martedì 5 aprile 2022

Fenomenologia di Mike Bongiorno

Chi ha grosso modo la mia età è probabile che abbia conosciuto Mike Bongiorno, il cosiddetto re dei telequiz che ha imperversato tra Rai e Mediaset per oltre quarant'anni, tanto da diventare fenomeno di costume. Umberto Eco, tra le infinite cose di cui ha scritto, si è occupato anche di comunicazione e di mass media, e quindi anche di lui, pubblicando nel lontano 1961 un articolo intitolato appunto Fenomenologia di Mike Bongiorno. Qui Eco traccia un profilo del presentatore ma anche della società a lui contemporanea, perché Mike Bongiorno, in fondo, non è stato che lo specchio di quella società, con i suoi difetti e i suoi pregi. 

Mi sono imbattuto in questo articolo mentre leggevo una raccolta di scritti di Eco intitolata Costumi di casa. Lo ripubblico qui di seguito perché credo meriti sicuramente una lettura. 

Mentre lo leggevo mi chiedevo, sorridendo, se Mike Bongiorno l'abbia mai letto. Chissà... :-)


* * *


L'uomo circuito dai mass media è in fondo, fra tutti i suoi simili, il più rispettato: non gli si chiede mai di diventare che ciò che egli è già. In altre parole gli vengono provocati desideri studiati sulla falsariga delle sue tendenze. Tuttavia, poichè uno dei compensi narcotici a cui ha diritto è l'evasione nel sogno, gli vengono presentati di solito degli ideali tra lui e i quali si possa stabilire una tensione. Per togliergli ogni responsabilità si provvede però a fare sì che questi ideali siano di fatto irraggiungibili, in modo che la tensione si risolva in una proiezione e non in una serie di operazioni effettive volte a modificare lo stato delle cose. Insomma, gli si chiede di diventare un uomo con il frigorifero e un televisore da 21 pollici, e cioè gli si chiede di rimanere com'è aggiungendo agli oggetti che possiede un frigorifero e un televisore; in compenso gli si propone come ideale Kirk Douglas o Superman. L'ideale di consumatore di mass media è un superuomo che egli non pretenderà mai di diventare, ma che si diletta a impersonare fantasticamente, come si indossa per alcuni minuti davanti a uno specchio un abito altrui, senza neppure pensare di possederlo un giorno.

La situazione nuova in cui si pone al riguardo la televisione è questa: la tv non offre, come ideale in cui immedesimarsi, il superman, ma l'everyman. La tv presenta come ideale l'uomo assolutamente medio. A teatro Juliette Gréco appare sul palcoscenico e subito crea un mito e fonda un culto; Joséphine Baker scatena rituali idolatrici e dà il nome a un'epoca. In tv appare a più riprese il volto magico di Juliette Gréco, ma il mito non nasce neppure; l'idolo non è costei, ma l'annunciatrice, e tra le annunciatrici la più amata e più famosa sarà proprio quella che meglio rappresenta i caratteri medi: bellezza modesta, sex appeal limitato, gusto discutibile, una certa casalinga inespressività.

Ora, nel campo dei fenomeni quantitativi, la media rappresenta appunto un termine di mezzo, e per chi non vi si è ancora uniformato, essa rappresenta un traguardo. Se, secondo la nota buotade, la statistica è quella scienza per cui se giornalmente un uomo mangia due polli e un altro nessuno, quei due uomini hanno mangiato un pollo ciascuno, per l'uomo che non ha mangiato, la meta di un pollo al giorno è qualcosa di positivo cui aspirare. Invece, nel campo dei fenomeni qualitativi, il livellamento alla media corrisponde al livellamento a zero. Un uomo che possieda tutte le virtù morali e intellettuali in grado medio, si trova immediatamente a un livello minimale di evoluzione. La "medietà" aristotelica è equilibro nell'esercizio delle proprie passioni, retto dalla virtù discernitrice della "prudenza". Mentre nutrire passioni in grado medio e avere una media prudenza significa essere un povero campione di umanità.

Il caso più vistoso di riduzione del superman all'everyman lo abbiamo in Italia nella figura di Mike Bongiorno e nella storia della sua fortuna. Idolatrato da milioni di persone, quest'uomo deve il suo successo al fatto che in ogni atto e in ogni parola del personaggio a cui dà vita davanti alle telecamere traspare una mediocrità assoluta unita (questa è l'unica virtù che egli possiede in grado eccedente) ad un fascino immediato e spontaneo spiegabile col fatto che in lui non si avverte nessuna costruzione o finzione scenica: sembra quasi che egli si venda per quello che è e che quello che è sia tale da non porre in stato di inferiorità nessuno spettatore, neppure il più sprovveduto. Lo spettatore vede glorificato e insignito ufficialmente di autorità nazionale il ritratto dei propri limiti.

