Non è che in un post su un blog si possa discettare sul concetto di libertà, concetto smisurato e dalle molteplici sfaccettature, ma si può provare ad accennare qualcuna di queste sfaccettature.
Noi siamo liberi? Formalmente sì, o almeno amiamo pensare che sia così, ma molto dipende dal piano su cui vogliamo porre la questione. Rispetto a un carcerato, ad esempio, è ovvio che siamo liberi. Possiamo uscire di casa a qualsiasi ora del giorno o della notte, possiamo scegliere se uscire a piedi, in bicicletta, in macchina. Abbiamo la libertà di scegliere se andare in spiaggia, oppure in collina ecc. Questa è senz'altro una forma di libertà. Ma ci sono altre forme di libertà che ci sono negate, o che comunque sono negate alla maggior parte di noi. Siamo liberi, ad esempio, di non andare a lavorare? No, non lo siamo (non mi riferisco, ovviamente, a chi per i motivi più vari e fortunati può permettersi di non andarci), perché ci muoviamo all'interno di una società strutturata in modo che sia possibile viverci solo possedendo un reddito. Quindi, da questo punto di vista, non si è liberi di poter trascorrere le giornate facendo solo ciò che piacerebbe fare (andare a passeggio, leggere, scrivere, viaggiare ecc.). Qui è facile vedere come il concetto di libertà si ridimensioni alquanto.
Ma c'è un altro aspetto della libertà abbastanza interessante a cui in genere non si pensa molto: la relazione tra libertà e identità, cioè tra libertà e carattere o modo di essere, di cui parla Galimberti nei pochi minuti del breve video qui sotto.
In sostanza la questione è la seguente: Siamo liberi di non essere ciò che siamo? Galimberti porta un esempio. Un giorno Sartre andò in montagna per una escursione, cadde e si ruppe una gamba. Convalescente in ospedale, andò un giorno a trovarlo Maurice Merleau-Ponty, filosofo e suo grande amico, il quale gli chiese perché per andare a fare una escursione in montagna non si fosse fatto accompagnare da una guida. Risposta di Sartre: "Maurice, secondo te io sono uno che va in montagna con una guida?"
Con questa risposta Sartre ha voluto dire che, col suo carattere, per come è fatto lui, per il suo modo di essere, non sarebbe mai andato in montagna con una guida. La sua identità gli nega la libertà farlo. E non è una forma di limitazione della libertà (in questo caso della libertà di farsi accompagnare da una guida) anche questa?
In questo caso, quindi, la libertà si ridimensiona e si adegua al modo di essere, e molto difficilmente può essere diversamente. Quando succede, subentra la sorpresa, lo sconcerto. Quella sorpresa e quello sconcerto che ci fanno dire: "Questa cosa da lui non me la sarei mai aspettata", in riferimento a un comportamento, un atteggiamento, una frase detta da una persona da cui, in virtù di come la conosciamo, mai ce la saremmo aspettata.
Quindi, forse, non siamo liberi; diciamo però che ci piace un sacco pensarlo.
In effetti conoscere la nostra identità ci tranquillizza molto nei rapporti con gli altri, ci permette di riconoscere quale è il nostro posto nel mondo.
RispondiEliminaAnche se a volte, pur conoscendosi, è difficile lo stesso.
EliminaSe è facile non è amore, diceva qualcuno...
EliminaNon siamo liberi.
RispondiEliminaIn senso assoluto, no.
EliminaViviamo tutti in libertà... condizionata. L'importante credo sia esserne consapevoli.
RispondiEliminaMolti, invece, sono convinti di poter godere di una libertà assoluta e purtroppo si comportano di conseguenza.
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