lunedì 31 gennaio 2022
Dai libri
Contro natura o secondo natura (e cosa c'entra Alla ricerca di Nemo?)
sabato 29 gennaio 2022
Perché Mussolini rovinò l'Italia
Ho terminato il saggio storico di Bruno Vespa, ricevuto in regalo (ben difficilmente avrei speso di mia iniziativa soldi in un suo libro), di cui avevo accennato qui. Devo dare atto a Vespa, contro ogni aspettativa, di avere buone capacità divulgative e di aver scritto un saggio dai tratti avvincenti, anche se i fatti narrati hanno un taglio più da cronista che da storico.
Il libro in questione prende in esame le vicende politiche e militari che sfociarono nella decisione di Mussolini di trascinare l'Italia nella disastrosa (per noi) seconda guerra mondiale, prendendo avvio dagli incessanti corteggiamenti di Hitler ("Uomini come Mussolini nascono una volta ogni mille anni"), che modellò la sua politica dittatoriale e il suo partito ispirandosi al partito fascista del Duce, e descrivendo l'infinita serie di errori che portarono il nostro paese alla rovina economica, militare e politica.
Rispetto agli altri libri sulla storia del fascismo che ho letto, questo ha il pregio di essere molto particolareggiato nella ricostruzione dei fatti, ottenuta anche facendo ricorso a documentazione tratta dai diari personali che i vari personaggi che contornavano i due dittatori scrivevano per tenere traccia del succedersi delle vicende.
L'unica pecca del libro sta, forse, nella non-risposta alla domanda che gli dà il titolo. O comunque nell'impressione di incompletezza della stessa. In realtà, i motivi che spinsero Mussolini a fare ciò che fece sono molteplici e diversi a seconda dei casi. Prendiamo ad esempio la promulgazione delle leggi razziali, forse la sua macchia più ignobile. Come si conciliano col fatto che fino al 1936 Mussolini era stato un attivo difensore della minoranza ebraica dalle persecuzioni naziste e che Hitler non fece mai nessuna pressione né mostrò mai desiderio che le realizzasse? Si spiega con una sorta di vassallaggio ideologico totalmente irrazionale.
Cosa lo spinse a imbarcarsi nella disastrose campagne di Grecia, d'Africa o, peggio ancora, francese o russa? Tutti i suoi consiglieri gli dissero a più riprese che inviare contingenti male armati, male vestiti e male organizzati nelle sterminate terre russe sarebbe stata una follia. Lui ce li inviò lo stesso, mandando a morte tra gli ottantamila e centomila italiani nella ritirata del Don. Stessa cosa per l'entrata in guerra del giugno 1940. Mussolini sapeva benissimo che l'Italia non era assolutamente pronta a entrare in guerra, ma lo fece lo stesso vedendo che la Germania aveva conquistato già mezza Europa. Una serie di guerre inutili che ebbero come unici risultati l'elevatissimo numero di perdite umane e l'allarmante aumento della povertà e peggioramento delle condizioni economiche del paese.
Nel 1945 l'Italia era un paese devastato e distrutto. Perché? si chiede Vespa. Forse megalomania, forse incompetenza, forse irresponsabilità, forse incapacità di immaginare le conseguenze delle decisioni, forse anche un po' di pazzia, o forse tutte queste cose insieme. In ogni caso, è uno dei tanti libri che dovrebbero leggere i teorici della storiella che in fondo ha anche fatto cose buone.
Fumetti
Sull'ultimo Venerdì di Repubblica c'è una interessante inchiesta (qui) sulla diffusione dei fumetti nel nostro paese, dove tra le altre cose si parla dell'ottimo stato di salute in cui versa questo particolare settore editoriale. Due cose interessanti: nel 2021 appena chiuso circa nove milioni di persone sono andate in libreria, più o meno regolarmente, per comprare fumetti (rilevazione relativa alle sole librerie, che quindi esclude edicole e fumetterie); il fumetto è solo cartaceo. A differenza dei libri, che possono essere acquistati e letti su aggeggi elettronici, il fumetto viene letto solo su carta.
La cosa un po' mi ha sorpreso, dal momento che lavoro in un'agenzia di distribuzione stampa e ogni giorno mi vedo passare per le mani tonnellate e tonnellate di fumetti destinati esclusivamente alle edicole. Non pensavo che anche le librerie avessero un così attivo mercato dei fumetti. Bella, questa cosa.
