sabato 31 ottobre 2020

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Banalizzazioni

Come scrive Giulio Cavalli, se dovessimo stare al gioco della puerile uscita di Salvini, il quale chiede le dimissioni di Conte e della ministra Lamorgese perché il killer di Nizza era sbarcato a Lampedusa e non era stato rimpatriato, a lui, Salvini, potremmo chiedere spiegazioni sul killer di don Malgesini, dal momento che l'uomo che l'ha ucciso non è stato rimpatriato quando titolare degli Interni era lui. E si potrebbe continuare all'indietro all'infinito, di caso in caso. Ha un senso, tutto ciò? No, se non nell'ottica di una massiccia opera di banalizzazione e di strumentalizzazione di problemi che per essere risolti hanno bisogno di tutto tranne che di banalizzazioni. 

Il guaio è che se si plaude a queste cialtronate perché non si hanno gli strumenti intellettuali e culturali che consentono di capire il gioco di Salvini, è finita. È inutile, poi, stare lì a chiedersi perché stiamo declinando, perché la nostra società sta morendo e la nostra democrazia non funziona più. Le nazioni progrediscono a partire dal livello culturale, e se oggi questa asticella è scesa a un livello talmente infimo da impedirci di capire i giochetti retorico-propagandistici di un cazzaro da bar, cosa si vuole poi pretendere?

Fosse che fosse

Naturalmente non ci si illude eccessivamente che potrà accadere, ma, da quello che si legge in giro, esistono alcune probabilità che la prossima settimana il mondo si svegli senza più Trump alla guida degli USA (ammesso che finora li abbia guidati), cioè senza avere alla Casa Bianca il peggior inquilino della storia degli Stati Uniti. Potrebbe essere, se accadesse, l'unico evento positivo di questo 2020 da dimenticare.

venerdì 30 ottobre 2020

Lo amò?

Si sentiva la necessità di una analisi di Bruno Vespa, qui in veste di storico, sul fascismo? Forse sì, forse no, chissà. In realtà, da quel poco che ho letto, il suo nuovo libro muove i passi dal desiderio del suo autore di paragonare due dittature, quella del ventennio instaurata da Mussolini e quella di questi mesi instaurata dal covid. Magari sarà pure un bel libro, ben fatto; magari Vespa ci svelerà cose che ancora non si sanno del fascismo, certi non detti, può essere benissimo. È il titolo (Perché l'Italia amò Mussolini) che ha in sé quel certo non so che di... come dire... apologetico, che fa un po' storcere il naso, anche se, trattandosi di Vespa, la cosa in fondo non stupisce.

Naturalmente, la necessità di sintesi che giocoforza devono avere i titoli dei libri ci ha messo del suo. È sottinteso, infatti, che qui ci si riferisce a quella parte di Italia che lo amò. Siccome però per rendere questa idea Vespa avrebbe dovuto tirare fuori dal cilindro un titolo tipo Perché quella parte di Italia che amò Mussolini lo amò, o qualcosa di similare, titolo che avrebbe perso gran parte della sua valenza poetica (apologetica?), ecco la necessità di sintetizzare ulteriormente. In realtà, chi conosce qualcosa di storia del fascismo sa benissimo che Mussolini fu amato ma anche detestato, e godette di un consenso ampio ma non generalizzato. Cose che naturalmente Vespa sa benissimo.

giovedì 29 ottobre 2020

La linea sottile

Certi giorni, quando rientro da certe giornate lavorative, mi viene da pensare a quanto sia sottile la linea che divide il lavorare per vivere dal vivere per lavorare.

lunedì 26 ottobre 2020

Tensioni

Tendenzialmente sono di carattere abbastanza fiducioso e ho sempre considerato la tenuta sociale nel nostro paese abbastanza al riparo da rischi, anche quando nel corso del tempo, in particolari situazioni, sono comparsi segnali, qua e là, che potevano fare nascere qualche timore in questo senso. Lo sono ancora. Tuttavia non posso nascondere una certa preoccupazione per ciò che sta succedendo in queste ore nelle piazze italiane delle maggiori città.

È inutile girarci attorno: le restrizioni entrate in vigore ieri per cercare di contenere la diffusione del contagio danneggeranno apparati e categorie economiche già provati da mesi di crisi, e la storia insegna che quando le saracinesche si abbassano e all'orizzonte non si vede più alcuna prospettiva, gli scenari che vengono a crearsi non sono tranquillizzanti. 

Se ci sono momenti in cui non si può tergiversare, sono proprio questi. Non sto parlando di repressione, sto parlando di interventi immediati di sostegno economico. Metà novembre (la data in cui Gualtieri ha detto che gli indennizzi e i risarcimenti verrano accreditati direttamente sui conti correnti) è troppo tardi, va fatto oggi, domani, al massimo entro questa settimana, non oltre. C'è una polveriera, là fuori, e ci siamo tutti seduti sopra.

domenica 25 ottobre 2020

Il Gianni Rodari scomunicato

Ieri decorrevano i cento anni della nascita di Gianni Rodari, forse, anzi sicuramente, il più conosciuto autore di favole per bambini. Se avete grosso modo una cinquantina d'anni, come me, e da piccoli non avete avuto qualcuno che vi abbia letto le favole di Rodari, avete perso una delle cose belle dell'infanzia. Eppure c'è una pagina della sua vita generalmente poco conosciuta, e cioè la scomunica inflittagli dal Vaticano alla fine degli anni Quaranta. Com'è possibile, si chiederà qualcuno, che un innocuo autore di fiabe per bambini sia stato scomunicato dalla chiesa? 

