sabato 29 agosto 2009

La giornata più calda dell'informazione (o di quel che ne resta)

In attesa che la cronaca quotidiana, in particolar modo quella che ci propina la stampa e la tv, dimentichi di essere in agosto e cominci a raccontarci cose che ci servono, tipo ad esempio cosa pensa di fare il governo in vista dell'imminente autunno, che sul fronte occupazionale e economico non sembra offrire grossi motivi di ottimismo, ci tocca continuare ad occuparci di gossip ferragostano, anche se ferragosto è ormai definitivamente alle spalle.

In verità non si tratta di gossip vero e proprio. Quello che è successo ieri, infatti, è qualcosa di peggiore del gossip, di ancora più nefasto. Si tratta probabilmente dell'atto finale di una guerra aperta che si trascina da tempo tra il presidente del Consiglio e il suo seguito e l'informazione, o almeno una certo tipo di informazione, quella che da alcuni illustri esponenti politici e della carta stampata (perlopiù entrambi filogovernativi) viene definita "informazione dal buco della serratura" . Ma cos'è successo di preciso ieri? Vediamo di riassumere un po', anche se al momento in cui scrivo la situazione è ancora in evoluzione.

Principalmente, i fatti degni di nota sono due. Il primo riguarda il quotidiano Il Giornale, uno dei principali organi di informazione più marcatamente filogovernativi (il proprietario è fratello dell'attuale presidente del Consiglio). Ieri mattina, il suddetto quotidiano se n'è uscito con un articolo in prima pagina in cui il neodirettore, Vittorio Feltri, ha pubblicato stralci di una sentenza di condanna per molestie a carico dell'attuale direttore dell'Avvenire, il quotidiano ufficiale della CEI. Perché la decisione di rendere pubblica questa vicenda che risale al 2002? Vedremo, ma intanto qui c'è già da segnalare un fatto piuttosto interessante. Nell'articolo citato si legge (il neretto è mio):

«Articolo 660 del Codice penale, molestia alle persone. Condanna originata da più comportamenti posti in essere dal dottor Dino Boffo dall’ottobre del 2001 al gennaio 2002, mese quest’ultimo nel quale, a seguito di intercettazioni telefoniche disposte dall’autorità giudiziaria, si è constatato il reato».

Se la memoria non mi inganna, e ancora state sicuri che non lo fa, Il Giornale è sempre stato uno dei quotidiani che in misura maggiore ha cavalcato la battaglia contro l'abuso (presunto) delle famigerate intercettazioni telefoniche. Voi sapete che è all'esame del Parlamento - verrà ripreso in autunno - il famoso ddl intercettazioni, quello che tra le altre cose prevede appunto forti limitazioni all'uso di questo strumento di indagine, ufficalmente - dicono loro - per tutelare meglio la privacy degli italiani. In appoggio a questa campagna di delegittimazione delle suddette intercettazioni, Il Giornale non ha esitato in passato a pubblicare articoli tipo questo, secondo cui gran parte degli italiani sarebbe vittima di una sorta di "grande orecchio" che evidentemente non ha niente di meglio da fare che ascoltare le loro chiacchierate al telefono. Ecco, oggi queste maledette intercettazioni, che sono evidentemente all'origine di tutti i mali che affliggono il nostro paese, vengono utilizzate dallo stesso organo di informazione che, guarda un po', fino a ieri le ha demonizzate. Evidentemente quando servono servono.

Ma torniamo al quesito precedente: perché Feltri ha deciso di pubblicare questo articolo? Beh, qui ovviamente si tratta di un'impressione mia, personale, in base alla quale l'iniziativa del nuovo direttore de Il Giornale si inserisce in quella che si potrebbe definire una nuova strategia comunicativa: dimostrare che "così fan tutti". Voi sapete che l'Avvenire, quotidiano di cui Boffo è attualmente direttore, pur senza esagerare è stato tra i giornali più critici verso il premier e le sue vicende private (Noemi, escort, festini, ecc...), ha insomma rinfacciato spesso a Berlusconi la poca moralità della sua condotta. Ecco, se vogliamo fare due più due sembrerebbe quasi che Il Giornale voglia dire: chi è Boffo per fare la morale a Berlusconi? Se a questo si aggiunge che da un certo periodo di tempo i principali house organ di governo stanno conducendo una campagna piuttosto aggressiva contro le presunte evasioni fiscali di Agnelli, verrebbe spontaneo pensare quanto scrivevo sopra: su moralità (sessuale e fiscale) nessuno ha le carte in regola per attaccare il premier. Una sorta di "Muoia Sansone con tutti i Filistei", insomma. Da registrare, a margine, che lo stesso presidente del Consiglio si è dissociato da questo articolo di Feltri, che, per sua stessa ammissione, ha contribuito a mandare a ramengo pure l'agognato incontro di Berlusconi con le alte gerarchie vaticane previsto ieri a L'Aquila.

L'altro fatto di una certa rilevanza accaduto ieri, è stato la querela per diffamazione presentata da Belusconi nei confronti di Repubblica. O meglio, nei confronti delle ormai famose 10 domande che dalla primavera scorsa il quotidiano di De Benedetti rivolge a Berlusconi. Qui, non mi ha lasciato perplesso tanto la querela, che bene o male forse quelli di Repubblica l'avevano messa in conto, quanto il fatto che il quotidiano sia stato querelato per delle domande e non delle affermazioni. Io ovviamente non sono esperto di queste cose, ma non sapevo che una domanda potesse essere veicolo di diffamazione. Ciò significa che se io dico ad esempio "lei, Pinco Pallino, ha avuto frequentazioni omosessuali!" equivale a dire "Lei, Pinco Pallino, ha avuto frequentazioni omosessuali?". Questa cosa mi lascia sbalordito, e se il tribunale di Roma che si occupa del caso darà alla fine torto a Repubblica e ragione a Berlusconi, vorrà dire che dovrò probabilmente rivedere il mio modo di scrivere certe cose qui nel blog, presumo.

Per il resto non ho molto da dire, se non il fatto che vedo questa mossa come una sorta di intimidazione (Ghedini, oltre a Repubblica, ha querelato anche alcune testate estere) a uno dei pochissimi quotidiani non allineati che continuano ancora a fare critica e domande scomode. Sarà interessante vedere come va a finire.

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