giovedì 28 aprile 2022

Democrazia

Posto che il concetto di democrazia si presta a mille interpretazioni, vale la pena sottolineare - questa cosa la diceva Giovanni Sartori - che un paese non è democratico perché permette ai cittadini di andare a votare. Noi non siamo una democrazia perché ogni tanto ci rechiamo in una cabina elettorale. Andare a votare è solo un modo, uno dei tanti, per scegliere i capi. 

Una democrazia è tale quando ci sono sufficienti asili nido per permettere alle mamme di lavorare; quando per poter effettuare una visita medica non si è obbligati ad aspettare un anno; quando la possibilità di accedere agli studi non è subordinata al censo e così via. In altre parole, una società si può definire democratica quando offre a tutti i suoi cittadini le stesse possibilità e consente ad essi di potersi emancipare.

Alla luce di tutto questo, qualche domanda su quanto siamo democratici credo che ce la possiamo porre.

32 commenti:

  1. Democrazia significa potere del popolo.
    Quasi sempre si fa confusione tra i concetti di democrazia e di stato liberale che sono due caratterizzazioni ortogonali delle societa' e dei sistemi di potere.
    Esistono democrazie spinte che sono non liberali ovvero illiberali, esistono stati liberali assai poco democratici, esistono stati che non sono ne' democrazie ne' liberali, esistono alcuni stati che sono democratici e liberali.
    Il problema della (mancanza di) sovranita' del popolo e' un problema che si e' estremamente acuito in molti stati di fatto oligarchici o con poteri in autodichia che, di fatto, si sovrordinano rispetti altri poteri annullandoli.
    Credo che qualche domanda ce la potremmo proprio porre.

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  2. La sovranità al popolo è un concetto che veniva visto con sospetto perfino dagli stessi greci, quelli che 2500 anni fa la democrazia l'hanno inventata. Lo stesso Platone diceva che per avere democrazia occorre che ci siano cultura ed educazione perché non può esserci democrazia senza educazione, e siccome gli ateniesi all'epoca erano per gran parte ignoranti, allora il governo veniva assunto dai migliori, quelli più competenti, gli "aristocratici", almeno finché il resto del popolo non fosse stato educato.
    Oggi siamo più o meno nella medesima situazione, e siccome la società in cui viviamo butta sul tavolo problematiche complesse verso gran parte delle quali noi comuni mortali non abbiamo alcuna competenza, ecco che il concetto di democrazia si sgretola. Potere al popolo non significa nulla. Milioni di persone possono votare ma non è detto (come diceva Umberto Eco) che votino bene. Anche Mussolini riempiva le piazze, ma le cose che diceva in quelle piazze (le guerre, i colonialismi ecc.) si è visto dove ci hanno portato.
    Ma il discorso sarebbe lungo.

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    1. Aggiungo altra carne al fuoco: non c'è democrazia senza responsabilità.
      Se non c'è responsabilità non c'è libertà ma condizionamento e dipendenze.
      Infine, ancora una cosa: la scala: date questa premesse non c'è democrazia se non in comunità di dimensioni piccole. Le lunghe filiere, le complessità sovra-umane, sono estremamente soggette a ingerenze esterne su ogni anello della catena.
      Il risultato è evidente: le oligarchie (la sx fascista direbbe plutocratiche, quella marxista direbbe capitalistiche, quella arcobalenga nulla in quanto ostile ai macrofenomeni) che controllano il potere a finestrate di Overton ovvero con la persuasione mediatica e la psicologia dei comportamenti gregari.
      La illusione di poter decidere.
      Meccanismo ricorsivo ovvero che si ripete via via internamente: frequente nelle oligarchie definentesi "democrazie" bipolari ovvero bipartitiche quando gli elettori possono scegliere tra menù che hanno il 90% di stessi piatti, presentati con copertine di colore diversi, in diverso ordine.

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  3. Il suffragio universale è l'anello debole della democrazia

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    1. Sotto un certo punto di vista, si.

