Mi riferisco al fatto che, sempre secondo quanto scrive il quotidiano, una parte molto consistenze delle costruzioni edilizie, specie nel centro-sud, sono fatte con cemento impastato con sabbia di mare. Una pratica che consente di risparmiare anche fino al 50/60% sul costo complessivo di costruzione di un edificio. Un risparmio, però, che, come ha dimostrato la tragedia d'Abruzzo di questi giorni, mostra tutta la sua pericolosità in caso di eventi catastrofici come può essere appunto un terremoto. Ecco alcuni estratti dell'articolo di Repubblica:
Un portavoce di "Impregilo" (già gruppo Fiat e oggi gruppo Benetton-Gavio-Ligresti) ha spiegato ieri che quella che è oggi tra le principali imprese di costruzione del Paese (è capofila per la costruzione per il ponte sullo stretto di Messina) si aggiudicò è vero nel 1991 la gara per la messa in funzione dell'ospedale San Salvatore dell'Aquila, ma è "estranea alla realizzazione delle opere di cemento armato". Che non fu lei, ma "altri, nei primi anni '80", ad impastare il calcestruzzo di quello che, dall'alba di lunedì, è il simbolo accartocciato della vergogna. Ma, evidentemente, c'è di più del San Salvatore nella catastrofe abruzzese. Racconta oggi Paolo Clemente, ingegnere della task force Enea-Protezione civile al lavoro tra le macerie dell'Aquila, che gli edifici di nuova costruzione - e per "nuova" è da intendersi fino a trent'anni - sono implosi tutti allo stesso modo. Si sono prima "seduti" sulle proprie fondamenta per poi accartocciarsi al suolo sotto il proprio peso. Di più. "Per quello che è stato sin qui possibile vedere attraverso la ricognizione tra le macerie - spiega - il collasso dei piani bassi è stato prodotto dallo schianto dei pilastri in cemento".
Il San Salvatore a cui si riferisce l'articolo, e cioè l'ospedale de L'Aquila, è la struttura inaugurata nel 2000 e resa dal terremoto inagibile per il 90%.
Paolo Buzzetti, presidente dell'Associazione nazionale costruttori edili (Ance), è persona seria. E la mette così. "Se parliamo di sollecitazioni di grado e accelerazione pari a quelle registrate all'Aquila, il cemento armato, se fatto a regola d'arte, deve reggere. Non si discute". Dunque, non è neppure un problema di rispetto di norme antisismiche. È un problema di cemento. Paolo Clemente è d'accordo. "Purtroppo è così - dice - Quel cemento non era di qualità". Incapace di assorbire e disperdere energia, si è sfarinato come pasta frolla non appena investito da una forza di accelerazione che - spiegano gli addetti - è stata, domenica notte, tutt'altro che irresistibile. "Un buon cemento - dice l'ingegnere Alessandro Martelli, responsabile della sezione Prevenzione Rischi Naturali dell'Enea, professore di Scienza delle costruzioni in zona sismica all'università di Ferrara - deve essere in grado di sostenere un carico che oscilli almeno tra i 250 e i 300 chilogrammi per centimetro quadrato. Questa è la regola che dovrebbe valere anche per edifici non proprio recenti. Diciamo dal '70 in poi".
Per la verità, qualche verifica strutturale su alcuni edifici nel corso degli anni è stata fatta, e gli esiti non è che siano molto rassicuranti.
Non è sempre così. Anzi, molto spesso non è così. Qualche nome. Qualche luogo. Nel 2003, dopo il terremoto che nell'anno precedente ha devastato Molise, diverse regioni e comuni italiani sottopongono a verifiche statiche gli edifici scolastici. In Molise, il cemento del liceo "Romita" di Campobasso non regge più di 46 chilogrammi per centimetro quadrato (è sei volte sotto la norma). In Sicilia, a Collesano, nell'entroterra di Cefalù, i pilastri della scuola superiore non vanno oltre i 68 chilogrammi per centimetro quadrato. L'asilo, i 12 chilogrammi per centimetro quadro. Il cemento - ricorda oggi chi condusse l'ispezione - si bucava con la semplice pressione dell'indice. Ciò che restava della sua anima di ferro era uno sfilaccio rugginoso e corroso.Cosa aveva messo in quel cemento chi aveva giocato con le impastatrici e le vite degli altri? E cosa hanno messo in questi anni nel cemento delle nostre case, delle nostre scuole, dei nostri uffici? E quanto ci hanno guadagnato?
