Probabilmente molti (me compreso) di quelli che leggono questo post non erano ancora nati quando nel 1965 un giovane e pressoché sconosciuto Francesco Guccini butta giù testo e musica di quella che è considerata a tutt'oggi come una delle canzoni più famose della musica d'autore italiana: Dio è morto.
Sono per alcuni motivi molto legato a questa canzone - dopo vi spiego tutto -, ma come prima cosa, per chi non la conoscesse, riporto qui sotto il testo:
Ho visto la gente della mia età andare via,
lungo le strade che non portano mai a niente.
Cercare il sogno che conduce alla pazzia
nella ricerca di qualcosa che non trovano.
Nel mondo che hanno già,
lungo le notti che dal vino son bagnate,
dentro le stanze da pastiglie trasformate,
lungo le nuvole di fumo del mondo fatto
di città, essere contro od ingoiare la nostra
stanca civiltà. E un Dio ch’è morto:
ai bordi delle strade Dio è morto,
nelle auto a presa rate Dio è morto,
nei miti dell’estate Dio è morto.
Mi han detto che questa mia generazione
ormai non crede in ciò che spesso han mascherato
con la fede, nei miti eterni della patria e dell’eroe,
perché è venuto ormai il momento di negare tutto ciò
che è falsità, le fedi fatte di abitudine e paura, una politica
che è solo far carriera, il perbenismo interessato,
la dignità fatta di vuoto, l’ipocrisia di chi sta sempre con la
ragione e mai col torto. E un Dio ch’è morto:
nei campi di sterminio Dio è morto,
coi miti della razza Dio è morto,
con gli odi di partito Dio è morto.
Ma penso che questa mia generazione è preparata
a un mondo nuovo e una speranza appena nata,
ad un futuro che ha già in mano, a una rivolta senza armi,
perché noi tutti ormai sappiamo che se
Dio muore per tre giorni e poi risorge,
in ciò che noi crediamo Dio è risorto,
in ciò che noi vogliamo Dio è risorto,
nel mondo che faremo Dio è risorto.
Sono, dicevo, molto legato a questa canzone. Primo perché, data la sua semplicità strutturale (è un semplice giro di accordo maggiore), è stata una delle prime che ho "storpiato" quando da piccoletto imparavo i primi accordi con la chitarra, e secondo perché è stato il pezzo che mi ha fatto conoscere e apprezzare il grande Francesco e poi, come rapporto causa-effetto, i Nomadi.
La storia della canzone è piuttosto aneddotica: "Il Guccio", come amano soprannominarlo i suoi fans, scrive e deposita il pezzo alla SIAE nel '65, ma rimane nel cassetto fino al '67, quando i Nomadi lo inseriscono nel loro album - pubblicato appunto in quell'anno (ecco il quarantennale) - intitolato Per quando noi non ci saremo.
Ecco che arriva il primo aneddoto: la Rai, ritenendo il testo della canzone blasfemo, lo censura e ne impedisce la messa in onda sia sui circuiti televisivi che in radio (all'epoca Mediaset non c'era e la tv di stato faceva un pò il bello e il cattivo tempo). Paradossalmente, però, il pezzo viene invece trasmesso dalla Radio Vaticana, la quale ritiene che non contenga niente di blasfemo. Lo stesso Paolo VI, successivamente, dirà di apprezzare molto la composizione non ravvisandovi nulla che meriti di essere censurato (va dato atto al Vaticano di essere stato in quell'occasione molto più lungimirante e "aperto di vedute" della Rai, anche perché è sufficiente leggere il testo per rendersi conto che non contiene niente, né di blasfemo né di anticlericale).
In ogni modo ormai il 'caso' è scoppiato: il pezzo, anche sull'onda dell'indiretta pubblicità derivata dalla situazione, rimane per lungo tempo ai vertici dei dischi più venduti, consentendo al cantautore di uscire dall'anonimato. Dio è morto può essere a tutti gli effetti considerato il primo vero brano di protesta che ha dato il via, se così possiamo dire, al genere della canzone cosiddetta politica e impegnata. Oggi le canzoni politiche le scrivono un pò tutti, è diventato quasi una moda (sono rari gli artisti che le propongono perché le "sentono" veramente). All'epoca, invece, la pubblicazione di questo pezzo si poteva tranquillamente paragonare all'ingresso di un elefante in un negozio di cristalli.
In un epoca in cui la musica italiana ristagnava in uno stantìo e ormai nauseabondo inseguirsi di strofe e rime all'insegna di "cuore/amore" (in America già da un decennio imperverversava il rock'n'roll) il pezzo ebbe il merito di dare la definitiva spallata a tutta questa situazione (il '68 non a caso era alle porte).
Guccini ha sempre affermato i essersi ispirato, nella stesura del testo, alla celebre poesia "Howl" di Allen Ginsberg ("I saw the best minds of my generation destroyed by madness..."), e di aver voluto così raccontare attraverso tutte le situazioni descritte nel testo il senso di decadenza dei valori e di aspettative che già si avvertivano nell'epoca pre-sessantottina. E' triste constatare, come dicevo all'inizio, come questo pezzo - nonostante i suoi 40 anni - sia ancora di estrema attualità: il rifugiarsi nella droga, nell'alcol, nelle pasticche era un problema già noto allora e poco è cambiato (se non in peggio) oggi. L'affacciarsi del consumismo idiota di massa (richiamato dalla bellissima similitudine delle auto prese a rate), la politica (già allora) solo come veicolo per fare carriera, il "benpensantismo" e il falso buonismo, ancora oggi così in voga. Da notare che - come affermato più volte dallo stesso autore - il dio citato nel testo va inteso non in senso prettamente teologico, ma come metafora del mondo e delle situazioni in cui si vive. Insomma, provate a prendere uno che non ha mai letto questo testo e chiedetegli secondo lui quando è stato scritto. Cosa scommettiamo che risponderà?
Guccini non è certo uno di quelli che si possono definire cantautori moderni (anche se bisognerebbe definire bene l'accezione del termine), tuttavia, se ancora non avete avuto modo di "assaggiare" niente di suo, beh, non è mai troppo tardi per cominciare. Se avete tempo scaricatevi qualche sua canzone tra una di dj francesco o dei take that (magari cominciando proprio a Dio è morto). Il Guccio, oltretutto, come ben sa chi lo segue, non è solo un musicista, ma anche apprezzato scrittore e soprattutto poeta. I testi di molte sue canzoni sono considerati a tutti gli effetti veri e propri componimenti poetici, e vengono addirittura insegnati nelle scuole accanto al Manzoni e al Leopardi (ricordo ancora, sull'antologia di italiano delle medie, il testo di "Canzone per un'amica", che la prof ci fece studiare e parafrasare).
Domani (o oggi, a seconda dell'ora in cui leggete questo articolo) i Nomadi, quelli che hanno effettivamente portato al successo il pezzo - che continuano a riproporre nei loro tour -, suoneranno al concerto del primo maggio in piazza san Giovanni a Roma, che sarà trasmesso in diretta da Raitre. Suoneranno un paio di canzoni tra cui appunto Dio è morto. Quale migliore occasione per ascoltarla?