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    2. Come esiste la patente a punti, farei anche una tessera elettorale a punti. Hai studiato? Voti. Sei ignorante come una capra, non voti. A cominciare da quegli arruffapopoli che gridano allo scandalo costituzionale per i governi non eletti

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    3. Il problema, però, sarebbe la mancata eterogeneità della rappresentanza.
      Se votassero, ad esempio, solo i docenti universitari, siete sicuri che operai e agricoltori sarebbero adeguatamente rappresentati?
      La democrazia è soprattutto questo: garantire a chiunque la possibilità di essere rappresentato. Si può mandare in parlamento (o in enti più locali) un sindacalista, un professionista dall'ottimo curriculum, o anche un grillino preso dalle strade di paese (scusate l'esempio se simpatizzate per il movimento, ma penso che sia il più attuale).
      Non tutti sarebbero adeguati, ma come diceva Churchill, è il sistema meno peggio che ci sia.

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    4. > anche una tessera elettorale a punti

      Mmh, interessante.
      Coerentemente con questo approccio elitario (dovremmo pure stabilire i criteri di misura: ad esempio se non capisci che una pecora sta per partorire, non voti! andrebbe bene?) ad esempio, in tempo di guerra, al fronte, mandiamo solo i patentati.
      Solo voi avete avuto i diritti di voto, solo voi andate al fronte.
      Andrebbe bene?
      Diritti => doveri.

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    5. Il discorso di Flo ha per certi versi una sua legittimità. Nel senso che, come dice anche Galimberti, dove non c'è cultura è molto difficile che ci sia democrazia. Se io, ad esempio, dovessi decidere se costruire una centrale nucleare, per decidere con cognizione di causa dovrei essere un fisico; se dovessi decidere se gli OGM fanno bene o male, per decidere con cognizione di causa dovrei essere un genetista. Siccome non sono né un fisico né un genetista, per decidere mi affido, che ne so?, a ciò che dice il mio partito, oppure un politico di cui mi fido, oppure, se sono credente, guardo la posizione della chiesa e via di questo passo.
      In questo senso intendevo il legame tra cultura e democrazia. Siccome oggi la società mette oggi sul tavolo problemi che travalicano la competenza media della stragrande maggioranza delle persone, queste persone non possono ad esempio andare a votare a un ipotetico referendum sugli OGM con cognizione di causa. Certo, le possibilità di informarsi adeguatamente non mancano, specialmente oggi, ma io credo che non siano tanti quelli che hanno voglia (o possibilità) di mettersi lì a leggere e, sbrigativamente, seguono il parere del politico di riferimento o altro.

      Per quanto riguarda le destre, io non so se in Italia siano fasciste o meno, o quale gradazione di fascismo le permei, so solo - è un dato di fatto - che sia a livello locale che nazionale qualsiasi legge o proposta di legge che vada nella direzione di un allargamento o una concessione di diritti, vede sempre la destra all'opposizione. E non serve, spero, che stia qui a fare l'elenco, immagino che le cronache le leggiate tutti.

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    6. Sull'esempio delle centrali nucleari (prendo quello perché è il mio campo) Carlo Rubbia è contrario, Margherita Hack era favorevole.
      Questo per dire che non sempre le competenze portano ad una scelta giusta in maniera assoluta.
      In democrazia entrambi i punti di vista devono poter esporre le proprie ragioni. E poi si vota tutti perché la decisione riguarda tutti (tutti i rappresentanti o tutti il popolo, anche se quest'ultima soluzione è stata spesso un'arma abusata delle opposizioni).

      Funziona così lo Stato, ma anche associazioni, aziende, società, qualsiasi ente che abbia un direttivo.
      I soci votano i rappresentanti e i rappresentanti decidono a maggioranza. Qui poi devono bilanciare la scelta giusta e informata con l'interesse di chi li ha votati. E penso che la cosa sia anche difficile.

      Penso che il punto cruciale sia lì. La cosa è ottimizzata se il popolo voti i rappresentanti adeguati. Ma poi subentrano le promesse, gli orticelli, interessi a 360 gradi.

      Ricordate tangentopoli? Tutti stravedevano per il pool. Finché non hanno iniziato a toccare gli interessi in basso.

      E lì qualcosa si rompe. Ma forse la democrazia perfetta è utopistica.

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    7. >Questo per dire che non sempre le competenze portano ad una scelta giusta in maniera assoluta

      È assolutamente vero. E senza scomodare Rubbia e la Hack è sufficiente vedere cosa è successo in questi due anni di pandemia, dove le contrapposizioni non erano solo tra Red Ronnie e Burioni (a simboleggiare chi di virologia non sa niente e che invece ne sa), ma anche tra gli stessi virologi, cosa questa che ha portato una confusione generale e, purtroppo, a un crollo di fiducia nella scienza.

