Di solito sto alla larga da tutti quei libri che spiegano come raggiungere la felicità, tipo quelli che ogni tanto escono in allegato a Riza Psicosomatica e simili, per intenderci; li ho sempre considerati ciarpame letterario. A meno che, naturalmente, a scrivere un libro del genere non sia Bertrand Russell, e allora la faccenda cambia. Infatti in questi giorni sto leggendo La conquista della felicità, scritto nel 1947 dal grande matematico e filosofo inglese. C'è un capitolo, Noia ed eccitamento, che più degli altri si è finora rivelato molto interessante. Che la noia non sia una cosa negativa è risaputo da prima che arrivasse Russell a dirlo. La noia è, ad esempio, un ottimo incentivo alla creatività. Quando si è afflitti dalla noia, infatti, si cerca in ogni modo di uscire da questa afflizione e ci si ingegna per farlo, si cerca di trovare uno stratagemma; da qui nasce la creatività.
Lo stato emotivo opposto alla noia è l'eccitamento. A questo proposito scrive Russell: "Non desidero spingere agli estremi la critica dell'eccitamento. In una certa misura esso è salutare, ma, quasi come per tutte le altre cose, occorre saperne dosare la quantità. Troppo, può produrre desideri morbosi; troppo poco, l'esaurimento. Una certa capacità di sopportare la noia è quindi indispensabile per avere una vita felice, ed è una delle cose che si dovrebbero insegnare ai giovani." Insegnare ai giovani il piacere della noia la vedo dura nella società di oggi, dove semmai, spesso, i giovani vanno in crisi più per eccesso di attività e cose da fare, piuttosto che per la noia. Ma c'è un aspetto della noia legato ai libri - aspetto che mi interessa particolarmente - a cui non avevo mai pensato. Scrive sempre Russell (il neretto è mio):
"Tutti i grandi libri hanno dei capitoli noiosi, e tutte le grandi vite hanno avuto dei periodi non interessanti. Immaginate un modesto editore americano alle prese col Vecchio Testamento, sottopostogli per la prima volta come un nuovo manoscritto. Non è difficile immaginare quali sarebbero i suoi commenti, ad esempio sulle genealogie: 'Mio caro signore', direbbe, 'questo capitolo manca di vivacità; non potete pretendere che il lettore si interessi a un elenco nudo e crudo di nomi di persone delle quali gli raccontate così poco. Ammetto che avete cominciato il vostro racconto con uno stile elegante e, da principio, ne sono rimasto favorevolmente impressionato, ma vi dilungate troppo. Scegliete i punti salienti e date loro maggior rilievo, togliete le parti superflue, e riportatemi il manoscritto quando lo avrete ridotto a una lunghezza ragionevole'. Così direbbe l'editore moderno, sapendo quanto il lettore moderno tema la noia. E lo stesso direbbe dei classici di Confucio, del Corano, del Capitale di Marx, infine di tutti i testi sacri che si sono dimostrati nei secoli di grande successo. Né questo vale solamente per i libri sacri. Tutti i migliori romanzi contengono brani noiosi. Un romanzo tutto brio dalla prima pagina all'ultima è certamente un romanzo mediocre."
A questa cosa, sinceramente, non avevo mai pensato. Quante volte, ad esempio, nella mia lunga carriera di lettore, mi è capitato di giudicare negativamente gli inevitabili passaggi noiosi di un libro che mi è piaciuto? Cose tipo: "Sì, è un bel libro, peccato che ogni tanto perda un po' di mordente e in qualche passaggio annoi un po'..." Questa cosa mi è capitato parecchie volte di pensarla, ad esempio quando lessi Il conte di Montecristo di Dumas, oppure La montagna incantata di Mann. Ma anche libri più recenti. Il monumentale It di Stephen King ha un certo numero di pagine noiose, pur essendo un capolavoro a mio giudizio non inferiore agli altri menzionati. Ecco, secondo Russell, se un libro fosse totalmente privo di pagine noiose sarebbe mediocre. Sarà vero? Non so rispondere, dal momento che non ricordo libri in cui non mi sia imbattuto in qualche pagina noiosa. Ma è probabile che sia così.
Libri a parte, neppure la vita di molti grandi uomini è stata, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, molto eccitante. Scrive l'autore: "Né le vite dei grandi uomini sono state eccitanti, eccetto che in pochi momenti. Socrate accettava volentieri, di quando in quando, un invito a un banchetto, e deve essersi notevolmente compiaciuto della sua conversazione, mentre la cicuta faceva il suo effetto; ma gran parte della sua vita egli la trascorse tranquillamente con Santippe, facendo una passeggiata nel pomeriggio e incontrandosi forse con qualche amico per via. Di Kant si dice che non si sia mai allontanato più di dieci miglia da Königsberg in tutta la sua vita. Darwin, dopo aver girato il mondo, trascorse a casa tutto il resto della sua vita. Marx, dopo aver suscitato qualche rivoluzione, decise di passare il resto dei suoi giorni al British Museum. Tutto sommato si nota che per lo più i grandi uomini hanno avuto una vita tranquilla e che i loro piaceri non erano di quelli che possono apparire eccitanti a chi li osservi da fuori."
Dopo tutto questo, da oggi guarderò la noia con una prospettiva diversa.
Concordo. Tutto può avere un senso nella vita se non ne abbiamo troppa paura.
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