Per capire questo straordinario potere di Mike Bongiorno occorrerà procedere a un'analisi dei suoi comportamenti, a una vera e propria "Fenomenologia di Mike Bongiorno", dove, si intende, con questo nome è indicato non l'uomo, ma il personaggio.

Mike Bongiorno non è particolarmente bello, atletico, coraggioso, intelligente. Rappresenta, biologicamente parlando, un grado modesto di adattamento all'ambiente. L'amore isterico tributatogli dalle teenager va attribuito in parte al complesso paterno che egli è capace di risvegliare in una giovinetta, in parte alla prospettiva che egli lascia intravvedere di un amante ideale, sottomesso e fragile, dolce e cortese.

Mike Bongiorno non si vergogna di essere ignorante e non sente il bisogno di istruirsi. Entra a contatto con le più vertiginose zone dello scibile e ne esce vergine e intatto, confortando le altrui naturali tendenze all'apatia e alla pigrizia mentale. Pone gran cura nel non impressionare lo spettatore, non solo mostrandosi all'oscuro dei fatti, ma altresì decisamente intenzionato a non apprendere nulla. 

In compenso Mike Bongiorno dimostra sincera e primitiva ammirazione per colui che sa. Di costui pone tuttavia in luce le qualità di applicazione manuale, la memoria, la metodologia ovvia ed elementare: si diventa colti leggendo molti libri e trattenendo quello che dicono. Non lo sfiora minimamente il sospetto di una funzione critica e creativa della cultura. Di essa ha un criterio meramente quantitativo. 

Mike Bongiorno professa una fiducia e una stima illimitata verso l'esperto; un professore è un dotto; rappresenta la cultura autorizzata. È il tecnico del ramo. Gli si demanda la questione, per competenza. L'ammirazione per la cultura tuttavia sopraggiunge quando, in base alla cultura, si viene a guadagnare denaro. Allora si scopre che la cultura serve a qualcosa. L'uomo mediocre rifiuta di imparare ma si propone di fare studiare il figlio.

Mike Bongiorno ha una nozione piccolo borghese del denaro e del suo valore ("Pensi, già centomila lire: è una bella sommetta!"). Mike Bongiorno anticipa quindi, sul concorrente, le impietose riflessioni che lo spettatore sarà portato a fare: "Chissà come sarà contento di tutti quei soldi, lei che è sempre vissuto con uno stipendio modesto! Ha mai avuto così tanti soldi tra le mani?"

Mike Bongiorno, come i bambini, conosce le persone per categorie e le appella con comica deferenza (il bambino dice: "Scusi, signora guardia...") usando tuttavia sempre la qualifica più volgare e corrente, spesso dispregiativa: "Signor spazzino, signor contadino." Mike Bongiorno accetta tutti i miti della società in cui vive: alla signora Balbiano d'Aramengo bacia la mano e dice che lo fa perché si tratta di una contessa (sic).

Oltre ai miti accetta della società le convenzioni. È paterno e condiscendente con gli umili, deferente con le persone socialmente qualificate. Elargendo denaro, è istintivamente portato a pensare, senza esprimerlo chiaramente, più in termini di elemosina che di guadagno. Mostra di credere che, nella dialettica delle classi, l'unico mezzo di ascesa sia rappresentato dalla provvidenza (che può occasionalmente assumere il volto della Televisione).

Mike Bongiorno parla un basic italian. Il suo discorso realizza il massimo di semplicità. Abolisce i congiuntivi, le proposizioni subordinate, riesce quasi a rendere invisibile la dimensione della sintassi. Evita i pronomi, ripetendo sempre per esteso il soggetto, impiega un numero stragrande di punti fermi. Non si avventura mai in incisi o parentesi, non usa espressioni ellittiche, non allude, utilizza solo metafore ormai assorbite dal lessico comune. Il suo linguaggio è rigorosamente referenziale e farebbe la gioia di un neopositivista. Non è necessario fare alcuni sforzo per capirlo. Qualsiasi spettatore avverte che, all'occasione, potrebbe essere più facondo di lui. Non accetta l'idea che a una domanda possa esserci più di una risposta. Guarda con sospetto alle varianti. Nabucco e Nabuccodonosor non sono la stessa cosa; egli reagisce di fronte ai dati come un cervello elettronico, perché è fermamente convinto che A è uguale ad A e che tertium non datur. Aristotelico per difetto, la sua pedagogia è di conseguenza conservatrice, paternalistica, immobilistica. 