L'inchiesta in questione mi ha fatto venire in mente l'infinita serie di fumetti che leggevo da bambino e da ragazzino prima del passaggio ai libri: Topolino, Braccio di ferro, Tex, Zagor, Diabolik, Il comandante Mark, Dylan Dog i primi che mi vengono in mente e che mi riportano al periodo più spensierato della mia vita. Tra l'altro, molti di questi (in particolare molti numeri di Topolino) li conservo ancora, da qualche parte.
I fumetti mi fanno venire in mente un aneddoto di cui parlò Francesco Guccini in una intervista di qualche anno fa, in cui raccontava che quand'era giovinetto doveva leggerli di nascosto perché suo padre glieli proibiva. Glieli proibiva perché temeva che i fumetti, con tutte quelle figure, lo disabituassero alla lettura. I libri andavano bene, e suo padre gliene regalava in continuazione, ma i fumetti no, quindi lui se li faceva prestare di nascosto da qualche amico e li leggeva quando suo padre non c'era. Dal momento che Guccini in mezzo ai libri ci ha passato tutta la vita e che è diventato a sua volta scrittore di romanzi, direi che i timori di suo padre erano palesemente infondati.
giovedì 27 gennaio 2022
La Giornata della memoria (con un po' di storia)
A dire il vero non volevo scrivere niente sulla Giornata della memoria, perché tutto l'universo Internet ne parla e il mio contributo non avrebbe aggiunto granché. Poi mi sono imbattuto per caso in un post della bravissima Galatea Vaglio e ho deciso di segnalarlo. Perché è interessante il suo contributo? Perché, partendo dalla Shoah hitleriana, di cui sappiamo tutto (o almeno dovremmo), Galatea si lancia in un breve ma esaustivo viaggio storico che va alle radici secolari dei pregiudizi antiebraici che hanno condotto poi alla più grande tragedia del Novecento. Insomma, un po' di storia, che non fa mai male.
Il post di Galatea è qui.
Le bugie di Ratzinger
Sui complotti
mercoledì 26 gennaio 2022
Bruno Vespa
Se durante la mia lunga carriera di lettore qualcuno mi avesse detto che sarebbe arrivato un giorno in cui avrei letto un libro di Bruno Vespa, mi sarei messo a ridere. Invece quel giorno è arrivato.
(Tranquilli, l'ho ricevuto in regalo, e comunque il titolo mi piace.)
martedì 25 gennaio 2022
Un presidente autorevole
Guerra?
Non è chiaro se Putin invaderà sul serio l'Ucraina (neppure gli analisti più ferrati sono al momento riusciti a capire le sue intenzioni). Certo è che la situazione, da quello che si legge, non sembra sia da prendere sottogamba e non autorizza alla tranquillità, almeno al momento. Tra Russia e Ucraina esistono vecchie ruggini che si sono da un po' di tempo aggravate, in particolar modo da quando quest'ultima, dopo l'elezione nel 2019 del presidente Volodymyr Zelensky, è passata da atteggiamenti sostanzialmente remissivi nei confronti di Putin ad atteggiamenti più assertivi e in qualche misura più provocatori.
Alcune delle dinamiche in corso mi ricordano, anche se alla lontana e pur con tutte le differenze possibili, quelle che portarono allo scoppio della Prima guerra mondiale. Dopo l'attentato di Sarajevo l'impero austriaco dichiarò guerra alla Serbia e la invase, ma la Serbia aveva un grande fratello, la Russia, la quale non restò certo a guardare. La Russia, a sua volta, era alleata con la Francia in chiave anti-germanica, e sia l'una che l'altra (Francia e Germania) non restarono neppure loro a guardare. Questo gioco di alleanze, formatesi nel corso del XIX secolo, determinò gli schieramenti.
La situazione è diversa, oggi, se non altro perché manca il casus belli dell'attentato terroristico e l'innesco, in caso, sarà generato dall'aggravarsi delle vecchie tensioni e da tutta una serie di altri motivi. Ma anche l'Ucraina di oggi, così come la Serbia del 1914, ha un grande fratello: gli USA, e Biden si è già schierato apertamente con l'Ucraina con l'intento di limitare le velleità espansionistiche di Putin, mettendo in allerta 8000 soldati e inviando due navi da guerra USA nel Baltico e nel mar Nero.