      E comunque, alla fine, quoto la tua chiusa: la democrazia perfetta è utopistica.

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    8. Penso anche una cosa: a differenza di Trump che ha preso un esperto solo e poi non lo ascoltava neanche, in Italia il governo ha istituito un comitato scientifico.
      Trovo questa cosa molto democratica.
      E ci ha anche portato a gestire la pandemia in una buona maniera.

      Il caosè stato poi generato dal giornalismo. Ma democrazia è anche libertà di stampa e di opinione.


      Il popolo in futuro dovrà imparare chi seguire e chi ignorare. Parlo soprattutto di trasmissioni TV.

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    9. In realtà non è che Trump ha preso un esperto solo. Gli esperti erano (e sono) tantissimi anche negli USA, la differenza sta nel fatto - e qui dobbiamo dare atto agli americani di essere stati molto più seri e professionali di noi - che non parlavano tutti assieme e, soprattutto, non si contraddicevano a vicenda. Negli USA è difficilissimo anche oggi vedere talk-show dove virologi si contraddicono. C'è una comunità scientifica che parla, discute e poi c'è Anthony Fauci che va in televisione o sui giornali e, a una voce sola, fa il sunto di quanto emerso dalla comunità degli scienziati. Là negli USA le discussioni e i pareri diversi tra gli scienziati, che è fisiologico che ci siano, rimangono relegati all'ambito accademico. In pubblico parla Fauci a una voce sola, e questo ha evitato che anche là da loro nascesse quella confusione che è sorta qui da noi.

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    10. Ok. (Y)
      Parliamo naturalmente di serietà giornalistica, quindi.

      Qui da noi, per qualche motivo che ignoro, venivano invitati degli esperti chiamati come consulenti anche dalle singole regioni.

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    11. Oddio, non so, può anche darsi che pure là vengano chiamati nei talk-show e gli scienziati si rifiutino di andarci. Questo non te lo so dire (può anche darsi che i virologi d'oltreoceano siamo meno narcisisti dei nostri :-)).

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    12. Solo due commenti veloci.
      1) La tessera a punti. Così come per guidare l'auto serve la patente e chi vuole guidare studia il codice della strada, così chi vuole votare studia qualcosa e fa un esame. Non un diploma o una laurea, un esame che attesti che sa capire una domanda e sa rispondere.
      2) che gli esperti abbiano opinioni differenti ci sta. Che gli ignoranti decidano sulla politica energetica di un Paese no. Mia nonna, classe 1910, terza elementare, lingua madre dialetto padano, ha votato al referendum sul nucleare sulla base delle indicazioni del parroco.
      Ribadisco: vuoi votare? Studia.

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    13. Beh, messa giù così non fa una piega (e sostanzialmente sono d'accordo) :-)

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    14. Salve Flo.

      "che gli esperti abbiano opinioni differenti ci sta. Che gli ignoranti decidano sulla politica energetica di un Paese no."

      Qui penso che hai toccato un punto molto importante: l'utilità del referendum.
      Nella teoria, noi votiamo quelli che poi dovranno informarsi bene e decidere: i parlamentari. So che il discorso è utopistico, ma sulla carta è così e penso che sia la miglior democrazia che al momento possiamo permetterci.

      In genere, poi, il referendum viene chiamato da chi rema contro le decisioni di governo e parlamento (è diventato più uno strumento delle opposizioni che non altro). E qui la domanda giusta è: è giusto che chi segue ciecamente i dictat delle varie chiese voti questioni quali aborto o divorzio? E' giusto che il fruttivendolo (magari un bravissimo commerciante, anche avanti con le tecniche di marketing) decida sulla politica energetica dell'intero paese?

