La Santarcangiolese, dicevo, corre per quei tre chilometri in mezzo ai campi, campi a destra e campi a sinistra, alcuni (pochi) ricoperti da un sottile velo di erba verde a sua volta ricoperto di brina; la maggior parte, invece, marroni, brulli e spogli. Stamattina, sia sui verdi che sui marroni aleggia uno strato di foschia, a tratti più evanescente e a tratti più compatto, e da quella specie di cuscino bianco emergono i pali su cui viaggiano i fili dell'elettricità, i quali pali danno l'impressione di non essere piantati nella terra gelata ma in quel cuscino bianco. Un po' come quei legnetti con la bandierina che fuoriescono dalla panna messa sopra a una tazza di cioccolata.
Poi la campagna finisce e si entra a Santarcangelo, col suo casino, con le sue macchine alle rotonde e ai semafori che fumano incolonnate, perché c'è sempre qualcuno che deve attraversare. Dopo la rotonda della pieve, a margine delle strisce, c'è un bambino, forse otto anni, forse nove, la sua pelle nera offre un bellissimo risalto sul grembiulino azzurro e il giacchetto grigio, e il cappellino rosso è la ciliegina sulla torta di questa bellissima congerie di colori. Mi fermo e lo lascio passare, provocando il fastidio della macchina dietro la mia, perché ho interrotto il flusso. Chi se ne frega... Il bambino parte trotterellando col suo zaino che gli ballonzola allegramente sulla schiena: è talmente grande, quello zaino, che forse ci starebbe dentro anche lui.
Poi riparto, e mi lascio alle spalle quel bambino, che continua a trotterellare sul marciapiede col suo zaino che gli ballonzola dietro.
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RispondiEliminaCi hai offerto due sguardi... il primo sul paesaggio che pare mite ma non lo è per via delle strade di chissacchì. Il secondo è sull'animo umano che dovrebbe essere tale e ancora una volta non lo è totalmente per la varietà che lo contraddistingue.
RispondiEliminaE' un bel pezzo da leggere e riflettere.
Ciao.
Grazie.
EliminaCiao Sari ;)