C'entra un suo libro, Manuale del pioniere, e soprattutto c'entra la sua adesione al partito Comunista verso la metà degli anni Quaranta, come recita questo estratto tratto da Gianni Rodari - Una biografia, di Marcello Argilli: "Proprio sulle pagine di questo settimanale [Il pioniere, nda] prese inconsapevolmente vita il nucleo poetico più originale di Rodari e il suo rapporto speciale con i bambini. Nel 1949 un decreto del Vaticano, conosciuto con il nome di Scomunica dei comunisti, aveva scatenato fortissime polemiche nel paese. La Scomunica dei comunisti è un decreto della Congregazione del Sant’Uffizio pubblicato il 1 luglio del 1949. Il decreto dichiarava illecita l’iscrizione al partito comunista, nonché ogni forma di appoggio ad esso. La Congregazione dichiarò inoltre che tutti coloro che professavano la dottrina comunista erano da ritenere apostati, quindi incorrevano nella scomunica. In questo clima da guerra fredda, Rodari pubblicò il suo primo libro pedagogico, Il manuale del Pioniere. Come si legge nel libro di Marcello Argilli, il Vaticano definì lo scrittore e pedagogista come 'un ex-seminarista cristiano diventato diabolico'. In seguito a queste accuse, le parrocchie bruciavano nei cortili copie del Pioniere e dei libri di Gianni Rodari."

La vicenda della scomunica di Rodari e dei suoi libri messi al rogo riporta alla memoria un triste periodo della vita della chiesa, quello in cui venne emanato il famigerato Indice dei libri proibiti, un elenco in costante aggiornamento di pubblicazioni di cui era proibita la lettura. Fu istituito nel 1559 da papa Paolo IV e incredibilmente tenuto in vita fino al 1966. Al suo interno vi finirono opere di pensatori, filosofi, matematici, poeti, romanzieri, economisti. Solo tra gli italiani si possono menzionare Vittorio Alfieri, Cesare Beccaria, Benedetto Croce, Gabriele D'Annunzio, Giordano Bruno, Antonio Fogazzaro, Giacomo Leopardi, Giovanni Gentile, Niccolò Machiavelli, Ugo Foscolo, Galileo Galilei, Luigi Settembrini, solo per citare i più noti (l'elenco è ancora lungo), mentre, in tempi più recenti, sono stati proibiti libri di Simone de Beauvoir, Aldo Capitini, Alberto Moravia e Jean-Paul Sartre. 

Se questi autori furono censurati principalmente per i contenuti delle loro opere, allo scrittore piemontese va aggiunta l'aggravante politica, se così si può dire, nello specifico la sua adesione al partito Comunista. Segnalo, a chi fosse interessato, questo video in cui il sempre grande Roberto Mercadini legge, a suo modo, due favole di Gianni Rodari.

Di chi è la colpa?

Ora che la situazione pandemica si è aggravata al punto da rendere necessario, a partire da domani, un nuovo lockdown (non lo chiamano così ma di fatto lo è), la domanda generale che tutti si pongono riguarda i motivi per cui ci siamo cascati di nuovo. Nei mesi di marzo e aprile è stata attivata una chiusura generale di attività economiche e scuole, in aggiunta a una reclusione forzata nelle nostre abitazioni, che non ha precedenti storici e che ha fatto (quasi) collassare la nostra economia, che già prima non è che se la passasse benissimo. Ora siamo punto e a capo. Perché?

Difficile dare una risposta, anche perché non ne esiste una univoca. E comunque ognuno si sarà fatto una sua idea in proposito. C'è più di una risposta alla domanda qui sopra perché c'è più di una "colpa" da distribuire. Forse, tra tante, la maggiore è quella di aver sottovalutato le reiterate ammonizioni degli esperti che già durante la prima ondata preconizzavano l'arrivo della seconda in autunno. Uno dei più esaustivi articoli che elencano in maniera chiara questi errori, alcuni veramente marchiani come il via libera alle discoteche durante l'estate e la riapertura delle scuole con la curva dei contagi che già ricominciava impennarsi, è questo, del fisico Roberto Battiston.

