Grande deve essere stato il raccapriccio dell’Universo all’apparire della vita. La geometrica perfezione siderale, l’esattezza dell’astratto, la cristallina purezza dell’inorganico venivano improvvisamente sconciate da qualcosa dalle forme indefinite e indefinibili, viscida, sbavante, che invece di starsene al suo posto o di spostarsi per eterne, maestose e immutabili ellissi, si agitava scompostamente, lasciando dietro di sé una scia di disgustose deiezioni. E questa cosa si riproduceva, tendeva a moltiplicarsi, a enfiarsi, a tumefarsi.
Massimo Fini non l'ho mai capito completamente. Nel senso che molti suoi articoli mi hanno disgustato, altri li ho apprezzati tantissimo. Questo appartiene alla seconda categoria (link all'articolo).
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