È in quegli anni che, anche in Italia, prima in modo appena avvertibile, poi in modi sempre più massicci e pervasivi, prendono piede i princìpi del politicamente corretto. Essere progressisti comincia a significare, per molti, ergersi a legislatori del linguaggio.
Parte una furia nominalistica che, con ogni sorta di eufemismo e neologismo, si premura di stabilire come dobbiamo chiamare le cose e le persone, in totale spregio del linguaggio e della sensibilità della gente comune.
Dopo gli anni del marxismo e dello strutturalismo, i custodi del pensiero progressista paiono convertiti a un neoidealismo che conferisce alle parole un potere quasi magico. Come ha notato recentemente Walter Siti: "Gli scrittori di sinistra sembrano credere che siano le parole a generare i comportamenti: il contrario dell'idea marxiana che siano invece le condizioni materiali a generare le idee."
La lotta si accentra così sul mero linguaggio. Anziché provare a cambiare davvero le cose, si punta a cambiare le parole, trovando a ogni cosa il nome giusto, come se questa fosse la mossa decisiva e di per sé benemerita. Dopo la messa al bando della parola "negro" (tranquillamente usata da Pavese, Calvino e infiniti altri scrittori, progressisti e non), a favore di "nero", i ciechi diventano ipovedenti, gli spazzini operatori ecologici, gli handicappati diversamente abili, i bidelli collaboratori scolastici, le donne di servizio collaboratrici familiari, i becchini operatori cimiteriali, e così via. Nascono le "parole giuste". E di conseguenza le "parole sbagliate", impronunciabili.
Curiosamente, non ci si rende conto che nessuna delle parole messe al bando era usata in modo spregiativo, e che, al contrario, creando per ogni parola precedentemente neutra la sua controfigura corretta si fornisce un meraviglioso armamentario di parole contundenti, di parole-proiettili, a chiunque desideri offendere e riversare disprezzo sul prossimo. Gli odiatori, che oggi imperversano in rete, sentitamente ringraziano.
E, ancor più stranamente, alla puntigliosa individuazione delle categorie da proteggere con parole-scudo non si accompagna alcun serio tentativo di cambiarne o migliorarne la condizione.
(da Manifesto del libero pensiero - Paola Mastrocola, Luca Ricolfi - ed. La nave di Teseo)
C'è qualcosa di profondamente vero in queste parole. Dovremmo distinguere meglio tra parole-parole e parole che fanno pensare o toccano il cuore.
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