Alla serie di cause oggettive elencate da Battiston, io ne aggiungerei una di tipo antropologico, se così si può dire, che è la arcinota indolenza fatalistica tipica delle italiche genti. Allo scemare dei contagi post prima ondata e al ritorno della situazione generale a una quasi normalità, nel sentire generale si è creata una sorta di impressione che tutto fosse finito, che la brutta parentesi pandemica potesse essere messa in archivio e si potesse tornare alla normalità. E ci siamo comportati di conseguenza: via le mascherine, basta coi distanziamenti e abbandono di ogni basilare norma di prudenza - sto generalizzando ed estremizzando per indicare la direzione del discorso, naturalmente. E anche questo lassismo, incentivato colpevolmente da ignobili personaggi pubblici coi loro atteggiamenti, ha contribuito a produrre il risultato di oggi che ci apprestiamo di nuovo a subire.

Noi italiani abbiamo un po' questa indole, come dire, irresponsabile, menefreghista e insofferente ai richiami e alle ammonizioni. Amiamo affidarci a quel fatalismo un po' miope che si esprime coi "massì, ormai è andata, ne siamo fuori, non pensiamoci più", come se il non pensarci più servisse a tenere fuori il pericolo. Poi, quando la tragedia arriva, magari siamo bravissimi a farvi fronte, tutti allineati, coesi, in prima fila, ma non siamo altrettanto bravi quando è ora di adoperarsi affinché non si arrivi alla tragedia.

Comunque queste sono considerazioni che ormai lasciano il tempo che trovano. Il problema vero è che ci siamo dentro di nuovo e di nuovo ci toccheranno sacrifici e impegno per uscirne fuori. E poi, semmai ne usciremo una seconda volta, riusciremo finalmente a fare tesoro e a imparare dagli errori commessi? Mah, ne dubito.

La Svizzera nega la rianimazione agli anziani? No (per ora)

Ci sono notizie che sembrano fatte apposta per dimostrare il livello di serietà di certo giornalismo. Una di queste è quella che circola in queste ore, ripresa anche qua da noi con titoli sensazionalisti in chiave acchiappaclic, secondo cui la Svizzera, qualora la pandemia si aggravasse e le risorse sanitarie non dovessero bastare, sarebbe pronta ad abbandonare gli anziani al loro destino. Anzi, da come viene presentata la notizia da molti media, sembra che questa pratica sia già in atto. È effettivamente così? No, per ora, ma non è detto che non ci si debba arrivare, e comunque la faccenda è molto più complessa e articolata della faciloneria sensazionalistica con cui viene presentata. La spiega il sempre ottimo Attivissimo qui.

sabato 24 ottobre 2020

Sciogliere Forza nuova

È fortissimo Calenda. In seguito ai fatti di Napoli e Roma si sveglia un bel mattino e chiede che Forza nuova venga sciolta. Dopo che per decenni i nostalgici del fascismo hanno avuto in parlamento (in parlamento, eh, non come forze extraparlamentari) l'MSI di Almirante, poi diventato Alleanza Nazionale con Fini dopo la svolta (svolta, vabbe') di Fiuggi; dopo che da anni movimenti neofascisti sfilano tranquillamente per le città con braccio alzato, crani rasati (generalmente vuoti), svastiche e simboli del duce, oggi arriva Calenda a chiedere che Forza nuova venga sciolta. Chissà dove è stato, Calenda, fino ad ora.
(A titolo di promemoria ricordo a quelli che escono ora da decenni di letargo che la legge Scelba è in vigore dal 1952 e non mi risulta sia mai stata abrogata, mentre la XII disposizione transitoria e finale della Costituzione è ancora lì saldamente al suo posto.)

venerdì 23 ottobre 2020

Indizi scarni


I romanzi raccontano storie, si sa. Ma a volte le possono anche suggerire o ispirare. La copia di Se una notte d'inverno un viaggiatore, di Italo Calvino, che ho preso in prestito in biblioteca e sto leggendo in questi giorni, ad esempio, reca vergata nella prima pagina le due date che vedete nell'immagine. Cosa si evince da queste due date? Che una persona ha iniziato a leggere questo libro l'8 luglio 1997 e l'ha terminato due giorni dopo. Chi era questa persona? Non è dato saperlo, dal momento che non ha lasciato scritto il proprio nome ma solo una data. Dal tipo di scrittura, però, si può ipotizzare che fosse una persona di sesso femminile. Non c'è certezza, certo, ma a me pare che questo tipo di calligrafia, bella, ordinata, abbastanza arrotondata, senza "spigoli", possa essere stata vergata da una donna. Generalmente, infatti, gli uomini hanno una scrittura più grezza e anche più banale. 

Quanti anni aveva questa donna? La calligrafia qui non aiuta. Poteva quindi essere una ragazza, ma anche una donna di mezza età, oppure una donna avanti con gli anni. Non lo sapremo mai. Dal 1997 a oggi sono passati 23 anni, quasi il lasso di tempo con cui si indica una generazione. E quindi c'è pure la possibilità che questa donna, oggi, non ci sia neppure più. Le sarà piaciuto il libro? Si potrebbe supporre di sì: non si divora in due giorni un romanzo di 260 pagine se lo si ritiene noioso. 

