utilizzati. Era forte la pressione della popolazione spaventata e a questa forza certo hanno contribuito le immagini di migliaia di polli arsi vivi che rimbalzavano da una tv all'altra. Ho vissuto in prima persona, quando ero ministro della Sanità, l'odissea dell'encefalite bovina da prione (mucca pazza) che mise il mio ministero e l'intero Paese in serie difficoltà. L'impegno maggiore per noi fu di controllare e bonificare gli allevamenti bovini, ma lo sforzo più duro fu quello di rassicurare gli italiani, sapendo che il rischio di ammalarsi risultò per loro inferiore a quello di aspirare una boccata di fumo di sigaretta o percorrere 700 metri in auto.

Insomma, allo stato attuale, del virus da noi non c'è traccia. Se andiamo avanti così, invece, il panico non tarderà ad arrivare.

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