Poi, col tempo, le cose sono cambiate; l'azienda si è progressivamente ingrandita, ha fatto delle acquisizioni, quell'aura di familiarità che si respirava quando era ancora piccola, intraprendente, quasi pionieristica, è andata persa (ne avevo già scritto qui). Oggi è tutto più asettico, più meccanico, più rigidamente strutturato. È andato perso anche quel senso di solidarietà, di mutua assistenza che legava noi dipendenti. Siamo più "distanti", più parcellizzati, più individualisti.
Quindi faccio le mie otto ore e poi me ne vado, anche se a volte ci sarebbe bisogno di restare di più, specie nel turno pomeriggio-notte; ma dico di no, non ho più voglia, non mi sento più incentivato. Ho tirato i remi in barca.
10 commenti:
Purtroppo è diventato tutto meno spontaneo, meno semplice, in una parola meno umano.
Ci credo che la voglia passi. Buona serata Andrea.
sinforosa
Sì, purtroppo è così.
Buona serata, sinforosa.
Lo vedo su tutti i posti di lavoro. Ormai è diventata una questione di mera sopravvivenza: si va a lavorare perché bisogna portare a casa la pagnotta, non perché si trovi interesse nel lavoro. E quella pagnotta è sempre più esigua: l'Italia è l'unico paese europeo dove gli stipendi vanno alla rovescia, calando anziché aumentare. Incentivi a lavorare? Inesistenti.
Dopo i trenta/quaranta anni di lavoro la stanchezza è fisiologica, le innovazioni strutturali e manageriali sono viste sempre con sospetto, e inizia a scarseggiare l'entusiasmo; le aziende stesse tendono a "scivolarti" la quiescenza perché, a dispetto dell'esperienza e della qualità, gli costi come due giovani virgulti spiritati ed entusiasti. Appena puoi, o te lo offrono, tela.
Impersonalizzazione è il nome del virus che ha picchiato duro in ogni settore della società e il mondo del lavoro non è quello maggiormente colpito. Che tristezza...
Otto ore di lavoro credo siano sufficienti... il resto è per affetti, progetti e interessi di cui sei ricchissimo.
Ciao Andrea.
Hai fatto bene. Quando ci si sente più un numero che una risorsa, quel dare di più perde entusiasmo, passione... Te ne accorgi dopo la prima volta che sei rimasto, e allora preferisci goderti qualche ora in più la famiglia, cui forse ti accorgi di aver sacrificato fin troppo tempo a favore di chi non ti ha gratificato professionalmente come speravi giusto.
Considerazioni promiscue tra tua esperienza lavorativa e mia, s'intende.
Che poi, alla fine, è una pagnotta sempre più risicata. La questione degli stipendi l'avevo letta anch'io.
Sono troppo giovane per telare, altrimenti a quest'ora l'avrei già fatto.
Hai detto bene: impersonalizzazioe. Siamo ormai diventati quei "funzionari di apparati" di cui parla Galimberti.
Ciao Sari.
Certo, è chiaro.
Posta un commento