Poi magari non succederà niente e alla fine la diplomazia risolverà la faccenda, ma al momento forse è il caso di non sottovalutare troppo quello che sta accadendo.
lunedì 24 gennaio 2022
La casa senza ricordi
Di Donato Carrisi avevo letto, tempo fa, Il suggeritore e l'avevo trovato molto avvincente. Questo, invece, il suo ultimo romanzo, abbastanza deludente. L'ho trovato troppo inverosimile. Certo, è un'opera di fantasia, una storia inventata, ma a mio parere le storie, che siano inventate o ispirate a fatti realmente accaduti, devono comunque avere una loro verosimiglianza. In questo romanzo non l'ho trovata.
In aggiunta, eccetto alcuni (pochi) momenti in cui la storia è interessante e i colpi di scena notevoli, per la maggior parte l'ho trovata noiosa, pretenziosa, il tutto con l'aggiunta di un finale abbastanza deludente.
Un lato positivo, almeno per me: è un interessantissimo viaggio nella psiche umana, o almeno in alcuni dei suoi lati più patologici. D'altra parte, il protagonista è uno psicologo infantile che si adopera nel tentativo di penetrare nella mente di un dodicenne che viene ritrovato in un bosco totalmente privo di memoria e di linguaggio. Nel romanzo sono descritte le pratiche ipnotiche che vengono utilizzate in questi casi nelle terapie e gli effetti prodotti.
Naturalmente Carrisi non è uno psicologo, ma, come spiega nella postfazione, nelle ricerche svolte per la stesura del romanzo si è avvalso della collaborazione di due psichiatri che lo hanno edotto su questi temi. Diciamo che la descrizione di questo viaggio nella psiche umana è forse l'unico motivo per leggere il libro (almeno per chi è interessato a questi argomenti), altrimenti si può passare oltre.
domenica 23 gennaio 2022
Numeri e spaccature
Naturalmente non è vero niente che "ho i numeri ma non voglio spaccare il paese". Molto più semplicemente, la campagna acquisti in parlamento portata avanti con affanno e ostinazione in queste ultime settimane non ha portato i risultati auspicati e, anche se ti chiami Berlusconi, alla fine davanti ai numeri ti devi arrendere.
Non c'è alcun senso di responsabilità in tutto questo, né nessun desiderio di non voler spaccare il paese (tra l'altro, spaccare il paese con la dicotomia con me o contro di me è esattamente ciò che ha fatto scientemente nei lunghi anni del suo regno). È che lui è così: la menzogna e la mistificazione sono parte indissolubile del suo corredo genetico, e resteranno tali fino alla fine.
sabato 22 gennaio 2022
Non sopporto
La necessità del caso
Dopo la serendipità, di cui avevo parlato qui, la sincronicità. Ho letto questo libro su suggerimento di Giorgio, che me l'aveva segnalato tempo fa nei commenti a un post. A dire il vero, l'ho preso in mano con qualche timore, convinto che potesse rivelarsi troppo ostico per me; invece, in generale, l'ho trovato non dico semplice, specie in alcuni punti, ma quasi sempre comprensibile, e soprattutto interessante.
Che cos'è la sincronicità? Detto in poche parole, è un concetto che fu introdotto dallo psicanalista Carl Gustav Jung nel 1950 e che si basa sull'assunto che due eventi, non collegati tra loro da nessuna causa, accadendo simultaneamente creino un senso per la persona che ne è soggetta. Lo psicologo francese autore del libro, Jean-François Vézina, scrive: "Per quanto riguarda la realtà dei fenomeni psichici, la sincronicità è senza dubbio una delle idee più audaci di tutta l'opera di Jung, ma anche una delle più necessarie. Che cos'è in realtà la sincronicità? L'etimologia ci dà qualche informazione: sun-chronos, il tempo che "procede insieme", il tempo che coincide con se stesso. In altre parole si tratta di due avvenimenti non collegati da nulla secondo la causalità classica, ma che tuttavia, accadendo simultaneamente, creano un senso per la persone che li vive."
Il libro in questione prende principalmente in esame la sincronicità all'interno dell'ambito relazionale (perché abbiamo incontrato quella determinata persona? Perché proprio in quel particolare momento?), ma il concetto si estende naturalmente anche al di fuori, esaminando i motivi per cui un personaggio di un film, un libro, un accadimento qualsiasi della nostra vita varchi a un certo punto le porte della nostra esistenza. Quante volte, ad esempio, diciamo che il tal libro (film, opera musicale ecc.) ci ha cambiato la vita (sa il cielo quante volte lo dico anche io)? E a volte ce la cambia davvero, come successe ad esempio ad Abramo Lincoln.
