E' bello svegliarsi di domenica (questo articolo l'ho scritto ieri mattina), passare in rassegna le home page dei quotidiani online e trovare dappertutto notizia della nuova iniziativa che Berlusconi vorrebbe mettere in campo, quella della riduzione del numero dei parlamentari. Un progetto che, a suo dire, passerebbe addirittura attraverso lo strumento dell'iniziativa popolare (anche se non si capisce a cosa possa servire visto l'ampia maggioranza parlamentare che si ritrova), quello che - forse qualcuno ricorderà - fece a suo tempo Grillo con Parlamento Pulito, nella quale furono raccolte 350.000 firme per mandare a casa i parlamentari con problemi giudiziari. Firme che, naturalmente, giacciono ancora da qualche parte in Senato (ove, presumibilmente, resteranno ancora molto a lungo).
Ma torniamo alla proposta di Berlusconi. Egli vorrebbe, almeno stando a quanto scrivono i giornali, ridurre i parlamentari a 300 deputati e 150 senatori. Attualmente i deputati sono, per legge, 630 e i senatori 315. Capite bene, quindi, che si tratterebbe effettivamente di una bella sforbiciata anche alle spese, visto che la sola Camera, ad esempio, costa qualcosa come un miliardo e mezzo di euro l'anno (dati 2007) e il Senato quasi un miliardo. Se poi consideriamo che il Congresso americano, ad esempio, che ha responsabilità di governo su oltre 300 milioni di americani, è composto da appena 100 membri al Senato e 435 alla Camera dei Rappresentanti, capite bene che il numero dei parlamentari presenti in Italia è difficilmente giustificabile da motivi di necessità amministrative.
Quindi l'iniziativa del premier (apparentemente) appare più che sensata, e io stesso non ho difficoltà ad ammettere che qualora venisse chiesta la mia firma per avallare una legge simile, non avrei nessuna difficoltà a metterla, visto che la politica e i suoi costi è un argomento di cui spesso e volentieri mi occupo in queste pagine. Ma c'è un ma. Anzi più di uno.
Perché il premier se n'è uscito proprio adesso con questa proposta? Voglio dire, gli ultimi 15 anni di vita politica italiana hanno visto per la maggior parte reggere le sorti del governo da una coalizione, chiamatela come volete, con a capo Berlusconi. Possibile che non gli sia mai venuta in mente questa cosa? Le spiegazioni potrebbero essere più di una, e uno spunto lo offre a tal proposito Repubblica, che proprio ieri, in un lungo editoriale a firma Eugenio Scalfari, riportava i risultati, abbastanza inaspettati, degli ultimi sondaggi politici. Sondaggi che vedrebbero il Pdl racchiuso in una forchetta che oscilla tra il 39 e il 42 per cento.
Una soglia, quella appunto del 40%, che inizialmente veniva indicata più che sicura come risultato elettorale alle prossime europee, ma che si sta rivelando, invece, adesso, un traguardo non troppo scontato. Specialmente, poi, se si considera che poco sotto il 40% fu il risultalo del centrodestra alle politiche del 2008, segno che da lì a oggi grossi passi in avanti in termini di consensi non ne sono stati fatti. E la cosa, com'era logico aspettarsi, ha fatto drizzare le antenne al cavaliere, convinto che, come ipotizza anche Scalfari, i recenti "successi" dell'operazione (mediatica) mondezza a Napoli, assieme a tutta la fase (altrettanto mediatica) della gestione del terremoto abruzzese, avrebbero fatto lievitare i consensi ben oltre il 40% di cui parlavo prima. Ma così, evidentemente, non è stato.
In questo quadro potrebbe quindi inserirsi la novità del dimezzamento dei parlamentari; un argomento che, come potete facilmente immaginare, fa sempre presa sulle italiche menti, in massima parte ben consapevoli del peso, in termini numerici e di costi, della politica italiana. Un'idea, però, che nonostante quel che sembra non è nuova, né ha in sé elementi che facciano pensare a qualcosa di rivoluzionario. Berlusconi, insomma, è come se avesse scoperto l'acqua calda buttando là una proposta di questo genere. I politici che (a parole) hanno sempre tirato in ballo questo argomento sono stati nel corso degli anni più di uno, e in riferimento delle più disparate aree politiche. L'ultimo, in ordine di tempo, è stato lo stesso Walter Veltroni, il quale, se ricordate, ha imbastito tutta la sua campagna elettorale itinerante per le politiche del 2008 facendo proprio della riduzione del numero di parlamentari, e del loro stipendio, uno dei suoi cavalli di battaglia, arrivando addirittura ad auspicare una sola camera tramite cui legiferare. Una campagna che evidentemente, come poi si è visto, non gli ha portato molta fortuna.
Adesso, appunto, ci riprova il cavaliere, per tentare probabilmente di colmare quel gap che esiste tra i sondaggi attuali e le sue aspettative. Naturalmente, passato il ciclone europee, non pensate neppure che si torni sopra all'argomento, perlomeno fino al prossimo appuntamento elettorale. E pensare che basterebbero appena un paio di piccoli provvedimenti per ridare agli italiani un po' di fiducia nella politica: uno è sì quello della riduzione dei parlamentari, non però fatta a casaccio e non necessariamente della metà, ma cominciando, come suggeriva il buon Grillo, da quelli che hanno pendenze di qualsiasi tipo con la giustizia. Se è infatti vero, come è vero, che su 900 e passa parlamentari circa 70 sono implicati a vario titolo in questioni giudiziarie, si cominci da questi. Io penso che sarebbero molti gli italiani che apprezzerebbero un parlamento composto solo da persone oneste.
In secondo luogo, l'abrogazione di quella vergogna chiamata "porcellum", la famigerata legge elettorale voluta da Calderoli (e da lui stesso definita una "porcata") e dal centrodestra, che tra le altre cose ha abolito il voto di preferenza nelle liste elettorali, impedendo di fatto al cittadino elettore di votare il candidato che gli pare.
Piccole e semplici cose, delle quali si torna sempre a parlare in qualsiasi campagna elettorale, me che, puntualmente, si dimenticano già il giorno dopo le elezioni.
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