Ricapitolando, quindi, una (probabile) donna ha letto questo libro di Calvino, in due giorni, in un (presumibilmente) torrido luglio di 23 anni fa. Non si sa altro. Mistero fitto. Conosco scrittori che hanno concepito capolavori partendo da indizi ancora più scarni di questi. Ma a parte indizi e misteri, tutto ciò è solo una delle dimostrazioni del fascino dei libri, quelli cartacei intendo, libri affascinanti perché  spesso attraversano le vite delle persone, persone inconsapevoli che neppure mai si conosceranno né sapranno dell'esistenza una dell'altra, e saranno accomunate solo dall'aver letto, anche in tempi diversissimi, lo stesso libro.

giovedì 22 ottobre 2020

Punti

Ho sempre guardato con sospetto chi mette più di un punto esclamativo al termine di una frase. Per non parlare poi di chi semina puntini di sospensione come se fosse Pollicino. In generale, guardo con sospetto ogni forma di sovrabbondanza di segni interpuntivi. Credo sia un retaggio degli insegnamenti della signora Silvana, la mia maestra delle elementari, la quale ricordo che guardava con sospetto addirittura un solo punto esclamativo, e ci intimava di usarlo solo in casi eccezionali nei quali volessimo imprimere una particolare forma di perentorietà alla frase, altrimenti il normale punto andava benissimo. 
Boh, non so, sarà che viviamo nella società dell'opulenza, dove c'è sovrabbondanza di tutto, e non vorremo mica lesinare sui segni di interpunzione?

mercoledì 21 ottobre 2020

Il papa e le unioni civili

Quando ho letto che papa Bergoglio ha auspicato la creazione di una legge sulle unioni civili in modo da permettere agli omosessuali di godere di una copertura legale, sono rimasto un po' perplesso, per il semplice motivo che in Italia esiste già dal 2016 una legge che regola le unioni civili, legge che garantisce alle coppie di fatto, sia etero sia gay, la maggior parte dei diritti garantiti dal matrimonio. Fu stralciato un attimo prima dell'approvazione della legge l'articolo che concedeva alla coppia il diritto di adozione del figlio del partner, ma la tutela legale di cui parla Bergoglio, se non mi sono perso qualcosa, mi sembra che rientri tra i diritti della coppia sanciti appunto dalla legge del 2016. Ecco il motivo della mia perplessità.

Dettagli legulei a parte, quando ho letto di questa uscita del papa, la prima persona a cui ho pensato è stato don Livio Fanzaga. Non so se ricordate, ma don Fanzaga, attuale direttore di radio Maria, è il tipo che all'indomani della promulgazione delle unioni civili lanciò un pesante monito alla senatrice Monica Cirinnà, prima relatrice della legge, ricordandole che anche per lei, prima o poi, sarebbe arrivato il funerale. Ma, Fanzaga a parte, penso alle reazioni di certi personaggi quali Antonio Socci, Camillo Langone, Giuliano Ferrara, Mario Adinolfi, il cardinal Ruini e altri, gli esponenti più noti della parte più retriva e conservatrice del vasto mondo cattolico.

Che poi, pensandoci, a me viene un dubbio: quanto di questa uscita del papa sarà "sentita" e quanto interessata? È noto che da molto prima che venissero promulgate le unioni civili gran parte della pubblica opinione era favorevole a che si regolarizzassero le coppie di fatto, ed è altrettanto noto che da parecchi lustri la chiesa è in costante perdita di popolarità, se mi passate il termine, e di seguito, e gran parte dei motivi sono appunto da ricercare nella sua arretratezza in certi ambiti, perlopiù di carattere etico e morale, riguardo ai quali il mondo va in una direzione e la chiesa rimane al palo legata ai suoi, a mio avviso anacronistici, dettami. Ecco il motivo dei miei dubbi di cui sopra.

Detto questo, sentito o meno che sia questo auspicio, do atto, come del resto ho già scritto più volte, a questo papa di essere rimasto una delle ultime voci di una certa autorevolezza a battere su certi temi.

martedì 20 ottobre 2020

Conte e i Ferragnez (e Elvis Presley)

A me non crea nessun problema il fatto che Conte si sia rivolto a Fedez e consorte per cercare di sensibilizzare i giovani all'uso della mascherina. Nel 1956 Elvis Presley si vaccinò in diretta televisiva negli studi della CBS per sensibilizzare e promuovere l'utilizzo del vaccino contro la poliomielite, e in dieci anni i casi negli Stati Uniti scesero da 58.000 a 910. Non mi risulta ci siano state polemiche, all'epoca. Piuttosto, sarebbe interessante sapere cosa ne pensa Red Ronnie, di questa mossa di Elvis.

lunedì 19 ottobre 2020

Gli africani siamo noi


Perché è cosa buona e giusta che esistano scienziati come Guido Barbujani? Perché sono persone che hanno il dono di riuscire a spiegare efficacemente, senza cadere nell'accademismo, tematiche e argomenti complessi anche a chi non ha alcuna competenza di tali argomenti, come lo scrivente. Barbujani è biologo e genetista e studia e si occupa delle origini e della evoluzione della popolazione umana. 