Scrive Vézina: "Lincon, da giovane, non era molto ricco ed era destinato a una carriera manuale piuttosto che intellettuale. Un giorno incrociò però un perfetto sconosciuto che trasportava un misterioso barile. Lo sconosciuto, che non aveva di che mangiare e aveva bisogno di soldi, si rivolse a Lincoln per venderglielo. Il barile, apparentemente banalissimo, non interessava Lincoln, che comunque diede il suo ultimo dollaro allo sconosciuto perché potesse comprarsi qualcosa da mangiare. Arrivato a casa, Lincoln aprì il barile per scoprirvi, non senza sorpresa, una raccolta completa dei commenti di Blackstone [Commentaries on the laws of England, autorevole opera giuridica settecentesca di sir William Blackstone]. Quei fondamentali testi giuridici furono per Lincoln una sorta di 'sincronicità necessaria'; in effetti risvegliarono il suo interesse per quella disciplina e gli permisero di farsi una cultura prima di diventare presidente degli Stati uniti."
Il libro è molto interessante e ha una sua utilità, in primo luogo perché consente di conoscere qualcosa del pensiero di Jung, di cui io ero a digiuno; in secondo luogo perché mostra come una visione sincronistica della vita possa controbilanciare una sua visione esclusivamente razionale e meccanica (presente!). La sincronicità, come si premura di precisare l'autore, non è un concetto scientifico, allo stesso modo in cui non lo è il fatto che una farfalla che sbatte le ali a Pechino provochi un uragano a New York, anche se questa metafora, articolata dal matematico Edward Lorenz, ha la sua genesi in ambito scientifico. L'autore si augura che questo libro aiuti chi lo legge a intavolare un dialogo con l'ignoto che attraversa la vita di ognuno. Chissà... In ogni caso, si tratta di un libro molto interessante e istruttivo.
martedì 18 gennaio 2022
Berlusconi
Buchi di memoria
lunedì 17 gennaio 2022
Ferrara
domenica 16 gennaio 2022
Parabole discendenti
Da appassionato di scienza, confesso che mi dispiace molto vedere un premio Nobel per la medicina fare la fine che ha fatto Luc Montagnier. Ciò che mi rattrista non sono tanto le sue strampalate dichiarazioni sui vaccini anti-covid, cose talmente assurde che probabilmente anche Red Ronnie avrebbe qualche remora a esternare, o sull'aids; mi dispiace vedere uno scienziato che abdica al primo imperativo di ogni scienziato: mettere ciò che dichiara al vaglio della comunità scientifica per essere verificato.
Nessuno impedisce a Montagnier di esternare pubblicamente le cose che pensa, ma la scienza ha dei canoni di funzionamento precisi e rigorosi, e questi canoni prevedono l'obbligo, per ogni scienziato che pensa di aver scoperto qualcosa, di pubblicare su riviste scientifiche autorevoli ciò che pensa di avere scoperto, tutto questo al fine di mettere a disposizione della comunità scientifica il risultato dei suoi studi o dei suoi esperimenti per essere verificato. Se non si fa questo, e Luc Montagnier non lo fa, chiunque (Red Ronnie o Enrico Montesano compresi) può alzarsi la mattina, dire la prima stupidaggine che gli viene in mente e pretendere che venga assunta come verità scientifica.
No, non funziona così; soprattutto non funziona così per Luc Montagnier, considerato ormai un pària della comunità scientifica, che da scienziato sa benissimo cos'è il metodo scientifico e quali sono i suoi meccanismi. Non stupisce, a questo punto, che personaggi simili divengano idoli dei no-vax, dal momento che le sue dichiarazioni sono perfettamente in linea con le loro e vengono addirittura da un premio Nobel per la medicina (Montagnier è stato uno dei due scienziati che per primi, nel 1983, isolarono il virus che provoca l'aids). Ma non è così che funziona.
sabato 15 gennaio 2022
Melandri e il covid volontario
La vicenda ha fatto scalpore perché, a differenza di Djokovic (prima della diatriba sul suo ingresso in Australia non avevo la più pallida idea di chi fosse), Marco Melandri è un personaggio sportivo abbastanza celebre qui in Italia. In realtà, Melandri a parte, nel mondo delle persone comuni non toccate dal prestigio della notorietà l'idea di ammalarsi volontariamente di covid in modo da ottenere il green pass senza dover passare dal vaccino ha una certa diffusione.
