sabato 8 agosto 2009

Morti che camminano

Ignazio Cutrò, 41 anni, un’impresa edile, una moglie e due figli, per i pochi addetti ai lavori ormai è tristemente ripetitivo: quando vedi il suo nome apparire sul display del cellulare sai che ti sta comunicando un incendio, un danneggiamento, un bossolo sull’auto o l’acido nel motore dell’escavatore. Ben dodici attentati intimidatori da quando, nell’ottobre del 1999, ha denunciato le pressioni e le richieste di pizzo da parte della cosca del suo paese, Bivona, arroccato sui monti Sicani e rinomato per le pesche, meno per le cosche mafiose che in quella zona spadroneggiano. Più di una volta all’anno i mafiosi gli ricordano che loro ci sono, che non se ne vanno, che lo aspettano al varco. E lui, come sonore sberle, gli manda indietro gli avvisi, continuando a lavorare nella sua terra, prendendo appalti e cercando di portarli a compimento. Certo ai suoi mezzi serve «manutenzione straordinaria», ma per il resto Cutrò non molla. (fonte)

Circa un annetto fa ho dedicato un post a Pino Masciari, il coraggioso imprenditore calabrese che ha sempre rifiutato di sottostare alle intimidazioni e alle richieste del racket del pizzo andando ogni volta a sporgere regolare denuncia alle forze dell'ordine. Il breve estratto che ho citato qui sopra racconta la storia di un altro di questi imprenditori.

Tutto questo solo per mettere in evidenza che mentre il governo giocherella con le ronde o, com'è accaduto oggi a San Remo, mettendo in galera due marocchini, rei di essersi macchiati dell'orrenda colpa di non avere quel maledetto pezzo di carta, regioni intere, specialmente al sud, sono nelle mani della mafia e della criminalità organizzata.

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