sabato 20 novembre 2021

L'incomprensibile Popper


Ho appena terminato questo libro su Karl Popper, scritto da Roberto Maiocchi. Popper mi ha sempre incuriosito perché, oltre a essere stato uno dei più grandi filosofi del Novecento, è stato spesso citato da Umberto Eco, Telmo Pievani, Umberto Galimberti e altri. Mi sono quindi avventurato in questo libro per cercare di inquadrare il personaggio e capire qualcosa del suo pensiero. Devo dire, però, che il concetto filosofico che è un po' la colonna portante del suo pensiero mi risulta abbastanza incomprensibile. Per oggettivi limiti miei, ovviamente.  

Mi riferisco al cosiddetto principio di falsificabilità, elaborato da Popper stesso, secondo cui una teoria scientifica è vera solo se falsificabile, se cioè è in grado di suggerire quali osservazioni potrebbero confutarne la veridicità. In sostanza, dice il filosofo, per dimostrare la fondatezza di una teoria scientifica non bisogna basarsi sul risultato di esperimenti e processi empirici che ne confermino la veridicità, ma sull'individuazione dei suoi punti deboli. Questa teoria, quando Popper la espose, si pose in netto contrasto coi positivisti, secondo i quali "una teoria è scientifica se è possibile verificarla empiricamente, ciò che non si lascia verificare dall'esperienza è da considerarsi metafisica."

Il sistema di verifica empirica dei positivisti è strettamente legato al principio di induzione. Il metodo induttivo si sostanzia quando, partendo da asserzioni singolari, a cui si arriva tramite osservazioni ed esperimenti, si giunge ad asserzioni universali, quali ipotesi o teorie. Un esempio. Un osservatore che vedesse solo cigni bianchi sarebbe indotto (principio di induzione) a pensare che tutti i cigni sono bianchi e a ricavarne una legge valida scientificamente. Secondo Popper, invece, il fatto che siano stati osservati solo cigni bianchi non autorizza a concludere che tutti i cigni sono bianchi. Potrebbe nascondersi dietro l'angolo un cigno nero che vanifica l'asserzione generale. Un monito per gli induttivisti è la triste storia del tacchino, il quale vede che ogni giorno gli viene portato il cibo ed elabora la teoria che quella è e sarà sempre la sua vita. Finché arriva il giorno di Natale.

In sostanza, per Popper, dall'osservazione empirica non si può fare derivare alcuna legge perché le teorie non sono mai verificabili empiricamente e bisogna quindi scegliere un criterio che consenta di ammettere anche asserzioni che non possono essere verificate. Chiaro, no? Per me no, ma, come ho detto, si tratta di un limite mio, e comunque si tratta di un principio che io ho riassunto brutalmente ma che è molto più articolato e complesso. Se tra i miei 32 lettori ci fosse qualcuno a cui magari questo concetto è più chiaro, è il benvenuto.

Falsificabilità a parte, Popper ha scritto e discettato relativamente a tanti argomenti: storia, economia, politica, e anche attualità. È stato ad esempio un critico feroce della televisione, che definì eufemisticamente diseducativa, posizione che gli diede una certa notorietà qui in Italia. Popper la riteneva "l'elemento più diseducativo della civiltà di fine millennio, in grado di distruggere il tessuto civile a causa delle continue scene di violenza a cui sottopone gli spettatori più piccoli. In un'intervista a Rai Educational nel 1993, il filosofo austriaco, ricordando che in passato aveva lavorato a Vienna nella struttura creata dallo psicologo Alfred Adler per l'accoglienza di bambini abbandonati o vittime di violenze in famiglia, sostenne che una televisione non autoregolamentata è uno strumento per educare i bambini alla violenza in un crescendo di crudeltà e orrori."

A questo proposito, Popper propose la fondazione di un'Istituto per la televisione per promuovere corsi di formazione, conferire licenze e stabilire vincoli alla responsabilità professionale di quanti lavorano con la televisione, anche con la minaccia di provvedimenti disciplinari. "Tale istituzione" diceva Popper "non avrebbe rappresentato una limitazione alla libertà individuale, poiché ogni libertà deve essere limitata." E aggiunse, a tal proposito: "Non esiste libertà che non abbia bisogno di essere limitata. Dovunque ci sia libertà, la migliore forma di limitazione è quella che risulta dalla responsabilità dell'uomo che agisce."

Temo che, se il grande filosofo fosse ancora vivo oggi, guardando la società nutrirebbe seri dubbi sul grado di responsabilità (specialmente sociale) raggiunto da tanti. Ma magari se n'era già accorto quando scriveva queste cose.

7 commenti:

  1. "ho incontrato" popper in occasione di un esame universitario e devo dire che, a distanza di anni, rammento poco circa il suo pensiero; leggerti però è stato molto piacevole ed è stato un po' come rispolverare un angolino della mente da un po' "abbandonato".

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    1. Mi fa piacere che il mio post ti abbia fatto rispolverare questo angolino della tua mente abbandonato dei tempi dell'università :-)

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  2. Per come la capisco io, non è solo il fatto che finché non hai osservato tutti ma proprio tutti i possibili X non puoi escludere che uno di quelli che ti mancano eluda la tua teoria, è che non puoi limitarti a cercare degli esempi a favore; per restare nell'esempio dei cigni: dopo che hai formulato l'ipotesi "sono tutti bianchi", non devi cercare degli altri cigni bianchi che supportino l'ipotesi, ma devi attivamente darti da fare per cercarne degli altri che non siano bianchi e che la smonterebbero. È una versione del bias di conferma. Se te la cavi con l'inglese ti suggerisco questo video di Veritasium https://www.youtube.com/watch?v=vKA4w2O61Xo che ho trovato illuminante.

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    1. Ci provo, ma con l'inglese ascoltato non me la cavo granché, me la cavo meglio col parlato.
      Comunque grazie della segnalazione.

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  3. Non ho studiato Popper, ma quando leggo queste cose, mi piglia un groppo allo stomaco perchè mi viene in mente il periodo in cui facevo l'universitå. Di solito il solito autore si studiava attraverso più contributi critici.

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    1. Ti piglia un groppo per la nostalgia?

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    2. Si, è un percorso di studi che ho amato molto!

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