Poi, certo, nella maggior parte dei casi rimane a livello di idea, di tentazione intima che magari si tende a tenere per sé nel timore di venire etichettati come cretini, ma le cronache ci hanno spesso messo a conoscenza di un certo numero di casi reali. Per rendersene conto è sufficiente aprire Google e digitare "covid party". Da parte mia, era sinceramente difficile pensare che la stupidità umana potesse raggiungere tali estensioni, ma evidentemente aveva ragione Einstein quando la paragonava all'infinitezza dell'universo (c'è qualche dubbio sulla paternità ensteiniana di tale aforisma ma facciamo finta che).
Non credo ci sia molto da aggiungere. In realtà ci sarebbe tanto, ma forse non vale la pena.
mercoledì 12 gennaio 2022
Cacciari novello Socrate
martedì 11 gennaio 2022
Sull'informazione
lunedì 10 gennaio 2022
Billy Summers
Non se se il fatto che un libro commuova e faccia venire gli occhi lucidi sia un buon metro di giudizio per giudicarlo, anche perché nel complesso del giudizio incide sicuramente il grado di emotività del lettore. Ma se per caso lo è, questo romanzo è un capolavoro.
domenica 9 gennaio 2022
Neve
venerdì 7 gennaio 2022
Caro Battiato
giovedì 6 gennaio 2022
Relativismi
mercoledì 5 gennaio 2022
Scritti corsari
Mentre leggevo questo libro, che è una specie di testamento di uno degli intellettuali più lucidi e geniali che l'Italia abbia mai avuto, mi chiedevo cosa direbbe Pier Paolo Pasolini oggi, se fosse ancora vivo, vedendo che le cose che raccontava/profetizzava negli anni Settanta non solo sono diventate realtà, ma di un tipo di realtà peggiore rispetto a ogni previsione.
Il libro è una raccolta sparsa di scritti vergati negli anni che vanno dal 1973 al 1975, prima del suo assassinio, pubblicati da quotidiani e periodici dell'epoca. Mentre li leggevo mi chiedevo come facessero giornali come il Corriere della Sera a pubblicarli. Si tratta infatti di editoriali taglienti, corrosivi, diretti, a volte quasi brutali nella loro lucida schiettezza (il politically correct tanto in voga oggi ne sarebbe risultato asfaltato), che denunciavano con accanimento e sofferenza la "rivoluzione conformistica", l'"omologazione culturale", la "mutazione antropologica" degli italiani, il tutto avvenuto con la complicità della classe imprenditoriale, politica e dei media, in particolare della televisione, responsabile della maggiore opera di omologazione culturale al ribasso mai vista prima e maggiore responsabile di quella generalizzata perdita della capacità di pensare oggi così palesemente sotto gli occhi di tutti.
Tra i tanti esaminati, l'aspetto su cui maggiormente si focalizza l'attenzione di Pasolini è la "mutazione antropologica" generata dall'avvento, a partire dagli anni Cinquanta, del consumismo. Dice Pasolini in una intervista rilasciata nel 1974 a Massimo Fini: "Io credo, lo credo profondamente, che il vero fascismo sia quello che i sociologi hanno fin troppo bonariamente chiamato 'la società dei consumi'. Una definizione che sembra innocua, puramente indicativa. E invece no. Se uno osserva bene la realtà, e soprattutto se uno sa leggere intorno negli oggetti, nel paesaggio, nell'urbanistica e, soprattutto, negli uomini, vede che i risultati di questa spensierata società dei consumi sono i risultati di una dittatura, di un vero e proprio fascismo. Nel film di Naldini [il riferimento è al documentario Fascista, realizzato nel 1974 da Nico Naldini, cugino dello stesso Pasolini] noi abbiamo visto i giovani inquadrati, in divisa... Con una differenza però. Allora i giovani nel momento stesso in cui si toglievano la divisa e riprendevano la strada verso i loro paesi e i loro campi, ritornavano gli italiani di cento, di cinquant'anni addietro, come prima del fascismo. Il fascismo in realtà li aveva resi dei pagliacci, dei servi, e forse in parte anche convinti, ma non li aveva toccati sul serio, nel fondo dell'anima, nel loro modo di essere. Questo nuovo fascismo, questa società dei consumi, invece, ha profondamente trasformato i giovani, li ha toccati nell'intimo, ha dato loro altri sentimenti, altri modi di pensare, di vivere, altri modelli culturali. Non si tratta più, come all'epoca mussoliniana, di una irregimentazione superficiale, scenografica, ma di una irregimentazione reale che ha rubato e cambiato loro l'anima. Il che significa, in definitiva, che questa civiltà dei consumi è una civiltà dittatoriale. Insomma, se la parola fascismo significa la prepotenza del potere, la società dei consumi ha bene realizzato il fascismo."