Paolo Clemente risponde da ingegnere, con la rassegnazione di chi, purtroppo, sembra sveli un segreto di Pulcinella. "Normalmente, i cattivi costruttori utilizzano sabbia di mare. Costa niente, rispetto alla sabbia da cava. Il problema è che, oltre alle molte impurità, è piena di cloruro di sodio. E quei cloruri, con il tempo, si mangiano il ferro. I margini di guadagno sono alti. Diciamo che fatto 100 il costo della costruzione, chi gioca con la qualità del cemento arriva a guadagnare fino a 50, 60. Chi costruisce a regola d'arte è al 30".
Adesso la procura de L'Aquila ha aperto varie inchieste che si occuperanno di fare luce in particolare su questi aspetti emersi dall'inchiesta di Repubblica. Ma il problema è sempre quello: si aprono inchieste sempre dopo un dramma, mai prima. E' successa la stessa cosa con la tragedia della scuola di San Giuliano di Puglia, crollata in seguito al terremoto del 2002 e la cui sentenza d'appello del processo ha stabilito recentemente che la scuola sarebbe probabilmente crollata anche senza terremoto, tanto era costruita male.
Adesso questa nuova inchiesta farà emergere presumibilmente responsabilità, nomi e cognomi di chi ha continuato in maniera criminale a costruire in questo modo le abitazioni e gli edifici pubblici in Abruzzo, ma servirà a qualcosa?
dubito che serva a qualcosa. in tempi biblici si arriverà ad un processo e poi, tra cavilli giudiziari e sofismi giuridici, si arriverà magari alla prescrizione.
RispondiEliminaIn Italia il crimine non paga mai.
Mi ricordo, per esempio, quando ero studente a La Sapienza a Roma, dell'omicidio di Marta Russo, era il 1999 mi pare.
Subito furono trovati i presunti colpevoli ma poi tra mille gradi di giudizio si arrivò alla conclusione che i proiettili erano partiti dal piano terra e non dal primo piano, nel piano terra c'era il bagno disabili ed era chiuso. Fine dei giochi, tutti assolti, nessun'altra inchiesta in corso. e così Marta praticamente è stata uccisa da nessuno.
10 anni per arrivare a questo orrendo epilogo. Io non mi aspetto di meglio sugli abusi edilizi o sugli scandali ad essi associati. Ce ne sono stati tantissimi di scandali simili, basti pensare a San Giuliano. Tutti assolti in secondo grado e ora si passa al terzo.
Vai a vedere che alla fine la colpa è di nessuno un'altra volta.
che schifo.
A tutto questo c'è da aggiungere la totale mancanza di volontà politica. Cito qui sotto, brevemente, un estratto da questo articolo del Sole24Ore di tre giorni fa.
RispondiEliminaRicostruiamo allora la storia di questi rinvii. Siamo nel 2002: dopo il crollo della scuola di San Giuliano di Puglia l'allora capo del Governo, Silvio Berlusconi, disse: «Basta». E prese il via il lavoro di riscrittura delle regole, prima con l'ordinanza di Protezione civile (3274/2003) e poi con il decreto delle Infrastrutture datato 14 settembre 2005. Lì ci sono le indicazioni su come disegnare in sicurezza le strutture, in muratura, in cemento armato e in legno. Ma ci sono anche le prescrizioni per mettere in sicurezza gli edifici esistenti. Il decreto entra in vigore il 24 ottobre 2005 e subito finisce nel limbo della fase transitoria. Inizialmente deve durare 18 mesi. Il governo Prodi la prolunga fino a dicembre 2007. Intanto, si scatenano polemiche sul testo. Si decide allora di rimetterci mano e si arriva a un ritocco nel gennaio del 2008. E alla seconda proroga: l'entrata in vigore è spostata al 30 giugno 2009. Ma almeno per gli edifici strategici nuovi (scuole, ospedali, infrastrutture) l'applicazione scatta da marzo 2008. Per intenderci: strutture come l'ospedale civile o la Casa dello studente dell'Aquila oggi dovrebbero essere costruite con le nuove norme. Sul patrimonio esistente, ancora nulla.
E arriviamo intanto all'ultima proroga. Stavolta è il governo Berlusconi a proporla nel decreto di fine 2008. E si rinvia addirittura al 30 giugno 2010. Tra i motivi c'è la mancanza di una circolare esplicativa per i progettisti. La proroga è arrivata a fine febbraio, la circolare (pronta da qualche mese) è andata in Gazzetta una settimana dopo.
Ognuno, ovviamente, è libero di tirare le sue conclusioni.
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