Il titolo di questo libro, Gli africani siamo noi, non è stato scelto a mo' di paradosso, magari per impressionare o attirare l'attenzione, è stato scelto perché rispecchia esattamente la realtà. Noi, attuali abitanti dell'Europa, non siamo discendenti da antenati europei ma siamo discendenti da antenati africani, che altri non erano che i primi Sapiens che tra i cinquanta e i sessantamila anni fa sono usciti dal continente africano e hanno colonizzato il continente europeo, rendendosi responsabili dell'estinzione di chi già abitava stabilmente tale continente, e non solo quello, da almeno 250.000 anni: l'Uomo di Neandertal. 

Naturalmente non è che posso mettermi qui a riportare nel dettaglio tutta la complicata vicenda riguardo alle origini dei nostri progenitori - se la faccenda vi interessa, vi consiglio caldamente di procurarvi il libro - ma un paio di cose interessanti e curiose meritano di essere menzionate.

La prima di queste è che fino a circa settemila anni fa, un niente nella categoria temporale dell'evoluzione, l'Europa era abitata da persone di pelle scura e occhi chiari, che erano i tratti peculiari appartenenti all'ondata migratoria dall'Africa orientale verificatasi 60.000 anni fa. Ma allora perché oggi abbiamo la pelle chiara? Perché l'arrivo di una successiva ondata migratoria dal Medio Oriente di persone di pelle chiara, attorno ai 10.000 anni fa, ha nel corso del tempo prodotto tale cambiamento. Paradossalmente, quindi, se noi oggi abbiamo la pelle chiara lo dobbiamo agli immigrati. Chissà cosa penserebbe qualcuno a cui sto pensando se lo sapesse.

Un altro tema interessante esaminato dallo scienziato riguarda il concetto di razza. Per circa due secoli scienziati, filosofi, studiosi hanno cercato di classificare l'umanità in razze, proponendo ogni genere di classificazione in base a parametri di ogni tipo, compresi quelli più surreali e ridicoli. Senza mai riuscirci. Finché, nel 1962, l'antropologo americano Frank Livingstone, con un articolo dal titolo Sulla non esistenza delle razze umane, ha fatto pulizia di tutti i tentativi fino ad allora fatti per tentare questo tipo di catalogazione. La decisione di scrivere quell'articolo, che ha rappresentato uno spartiacque nello studio della diversità biologica umana, è maturata durante i suoi studi sulle malattie dell'emoglobina. "Frank Livingstone si rende conto che la classificazione razziale non gli serve a niente: le popolazioni colpite hanno pelli di tutti i colori e si trovano in tutti i continenti: in Sardegna come nell'Africa occidentale; a Cipro, in India, nella penisola arabica, nel delta del Po, sulle montagne del Nepal." Finché conclude: "Questa mia posizione non implica che non ci sia nessuna variabilità biologica fra gli organismi che fanno parte di una specie, ma solo che questa variabilità non si conforma ai pacchetti distinti chiamati razze."

Oggi la moderna genetica ha definitivamente certificato che non ha più senso insistere sul concetto di razza, quanto semmai su quello di diversificazione, perché la storia umana è una storia talmente ampia di contaminazioni, migrazioni, insediamenti, mescolanze, spostamenti, che l'idea che gli umani siano fatti come i telefonini, che conoscendone la marca possiamo prevedere come sono fatti, non ha più ragion d'essere. E comunque, molto prima di Livingstone e della moderna genetica, a questa conclusione era già arrivato, pur con la limitatezza delle conoscenze del suo tempo, quel genio che risponde al nome di Charles Darwin.

sabato 17 ottobre 2020

Perché abbiamo paura del coronavirus


Stamattina su Il resto del Carlino, quotidiano popolare per menti semplici, ho trovato (stranamente) una bella intervista a Massimo Fini, giornalista, storico e intellettuale che ho sempre apprezzato molto (anni fa lessi il suo Il vizio oscuro dell'Occidente e fu per me un pugno nello stomaco), intervista dove in poche parole Fini spiega da una sorta di punto di vista antropologico perché il Covid ci fa così paura. Sintetizzando brutalmente, perché ci ricorda che siamo mortali, e questo può creare destabilizzazione in una società che ha rimosso la morte, considerandola alla stregua di un fastidioso incidente di percorso invece che parte intrinseca della natura umana.

Riguardo al coronavirus, poi, è interessante notare - questo lo aggiungo io - come la sua diffusione a livello planetario sia conseguenza proprio di quell'atteggiamento di arrogante superiorità nei confronti della natura che ci ha autorizzato a pensarci o a crederci immortali. Un atteggiamento che ci ha permesso di mettere da parte ogni prudenza e ogni remora etica di natura in nome del cosiddetto "progresso" (leggi profitto). Come infatti scriveva opportunamente Ilaria Capua ne Il dopo. Il virus che ci ha costretto a cambiare mappa mentale, il coronavirus non ce lo siamo beccati per una ineluttabile sciagura piovuta dal cielo, ma ce lo siamo beccati perché in un mercato di animali di Whuan una gabbia con dentro dei pipistrelli asiatici è stata accostata a una gabbia di pangolini e un uomo ha avuto la sfortuna di passare troppo vicino a quei pangolini. Pipistrelli asiatici e pangolini dell'Africa occidentale sono due specie diverse che vivono in due continenti diversi in due ecosistemi diversi e che mai, spontaneamente, si sarebbero incontrati. Il tipo infettato ha quindi infettato altre persone, le quali sono poi salite su navi, aerei, treni e la frittata planetaria è stata fatta (ho sintetizzato malamente per rendere l'idea). 