      Sul suffragio universale, però, non ho dubbi. Penso che la democrazia debba funzionare così. Per lo stesso principio per cui un immigrato che segue il Corano ciecamente e senza cultura, una volta avuta la cittadinanza, per me non potrebbe votare, ci sarà sempre qualcuno, un dirigente aziendale, un premio Nobel, che per lo stesso motivo potrebbe affermare che anch'io non debba votare, in quanto culturalmente inferiore e, probabilmente, meno informato di lui su alcune questioni.
      E qui lo trovo un ragionamento poco giusto, poco democratico.
      Cerco di votare il partito più in linea con le mie idee. L'ideale sarebbe poter mettere anche la X su un nome, se si identifica qualcuno che ispira fiducia e convergenza di idee con le nostre.
      Ma rimane il fatto che il voto mio deve valere come il voto di chiunque.


      Anche un'altra questione: molto spesso, le persone rinunciano al voto da sole (si autoselezionano) (quasi il 50% degli aventi diritto). Molti sono i delusi. Ma tanti altri penso che siano proprio le persone che non si informano, che rimangono disinteressate.


      Personalmente, in quanto cittadini italiani, continuo a pensare che il mio voto (nelle elezioni) dovrà valere sempre come il voto di chiunque altro.

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  4. A me piace vederla con una citazione di Winston Churchill: "È stato detto che la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora." (https://aforismi.meglio.it/aforisma.htm?id=22d7)

    Ci sono e ci saranno sempre tanti problemi. Dovuti a incompetenze e negligenze di chi ci governa. E, soprattutto, dal popolo (scusate il paragone sportivo, ma a fare grande una squadra sono dei bravi giocatori).

    In Italia, nello specifico, se da una parte siamo un popolo con poca cultura, poca capacità di ragionare, poco senso ed educazione civica (l'evasione fiscale e la corruzione sono due dei problemi dominanti della cosa pubblica), dall'altro abbiamo avuto dei Grandi Padri Costituenti; e quindi una delle costituzioni migliori al mondo.

    PS: Faccio un piccolo commento sul secondo paragrafo del post. Ci vedo un modo di vedere la cosa molto di sinistra (di sicuro non di tutta la sinistra italiana). Non nego che parte della destra possa condividerla. Ma soprattutto i governi di quel lato penso siano andati molto in direzione opposta quando è stato il loro turno.
    Insomma, so che sto scadendo nella distinzione dx/sx, ma in quelle parole ci vedo proprio un ideale progressista; molti partiti penso che non condividerebbero, se non per interessata propaganda.

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    1. Dal momento che la destra è, storicamente, sinonimo di negazione di diritti, direi che potrebbe essere una giusta lettura.

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    2. La destra è, storicamente, sinonimo di negazione di diritti... Solo in Italia e in poco estero e solo dove si consideri destra sinonimo di fascismi vari. Esistono grandissime tradizioni di destre si diversa natura, che non negano alcunché.

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    3. Per rimanere sul piano degli slogan la sinistra nega i doveri: poiché senza doveri non possono esistere diritti, nega i diritti.
      Quindi pure peggio.
      Infine un altro modo sibillino per svuotare i diritti è quello di concederli a tutti col risultato che, dati i limiti fisici della realtà, vengano annullati.

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  5. A differenza del post, tendo probabilmente a vedere l'altra faccia della medaglia.
    Ma che in una democrazia il popolo abbia la possibilità di sbagliare e, a fine mandato, di correggere è una cosa bellissima.

    Voto Trump. E dopo quattro anni lo rimando a casa.
    Con Berlusconi è successo per ben tre volte. E forse la causa è perché è successo anche con Romano Prodi.
    In Russia non accade. Ma non ho ben presente come funzioni là la democrazia.
    Di sicuro non succede nelle dittature, al netto di sanguinose guerre e rivoluzioni.

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  6. E' da molti anni che non siamo più una democrazia.
    Eravamo partiti bene, ma poi ci siamo persi per strada. Non ci sono più i nobili ma i privilegi si, perchè si sono create le caste e i superricchi quando il popolo si andava impoverendo, perdendo la famosa classe media. Quella che è stata conquistata a fatica dai nostri genitori e che noi non abbiamo saputo difendere.
    Elisa

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  7. Sul fatto che il popolo abbia la possibilità di sbagliare e poi di "redimersi" mi trovi d'accordo, Maurizio. A patto che, nel frattempo, quello sbagliare non abbia fatto troppi danni. Visto che hai citato Trump, ad esempio, a me viene da chiedermi quante vittime da covid si sarebbero evitare negli USA se la gente non avesse votato uno che inizialmente negava l'esistenza del virus e poi diceva urbi et orbi che si sarebbe potuto curare tranquillamente col disinfettante. È solo un esempio, naturalmente, ma credo indicativo di ciò che intendo dire.