A leggere oggi ciò che Pasolini scriveva all'epoca, si avverte la sua pressante urgenza di capire, di arrivare alla verità riguardo agli accadimenti di una società che a partire dal '68, ma i prodromi c'erano già da prima, stava cambiando profondamente. Pasolini scrive negli anni cruciali delle grandi svolte sociali: gli anni turbolenti del '68, della strategia della tensione, del referendum sul divorzio. È un intellettuale che vuole capire e le persone che vogliono capire danno fastidio perché vanno a fondo, non si fermano a quanto può superficialmente apparire, diventano presenze difficili da sopportare in un mondo sempre più costruito sulle apparenze. E questo suo testardo voler capire sarà ciò che gli attirerà le antipatie e gli strali sia della destra che della sinistra, e che farà tirare qualche sospiro di sollievo, rigorosamente bipartisan, alla notizia del suo assassinio.
lunedì 3 gennaio 2022
Dozza
Ieri, complice la giornata soleggiata e quasi primaverile, io e mia moglie abbiamo fatto un giretto a Dozza. Dozza è un piccolo borgo medievale situato sull'Appennino tosco-romagnolo a una manciata di chilometri da Bologna. È rinomato, oltre che per essere la sede dell'Enoteca Regionale dell'Emilia-Romagna, anche per i numerosi e caratteristici dipinti che abbelliscono le facciate delle case.
L'arte di dipingere i muri delle case del piccolo borgo risale al 1960, quando l'allora sindaco del paese ideò il Muro Dipinto, una manifestazione che nel tempo si è affermata e consolidata, tanto che dal 1965 è diventata Biennale e coinvolge critici e artisti nazionali e stranieri.
Ovviamente, ho fatto qualche foto.
Come ogni borgo medievale che si rispetti, anche Dozza ha la sua rocca: Rocca Sforzesca, nata nel 1200 come fortezza medievale per poi trasformarsi, nel corso dei secoli, in residenza rinascimentale e settecentesca (la sua storia in dettaglio la trovate qui).
Per chiudere, un'immagine del tramonto scattata da una delle torri della rocca.
Avevo sentito parlare spesso di questo piccolo paesino coi muri dipinti ma non l'avevo mai visitato. Dopo averlo visto mi sono pentito di non esserci andato prima.
sabato 1 gennaio 2022
25 anni senza Ivan
Il primo gennaio di 25 anni fa se ne andava, alla giovane età di 51 anni, Ivan Graziani, un cantautore a cui, per una lunga serie di motivi, sono molto legato e di cui, nel corso del tempo, ho scritto parecchio su questo blog. Definirlo cantautore è riduttivo, è stato un ottimo chitarrista con la vena del rock nel DNA e ha collaborato coi maggiori cantautori italiani. Soprattutto, è stato un artista a tutto tondo (disegnatore, pittore, scrittore, narratore). Le sue non erano semplici canzoni, erano vere e proprie storie in musica, erano affreschi, quadretti.
Ne scrivo proprio oggi perché è appunto di oggi la notizia del ritrovamento di vecchi nastri con materiale musicale inedito che, probabilmente, verrà pubblicato una volta terminati i lavori di "ripulitura" e conversione in digitale dei nastri e arrangiamenti dei pezzi. È una notizia che mi ha fatto immenso piacere. Data la ingente mole della sua produzione musicale - ha pubblicato circa trenta album nel corso della sua carriera - è difficile scegliere qualche canzone che lo rappresenti. Mi limito a postarne qualcuna qui di seguito tra le sue più note.
Bentornato, Ivan.
Rifarei tutto
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