Mike Bongiorno è privo di senso dell'umorismo. Ride perché è contento della realtà. Gli sfugge la natura del paradosso; come gli viene proposto, lo ripete con aria divertita e scuote il capo, sottintendendo che l'interlocutore sia simpaticamente anormale; rifiuta di sospettare che dietro il paradosso si nasconda una verità, comunque non lo considera come veicolo autorizzato di opinione. 

Evita la polemica, anche su argomenti leciti. Non manca di informarsi sulle stranezze dello scibile (una nuova corrente di pittura, una disciplina astrusa... "Mi dica un po', si fa tanto parlare oggi di questo futurismo. Ma cos'è di preciso questo futurismo?"). Ricevuta la spiegazione, non tenta di approfondire la questione, ma lascia avvertire anzi il suo educato dissenso di benpensante. Rispetta comunque l'opinione dell'altro, non per proposito ideologico, ma per disinteresse. Di tutte le domande possibili su di un argomento sceglie quella che verrebbe per prima in mente a chiunque e che una metà degli spettatori scarterebbe subito perché troppo banale: "Cosa vuol rappresentare quel quadro?" "Come mai si è scelto un hobby così diverso dal suo lavoro?" "Com'è che viene in mente di occuparsi di filosofia?" 

Porta i cliché alle estreme conseguenze. Una ragazza educata dalla suore è virtuosa, una ragazza con le calze colorate e la coda di cavallo è "bruciata". Chiede alla prima se lei, che è una ragazza così perbene, desidererebbe diventare come l'altra; fattogli notare che la contrapposizione è offensiva, consola la seconda ragazza mettendo in risalto la sua superiorità fisica e umiliando l'educanda. In questo vertiginoso gioco di gaffe non tenta neppure di usare perifrasi: la perifrasi è già una agudeza, e le agudezas appartengono a un ciclo vichiano cui Buongiorno è estraneo. Per lui, lo si è detto, ogni cosa ha un nome e uno solo, l'artificio retorico è una sofisticazione. In fondo la gaffe nasce sempre da un atto di sincerità non mascherata; quando la sincerità è voluta non si ha gaffe ma sfida e provocazione; la gaffe (in cui Buongiorno eccelle, a detta di critici e pubblico) nasce proprio quando si è sinceri per sbaglio e per sconsideratezza. Quanto più è mediocre, l'uomo mediocre è maldestro. Mike Bongiorno lo conforta portando la gaffe a dignità di figura retorica, nell'ambito di una etichetta omologata dall'ente trasmittente e dalla nazione in ascolto.

Mike Bongiorno gioisce sinceramente col vincitore perché onora il successo. Cortesemente disinteressato al perdente, si commuove se questi versa in gravi condizioni e si fa promotore di una gara di beneficenza, finita la quale si manifesta pago e ne convince il pubblico; indi trasvola ad altre cure confortato sull'esistenza del migliore dei mondi possibili. Egli ignora la dimensione tragica della vita. Mike Bongiorno convince dunque il pubblico, con un esempio vivente e trionfante, del valore della mediocrità. Non provoca complessi d'inferiorità pur offrendosi come idolo, e il pubblico lo ripaga, grato, amandolo. Egli rappresenta un ideale che nessuno deve sforzarsi di raggiungere perché chiunque si trova già al suo livello. Nessuna religione è mai stata così indulgente coi suoi fedeli. In lui si annulla la tensione tra essere e dover essere. Egli dice ai suoi adoratori: voi siete Dio, restate immoti.

4 commenti:

  1. Sapevo del saggio di Eco su Bongiorno, non credevo fosse così azzeccato. Mike è stato effettivamente il personaggio che gli italiani volevano vedere, con regolarità, accettandone pregi e difetti. Sebbene si tenda a ricordarne le proverbiali gaffe, è stato anche un ottimo presentatore, non il mio preferito ma indubbiamente un professionista capace di interagire con i personaggi più svariati, in modi spesso originali. Collezionista di Telegatti ma soprattutto di regali da parte dei concorrenti dei suoi quiz, è stato una sorta di "vicino di casa" che ti abitui ad avere.

    Per quanto riguarda invece la definizione che fa Eco del telespettatore, cito il verso di una parodia di "Io vagabondo" scritta da Nicola Brusco:
    E adesso guarda Italia 1
    E anche senza un soldo
    Ti sentirai qualcuno...
    😅

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    Risposte
    1. Ma è fortissima! Mica la conoscevo... 😆

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    2. Eccola qua, risente dei suoi anni...

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    3. Sorrido, anche se con un po' di tristezza pensando a come quel ridicolo figuro ha contribuito a ridurre l'Italia. Vabbe'...

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