Paradossalmente, quindi, il virus che oggi ci terrorizza perché ci ricorda la caducità e fragilità della vita, si è diffuso grazie ai quei mezzi, quelle tecnologie, quella way of life potremmo dire, che sono alla base della nostra convinzione di essere immortali. Sotto questa luce, potremmo anche vedere la pandemia come un bagno di umiltà. Il ritorno a certe consapevolezze che un po' incautamente avevamo magari perso.

Compleblog dimenticato

Giovedì scorso è stato il compleanno di questo blog (il 15 ottobre 2006 vergai il primo post su queste pagine), e per la prima volta - credo - in quattordici anni di "bloggaggio" (si dice? Boh!) mi sono dimenticato di segnalarlo ai miei 32 lettori, segno evidente della trascuratezza con cui ormai lo gestisco da qualche anno in qua.

Marte e Venere

Ieri sera sono uscito su per la via a buttare l'immondizia e, come accade spesso, ho incontrato il tizio che abita più in su e che conosco di vista. Ci siamo salutati col solito ciao. Questa volta si è fermato e ha guardato un punto in alto nella volta celeste, poi mi ha chiesto: "Secondo te quel punto luminoso è Marte o è Venere?" Non ne avevo la più pallida idea, naturalmente, e ho ammesso umilmente la mia ignoranza con un "ehm, non saprei."
"È Marte, sono quasi sicuro," ha proseguito lui continuando a fissare l'oggetto luminoso. "Venere è quella là" e mi ha indicato un punto luminoso più a destra. "Si distingue da Marte perché è meno luminosa. E poi vedi che Marte ha quella colorazione più rossa?" Io ho annuito, mi ricordavo vagamente che Marte appare rossa a causa di una sostanza di cui non ricordo il nome, ma lì per lì non notavo alcuna differenza di colorazione tra i due punti luminosi. 
"Sì, dev'essere proprio Marte, quella" ho risposto io tanto per dire qualcosa. 
"Vabbe, ciao, eh?" mi ha fatto poi, e se n'è andato. Io sono rimasto ancora un attimo lì, col sacchetto dell'indifferenziata in mano. Ho continuato a osservare i due punti in cielo senza riuscire a notare alcuna differenza di colore. Poi mi sono deciso a buttare il sacchetto nell'apposito contenitore e sono tornato a casa. La vita è anche quella cosa che tu, una sera, vai a buttare l'immondizia e incontri uno che ti insegna a distinguere in cielo Marte da Venere.

martedì 13 ottobre 2020

Il secolo sbagliato


Mi sono imbattuto per caso (chissà perché nei libri più belli ci si imbatte sempre per caso) in un libro di Giorgio Bocca chiamato Il secolo sbagliato, di cui pubblico qui sopra alcuni brevissimi estratti. Bocca scriveva agli inizi del 2000, quando lo pubblicò, che il Novecento è stato un secolo che non siamo ancora riusciti a comprendere pienamente. Oggi chissà se è stato compreso. Non lo so. So solo che la storia del Novecento raccontata da Bocca è forse il modo migliore per capirlo. Si dice che per comprendere il presente sia necessario conoscere il passato, ed è indubbio che sia così, perché certi meccanismi della storia tendono a ripetersi, e se lì si conosce si può tentare di prevedere ciò che succederà. Se avete la possibilità, leggete questo libro (in questo periodo lo trovate anche in edicola), merita veramente.

lunedì 12 ottobre 2020

Libri tramite corriere


Arrivati adesso tramite corriere. Di solito non compro libri su internet, cerco sempre di andare in libreria, ma può capitare che alcuni titoli siano di difficile reperimento e allora li cerco in rete. 

Gli africani siamo noi è un saggio del genetista Guido Barbujani, uno scienziato che a me piace molto (su YouTube ci sono numerose sue conferenze) perché oltre a saperne a pacchi è estremamente simpatico e ha un eloquio che cattura. Salvini se ne faccia una ragione: l'essere umano è nato in Africa da lì si è evoluto e partendo da lì ha conquistato il pianeta. E in questo libro Barbujani spiega come è successo.

