venerdì 8 aprile 2022

Tra il gas, l'aria condizionata e i sacrifici

Quella di Draghi ("Preferiamo la pace o l'aria condizionata?") è ovviamente una domanda retorica, cioè quel tipo di interrogazione che non viene formulata per ottenere informazioni ma che implica una risposta predeterminata. Si può ovviamente discutere se un capo di governo (ritenuto autorevole e serio) che utilizzi una simile semplificazione di stampo populista, come se fosse un Renzi o un Salvini qualsiasi, ne esca bene o male, ma al di là di questo a me ha colpito un'altra cosa.

Parlandone stamattina con alcuni conoscenti, mi è rimasto impresso questo commento di uno di essi: "Draghi non può chiederci altri sacrifici dopo due anni di pandemia", e questa frase mi ha fatto pensare alla nostra generale allergia al concetto di sacrificio. 

In genere si tende a dare per scontato che il livello di benessere raggiunto dalla nostra civiltà sia qualcosa di definitivamente acquisito, che non può essere messo in discussione in alcun modo e che col passare del tempo crescerà sempre di più. Ma non è così, purtroppo. Economisti e studiosi vanno da tempo ripetendo, nell'indifferenza generale, che il nostro tenore di vita, il tenore di vita di noi occidentali, non è più sostenibile. La nostra piccola parte di mondo per tenere questo tenore di vita consuma infatti l'80% delle risorse del pianeta, e un sistema così sballato non potrà durare ancora a lungo.

La soluzione, che ci piaccia o no (e a noi non piace, ovviamente), sarà inevitabilmente una decrescita, che tradotto significa sacrifici, cioè rinunciare a qualcuna delle nostre infinite comodità, di cui l'aria condizionata di cui parla Draghi sarà solo quella minore. Una bestemmia, oggi, naturalmente, perché dietro alle nostre comodità (automobili, telefonini, aria condizionata, acqua calda, lavatrici, lavastoviglie, industria alimentare, energia, trasporti ecc.) c'è un giro economico immenso, e la nostra civiltà si regge sull'economia. Se questa non funziona, c'è il collasso.

Noi, purtroppo, non siamo abituati a ragionare e a valutare le cose in termini globali ma locali, pensiamo che il nostro fortunato Occidente sia il centro del mondo, sia intoccabile, forte, grande, che fuori non ci sia nulla di rilevante e chi sta fuori si arrangi. Non è così. Siamo piccoli, siamo fragili e il sistema in cui viviamo è squilibratissimo. E i sistemi squilibrati non durano in eterno, prima o poi si riequilibrano, e quando lo fanno sono dolori.

6 commenti:

  1. In effetti c'è molta poca propensione a fare sacrifici. Io ritengo che abbassare di due gradi il riscaldamento domestico d'inverno non sia per nulla una tragedia. Però constato che altrove ci sono sprechi incredibili cui non si è mai posto rimedio, per esempio in termini di riscaldamento negli uffici pubblici, in cui, dove entri, sembra di essere ai tropici. E poi in estate, nei negozi, pare che sparino azoto liquido per quanto fa freddo.

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    1. È verissimo. Conosco una persona che lavora nel pubblico. Mi racconta che durante l'inverno è a volte una vera sofferenza lavorare in quegli ambienti a causa del caldo eccessivo. Caldo che non può essere attenuato dagli stessi perché ottenuto da una centralizzazione degli impianti a cui loro non possono mettere mano.

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  2. Ma non si può fare un passo azzardato. Sarebbe la fine per gli ospedali, il mondo del lavoro, per le scuole. Rinunciare al gas russo significa far fallire gran parte del sistema. Sarebbe il momento ideale di passare alle rinnovabili, anche se è assai probabile che l’Europa comprerà il gas dagli Stati Uniti.

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    1. Non so dire se possiamo fare a meno o no del gas russo. Nel mio post faccio un discorso di tipo generale sulla indisponibilità di noi occidentali a ridurre il nostro tenore di vita e a rinunciare a qualche comodità in caso si presenti la necessità.
      Per quanto riguarda le rinnovabili, abbiamo purtroppo perso più di un treno, in passato, per poter fare questo passaggio che oggi ci consentirebbe una certa autonomia da fonti energetiche esterne. Purtroppo noi italiani, ma non solo noi, siamo fatti così, non facciamo piani a lunga scadenza, non programmiamo guardando al futuro, ci limitiamo a vivacchiare guardando alle elezioni successive.
      Il treno delle rinnovabili lo possiamo ancora prendere, ma non è che i suoi effetti si vedrebbero dall'oggi al domani.

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  3. Mi viene da chiederti se conosci Maurizio Pallante. Di sicuro molti politici, Draghi incluso, no.

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    1. No, non lo conosco, nonostante il nome non mi sia completamente nuovo. Ma forse che non lo conosca Draghi è un po' più grave...

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