    Per quanto riguarda il legame tra voto e democrazia, come diceva Sartori è un legame molto debole, se non addirittura inesistente perché sono altri i fattori che definiscono una democrazia, non solo e non tanto il voto. Al voto è semmai rimasta una valenza... come dire, di gratificazione (o frustrazione) personale, nel senso che è utile a togliere di mezzo o a mettere al centro personaggi politici che detestiamo o amiamo. Quando ad esempio alle ultime regionali Salvini è stato bastonato dagli emiliano-romagnoli - lui ambiva al posto di governatore ed era sicuro di vincere -, lì il voto si è dimostrato più che utile. Ma in generale l'utilità del voto si ferma lì, non serve ad avere la garanzia che le cose che la gente vorrebbe verranno poi realizzate. In primo luogo perché i programmi politici vengono in genere sempre disattesi, sia dalla destra che dalla sinistra, e in secondo luogo perché sono oggi più o meno tutti uguali, quindi che senso ha andare a votare?

    Qualche tempo fa Piergiorgio Odifreddi ha scritto un bellissimo libro in cui spiega, con argomenti a mio parere molto solidi, perché oggi andare a votare abbia ormai pochissimo senso (ne parla qui). E credo che molti se ne siano accorti anche senza leggere Odifreddi, basta guardare la percentuale di astensione. Nel primo dopoguerra, agli albori della Repubblica, la percentuale di chi si recava a votare era sempre sopra al 95%, oggi siamo attorno al 70 (solo guardando le elezioni nazionali, alle amministrative il dato è ancora più basso). Tra l'altro, e torno un attimo a Trump, giova ricordare che se si fossero guardati i voti assoluti avrebbe vinto la Clinton (mi pare ne abbia presi un paio di milioni in più), ma il sistema elettorale americano funziona come sappiamo e quindi è stato eletto Trump. Mi pare che anche questo sia un buon argomento a favore della poca correlazione tra voto e democrazia :-)

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    1. Il caso di Trump e dei suoi voti a me fa pensare che il sistema elettorale italiano sia molto migliore. E quello americano assolutamente da migliorare.

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    2. (Sono io ad aver scritto il commento sopra, ma col browser del cellulare che ogni tanto fa le bizze e non legge i cookie degli account loggati)

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    3. Sì, apparentemente il nostro migliore. Ma non più di tanto, e i motivi sono tanti: leggi elettorali che non tengono conto delle indicazioni di voto uscite dalle urne, parlamentari che la Costituzione abilita a votare secondo coscienza (no, tu non voti secondo coscienza: io ti mando in parlamento perché hai promesso di fare una cosa e la fai) e tanto altro.

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    4. Il problema di cui stiamo parlando penso vada ricercato, non tanto nel sistema democrazia, ma nell'onestà intellettuale delle persone. E nella creduloneria di tante altre.

      Però, sta di fatto, che in democrazia un errore può essere corretto. Tu mi rappresenti a tempo determinato. Io popolo, a fine mandato, ho la possibilità di non confermarti.

      In una dittatura non si può.

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  8. Andare a votare è scegliersi dei rappresentanti, non dei capi. Per questo mi inca...o se voto Tizio e pur di sedersi sulla poltrona si allea con Caio dopo l'esito delle elezioni: mi sento tradito!
    Giuste le considerazioni che fai sul senso di democrazia, anche se rientra piuttosto in un criterio di equità che spesso finisce calpestato da chi ha più soldi e potere pregresso; per inciso imporre "Vaccinati se vuoi lavorare!" non è esattamente qualcosa di democratico, specie se stilato da qualcuno che non sta minimamente rappresentando l'elettorato delle ultime elezioni politiche.

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    1. >Per questo mi inca...o se voto Tizio e pur di sedersi sulla poltrona si allea con Caio dopo l'esito delle elezioni: mi sento tradito!

      Eppure è così. È stato addirittura calcolato che se tutti quelli che cambiano casacca fondassero un partito, sarebbe il partito più grande di tutti quelli presenti in parlamento.
      Ma la cosa ridicola, e anche irritante, e che questi vengono chiamati "responsabili". Lasciamo stare, va'...

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