Il corpo, invece, racconta la storia culturale dell'Occidente attraverso le molteplici entità in cui nel corso del tempo è stato inteso appunto il corpo: da organismo da risanare a forza lavoro da impiegare; da carne da redimere a inconscio da liberare. L'autore è il filosofo (anche psicologo e psicoterapeuta) Umberto Galimberti, che non credo abbia bisogno di presentazioni.

domenica 11 ottobre 2020

Da Crises al revisionismo storiografico

Come ho scritto più volte, tra le perversioni a cui indulgo più facilmente c'è quella di ascoltare musica o conferenze mentre cammino. Tra ieri e oggi mi sono imbattuto in un paio di cose estremamente interessanti e ho pensato di postarle qui in caso a qualcuno interessino. La prima è una versione a due pianoforti di Crises, forse una delle creazioni più belle del celebre compositore britannico Mike Oldfield. L'altra è una interessantissima conferenza del leggendario Alessandro Barbero con la quale smonta il famosissimo detto secondo cui la storia non si fa coi "se". Sono pigro, come sapete, quindi non mi dilungo in spiegazioni; vi basti la segnalazione :-)



sabato 10 ottobre 2020

Servizio militare

Siccome il calo di interesse attorno alla sua figura (neppure gli ascolti televisivi ormai salgono più in sua presenza, nonostante sia in video ogni giorno) sembra ormai avviato su una china difficilmente invertibile, per tentare di tenere alta l'attenzione su se stesso è costretto ogni giorno a inventare una sciocchezza diversa. D'altra parte, alle menate sulla sacralità del presepe e sui cattivoni che vogliono cancellare le nostre care tradizioni manca ancora più di un mese e nel frattempo gli tocca inventarsi qualcos'altro. Così un paio di giorni fa ha rispolverato un vecchio arnese propagandistico molto caro alla Lega: il servizio militare. Quando saremo al governo - dice - ripristineremo il servizio militare e civile. Si tratta naturalmente di una delle millemila promesse che puntualmente non si realizzeranno, buona giusto per catturare l'attenzione degli ultimi gonzi in circolazione che ancora abboccano alle sue panzane.

Detto questo, a me sinceramente non dispiacerebbe che un giorno arrivasse un governo che ripristinasse il servizio militare obbligatorio. Per il semplice fatto che il servizio di leva era forse l'ultimo rito iniziatico rimasto che consentisse di interrompere quelle adolescenze che oggi si protraggono fino a trent'anni e oltre. Intendiamoci, so benissimo che molti giovani, oggi, rimangono in casa coi genitori (spesso pure a carico loro) fino a trent'anni e oltre per reale mancanza di alternative, ma è altrettanto vero che molti, pur avendo le possibilità di emanciparsi, rimangono in casa perché in fondo mica si sta male con la mamma. E io ne conosco più di uno.

A me il servizio militare è servito. Ho imparato a cucinare, a farmi il letto, a lavarmi la biancheria; ho imparato ad affrontare da solo problematiche per risolvere le quali prima avrei dovuto rivolgermi ai genitori; ho imparato un po' di disciplina grazie alla rigidità degli orari, e soprattutto ho imparato a superare il "trauma" di venire catapultato da un giorno all'altro da un ambiente conosciuto e confortante (famiglia, amici ecc.) a un altro nuovo e totalmente sconosciuto. Insomma, è stata una buona scuola di vita che, credo, avrebbe oggi, forse addirittura più che ai miei tempi, una sua utilità.

venerdì 9 ottobre 2020

Lennon e il Che

Il nove ottobre del 1940 nasceva John Lennon. Il nove ottobre del 1967 moriva Ernesto Che Guevara. Due personaggi a cui sono molto legato, accomunati dall'essere stati, ognuno nel proprio campo, due rivoluzionari.

Dittatura sanitaria

I negazionisti del covid che in questi giorni organizzano manifestazioni qua e là in giro per lo stivale (il 28 saranno qua a Rimini, mi raccomando non mancate!) dicono di protestare contro quella che definiscono una dittatura sanitaria, dal che si evince che non hanno la più pallida idea di cosa sia una dittatura. In generale, uno dei problemi della contemporaneità è che non si conoscono più i significati delle parole, che vengono quindi usate un po' alla cazzo di cane così come capita, giusto per ammantare di falsa serietà iniziative che se non fossero pericolose potremmo tranquillamente ascrivere alla sfera del ridicolo e del commiserevole.

Obbligare una comunità ad adottare precauzioni (mascherine, distanziamento ecc.) per cercare di arginare l'espandersi di una pandemia è una forma di dittatura? No, non lo è. È semplicemente buon senso. Il fascismo in Italia è stata una dittatura, così come il nazismo in Germania, il franchismo in Spagna, lo stalinismo in Russia e via di questo passo. Quelle sono state dittature, non l'obbligo di indossare una mascherina; ed erano dittature in primo luogo perché avevano un disegno, un progetto, una visione, deliranti e assurdi quanto si vuole ma reali. E quali sarebbero gli oscuri disegni o progetti nascosti dietro una mascherina?

Mussolini ha instaurato il fascismo perché voleva un'Italia forte, potente, che fosse annoverata tra le grandi nazioni d'Europa, un'Italia militarista, autarchica, gerarchica, tutti allineati, tutti in marcia e petto in fuori, un'Italia con un governo autoritario senza opposizioni, giornali, parlamento e tutti quei fastidiosi inciampi sul cammino di ogni dittatura; scopi da ottenere a qualsiasi prezzo, compresi violenze, squadrismi, torture, omicidi, confinamento di oppositori ecc. 

L'obbligo di indossare una mascherina può essere considerato una forma di dittatura? Sì, se non si è mai aperto un libro di storia.

domenica 4 ottobre 2020

Il calzolaio


Gironzolando oggi pomeriggio per Santarcangelo ho scoperto che nella parte alta (Santarcangelo vecchia) esiste ancora una bottega di un calzolaio. Presumo che la maggior parte dei miei 32 lettori sappia cos'è e cosa fa un calzolaio, ma siccome c'è la remota possibilità che qualche ventenne passi di qui, lo spiego.

Molto brevemente, il calzolaio è un artigiano che ripara scarpe, stivali, ciabatte e quant'altro. Naturalmente l'ipotetico ventenne di passaggio sorriderà nell'apprendere questa cosa, dal momento che è nato e vive in una società che ha come religione il consumismo (le scarpe, una volta rotte, si buttano e se ne comprano di nuove. Che tutto sommato andrebbe anche bene, se non fosse che oggi le scarpe si accantonano dopo sei mesi o un anno ancora perfettamente integre solo perché passate di moda).

Ebbene sì, una volta esistevano i calzolai, e io, che pure vecchio vecchio non sono, ricordo perfettamente che quand'ero bambino mia madre, prima di buttare le scarpe mie e di mio fratello (quando le gettava significava che non era più possibile aggiustarle), le portava dal calzolaio a farle riparare.

Altri tempi, e non necessariamente peggiori di questo. Anzi.

Pence

Se a Trump dovesse andare male gli subentrerebbe, almeno provvisoriamente, Mike Pence. Sarebbe un presidente migliore o peggiore di quello attuale? La risposta appare scontata. Tuttavia, leggendo le brevi note che lo riguardano in questo post di formamentis, viene da augurarsi che Trump la sfanghi e rimanga al suo posto, almeno fino a novembre.

sabato 3 ottobre 2020

Scriveva Umberto Eco, vent'anni fa




(da Migrazioni e intolleranza, Umberto Eco, 2000)

L'angelo di Monaco


Se siete appassionati di gialli e di storia, non posso fare altre che consigliarvi la lettura di questo ottimo romanzo di Fabiano Massimi, che è insieme thriller (un ottimo thriller) e romanzo storico: L'angelo di Monaco, la storia in forma romanzata dell'assassinio di Angela Maria Raubal (Geli), l'amata nipote di Adolf Hitler. 

Siccome sono pigro, e il sabato più del solito, e siccome ho sempre preferito leggere piuttosto che scrivere (ho una montagna di libri in attesa), non vi sto a fare la sinossi del romanzo, vi dico solo che a me è piaciuto molto. In primo luogo perché, come ho scritto, è un thriller magnificamente congegnato; in secondo luogo perché descrive in maniera dettagliata la Germania degli anni trenta del secolo scorso, in particolare il contesto sociale e politico entro cui è nato e ha preso forma il Nazismo.

Assolutamente da leggere, a mio parere.

Salvini a processo

Non ho idea di come finirà il processo a Salvini per il caso Gregoretti. C'è un giudice a cui spetta giudicare se ciò che ha fatto è conforme alle leggi italiane oppure no; a lui sta pronunciare il verdetto, non a noi che non conosciamo in maniera approfondita né le carte né le leggi e quindi possiamo solo esprimere impressioni e auspici perlopiù dettati dalla pancia e dall'antipatia o simpatia nei suoi confronti (per inciso, io non l'ho mai potuto soffrire). 

Detto questo, c'è una cosa che non posso tollerare, e cioè che lui continui a sbandierare lo slogan secondo cui il suo agire è stato dettato dalla necessità di difendere i confini. Non la tollero perché è una frase che inserita arbitrariamente in questo specifico contesto non ha senso e non ha significato, e siccome le parole hanno invece un senso e un significato, la sua reiterazione non è che una storpiatura semantica messa subdolamente in atto con l'unico scopo di ingannare chi non è in grado di riconoscerla. 

Per capirlo è sufficiente che si prenda un qualsiasi vocabolario e si guardi il primo significato del verbo difendere. Fine.

venerdì 2 ottobre 2020

Trump e il coronavirus

Volendo fare una battuta da bar, o da social, si potrebbe invitare Trump, ora che è risultato positivo al coronavirus, a iniettarsi del disinfettante per vedere l'effetto che fa. Ma noi siamo persone serie e quindi gli auguriamo che ne esca al più presto e senza danni, così come allo stesso modo ci auguriamo che da novembre non sia più l'inquilino della Casa Bianca e l'America possa così archiviare la brutta parentesi caratterizzata dal peggior presidente che gli USA abbiano mai avuto. Per il resto, che dire? Fino a qualche giorno fa Trump perculava Biden perché indossava sempre la mascherina, ora Trump ha il virus e Biden no. Mi pare non ci sia nulla da aggiungere.

Rifarei tutto

Indipendentemente da quale sarà la sentenza, dire "Rifarei ciò che ho fatto", "Rifarei tutto" ecc., cosa che si sente sp...